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3. L'ECONOMIA DELLA FAMIGLIA: INTEGRAZIONE DEI REDDITI, CONSUMO, RISPARMIO
Ancora oggi nelle società sviluppate la famiglia rimane la principale fonte di redistribuzione sia
di cura che di reddito. Solo gli anziani infatti, hanno progressivamente trovato nel sistema
pensionistico una forma di redistribuzione e garantito il loro reddito al di fuori della solidarietà
famigliare. Ma per tutti gli altri l'accesso al reddito avviene tuttora in qualche misura per il
tramite vuoi della partecipazione diretta mercato del lavoro, vuoi dell'appartenenza familiare,
anche se nel caso di figli molti paesi europei hanno progressivamente trasferito alla collettività
i costi sia tramite trasferimenti diretti alle famiglie,sia tramite servizi.
In quasi tutti paesi europei, inoltre (ma non in Italia), chi è privo di reddito o ha un reddito
gravemente insufficiente può avere accesso ad una forma di reddito minimo. Quindi anche in
questo caso parte del dovere di redistribuzione è spostato dalla famiglia alla collettività.
Tuttavia, per la maggior parte delle persone la disponibilità di accesso al reddito è mediata
dall'appartenenza familiare.
Quanto vale un reddito da lavoro dipende dal suo potere d'acquisto, ma dipende anche da
quanti sono coloro che di quel reddito devono vivere o da quanti e quali redditi si aggiungono
ad esso nel bilancio familiare.
Nelle famiglie si distribuisce, ma si combinano anche redditi diversi. Anni fa il Censis coniò a
questo proposito l'espressione di famiglia come cassa di compensazione dei diritti.
L'espressione si riferiva soprattutto alle situazioni in cui esistevano redditi inadeguati se presi
individualmente, ma che combinati potevano essere relativamente o anche più che adeguati
per i bisogni della famiglia. Peraltro le redistribuzione non avviene solo all'interno delle pareti
della casa, molte ricerche infatti hanno segnalato come il sistema di redistribuzione di reddito
di capitale tra le generazioni vada ben al di là della fase di allevamento dei figli: dall'aiuto per
acquistare una casa a quello per mettere su un'impresa, per sostegno economico nel periodo
della ricerca del lavoro al prestito in fasi critiche.
Questo ruolo sembra essere più forte in paesi come l'Italia in cui trasferimenti pubblici a favore
delle generazioni più giovani sono pressoché inesistenti.
Nasce il concetto di reddito disponibile, ovvero non il reddito individualmente posseduto, ma il
reddito a cui si ha accesso vuoi dopo esser stati oggetti di redistribuzione, vuoi dopo aver
distribuito il proprio. Un reddito disponibile teorico non sempre corrisponde ad un'effettiva
disponibilità, specie per quei componenti della famiglia che non vi hanno accesso direttamente:
le mogli casalinghe o con piccoli redditi, i figli a carico. Possono inoltre esiste anche forti
disparità nell'accesso all'interno di una stessa famiglia. Alcuni studiosi a questo proposito
avevano segnalato l'esistenza di povertà di donne bambini in famiglie che apparentemente
avevano un reddito adeguato, a causa del fatto che alcuni procacciatori di reddito riservavano
a sè stessi una quota sproporzionata delle risorse famigliari.
Le indagini effettuate in Inghilterra e in Italia hanno mostrato che esistono modalità diverse di
gestione del denaro nelle coppie e nelle famiglie a seconda di chi guadagna e quanto
guadagna. Tali modalità sono tanto più simmetriche e paritarie quanto più non è uno solo a
procacciare il denaro e i livelli di reddito individuale non sono troppo lontani.
La famiglia è anche un importante unità di consumo ed è a livello familiare che si modificano le
abitudini alimentari, igieniche,di abbigliamento. È stata la famiglia la grande protagonista delle
trasformazioni non solo economiche, ma anche culturali che vanno sotto il nome di società dei
consumi. Decidere quali siano i bisogni da soddisfare e come vadano soddisfatti ha a che fare
con immagini,progetti sul futuro individuale e familiare.
Nelle analisi di studiosi si vede come dimensioni di consumo,di risparmio e di investimenti a
medio-lungo termine proprie della famiglia erano molto presente, forse anche perché il primo
benessere degli anni 60 consentiva per la prima volta ad un grande numero di famiglie di
procurarsi beni di consumo durevoli e di migliorare il proprio tenore di vita.Le indagini
periodiche sui consumi delle famiglie effettuate in Italia dall'Istat costituiscono insieme a quelle
della Banca d'Italia sui redditi e risparmi delle famiglie un indicatore sia di queste
trasformazioni, che delle disuguaglianze tra famiglie.
Negli anni 50 il 50% del reddito di una famiglia media era ancora impegnato per consumi
alimentari, all'inizio degli anni 80 questa percentuale era scesa al 30% circa,ma vi erano
differenze tra aree territoriali.
Con il crescere del diversificarsi dei consumi i membri della famiglia tendono a comportarsi
come consumatori individuali. I consumi diventano un modo per affermare la propria
autonomia,la propria appartenenza a gruppi di riferimento diversi. Ciò è particolarmente
visibile nei consumi giovanili, nell'abbigliamento e soprattutto nel tempo libero che tendono a
essere anche decisi ed effettuati al di fuori della famiglia: dal consumo di musica giovane, alle
uscite in pizzeria e in discoteca con gli amici. Si tratta di un fenomeno che per quanto concerne
i giovani inizia a manifestarsi negli anni 50. I consumi quindi sono sempre meno
esclusivamente familiari, cioè fruiti insieme agli altri familiari, anche se l'abitazione e in parte
l'alimentazione rimangono spese familiari per eccellenza.
