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Tutto questo era possibile per i classici di disporre di impressioni visive di grande intensità. Nel Ad Herrenium,

attribuito a Cicerone, si trattano le cinque parti della retorica classica (inventio, dispositivo, elocutio, memoria,

pronuntatio) dove l’autore distingue l’esistenza di una memoria naturale, che può essere migliorata e di una

memoria artificiale, fatta di loci. Questi loci sono essenziali nel ripetere oralmente ciò che è stato affidato loro, una

immagine associata ad essi, richiama un concetto. L’immagine che richiama il loco deve essere qualcosa di

straordinario, in modo che rimanga fisso nella mene. Nel medioevo ci furono vari studi sulla memoria e tentativi di

utilizzo di essa come per Tommaso d’aquino che componeva opere basandosi su ciò che aveva visto negli scriptoria

monastici, avendo un’ottima memoria. Intorno alla metà del 16 secolo l’arte della memoria subisce notevoli

trasformazioni. Da un lato la mnemotecnica si intreccia con le ricerche e le utopie relative alla creazione di una

lingua artificiale e universale, dall’altro si occupa del problema delle classificazioni delle scienze naturali. Così molti

autori come petrarca o Pietro da ravenna affinano le loro arti mnemoniche attraverso precisi loci, memorizzandoli e

collocandoli nei luoghi immagini appropriati. Sempre nel contesto dell’organizzazione universalistica della

conoscenza di questo periodo si colloca l’Ars Magna di Raimondo Lullo che diede una rappresentazione unitaria del

sapere attraverso l’immagine dell’Arbor Scientiae. Lullo voleva dotarsi di uno strumento infallibile per dichiarare la

verità del cristianesimo. Utilizza quindi sedici categorie di alberi, corrispondenti alle diverse discipline. Ogni albero si

divide in sette parti. Il sistema lulliano intreccia insieme anche logica e metafisica e per questo ebbe molto successo,

distaccandosi dai metodi visivi (loci e immagini) della tradizione classica, in cui i concetti vengono ora indicati con

lettere dell’alfabeto, secondo modalità astratte e algebriche. L’incontro tra tradizione classica e tensioni magiche ed

ermetiche fa poi nascere l’Idea di Teatro di Giulio Camillo, un sofisticato dispositivo in cui situare, avvalendosi di

immagini simboliche, mitologiche, cabalistiche, astrologiche ecc i diversi elementi costituenti la realtà, disposti in

modo tale che seguendo l’ordine della creazione del mondo si collochino per prime le cose più degne, poi, di grado

in grado le altre, meno degne o scoperte dall’uomo più tardi. Il testo ottenne molto successo. Il Teatro infatti era lo

spazio visibile in cui, avvalendosi di loci e immagini, si situava oltre al sapere del mondo, anche il mondo stesso. Il

modello era ripartito in sette parti, come i sette pilastri della casa di Salomone. Un diverso orientamento, ma

partendo da premesse simili, si ha con l’opera di Pietro Ramo, che utilizza il modello simbolico e gerarchico

dell’albero per definire un metodo didattico in cui, con schemi e tabelle, è possibile integrare i contenuto delle sette

arti liberali per trasformare un ragazzo in filosofo. Ai grandi temi del lullismo si collegano le riflessioni

mnemotecniche di Giordano Bruno. Nel suo De umbris idearum viene individuato un primo ambito, metafisico, che

corrisponde alle Idee; un secondo, fisico-naturale, cui corrispondono le Forme e un terzo, espresso dalla ragione, che

esprime le umbrae delle Idee. Il collante tra tutto è costituito dalla magia. Nel finire di quest’epoca con cartesio,

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invece, si afferma il definitivo primato della ragione, mentre con Leibniz si completa il discorso orientato verso

l’astrazione inaugurato già Dalgarno o Wilkins. Leibniz concepisce una lingua universa, costituita da un sistema di

segni che rappresentano direttamente i pensieri e non le parole, in cui il ragionamento diventa un calcolo algebrico,

che diventa una clavis, la chiave attraverso cui è possibile l’organizzazione sistematica di tutto lo scibile umano. Tutta

questa discussione ha dato vita a ciò che sarà la bibliografia.

2- Teoria e pratiche della bibliografia

2.1 Bibliografia: tra parola e cosa

Tutti i manuali danno una definizione di bibliografia, ma delineando dei confini precisi. Come dice Walter Greg, padri

di questa disciplina parla della bibliografia come “afflitta dal suo nome”. Blum afferma che la bibliografia consiste in

una meticolosa ricostruzione degli usi della parola nelle varie aree linguistico-culturali dell’Europa moderna e

contemporanea. Blum sostiene che l’origine del temine può risalire introno al 17 secolo, anche se non sicurezza. Il

termine è composto da due radici greche che ritornano in alcuni testi ma con il significato di copiatura manuale dei

libri. Più frequentemente blum riferisce la sua attestazione come parola che desina gli elenchi di libri e i principi e le

tecniche utilizzati per produrli, mettendo in evidenza la sua diversità rispetto ai cataloghi. Inoltre blum rileva come in

quasi tutte le linguee europee vi è un termine che designi la bibliografia a partire da una radice latina. A livello

storico il lemma bibliografia debutta con Bibliografia politica di Naudé nel 1633 e la nuova designazione fu presto

riprodotta da altri autori in tanti testi. Per serrai la bibliografia è qualcosa di più oltre all’allestimento di bibliografie:

è mappa e indice della letteratura, della scienza e della cultura che indaga per mezzo di testimonianze documentarie

la profondità dei fondi documentari. Caproni la definisce infatti come la ricerca dell’organizzazione del sapere. È

difficile quindi dare una vera definizione a bibliografia che ha in sé una stratificazione articolata e complessa di

costituenti semantici (tra cui il libro). Oggi la bibliografia, come il libro, sono in continua evoluzione.

