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CAMPAGNA DIAGNOSTICA PER LO STUDIO DELLO STATO DI
CONSERVAZIONE DELLE SUPERFICI BRONZEE DEL PERSEO DI
BENVENUTO CELLINI
Introduzione
La campagna diagnostica che ha fatto da base conoscitiva e progettuale all’intervento di restauro
del Perseo è stata realizzata congiuntamente dall’Istituto Centrale per il Restauro di Roma e
l’Opificio delle Pietre Dure di Firenze. L’esame diagnostico dei manufatti bronzei esposti all’aperto
comporta, da una parte, l’insieme di studi inerenti la lega metallica e i fenomeni di corrosione ad
essa connessi, dall’altra analisi delle superfici e la caratterizzazione delle loro molteplici e
diversificate alterazioni. La superficie di un manufatto antico costituisce sempre un puzzle
complesso sotto il profilo della composizione e della microstruttura. Essa accumula i prodotti
dell’iterazione tra il manufatto e l’ambiente (di corrosione nella fattispecie), le sostanze di deposito
provenienti dall’ambiente, i prodotti di interazione degli uni con gli altri e infine i materiali
eventualmente applicati nei passati restauri. Il caso dei bronzi è particolarmente complicato per la
varietà di composti metallici, soprattutto di rame, che possono formarsi in funzione dell’esposizione
della statua e della composizione della lega. Si tratta di sostanze tra loro molto simili e assai difficili
da identificare ma la cui presenza è indicativa delle condizioni di stabilità della superficie e che
hanno di conseguenza un valore diagnostico notevole. Hanno la possibilità di migrare in forma di
soluzioni lungo la superficie del bronzo e dar luogo più facilmente a nuovi composti per reazione
con gli altri. La prima è più importante operazione di restauro che si compie, la pulitura, sembra
mal utilizzare i dati desunti con tante difficoltà dagli esami scientifici, e procedere guidata
soprattutto da criteri fisici (ricerca di patine stabili dal punto di vista fisico-meccanico) ed estetici
(ricerca di tonalità cromatiche di aspetto gradevole). Osservando le documentazione fotografiche
dell’insieme, di dettagli di statue bronzee, prima e dopo un intervento di restauro, si constatano
spesso situazioni oltremodo differenziate, per quanto riguarda l’aspetto, ma soprattutto
imprevedibili. Le stratificazioni di sostanze che si formano in superficie, sono per lo più spesse e
molteplici e in quanto tali possono celare patine interne, aderenti al metallo, di colore e di aspetto
assai diverso da quello esterno e tra i più vari. In fase di rimozione degli strati più esterni, chi
interviene a livello di restauro sia soprattutto guidato da ciò che progressivamente va trovando.
L’operazione di pulitura si preoccupa di eliminare con gradualità le stratificazioni più esterne fino a
ritrovare quelle patine che mostrino possedere una maggiore stabilità fisico-meccanica (buona
coesione e adesione) e che abbiano ridotti spessori così da non risultare alterati in riferimento al
rilievo della statua. È ovvio che la composizione chimica di quanto si va trovando procedendo
all’esterno della stratificazione verso l’interno non possa costituire un criterio primario per decidere
il livello di pulitura da raggiungere. La composizione delle patine e croste di alterazione e il suo
variare nel senso della superficie e dello spessore hanno, ciò nonostante, un’importanza notevole
e il restauro mette comunque in atto operazioni che, indirettamente hanno proprio l’obbiettivo di
raggiungere anche la stabilità chimica oltre che quella fisico-meccanica della superficie.
Fondamentale è il lavaggio che si compie alla fine con acque deionizzata. Le sostanze idrosolubili
presenti in superficie, la loro rimozione selettiva può essere facilmente realizzata proprio grazie ad
un accurato lavaggio in acqua, che si effettua subito dopo l’opera di rimozione meccanica. Alla
fine, ciò che rimane sulla superficie è caratterizzato da stabilità fisica, chimica e sottile spessore.
Quanto al colore e all’aspetto, si hanno minori libertà,. L’operatore deve più o meno accettare ciò
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che ritrova a contatto col metallo, preservandolo, per conservare uno dei valori importanti
dell’oggetto antico, la storia della materia che, unitamente alla sua forma e al suo stile, va a
costituire la testimonianza attuale dell’opera che perviene a noi. Nell’ambito dei restauri di
monumenti bronzei rinascimentali fiorentini eseguiti nelle ultime decine di anni e delle relative
campagne diagnostiche curate dall’Opificio delle Pietre Dure, il gruppo statuario del Perseo
costituiva un anello fino ad allora mancante. Il gruppo della Giuditta e Oloferne di Donatello era
stato infatti conservato nella Piazza della Signoria totalmente esposto all’aperto. un altro
importante gruppo, Cristo e S.Tommaso del Verrocchio, sottoposto ad accurate indagini e
successivamente restaurato, era collocato in una nicchia della facciata di Orsanmichele e, in
protetto, con la parte anteriore totalmente esposta e il retro riparato, almeno dalla pioggia.
