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Tali tecniche non mutano solo da cultura a cultura, ma, essendo costitutive dell’habitus, anche a
seconda del capitale culturale, sociale ed economico, tanto da entrare negli stereotipi sottoforma di
detti popolari come “comportarsi come uno scaricatore di porto”.
La formazione familiare, i cosiddetti valori, sono sempre e comunque incorporati nell’hexis,
nei modi di fare.
Le tecniche del corpo variano anche a seconda delle subculture e delle ideoculture e ovviamente dei
contesti culturali più ampi.
In questo senso, dunque, le tecniche del corpo sono fatti sociali, ovvero pre-esistono e perdurano
anche rispetto al singolo individuo che le pratica; al tempo stesso presuppongono strutture
biologiche ed implicano una comprensione ed una conoscenza pratica dei fattori ambientali.
Attraverso le specifiche tecniche del corpo si impara ad esprimere emozioni ed intenzioni, dalla
rabbia, alla seduzione, alla tristezza, alla sicurezza di sé.
Il corpo è in grado di assorbire conoscenze, interiorizzare elementi attinti dall’esperienza sociale e
trasformarli in movimenti e azioni che si mascherano di naturalezza.
In questo senso si può parlare di tecniche del corpo come di un’estensione della nozione di
rappresentazione collettiva. La conoscenza incorporata nelle tecniche del corpo è una sorta di pre-
rappresentazione collettiva.
4.2. Genere, sesso e sessualità.
Se il corpo umano non ha uno statuto pre-culturale, allora vanno ripensate in chiave di costruzione
culturale anche le caratteristiche legate al sesso e al genere.
Due sono le concezioni dominanti a proposito del rapporto tra sessualità e genere:
Nella prima, il corpo è una macchina naturale che produce differenze di genere e le produce
1) attraverso la programmazione genetica, le differenze ormonali, o la differenza del ruolo dei
sessi nella riproduzione.
Nella seconda concezione, il corpo non è che una superficie più o meno neutra, una sorta di
2) panorama sul quale viene impresso un simbolismo sociale.
Andare alla ricerca di determinanti genetiche non porta troppo lontano: ad oggi non c’è ancora
accordo sull’identificazione di un singolo fattore indicabile come quello necessario e sufficiente per
differenziare il sesso maschile da quello femminile, neanche il famigerato cromosoma Y, visto che
esiste un gran numero di persone che non possiede la formula cromosomica corrispondente alla
propria fisiologia. D’altra parte non è alla genetica che si affidano i medici nel determinare il sesso
di un neonato che presenta entrambi i genitali, bensì a fattori eminentemente culturali, come la
dimensione del pene, la cui dimensione troppo piccola si ritiene potrebbe creare complessi durante
la vita. Pertanto, tali procedimenti si fondano su una concezione particolare di ciò che è naturale.
Al tempo stesso, anche un dato incontestabile come la possibilità unicamente femminile di
procreare, che spesso viene considerato come l’elemento che fa da scarto rispetto ai comportamenti
maschili, è da ripensare sottolineando come vi sia una cesura tra capacità di procreare e
procreazione affettiva. Non è pertanto la maternità il dato base delle donne, e a questo proposito
occorre rimettere in gioco i partners maschili in tutto il processo procreativo, con tutto il peso che
hanno.
Quanto ad una supposta differenza comportamentale innata fra uomini e donne, il corpus di ricerche
oggi disponibile, la smentisce in termini di carattere, intelligenza, temperamento, differenze che
sono invece maggiori all’interno dei componenti dei due gruppi e che soprattutto sono ascrivibili
alla posizione sociale.
La categoria del genere mette al centro della sua riflessione una domanda che è il cuore del
ragionamento sociologico, ovvero quella sull’origine delle categorie di classificazione.
Classificare significa mettere in ordine, tracciare dei confini, e come tale è un’operazione sempre
suscettibile di negoziazioni e conflittualità. Il genere è un principio di classificazione, che funziona
all’interno di un’arena riproduttiva: ciò significa che i processi di incorporazione legati al genere
sono luoghi di scontri, in questo caso sulla definizione di quel che significa maschio e quel che
significa femmina.
Il genere viene concepito oggi, nelle scienze sociali, non come la rappresentazione culturale di un
dato biologico, ma come quel processo culturale che produce nel corpo la possibilità di realizzarsi
in due sessi distinti. In un certo senso il genere precede il sesso, e va considerato come una tecnica
del corpo, un insieme di pratiche apprese attraverso la mimesi e l’azione pedagogica dei processi di
educazione e modellamento culturale del corpo. Il genere non è riducibile a puro atto volontaristico,
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essendo incorporato nell’habitus e nell’hexis, e quindi presente sia a livello di rappresentazioni, sia
a livello di materialità.
Per la maggior parte di noi, essere uomo o essere donna, è questione di esperienza personale, è
legato a come cresciamo, a quel che facciamo, a come ci presentiamo, a come viviamo le relazioni.
L’essenziale dell’apprendimento della maschilità e della femminilità inscrive la differenza di genere
nei corpi sottoforma di modi di camminare, di parlare, di atteggiarsi, di rivolgere lo sguardo, di
sedersi.
