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4. NUOVE FORME DI STATUS SYMBOL
I prodotti che sono in grado di svolgere la funzione di status symbol solitamente si
collocano all’interno di una fascia di prezzo elevata, tuttavia negli ultimi anni sul mercato si
sono imposti prodotti dai prezzi accessibili che pur non essendo in grado di attribuire alle
persone la possibilità di collocarsi in una posizione di rilievo nella società consentono loro di
differenziarsi sul piano sociale in quanto producono differenze sociali ricorrendo ai numerosi
significati culturali e sociali che riescono ad esprimere all’interno della società. Questo perchè,
come ha affermato Jean Baudrillard nel 1970, la società dei consumi produce un sostanziale
livellamento delle condizioni di vita dal punto di vista economico ma al contempo favorisce la
nascita di nuove gerarchie sociali basate su forme di differenziazione e discriminazione di tipo
culturale. L’argomentazione di Baudrillard è ancora valida e si applica a due fenomeni che
mostrano chiaramente la loro capacità di sviluppare all’interno della società dei consumi
nuove forme di differenziazione indipendenti da prezzo e dimensione economica: il
diffondersi dei prodotti low cost e l’elevato successo ottenuto dal caso Hello Kitty.
Come cambia la società dei consumi
Alcuni beni appartenenti all’ambito del lusso e quindi dal prezzo elevato hanno
funzionato nella storia dell’Occidente come status symbol, in quanto in grado di far sentire i
loro possessori parte di un livello sociale superiore a cui erano esclusi i non-possessori.
Con l’arrivo della società dei consumi gli status symbol hanno continuato ad operare ma
sono stati affiancati da nuovi beni dotati di differenti caratteristiche, da oggetti d’uso
quotidiano come ad esempio alcuni elettrodomestici che erano prodotti dalle industrie e
riempivano progressivamente le abitazioni degli europei.
Molti studiosi, soprattutto gli autori legati alla Scuola di Francoforte e Pier Paolo
Pasolini, hanno considerato questo fenomeno un processo di omologazione culturale. In
particolare per Pasolini la comparsa della società dei consumi e il conseguente sviluppo
industriale non aveva soltanto brutalmente cancellato l’ambiente naturale, ma aveva anche ! 13
imposto una violenta omologazione che aveva determinato una progressiva distruzione delle
tradizioni e della cultura popolare.
Anche Baudrillard era concorde nel pensare che il modello sociale ed economico della
società dei consumi producesse un effetto di omologazione in quanto tendeva a livellare i
tenori di vita degli individui sotto il punto di vista dei redditi e dei beni disponibili, tuttavia
secondo l’autore questo modello produceva anche delle nuove gerarchie sociali basate sulla
capacità di differenziazione e discriminazione insita nei significati veicolati dai beni. È questo
il “sistema degli oggetti”, un sistema comunicativo organizzato all’interno del quale gli
individui consumano non più oggetti che sono in grado di soddisfare obiettivi di natura
utilitaristica, ma oggetti che permettono loro di conseguire obiettivi di carattere sociale.
Secondo Baudrillard quindi i beni hanno la capacità di dar vita ad un sistema culturale che
riesce a comunicare posizioni e differenze esistenti tra le persone e i gruppi all’interno della
società. A tale proposito il sociologo francese ha portato ad esempio quel lavoro di
estetizzazione degli oggetti che viene oggi portato avanti dai designer, che li progettano
perchè siano «non compresi dalla maggioranza» e dunque attribuiscono loro la funzione
sociale di essere segni di distinzione che distinguono coloro che sanno distinguerli. Le società
odierne dunque continuano ad operare delle barriere, non più economiche ma bensì culturali
e simboliche, che ostacolano il realizzarsi di un effettivo processo di mobilità degli individui.
Il pensiero di Baudrillard è stato criticato da Gilles Lipovetsky, secondo il quale gli
individui acquistano sempre meno per ottenere prestigio sociale e sempre più per la propria
gratificazione personale. Va però tenuto presente che anche se è vero che oggi si consuma
sempre più frequentemente per se stessi piuttosto che per gli altri, ciò non toglie che le
motivazioni di consumo legate alla posizione ricoperta nella società dagli individui sono
ancora presenti e semplicemente convivono con tutte le altre motivazioni emerse negli ultimi
anni (comodità, salute, piacere, divertimento, espressione dell’identità personale, ecc.).
Un mondo low cost
Il diffondersi a partire dagli anni Duemila di un elevato consenso verso un
comportamento d’acquisto che porti ad impiegare meglio il denaro privilegiando prodotti e
servizi poco costosi dalla qualità medio-bassa ha consacrato il successo del modello di
consumo chiamato “low cost”.
In realtà il low cost non consente soltanto di ottenere un risparmio ma permette alle
persone di dimostrare di sapere acquistare coscenziosamente evitando gli sprechi e al
contempo semplifica la loro vita e garantisce loro la gratificazione data dal sentirsi parte di un
mondo attuale ed innovativo.