Da questo punto di vista gli anni dal dopoguerra a oggi possono essere visti come un lungo
periodo in cui le diverse figure familiari si sono distaccate da un consumo d’insieme e
omogeneo largamente effettuato in comune. Non solo le donne,infatti,hanno trovato dei
modelli di consumo e risorse per attuare la propria identità (sul piano del lavoro, delle
responsabilità familiari, della professionalità della donna di casa, ma anche sul piano estetico),
ma anche gli uomini, che pure hanno avuto sempre maggiore legittimità nei consumi propri
(dal tabacco all'osteria, alle spese di rappresentanza) hanno sviluppato modalità di consumo
che esprimono questa diversificazione e autonomia ancora più elaborati: dalle culture del corpo
a quelle del tempo libero.
Questi processi di differenziazione del consumo entro la famiglia non sono in contraddizione
con il fatto che la famiglia continua a funzionare come unità di consumo: sia perché molti dei
consumi individuali avvengono in realtà come parti di consumi famigliari (tutti quelli connessi
all'abitazione, e una larga quota di quelli connessi all'alimentazione,igiene, salute e anche la
cultura e il tempo libero), sia perché anche la possibilità di accedere a consumi individuali
dipende dalle risorse e dai i meccanismi redistributivi familiari, perciò dalla quota di risorse che
ciascuna famiglia può o decide di lasciare a disposizione di ciascuno. Indagini sul lavoro
giovanile hanno mostrato come il reddito da lavoro giovanile sia per molte famiglie una forma
necessaria di integrazione del reddito: sia per consentire alla famiglia come unità di far fronte
ai propri bisogni, che per consentire ai giovani di aver accesso a consumi individuali.
Suggeriscono inoltre che i confini dell’integrazione non sono sempre di facile individuazione e
sono oggetto di conflitti. Meno visibili sono queste negoziazioni e conflitti nei redditi tra coniugi.
Il denaro, il suo uso e la sua distribuzione costituiscono un buon indicatore di molte dinamiche
di potere e controllo all'interno della famiglia.
4. LA FAMIGLIA E POVERTA'
La famiglia è anche l'ambito che può proteggere dalla povertà, o viceversa rendere vulnerabile
ad essa. Si è detto che molti redditi individuali sarebbero insufficienti a garantire una vita
dignitosa o anche solo far fronte ai bisogni, se non venissero integrati dalla partecipazione al
bilancio familiare. È il caso di molti redditi da lavoro a tempo parziale o intermittenti, è anche il
caso di bassi salari e di fenomeni di disoccupazione più o meno prolungata. Gli individui che si
trovano in queste situazioni se dovessero far fronte da soli ai propri bisogni e a quelli della loro
famiglia sarebbero sicuramente poveri. Viceversa non sempre lo sono ed anzi in alcuni casi
hanno un tenore di vita buono. E’ il caso ad esempio di molti giovani con lavori temporanei o in
cerca di lavoro che vivono ancora nella famiglia d'origine con un buon reddito, di molte donne
casalinghe che possono fruire del reddito del marito o di uomini e donne con carichi familiari e
redditi da lavoro modesti, ma che combinandosi diventano un reddito familiare adeguato.
Se i redditi inadeguati presi singolarmente possono divenire adeguati quando si combinano
nella famiglia, può avvenire anche il contrario: un reddito che sarebbe adeguato per una
persona sola o anche due diventa inadeguato quando deve essere redistribuito tra più persone.
Si crea quindi uno squilibrio tra reddito e numero di consumatori.
A partire dagli anni 80 a motivo del diffondersi dei sistemi pensionistici e della progressiva
entrata nell'età anziana di coorti di età con una storia contributiva più regolare, la vulnerabilità
degli anziani si è progressivamente attenuata ed in alcuni paesi è pressoché del tutto sparita.
Ne sono tuttavia emerse altre: quella delle famiglie monogenitore, specie se con capofamiglia
donna, quelle delle famiglie numerose, e quelle delle persone in età adulta che vivono da sole.
Nel primo caso la povertà è una conseguenza della rottura del legame e della solidarietà
coniugale. Nel secondo caso si tratta di uno squilibrio tra reddito familiare e numero di
consumatori e nel terzo si tratta di persone a basso reddito individuale che non viene integrato
dal fatto di vivere con altri e di poter accedere al reddito di altri.
Questi rischi sono tuttavia distribuiti: nei paesi nordici, che hanno i più bassi tassi di povertà,
sono soprattutto le persone sole e gli immigrati a rischiare l'esperienza di povertà. Nei paesi
anglosassoni, ma anche in molti paesi dell'Europa centro-occidentale (Germania, Olanda,
Austria) accanto agli adulti soli sono le madri sole e i loro figli ad essere maggiormente esposti
la povertà. In Italia sono le famiglie con tre o più figli ad essere più esposte al rischio di
povertà: quindi avere più di un figlio e soprattutto più di due costituisce un serio rischio perché
queste famiglie sono più presenti nel mezzogiorno dove i redditi individuali familiari sono
mediamente più bassi