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GLI STATI LIMITE
INTRODUZIONE
E più facile dire degli stati limite che non si lasciano ricondurre né alla nevrosi nella psicosi, piuttosto che circoscrivere positivamente ciò che sono. La loro instabilità sfida la definizione, ogni sforzo di chiarificazione rischia di condurre alla semplificazione abusiva.
Si può tuttavia cercare di distinguere due grandi assi:
- Inglese, rappresentato da Otto Kernberg = cerca di reperire i tratti di un'organizzazione limite, presentando una specificità psicopatologica relativamente stabile tra nevrosi e psicosi;
- Francese = si aspetta dalla questione del limite una rimessa in discussione della psicopatologia psicoanalitica, dei concetti della metapsicologia e della teoria della cura; in breve, di giocare il ruolo di analizzando della stessa analisi.
Uno scarto tra i due assi può essere costituito dal riferimento a Freud: mentre gli inglesi lo considerano un autore fra gli altri, quasi superato, i francesi
Ritengono il riferimento a Freud paradigmatico di ciò che vuol dire psicoanalisi, anche se, da un autore all'altro, non è lo stesso Freud che si sollecita o di cui si discute.
1. L'essere di frontiera
La questione borderline introduce un cambiamento paradigmatico di tipo topico: se l'inconscio, lo psichico rimosso, è ciò che riguarda in modo inaugurale la psicoanalisi, è l'Io che, per prima cosa, attira l'attenzione della teoria analitica degli stati limite.
I pazienti borderline arrivano in analisi dopo essere passati di medico in medico.
L'insicurezza e la paura di perdere l'amore testimoniano, attraverso i limiti mal sicuri del loro io, l'origine traumatica dello sviluppo patologico. La posizione chiave della madre (depriving, rejecting), il ruolo decisivo dell'ambiente precoce, appaiono come delle costanti del registro borderline, contemporaneamente ad una risposta privilegiata tramite
l'azione (soprattutto somatica) a ciò che la psiche non può elaborare simbolicamente. Ad un Iospezzettato, la terapia analitica risponde con un lavoro di integrazione. Forse sarebbe meglio dire: terapia sintetica. Essa predilige l'Io piuttosto che l'inconscio, la spiegazione piuttosto che l'interpretazione, la relazione interpersonale o diretta piuttosto che l'attitudine silenziosa/interpretativa (Stern sottolinea la necessaria abolizione del tabù analitico di toccare). Il setting diventa la metafora dell'Io e, in quanto tale, è attaccato nei suoi limiti. L'analisi difficile. Nell'analisi con i pazienti borderline è sempre meno frequente l'utilizzo delle associazioni libere e dell'interpretazione. Essendo un funzionamento psichico che si riferisce più al modello dell'atto che a quello della rappresentazione, si fa a meno della regola fondamentale. Non si può, allo stesso tempo,
associare sul vaso e ridurlo in frantumi. La costituzione delle attività rappresentativa suppone che la psiche si separi dal suo modello organico per divenirne la metafora, in ogni caso è la condizione di possibilità del processo associativo, dello scivolamento simbolico da una rappresentazione ad un'altra. Ed è anche la condizione di possibilità del transfert analizzabile. Le difficoltà dell'interpretazione condensano l'insieme di queste difficoltà. L'interpretazione non è enunciabile se non è ricevibile: ricevibile come interpretazione e non solo come persecuzione. Essa rende presente un altrove da ciò che si gioca manifestatamente fra i due protagonisti della scena analitica, essa triangola. Questo disimpegno dalla situazione immanente è precisamente, in quanto disimpegno, intollerabile al paziente borderline. Ciò che egli vuole è essere due, nient'altro che due, e soprattutto.non uscire da lì. Se l'interpretazione si confonde allora con un atto di abbandono, che cosa (analiticamente) è ancora possibile dire? Perl'inconscio, l’inevitabile effetto di un tale ingranaggio è il farsi vedere altrove: dal lato dell'analista stesso. I fallimenti e gli errori dell'analista, come li designa Winnicott, i suoi attimancati, diventano materia prima dell'analisi. La clinica borderline dà infiniti esempi di dinamiche della cura innescate dall’analisi del controtransfert. Qualificare il paziente come difficile insopportabile è un modo implicito il relativo per indicare la forza delle resistenze dell’analista, ciò che in lui si oppone alla regressione dell'analizzante. Tuttavia, il mantenimento del setting costante può essere molto importante per il paziente.