Quel che si impara dunque, a partire da quando si è bambini, consiste per lo più nell’acquisizione di
una certa competenza di genere, in cui i bambini imparano dei modelli di pratiche della vita
personale che vengono chiamate femminilità o maschilità. Richiami come “non fare la
femminuccia”, “sembri un maschiaccio”, costituiscono uno dei molti modi tramite i quali si
apprendono tali pratiche.
Occorre però specificare che non esiste un solo modello di maschilità o di femminilità: il genere è
plurale, relazionale e situazionale, perché dipende dal contesto istituzionale in cui si trova. È un set
di comportamenti che sono prodotti in specifiche situazioni. Si parla di maschilità o femminilità
egemone per indicare che non solo vi è una pluralità di femminilità e maschilità, ma che
intercorrono relazioni tra i diversi tipi, relazioni che sono di alleanza, di dominazione e di
subordinazione.
Da questo punto di vista, il modello tradizionale della socializzazione ad un ruolo sessuale è errato,
perché esistono modelli multipli di maschilità e di femminilità; inoltre non è chiaro quali
dovrebbero essere i tratti caratteristici di una donna o di un uomo; infine apprendere non è un
atteggiamento passivo, ma vi sono scarti, resistenze, nonché adesioni volontarie, ovvero il piacere
di sentirsi uomo o donna tramite determinate pratiche.
Certamente, quindi, si possono sviluppare dei progetti di genere, ovvero un orientamento su chi si
vuole essere, ma alcune strategie degli agenti, dato l’inserimento di queste in strutture consolidate di
relazioni di genere, hanno più probabilità di successo rispetto ad altre, e perciò si formato traiettorie
coincidenti che restituiscono l’idea di una somiglianza delle modalità di performare il genere in dati
contesti. In questo senso, è lo spazio dei possibili di ognuno a permettere alcune strategie e non altre
(es. Billy Elliot).
A questo proposito, le vicende delle pratiche sportive sono illuminanti per comprendere quanto le
istituzioni possano o meno favorire alcune traiettorie di genere, nonché influenzare fortemente il
tipo di corporeità individuale. Ancora oggi le pratiche sportive sono connotate in base al genere,
sebbene negli ultimi anni vi sia stata un’espansione della partecipazione femminile ad alcuni tipi di
sport considerati prettamente maschili (es. calcio, boxe).
Le relazioni di genere, dunque, non sono rigidamente determinate dalla struttura, ma la riproducono
a loro volta, tramite le pratiche con cui si fa il genere, ma ogni struttura di relazioni fornisce uno
spazio dei possibili agli agenti per mettere in atto tali pratiche.
Inoltre, regimi di genere di singole organizzazioni o istituzioni di solito corrispondono all’ordine di
genere della società più ampia, anche se non sempre, favorendo il cambiamento a partire da esse
(es. mondo della politica e mondo ecclesiastico).
Esattamente come ogni incorporazione delle strutture e dell’ordinamento sociale, anche quella delle
pratiche di genere passa attraverso una serie di fattori che la strutturano: dalle relazioni di potere,
alle relazioni di produzione, passando per le rappresentazioni mediali e per le relazioni emotive,
come la costruzione dell’amore romantico e la sessualità.
La sfera della sessualità viene associata nel suo senso comune al proprio genere, a sua volta
associato al proprio sesso anatomico. Ciò chiama in causa anche la questione dello statuto culturale
dell’omosessualità, che nella maschilità egemone è vista come l’assoluta negazione della virilità,
ma la cui percezione e valutazione è mutata nel corso della storia.
Poiché è un gesto che coinvolge l’intera corporeità, anche la sessualità può essere trattata come una
tecnica del corpo. Non si fa sesso ovunque e in tempi diversi allo stesso, così come diverse pratiche
sessuali vengono diversamente praticate da persone con habitus differenti. Peraltro, le pratiche
sessuali e i modi di performare il genere sono strettamente associati: è anche attraverso la gestione
del rapporto sessuale che si comunicano modi differenti di intendere maschilità e femminilità e la
relazione tra le due (es. posizione adoperata per fare sesso).
È utile qui inserire il concetto di copioni sessuali, ovvero scenari culturali che costituiscono i
modelli di azione in campo sessuale, definendo gli attori (chi), i contesti (quando, dove, come) e le
azioni (cosa) ritenuti socialmente appropriati che poi vengono applicati e adattati dai singoli sulla
base del loro habitus.
Tuttavia, è difficile parlare di un unico copione sessuale, poiché i modelli specifici di desiderio e di
condotta sessuale emergono nei diversi spazi resi disponibili dall’ordine di genere e in risposta a
bisogni socialmente costruiti.
Per analizzare la sessualità occorre dunque tenere conto, in quanto pratica, della sua duplice
dimensione simbolico/discorsiva e materiale, e degli svariati elementi che contribuiscono
all’incorporamento delle pratiche sessuali. In primo luogo, le occasioni e i contesti in cui ci si
relaziona con altri corpi; in secondo luogo occorre riferirsi alle nuove tecnologie della sessualità
del corpo, che comprendono interventi medici, chimici, chirurgici, con cui si ridefinisce l’eroticità
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