Il successo del low cost è stato decretato anche dalla comparsa del fenomeno di
impoverimento della fascia media della società che si è manifestato negli ultimi decenni in
tutto l’Occidente e al quale le imprese hanno risposto proponendo una grande varietà di
prodotti di livello inferiore ma comunque soddisfacenti per il consumatore in quanto
“surrogati” dei prodotti più costosi (es. Ikea, Kiko, Swarovski).
Tutto ciò è avvenuto anche perchè le aziende si sono rese conto che le società avanzate
stavano entrando nell’era del “post-acquisto”, un’era in cui i consumatori sono sazi e non
acquistano più unicamente per necessità e devono quindi essere spinti all’acquisto. Hanno
perciò messo a punto sistemi produttivi più efficienti, semplificato la propria offerta e ridotto i
prezzi di mercato.
Questo fenomeno appare evidente soprattutto nel settore dell’abbigliamento, dove è
nata la cosiddetta “fast fashion”, una forma produttiva che ha rivoluzionato il prêt-à-porter
affermando il principio della continuità temporale nella proposta di capi ai consumatori e che
! 14
è capace di stimolare i consumatori maturi, che sono invogliati all’acquisto dai prezzi bassi e
dall’offerta dei capi continuamente rinnovata.
Già in passato estisteva il “pronto moda”, ma questo differisce dalla fast fashion perchè
anzichè offrire proposte stilistiche autonome, si concentrava sul riprodurre con materiali di
qualità inferiore ciò che era già stato presentato sul mercato dalle aziende leader e dai grandi
stilisti. La fast fashion dunque si caratterizza anche per non avere vincoli con gli stilisti o con
un contesto geografico specifico; ne è testimonianza il fatto che due dei suoi leader - H&M e
Zara - provengono rispettivamente da due Paesi, Svezia e Spagna, che sono stati scarsamente
significativi per lo sviluppo dei modelli produttivi precedenti.
Il modello low cost applicato al settore dell’abbigliamento mostra che non importa se le
scelte fatte dal consumatore al suo interno sono giuste o sbagliate perchè richiedono
comunque un bassissimo investimento economico e psicologico. Il consumatore può quindi
sperimentare e se necessario sbagliare, perchè è questo ciò che gli serve per costruire la
propria identità personale all0interno della in continuo cambiamento società ipermoderna.
L’abbigliamento low cost inoltre libera il consumatore dalle rigide scadenze temporali
sulle quali si è sempre basato il sistema della moda e gli permette di acquistare secondo i suoi
tempi e le sue esigenze.
Ciò implica, naturalmente, che il ciclo di vita dei prodotti viene notevolmente ridotto,
con un conseguente impatto negativo sull’ambiente. Una soluzione potrebbe essere quella di
riciclare i prodotti, ma sarebbe auspicabile che il problema fosse risolto alla fonte rallentando i
ritmi produttivi e riducendo l’offerta. Tuttavia la storia del capitalismo ha mostrato che il suo
fascino e la sua superiorità rispetto agli altri modelli economico-sociali derivano proprio da
questa sua capacità di contiuo rinnovamento; come diceva Zygmunt Bauman, dal suo essere
capace di associare la felicità «alla costante crescita della quantità e dell’intensità dei desideri,
il che implica a sua volta il rapido utilizzo e la rapida sostituzione degli oggetti con cui si
]
pensa e si spera di soddisfare quei desideri [… », e cioè ciò che il modello low cost è in grado
di offrire in maniera particolarmente efficace.
Il caso Hello Kitty
Hello Kitty, la gattina creata nel 1974 dalla giovane disegnatrice Yuko Shimizu e di
proprietà dell’azienda giapponese Sanrio, è divenuta negli ultimi anni una vera e propria
icona della cultura di massa contemporanea. A tal punto che si calcola sia possibile trovarla su
oltre 50000 tipi di prodotti differenti, per non parlare dei luoghi pubblici e dei punti di
vendita a lei interamente dedicati.
Visto lo stile infantile della grafica con cui è disegnata si potrebbe pensare che Hello
Kitty possa attirare soltanto un pubblico composto da bambine e teenager, ma in realtà il suo
target comprende molte donne in età adulta.
Per comprendere appieno le motivazioni per cui la gattina ha ottenuto un così
travolgente successo è necessario analizzarne i significati di natura psicologica. Innanzittutto
in apparenza il personaggio simbolo della marca, un simbolo elementare dal punto di vista
grafico, non esprime granché oltre ad una generica dolcezza. È probabilmente proprio questo
a rappresentare il suo punto di forza, in quanto consente a persone appartenenti anche a
culture estremamente differenti di proiettarvi tutto ciò che desiderano. In particolare l’assenza
della bocca consente al consumatore di proiettare sul personaggio qualunque immagine o
desiderio la sua fantasia gli suggerisca: può cioè personalizzarlo a suo piacimento e il bisogno
di personalizzazione è particolarmente sentito dal consumatore odierno.
Inoltre sia il disegno lineare che i colori pastello e femminili che la caratterizzano
rimandano il consumatore ad un mondo ludico e disimpegnato, mentre il suo carattere
infantile consente loro di divertirsi e permette agli adulti di intraprendere un processo di ! 15
regressione verso l’innocenza e la serenità tipiche dell’infanzia. Il consumatore può così
sperimentare la sensazione di evadere dalla realtà