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OPINIONE PUBBLICA
Il concetto di opinione pubblica è nato in Inghilterra, Francia e Germania nel corso del
‘700. Con opinione pubblica si intende l’opinione della gente riguardante determinate
questioni, e ci si riferisce anche a questioni più complesse.
Jurgen Habermars è un altro filosofo della Scuola di Francoforte, secondo il quale la
sfera pubblica è stata il primo nucleo di aggregazione sociale che ha saputo incarnare il
modello liberale e borghese.
Egli fa riferimento al concetto di pubblicità, perché tutto ciò che intende il pubblico
dev’essere qualcosa che concerne la vita comune. Si fa così riferimento anche ad una
sfera privata, che normalmente si tende a riconoscere come inferiore rispetto a quella
pubblica, perché manca di qualcosa.
Infatti, perché esista una sfera pubblica, è necessario fare una scissione tra pubblico e
privato.
Sono stati abbattuti i confini tra la scena pubblica e il “retroscena” e ha cominciato a
svilupparsi un nuovo spazio intermedio, dove cioè il soggetto è costretto a mettersi
sempre più in “vetrina”.
Nel ‘700 nasce la sfera pubblica borghese, in seguito alla diffusione di luoghi pubblici e
alla diffusione dei giornali. Grazie a questi due elementi si creano luoghi di confronto e
condivisione.
Nell’800 poi, secondo Habermars, si inizia a parlare più che di opinione pubblica, di
opinione quasi pubblica, a causa dell’avvento del giornalismo. La penny press, mina la
possibilità di intraprendere delle relazioni e dei discorsi.
Dal 1833 il lettore viene visto come cittadino consumatore e quindi lo scopo non è più
quello di informare ma di vendere. L’opinione pubblica viene venduta e di conseguenza
viene a meno la possibilità di discutere razionalmente di determinati eventi.
Quali sono i limiti della teoria di Habermars?
1. Visione idealistica della stampa, la stampa a cui Habermars fa riferimento è una
stampa che si limita a dare delle notizie, dei bollettini di informazione e secondo lui
questa situazione mutuerà solo negli anni 30 dell’800. Molti dicono che egli abbia
voluto idealizzare la stampa perché in realtà, fin dalle sue origini, essa è sempre
stata manipolata e manipolatrice, anche nel 700.
4 2. Eccessiva concentrazione sulla classe borghese, abbiamo visto che si inizia a
parlare di sfera pubblica borghese quando questi ultimi si trovavano in caffè, luoghi
di incontro per discutere di vari argomenti acquisendo così coscienza di classe.
Molti critici però dicono che già nel 700 c’erano altri luoghi che dettano la base
dell’opinione pubblica, come le organizzazioni religiose o i movimenti operai.
3. Mediatizzazione dell’opinione pubblica, significa diffusione dei media
nell’esperienza quotidiana. La vita quotidiana ha subito questo processo perché i
mezzi di comunicazione sono diventati moltissimi.
4. Sfera pubblica per molti, di conseguenza la sfera pubblica ha perso il suo
carattere elitario. Habermars si riferiva infatti ad un élite di borghesi che si
incontrava per discutere delle proprie idee. Oggi invece con questa Mediatizzazione
dell’opinione pubblica le notizie ci arrivano direttamente addosso, e questo da luogo
secondo gli studiosi ad una sfera pubblica per tutti, non più ristretta.
5. Astrazione e deterritorializzazione della sfera pubblica, il luogo fisico perde
importanza, perché per discutere esistono molti altri modi.
6. Rappresentazioni simboliche e fine delle argomentazioni razionali, quando
vengono introdotti nuovi media con diverse caratteristiche espressive e che non
sono più meri canali di informazione, l’opinione pubblica assume un carattere
diverso, ora si costruisce in base alle identificazioni.
7. Media elettronici e fine della divisione tra sfera pubblica e sfera privata, i
mezzi di comunicazione di massa, in particolare quelli elettronici (radio, tv) hanno
reso quasi impossibile dividere le due sfere, quella pubblica e quella privata. (l’altro
elemento fondamentale per l’opinione pubblica. Atene, privato). Questo perché la
realtà quotidiana è come una rappresentazione teatrale, che ha una sua
dimensione di ribalta e una dimensione di retroscena. La prima è quando siamo in
una situazione pubblica, la seconda invece concerne una dimensione privata. La
situazione sociale determina il comportamento, e il comportamento è determinato
dallo spazio fisico.
Joshua Meyrowitz dice che con l’avvento dei media elettronici questa distinzione
viene meno: immaginiamo di essere in un ristorante, in cui il cameriere si pone in
maniera gentile ed educata, ma non sappiamo in realtà come si comporta lui
all’interno della cucina, con i suoi colleghi. Mettendo una telecamera nella cucina,
lui e tutte le altre persone non potrebbero più comportarsi in maniera differente
perché noi potremmo vedere i loro comportamenti da retroscena. Quindi questa
distinzione netta viene meno perché viene meno la barriera tra le due sfere
(Grande Fratello). I media elettronici ci fanno superare le barriere fisiche.
Anche l’ultimo caposaldo della teoria di Habermars, la netta separazione tra
pubblico e privato, viene quindi meno, perché oggi non è quasi più possibile
dividere tra queste due sfere.
