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Wechselwirkung simmeliana, l’azione reciproca circolare che modifica costantemente chi o cosa ne è
coinvolto, senza mai ridurre interamente un termine all’altro. In Simmel e in Durand, tuttavia, il
soggetto non scompare: è parte attiva dell’interazione. Durand, con la sua nozione di tragitto
antropologico si concentra sul livello immaginale; Simmel, con gli esiti conclusivi della legge
individuale, critica l’universalità delle norme e tenta di porre il soggetto in relazione a fondamento del
processo sociale. Non così, sovente, in Maffesoli. Il tragitto durandiano diviene per lui il costante
andirivieni che si stabilisce tra la massificazione crescente e lo sviluppo di microgruppi chiamati tribù.
La tribù in questo senso è un insieme disordinato nel quale l’attore scompare come entità autonoma.
Le molteplici dimensioni dello stare insieme si dispiegano in tutta la loto efficacia fondante della
socialità. Vi sono momenti in cui non è tanto l’individuo che prevale quanto la comunità nella quale
s’inscrive e in cui, quindi, non è importante la grande storia evenemenziale, ma le storie vissute giorno
per giorno, le situazioni impercettibili che costituiscono la trama comunitaria. Questi due aspetti
chiariscono il termine prossemia. La logica economica che prevalse nella modernità non poteva
integrare la dimensione di un immaginario collettivo. Il piccolo gruppo, invece, tende a restaurare,
strutturalmente, l’efficacia simbolica. E, di prossimità in prossimità, si vede costituirsi un reticolo
mistico dai fili sottili ma solidi che permette di parlare di rinascita della cultura nella vita sociale.
Maffesoli invece di un individuo forte, statico, pronto a piegare a esigenze egoistiche ogni
avvenimento, trae dalla scena sociale un soggetto dinamico, più debole nelle sue certezze, ma
sostenuto nell’agire quotidiano da una fitta trama di corrispondenze di spessore variabile, ma che
nell’insieme gli offrono un riparo e una protezione molto più efficaci della desolante atomizzazione
moderna. Nel quadro di una società complessa, ognuno vive una serie di esperienze che acquistano
senso solo nel contesto globale. Partecipando ad una molteplicità di tribù che si situano a loro volta le
une in rapporto alle altre, ogni individuo potrà vivere la sua pluralità intrinseca. Le sue differenti
maschere si ordinando in modo più o meno conflittuale e si aggiustano con le altre maschere che lo
circondano. Ecco come si può spiegare la morfologia del reticolo. Ciò significa che la rigidità che
imponeva all’uomo una forma di sedentarizzazione interiore, fatta di coerenza di lungo periodo e
quindi di prevedibilità, cede il passo a una dinamica in cui interagiscono intimazioni riflessive e
momenti di scioglimento dell’Io nel Sé sociale più ampio, autocoscienza e smarrimento estatico. La
percezione della propria unicità accompagna il soggetto nelle diverse maschere che egli riveste
quotidianamente. La vita di ognuno è ad un tempo libertà e limite, azione e passione, senza tuttavia
che un flusso di momenti ininterrotto e privo di ancoraggi impedisca di fatto il sedimentarsi
dell’esperienza o il dispiegarsi della responsabilità.
Accorgersi di condividere un contesto, una ragione locale, porta con sé una solidarietà e una
vicinanza essenziali e fonda quel che Maffesoli chiama etica dell’estetica: l’estetica del sentimento
non è affatto caratterizzata da un’esperienza individualistica o interiore, ma al contrario da qualcosa
che è essenzialmente apertura agli altri, all’Altro. E tale apertura connota lo spazio, il locale, la
prossemia, dove si gioca il destino comune; ciò permette di stabilire lo stretto legame tra la matrice o
l’aura estetica e l’esperienza etica.
Icaro venne da un’isola dell’Egeo, forse la culla di Dioniso. Venne in Attica con un sapere esoterico di
cui voleva far dono alle genti selvagge che in quei tempi ne abitavano le coste e i monti. Icaro sapeva
trarre il vino dall’uva e donare lo stupore e l’ebbrezza. Lo accompagnavano una donna di nome
Erigone e una cagna affezionata di nome Maira. Una volta Icaro si era allontanato da solo, portando
con sé un carro guidato da buoi, carico di otri di vino che voleva distribuire tra popolazioni dei monti.
Dopo che i pastori ne ebbero bevuto e si furono ubriacati, si spaventarono e pensarono che Icaro
avesse voluto avvelenarli. Così lo uccisero e ne seppellirono il corpo. Erigone e Maira lo cercarono a
lungo e lo trovarono solo perché sul suo sepolcro era cresciuta una vite imponente. Erigone non resse
alla scoperta e si uccise e presto Maira ne seguì la sorte. Dioniso, impietosito, lì portò tutti in cielo,
dove Icaro divenne Bifolco, per sempre accanto ai suoi buoi, i septem triones dell’Orsa Maggiore;
Erigone la Vergine e la cagna fedele Sirio nel Cane Minore.
La cultura egemone tende a rappresentare coloro che non ne fanno parte come superati. La qualità
nietzschiana del termine inattuale si riferisce proprio alla non appartenenza. All’aumentare delle
anomalie il paradigma su cui poggia la scienza normale entra in crisi e ci si viene a trovare in una fase
di scienza rivoluzionaria che lascia spazio alla proliferazione di alternative che può culminare
nell’instaurazione di un nuovo paradigma. Maffesoli e altri e l’Accademia riescono a comprendersi solo
parzialmente. Le scienze dure avevano mostrato il cammino, le scienze umane dovevano seguirlo.