Indagini analitiche e risultati
Il gruppo del Perseo di Benvenuto Cellini collocato su un angolo della Loggia dei Lanzi, è quasi
totalmente riparato dalla pioggia rispetto alla pioggia battente ma, per il resto, è esposto
liberamente all’ambiente esterno su tutti e quattro i lati, senza il riparo di una nicchia come nel
caso del bronzo del Verrocchio; libero di essere investito sotto tutte le angolazioni dalle circolazioni
di aria che in quella particolare posizione sono possibili (l’angolo della Loggia dei Lanzi dove è
collocato il Perseo, prospiciente Palazzo Vecchio, è tipicamente soggetto a costanti movimenti
d’aria). L’obbiettivo principale dell’indagine era dunque lo studio dello stato di conservazione della
superficie attraverso l’identificazione delle sostanze di alterazione e di deposito presenti nelle
patine e nelle croste, in funzione della loro distribuzione sulla statua, del loro spesso, del loro
aspetto e consistenza. A tal fine occorreva innanzitutto predisporre un piano di campionamento
appropriato. Il campionamento è stato condotto per fasce verticali della statua in riferimento ai
quattro lati principali di esposizione della stessa, approssimativamente coincidenti con N, S, W, E. I
prelievi sono stati effettuati in maniera selettiva, sia in forma di polveri, sia di piccoli frammenti per
esami in sezione. Le sostanze idrosolubili sono state invece raccolte mediante lavaggi
standardizzati, nelle stesse aree di campionamento. Il lavaggio standardizzato viene effettuato
pennellando con un volume noto di acqua distillata un’area nota della statua e raccogliendo le
acque di lavaggio in cui verranno eseguite poi le determinazioni. I risultati della campagna
diagnostica effettuata sulle aree sopra indicate, impiegando le tecniche elencate sul libro (tabella 1
pag.83), hanno prodotto una quantità di dati analitici che non è certo possibile riportare in questa
sede. Ciò che conta negli esami diagnostici non sono solo i dati desunti ma è soprattutto
l’interpretazione degli stessi effettuata da un esperto del campo. Occorre innanzitutto mettere in
evidenza una importante prassi ch adottiamo, oramai da oltre dieci anni, negli studi diagnostici
delle superfici bronzee al fine di rendere i risultati più attendibili. Al fine di acquisire dati attendibili
non è in generale sufficiente limitarsi a considerare quelli che emergono dalla applicazione di una
sola tecnica di analisi. Ad ogni tecnica, sfuggono sempre alcune sostanze per motivi inerenti i
principi stessi su cui la tecnica si fonda, per ragioni di interferenza, ed altro. Solo attraverso
l’esame congiunto degli stessi campioni mediante più tecniche è possibile pervenire ad un quadro
più oggettivo della situazione. Per tali ragioni è quasi sempre necessario comporre un team di
specialisti. Nel caso del Perseo il team ha adottato la seguente prassi: il campione prelevato viene
innanzitutto omogeneizzato per macinazione. Si procede poi, iniziando dalle tecniche che non
distruggono né alterano il campione, n particolare dalla XRD. Si prosegue poi suddividendo il
campione in due aliquote: una da destinare alla spettrofotometria FT.IR, l’altra al SEM/EDS. In tal
modo, le sostanze con struttura moderatamente cristallina, tendente all’amorfo, prive di segnali
caratterizzanti in diffrazione-X, possono essere recuperate via FIT.IR. Se esistono costanze che
eludono entrambe le succitate tecniche, c’è una possibilità di recuperarle grazie al SEM/EDS che
fornisce almeno lo spettro degli elementi presenti. A tal proposito vale la pena citare: 17
• Il cloruro rameoso, Cu2Cl2 nantokite, che non dà segnale con la tecnica FT.IR ma può
essere ben determinato via XRD e mediante SEM/EDS (presenza di rame e cloro);
• Alcuni idrosso-cloruri rameici mal cristallizzati e le sostanze organiche in genere sfuggono
di solito sia alla XRD che al SEM/EDS ma possono essere rilevate mediante FT.IR;
• Alcuni composti di stagno (forse biossido di stagno idrato, Sn02, nH20), e alcuni composti
dl fosforo (probabilmente fosfati) sfuggono sia alla XRD cha al FT.IR ma la loro presenza è
segnalata al SEM/EDS (segnale dello stagno e segnale del fosfato).
Croste nere erano presenti in alcune aree della statua, soprattutto, come di solito accade, nelle
aree riparate dall’azione diretta della pioggia battente. La figura 4 presente sul libro ci presenta
la composizione come risulta dall’analisi diffrattometrica XRD di un’area sul retro della statua
coperta da queste tipiche croste che avevano un aspetto del tutto simili a quelle osservabili
anche sul volto del Perseo. I 4 campioni sono stati prelevati dallo stesso punto della statua, in
successione, dall’esterno verso la superficie bronzea. La composizione varia in maniera
graduale mostrando una forte prevalenza di gesso proveniente da deposito di particellato
atmosferico unitamente a quantità di quarzo e silicati, essi stessi tipici componenti delle poveri
sospese. Il gesso rappresenta la matrice cementate delle croste nere mentre silicati e
particellari carboniosi costituiscono gli inclusi. È risultato abbondante anche l’ossalato rameico
Moolite, che ha un colore verde, poco visibile dall’esterno perché coperto dal colore nero degli
inclusi carboniosi. Nella frazione a contatto nel bronzo la composizione mostra anche nuovi
componenti, gli idrosso-cloruri rameici atacamite e parata camite, che, in quanto tali, non
preoccupano ma che denunciano l’avvenuta presenza di processi corrosivi ciclici del bronzo,
indotti da cloruri. In un’altra serie sequenziale di campioni, prelevata da un’altra incrostazione
nera, osserviamo infatti, nelle otto successive frazioni prelevate, una composizione simile a
quella sopra esaminata