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POSIZIONALI.
Altri beni e servizi di cui è considerato illegale il commercio, come nel caso della droga,
• prestazioni sessuali.
L'istituzione che regola questi tre casi è quella dello Stato.
La regola della RECIPROCITÀ prescrive l'equivalenza dei beni o servizi scambiati. Nelle società
più sviuppate essa ha un ruolo secondario ma non è scomparsa: parte dell'economia informale e
forme di dono e mutuo aiuto, ad esempio, seguono queste regole.
6.2 – Tipi di sistema economico
Esistono quattro tipi di sistema economico:
1. La COMUNITÀ DOMESTICA – economia che consuma soltanto quello che produce
ricorrendo in misura minima a scambi esterni, nel quale coloro che producono posseggono
anche i mezzi di produzione.
2. L'ECONOMIA PREMODERNA – sistemi economici premoderni, regolati da mercato e da
forme di dirigismo statale, che separano i produttori diretti dai possessori dei mezzi di
produzione che destinano il surplus a fini bellici, religiosi, culturali e di lusso. Tali sistemi
inoltre intrattengono scambi commerciali con l'esterno. Grandi civiltà e imperi hanno avuto
per secoli economie di questo tipo.
3. Il CAPITALISMO – sistema economico più diffuso in epoca contemporanea e più regolato
dal mercato. Il soggetto centrale del capitalismo è l'impresa. Questo modo di produzione ha
distribuito benessere alla popolazione in misura disuguale ma superiore a tutti gli altri. Il
capitalismo si presenta in varie forme come il capitalismo liberale concorrenziale (in cui
una pluralità di imprese agiscono in competizione sul mercato); capitalismo oligopolistico
(in cui alcune grandi imprese controllano i mercati più ampi); capitalismo familiare;
capitalismo manageriale ecc.
4. Il SOCIALISMO – il Novecento è stato anche il secolo delle economie socialiste, in cui la
regolazione dell'economia è esclusivamente statuale. Esso si è realizzato in Russia, Cina,
Corea del Nord, Cuba dove ha assunto la forma di dittature che ne hanno controllato
direttamente la produzione e i mercati.
6.3 – Sviluppo economico
SVILUPPO ECONOMICO – crescita della produzione (e della produttività) del lavoro di una
determinata popolazione. Tale produzione è misurata dal prodotto interno lordo (PIL),
corrispondente al valore complessivo dei beni e servizi prodotti da una popolazione in un anno.
Il rapporto tra questo valore e l'entità della popolazione interessata da il PIL pro capite, che esprime
il suo livello di vita.
Il Novecento è stato caratterizzato da un eccezionale sviluppo e aumento della speranza di vita, pur
con variazioni e disuguaglianze consistenti tra paesi (l'Africa, l'Asia e l'America Latina nella
posizioni più arretrate).
Lo sviluppo è avvenuto in gran parte in funzione del tasso di industralizzazione, cioè della quota di
addetti all'industria sul totale della popolazione che lavora.
L'INDUSTRIALIZZAZIONE si è realizzata:
1. In primo luogo con la produzione di massa, che ha nella fabbrica di automobili il suo
archetipo: grandi stabilimenti che richiedono grandi capitali e producono beni standardizzati
in grande serie da contenere così i prezzi di vendita e rendere il bene accessibile a un
consumo di massa (fordismo).
La manodopera operaia è diretta da pochi dirigenti qualificati che progettano per gli altri
mansioni del tutto esecutive, molto semplici e ripetitive.
2. Inoltre deve molto anche all'artigianato e alle piccole imprese, che presentano
caratteristiche quasi opposte: domanda discontinua, manodopera di elevata qualificazione
artigianale, prodotti in piccola serie e variabili nel tempo (è accaduto ad esempio in Italia
negli anni Cinquanta e Sessanta del Novecento con le piastrelle, le borse e le scarpe di
lusso).
La produzione di massa ha avuto e ha successo nella misura in cui il mercato di sbocco è
prevedibile e uniforme come quello nazionale. Sui mercati mondiali, dove le preferenze dei
consumatori sono più diversificate, si fanno strada strategie postfordiste per realizzare forme di
produzione flessibile e snella di prodotti diversificati. Le varie forme di strategie postfordiste hanno
in comune alcune caratteristiche:
1. La produzione just in time (si produce solo quello che il cliente ordina e quando lo ordina).
2. La produzione snella eliminando gli sprechi di materiali, di tempo e di uomini.
3. La ricerca della qualità: sono valorizzate a questo fine la comunicazione tra operai, tecnici
e dirigenti nella continua ricerca per migliorare la qualità del prodotto e ogni aspetto
dell'organizzazione.
Si sviluppa un nuovo tipo di impresa: l'IMPRESA-RETE, che consiste nel trasformare grandi
organizzazioni d'impresa in reti decentrate di organizzazioni con funzioni differenziate, di
produzione di varie parti del prodotto.
La grande impresa diventa così un sistema di piccole e medie imprese, regolato da un'unica impresa
leader.
Nel corso dell'industrializzazione l'economia si è classificata in settori:
1. L'agricultura che rappresenta il SETTORE PRIMARIO, si è andata organizzando come
un'industria per produrre alimenti.
2. L'industria, detta anche SETTORE SECONDARIO, si è inizialmente articolata nell'attività
tessile, edile, estrattiva, poi nell'attività siderurgica e meccanica ed infine nelle tecnologie e
prodotti informatici.