Solo pochi tentarono di eludere una tale frontiera ed ogni volta lo fecero a loro rischio e pericolo.
Come nota Maffesoli, l’atteggiamento puramente intellettualista si contenta di discriminare, indulge
alla mania classificatoria e diviene razionalismo, implicando un’incredibile chiusura su se stesse,
un’energia che si distribuisce e si impiega in modo esclusivamente interno. Ma questo sistema è
totalmente rimosso dalle forze vive della società, dall’inventiva intellettuale, dall’originalità esistenziale.
È un movimento a spirale quello seguito dalla cultura e dalla quotidianità, fatto di cicli e livelli,
sovrapposizioni e contraddizioni che risultano assai meno rassicuranti e facili da gestire della linearità
immutabile del Progresso.
Scarti e ritorni, contraddizioni, battute d’arresto e brusche accelerazioni. Di tutto si discorre tranne che
del regolare e prevedibile andare che connota così profondamente l’idea di Progresso. L’idea
illuministica di una costante espansione e di uno sviluppo esponenziale su cui la modernità aveva
trovato una delle fonti di autolegittimazione, viene meno con la scomparsa di un altrove delimitato, con
l’esaurimento delle risorse naturali e con l’emergere di rischi globali. Rischia di sfumare l’obiettivo
minimale di Hobbes della modernità: l’autoconservazione degli individui. Il genere umano è
accomunato dallo stesso destino planetario. Gli uomini si sono sentiti sottratti all’arbitrio della Natura
matrigna grazie ai progressi della medicina e della tecnologia; poi dalla resistenza si è passati alla
vittoria e alla sottomissione: lo spazio ha perso il carattere di ostacolo, il Tempo l’aspetto di Kronos per
ridursi ad un piccolo demone intrappolato in ingranaggi sempre più sofisticati. Il pensiero traccia le sue
linee, che come le strade, i fiumi, di una carta geografica. Lungo queste linee gli uomini consegnano la
loro vita, il loro destino. Proprio quando sembra a portata di mano, però, le tranquillizzanti maglie
d’acciaio iniziano a cedere, l’ingannevole sicurezza che hanno indotto negli uomini si fa friabili e rivela
crepe, fratture, abissi, tanto meno sopportabili ora che ci si è convinti di averli colmati una volta per
tutte. Il pendolo inverte la sua corsa e dalle rovine dell’illusione risorse, più potente e terribile di prima,
il Fato. L’attesa millenaristica suscita speranze il cui fallimento nutre angosce e paure peggiori di
quelle che l’avevano ispirata e spinge a recuperare vecchi strumenti per placarle, dei quali spesso si è
perso il senso e la capacità di un utilizzo equilibrato. Tutto ciò segna il divorzio tra il sogno razionalista
e la sensibilità diffusa: il disincanto della modernità. In questo senso, bisognerebbe forse rivolgere una
critica alla nota tesi weberiana dell’Entzauberung: il successo della modernità si basa su un incanto
altrettanto potente di quello degli antichi miti e delle grandi religioni, un incanto clandestino e smentito
pubblicamente e per questo ancora più cogente, grazie al quale si consolida il predominio della
ragione strumentale ed economica e al tramonto del quale esso non può sopravvivere. Il sociologo
tedesco, tuttavia, non riesce a scorgere l’artificio e lamenta l’ingrigirsi del mondo, accettando
l’affermazione ideologica del suo divenire soltanto razionale. Attraverso gli scritti maffesoliani si
riscopre con facilità il fertile versante della ricca e contraddittoria cultura occidentale che l’interdetto
razionalistico ha sepolto nel silenzio e nell’irrisione. In Maffesoli il concetto di solidarietà organica è la
necessità di un animo capace di riconoscere che la logica interna della vita è una catena gerarchica
della quale ogni parte, inserita nel tutto naturale e sociale, non vale nulla in sé, se non nel momento in
cui è in relazione con le altre. Non più la semplice addizione di individui uguali tra loro, che forma il
contratto sociale, ma la sinergia delle differenze all’interno di una solidarietà organica assai più
concreta e solida.
Regressione: il termine è forte, ma indica perfettamente ciò che si trova in gioco nell’integrazione della
parte d’ombra, della dimensione immaginativa, dell’aspetto passionale o emozionale. Si tratta di una
regredienza, ovvero un percorso che non si compie in un solo senso, ma intraprendendo i molteplici
cammini che sono propri della natura umana. La vita quotidiana è il luogo per eccellenza di una tale
regredienza. In effetti, essa favorisce l’espressione di ciò che, dopo Weber, si può chiamare politeismo
dei valori. Politeismo strutturale, poiché tutti i modi d’essere e di pensare sono ammessi. Le
circonvoluzioni descrivono il lento lavorio circolare che ognuno compie per accedere, poco a poco,
alla realizzazione del plus-essere, ovvero il lavorio di tutta una vita. Tale cammino richiede che l’uomo
postmoderno riscopra la sua limitatezza e fragilità e soprattutto recuperi una buona dose di umiltà. La
riscoperta della propria limitatezza porta anche alla riscoperta dell’umanità. Il progressivo rinchiudersi
in se ste