Tra questi critici c’è Walter Lippmann, che scrive il libro Public Opinion. Egli parte
da un presupposto: “Il mondo con cui dobbiamo avere a che fare è fuori dalla
nostra portata, fuori dal nostro campo visuale, fuori dai nostri pensieri. Deve essere
esplorato, riferito e immaginato. L’uomo non è un dio aristotelico capace di
contemplare con un solo sguardo l’intera esistenza.” non possiamo aprire la
finestra e sapere cosa sta succedendo dall’altra parte del mondo, l’unico modo per
saperlo è utilizzare i mezzi di comunicazione, che sono lo strumento attraverso il
quale viene prodotta opinione pubblica. L’aspetto interessante è che Lippman ha
ben presente il atto che i mezzi di comunicazione (radio e giornale) non sono media
in grado di restituire la realtà come farebbe uno specchio, ma hanno la caratteristica
di produrre una realtà altra.
Il ritorno del medium 5
Così dicendo Lippmann è uno tra i primi sociologi ad introdurre l’idea che i mezzi di
comunicazione non riportano le immagini in maniera fedele ma sono creatori
di realtà. E’ per questo che nasce la propaganda, per mediare un’esperienza e
creare una realtà che ci è più conveniente, nel caso dei politici ad esempio.
LA NASCITA DEI MEDIA
Nel corso della storia si sono alternati dei cosiddetti periodi esplosivi in cui hanno fatto
irruzione nella società diverse innovazioni relative al campo della comunicazione.
Dal 1830 a oggi sono stati moltissimi i media che per mezzo della loro diffusione hanno
mutato il pensiero di massa.
Senza dubbio il primo ed il più importante è il giornale, che ha sviluppato un pubblico di
massa e gli ha consentito di immaginarsi un nuovo tipo di comunità: la nazione.
A ciò si è affiancata la volontà di attirare l’attenzione degli individui che ha dato vita a
nuove forme comunicative basate sugli eventi spettacolari e su contenuti e immagini in
grado di colpire dal punto di vista emozionale.
Dal giornale in poi inizia a svilupparsi la stampa, la radio, la fotografia… da qui il cinema,
la televisione, le tecnologie moderne fino alle continue innovazioni presentate al giorno
d’oggi.
Le teorie amministrative – COMMUNICATION RESEARCH
La Communication Research studia gli effetti dei media sui pubblici, e questo modo di
studiare la comunicazione prevede un modello in cui un mittente trasferisce un messaggio
ad un ricevente attraverso un canale (il mezzo), quindi un modello lineare, un modello
base. Studia gli effetti che il messaggio emesso dal mittente produce nel ricevente.
Lo fa a partire dagli anni Trenta del 900 fino agli anni ‘70/’80. In questi 50 anni di storia di
ricerca di comunicazione si sono alternate tre opinioni diverse su che generi di effetti
possono essere prodotti:
o Nella prima gli effetti dei media vengono percepiti come degli effetti illimitati, molto
forti, cioè si ha l’idea che se si guarda un Talk Show politico in cui tutti dicono che il
rosso è un bel colore alla fine tutti penseranno lo stesso.
Questa teoria si chiama Teoria Ipodermica. Questa fase si sviluppa a cavallo tra le due
guerre, quindi un periodo in cui i regimi totalitari utilizzano la propaganda e inoltre si può
iniziare a parlare di società di massa completa.
Domanda di ricerca: Quali effetti vengono prodotti da un messaggio veicolato da un mezzo
di comunicazione di massa (giornale, radio, film, discorso pubblico…)?
In primo luogo bisogna vedere cosa si intende per massa, e si fa riferimento al risultato di
alcuni processi storici, ovvero quello di industrializzazione e quello di nascita delle
metropoli, sono questi due processi che ci consentono di dire che siamo entrati in una
società di massa, in cui un individuo acquisisce valore solo in un aggregato collettivo.
Nella società di massa gli individui sono indistinguibili, isolati, anonimi e privi di
organizzazione. Quello che fanno la fabbrica e la metropoli è estendere lo spazio vitale
dell’individuo, che prima era solo la casa, sfaldando però i legami comunitari, inoltre la
massa trova la sua unione nelle caratteristiche comuni a tutti i suoi membri e di
conseguenza rinunciare a tutte le nostre peculiarità.
All’interno della massa ci si comporta seguendo una legge naturale, che è quella
dell’imitazione. La teoria ipodermica ci dice che ogni messaggio che viene veicolato da un
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mezzo di comunicazione di massa e che raggiunge il suo obiettivo riesce a generare
l’effetto sperato. Ad ogni stimolo corrisponde una risposta.
Questo principio viene preso dalla psicologia comportamentista, in particolare da
Pavlov, uno scienziato che cercava di fare esperimenti sul comportamento utilizzando
come cavia il proprio cane. Dava da mangiare al cane e nello stesso momento faceva
suonare un campanello o mostrava una luce rossa. Nel medio periodo, i due stimoli, sia il
cibo sia gli altri due, producevano il medesimo effetto e cioè la salivazione.
Teoria Ipodermica o Bullet Theory perché il messaggio è come una pallottola che deve
raggiungere il suo obiettivo.
o Dopo la seconda guerra mondiale, negli anni ’40 e ’60 ci si chiede se veramente
questi media producano effetti illimitati e si inizia a pensare che questo avvenga a
causa della resistenza imposta principalmente dal contesto sociale e da
meccanismi p