3. Le attività che non producono beni materiali ma servizi sono raggruppate nel SETTORE
TERZIARIO, che comprende il commercio, i trasporti, la sanità, l'istruzione, il turismo. La
caratteristica del settore terziario è il produrre servizi finali destinati ai consumatori, ma
anche servizi intermedi alle imprese, che servono alla produzione di altri beni e servizi.
Dovunque si è verificata un'industrializzazione gli addetti all'agricoltura sono drasticamente calati
di numero, ma la produttività del loro lavoro è aumentata, gli addetti all'industria sono arrivati a
costituire quasi la metà della popolazione attiva e le grandi imprese sono aumentate di numero.
All'industrializzazione è seguita una TERZIARIZZAZIONE, con un incremento degli addetti ai
servizi legati al consumo di massa, alla scuola, alla sanità pubblica.
Tra le due fasi non sono mancati costi sociali elevati connessi alla deindustrializzazione.
Box.
Società della conoscenza – La nuova fase, nei paesi più sviluppati del mondo, vede drasticamente
aumentare la necessità di conoscenza tecnica, scientifica e relazionale e di conseguenza rende più
importante il ruolo delle istituzioni formative e di ricerca (università, scuola ecc). Da tale
conoscenza dipendono la competitività e l'innovazione necessarie ad affrontare mercati ormai saturi
con nuovi prodotti e servizi.
A tale modello di società si riferisce l'espressione “società della conoscenza”, termine che descrive
in modo ideale tendenze di sviluppo e un obiettivo definito dal Consiglio dell'Unione Europea nel
2000.
6.4 – Condizioni per lo sviluppo, sostenibilità, competizione globale tra territori
Lo sviluppo economico si è realizzato entro sistemi economici capitalistici e in qualche caso
socialisti.
Alla fine del XIX secolo molti ricercatori e uno dei fondatori della sociologia, Max Weber, furono
colpiti dal fatto che il capitalismo si fosse sviluppato solo in Occidente malgrado circostanze
favorevoli non mancassero altrove.
Dalla loro risposte si individuano una serie di condizioni endogene favorevoli allo sviluppo:
1. Uno Stato e un diritto che si sviluppano su basi razionali-legali.
2. Una religione che indica agli uomini una via di salvezza tale da premiare il successo e la
dedizione al lavoro quotidiano, oppure è neutrale rispetto al lavoro e al guadagno, così da
non ostacolarlo.
3. Una socializzazione che permette la formazione di personalità motivate dalla realizzazione
di sé e aperte al cambiamento.
4. La diffusione della figura sociale chiave dello sviluppo, che alle sue origini fu
l'imprenditore, inteso come colui che da inizio ad un'impresa industriale e a un processo di
produzione, investendo capitali, intrattenendo molte relazioni sociali e affermando la propria
visione del mondo.
5. I primi capitali che i primi imprenditori impiegarono furono resi disponibili da forme di
accumulazione precapitalistiche.
Lo sviluppo non ha mai avuto un carattere lineare. È stato invece costellato di crisi.
Inoltre lo sviluppo non dipende soltanto da condizioni endogene, ma anche da condizioni esogene,
relative al sistema mondiale in cui ogni società è collocata.
I vantaggi della crescita del PIL (costitutiva del concetto di sviluppo) appaiono sempre più
controbilanciati dagli svantaggi derivanti dallo sfruttamento dell'ambiente naturale: fonti
energetiche in esaurimento, immissione di sostanze inquinanti, devastazione di paesaggi,
cambiamenti climatici.
Diventa allora un obiettivo importante lo SVILUPPO SOSTENIBILE, cioè un tipo di sviluppo che
riduca l'impatto ambientale inquinante dell'attività umana. I principali mezzi impiegabili sono:
Nuove tecnologie più efficienti e fonti di energia alternative.
• Uso del territorio più accorto e una modifica degli stili di vita collettivi in modo da limitare i
• consumi.
Contenimento delle nascite.
•
Uno sviluppo sostenibile grazie a innovazioni tecnologiche e sociali è utile, anche perchè una
semplice riduzione dei consumi porterebbe ad una crisi da sovrapproduzione.
Solo per alcuni periodi e in alcuni territori lo sviluppo economico si è diffuso in modo uniforme.
Più spesso lo sviluppo si è diffuso concentrandosi in alcuni territori di uno Stato e lasciando in una
situazione più arretrata e quindi povera un altro territorio, eventualmente traendone risorse di
manodopera o di altro genere.
Questo dualismo è ancora più marcato se si guarda allo sviluppo dal punto di vista mondiale: da qui
deriva la distinzione tra paesi avanzati (Europa, Nord America e Giappone) e i paesi in via di
sviluppo.
La causa di queste disuguaglianze di sviluppo è una competizione vinta da imprese insediate in
certe aree e i territori stessi che ne hanno favorito l'insediamento o la permanenza.
La sfida per ogni territorio è allora trovare modo di ancorare a sé le risorse più utili al proprio
sviluppo. Il risultato è la comparsa di forme di sviluppo locale distintive di città e regioni, che, a
seconda del grado di apertura, possono essere ricondotte a quattro tipi:
1. Economie globali, con forti scambi in entrata e in uscita.
2. Economie aggrassive, con forti scambi in uscita e limitat