2.2 elementi di storia della bibliografia

Già nell’antichità si svilluppa la bibliografia, come i Pinakes del poeta Callimaco, con cui i frammenti portavano con

loro notizie su autori e opere conservate nella biblioteca di alessandria d’egitto, utlizzando uno schema di

classificazione. Forse i primi esempi di elenchi bibliografici sono i De propris libris liber del medico greco Galeno e la

Notitia de se ispo et de libris suis del monaco inglese Beda, inserita nella Historia Ecclesiastica gentis Anglorum. Altri

primi esempi sono il De illustri bus viris di san girolamo e il De scriptoribus ecclesiasticis di Isidoro di Siviglia,

entrambi i tesi si caratterizzano come biobibliografie, dove le bibliografie sono elementi di corredo alla narrazione

degli eventi geografici. Abbiamo poi il Catalogus e il Registrum di Boston Bury che contengono degli elenchi di autori

elencati in ordine alfabetico e in base ai libri della Bibbia dei quali si sono occupati. Sono un primo esempio di

catalogo collettivo. Solo con l’affermarsi della cultura umanistica le bibliografie perdono il carattere tipicamente

archivistico ecclesiastico: nel Philobiblon si parla dell’amore per i libri. Nel Basso medioevo si organizzano, grazie alle

università, nuovi circuiti di informazione bibliografica, fondati sul sistema della pecia, adottato dagli stationarii, cioè i

librai che si occupavano della copiautra e della diffusione delle opere utilizzate durante le lezioni. Queste erano le

notititie librorum. In questo periodo quindi esistevano 3 circuiti di informazione bibliografica: chiesa, università e

fondi privati composti da umanisti. Proprio nell’ambiente umanistico grazie a Tommaso Parentucelli scrive un

canone bibliografico. Nello stesso periodo i libri prima conservati in scriptoria e armaria ecclesiastici trovano ora

spazio nelle biblioteche, che iniziano a prendere forma. In questo periodo poi Guthenberg inventa la stampa a

caratteri mobili grazie a cui i tipografi diventano imprenditori. Di questo periodo era anche Trithemius, nome

umanistico dell’erudito Johannes von Heindenberg, considerato padre della bibliografia dopo la pubblicazione del

Liber de scriptoribus ecclesiasticis. Tritheim elenca in ordine alfabetico circa 1000 autori fornendo notizie biografie

seguite dall’indicazione degli scritti. Anche Conrad Gesner fu importante con il suo Biblioteca Universalis in cui allestì

e pubblicò un catalogo universale degli scrittori e della loro opera fino ai suoi tempi. Proprio il suo universalismo è un

elemento nuovo. Si avvalse di ogni tipo di fonte per la compilazione del libro, includendo nella ricerca anche autori di

scarso valore. L’opera viene divisa in due parti, per un totale di 21 libri, ma gli ultimi due non videro mai la luce.

Gesner utilizzò proprio i loci per ogni libro, creando nuclei semantici degli interessi (come visibile nell’indice). L’uso

dei loci permette di disporre di informazioni strutturate su qualunque argomento, e di favorire l’accesso ai lettori alle

informazioni desiderate e richieste. Attraverso i loci è possibile così individuare le “formule di indice”. Nel 1559 la

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Chiesa siede alle stampe i primi elenchi di libri proibiti, nei quali Gesner veniva inserito come eretico. Per arginare la

Riforma la chiesa stilò con la Compagnia di Gesù la Bibliotecha selecta di Possevino, ispirata ovviamente da ideali

diversi da quelli di Gesner. Infatti Possevino è antiuniversalista e il cui canone bibliografico sarà composto da autori

adeguabili alle diverse competenze delle diverse tipologie di lettori. La bibliografia diventa strumento di controllo

per le letture. Alla fine del 16 secolo la bibliografia entra nella sua fase matura: nel 1595 viene pubblicato il

Catalogue of English printed Books di Maunsell, il primo bibliografo ispirato da ideali moderni. Maunsell migliorò le

tecniche di descrizione dei libri e creò l’antiposizione tra cognome e nome. Con il progressivo consolidarsi delle

lingue nazionali, anche gli strumenti bibliografici nazionali si consolidarono, come in italia con il Libraria di Anton

Francesco Doni, un elenco di autori e di tradizioni in lingua volgare, cui sono aggiunti cento discorsi riferiti agli autori

e un indice modellato sulle esperienze e le abitudini dei librai. La nascita della stampa favorì il proliferare della

bibliografia e anche delle biblioteche: Naudé nel 1627 pubblica una celebre opera nella quale vengono esposti e

dscussi i motivi che debbono indurre a costituire una biblioteca aperta all’uso del pubblico. Con Naudé si espande

anche il termine bibliografia. In questo periodo diventa sempre più complesso il problema di valutazione della

qualità delle opere e prendono piede numerosi progetti repertoriali, universalistici come nel caso di Savonarola che

compilò 40 volumi manoscritti di un vagheggiato Indice Universale di tutte le opere stampate fino al 1700. Nel corso

del 17 secoldo si afferma moltissimo anche il ruolo dei giornali, scritti in diverse lingue nazionali, cui viene affidato il

compito di comunicare le informazioni bib

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A.A. 2017-2018
9 pagine
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SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/08 Archivistica, bibliografia e biblioteconomia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher simosuxyeah di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Scienze documentarie e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Vivarelli Maurizio.