3. Winnicott, good enough
Winnicott si sofferma sul concetto di sconfinamento: per un neonato non c’è mai
carenza,è sempre troppo. Tanto l’eccesso quanto la mancanza sono considerati traumatici. Da qui il concetto di “good enough”. Uno dei contributi di Winnicott circa l’analisi dei pazienti borderline è la questione relativa al conforto, alla rassicurazione del paziente. Egli sostiene che a rassicurare il paziente non siano dei gesti catalogati dal lato del conforto, ma l’interpretazione del transfert data al momento giusto. La rassicurazione non appartiene alla teoria psicoanalitica, solo l’interpretazione. Se l’organizzazione dell’Io è minacciata di crollo, non c’è interpretazione possibile. Questo momento dell’analisi che installa le condizioni di possibilità di quest’ultima, e dove un’interpretazione non è quasi più che quella del controtransfert, sembra concepito da Winnicott meno come tempo preliminare, preparatorio, che come uno sfondo verso il quale il paziente ècostretto periodicamente a ritornare affinché possa prolungarsi il movimento dell'analisi. Quest'ultima, si intende chiaramente, non procede senza dei movimenti di tecnica attiva.
L'unico La psiche del borderline sembra sfidare ogni mobilità, rifiutare ogni cambiamento. Il borderline non possiede capacità di simbolizzazione, egli è un bambino che non ha mai potuto giocare con il rocchetto in quanto la scomparsa dell'oggetto comporta un rischio psichico (la perdita, il vuoto, il bianco, la morte) che non è pronto ad assumersi. Il registro borderline impone la madre come figura centrale dell'analisi e del transfert, a differenza dell'attenzione rivolta da Freud innanzitutto al complesso paterno. Oggetto vuol dire la madre o, più arcaicamente, il seno. Una madre che è tanto più unica, irrimpiazzabile, insostituibile, quanto più è stata depriving, rejecting. Tanto è impossibile perderla.
quantopiù non ha permesso di poter elaborare la perdita di se stessa, cosa che è potuta accadere tanto con un'eccessiva presenza psichica che a causa di un'assenza. L'analisi tende a confondersi con un lavoro di lutto: lavoro allo stesso tempo di separazione, differenziazione, costituzione dell'oggetto e di delimitazione delle frontiere dell'Io.
CAPITOLO 4
I FUNZIONAMENTI LIMITE: quali limiti? (di Catherine Chabert)
L'autrice preferisce il termine funzionamento piuttosto che è stato limite poiché meglio rappresenta una modalità di organizzazione psicopatologica estremamente determinata e interamente a se stante, che rivela dal punto di vista clinico una grande eterogeneità di manifestazioni. Ella sostiene che definire i funzionamenti limite in negativo, cioè come né nevrotici né psicotici, non è utile, nella misura in cui situerebbe i funzionamenti limite in una posizione intermedia.
all'interno di un sistema inevitabilmente gerarchico. Tuttavia, all'interno di questa modalità di funzionamento psichico vi è un largo ventaglio che va dal più patologico, dal più sofferente, alla condizione di maggior benessere. 1. La problematica della perdita d'oggetto Durante il corso del proprio sviluppo ogni soggetto deve confrontarsi con le problematiche legate all'assenza e alla perdita d'oggetto e, dunque, alla permanenza di rappresentazioni di questi oggetti all'interno della psiche. Nei funzionamenti limite l'accesso alla transizionalità è precario, transitorio, perché non vi è la sicurezza che l'oggetto sopravviva agli attacchi del soggetto. Accade che la mancanza d'oggetto comporta la propria sparizione nello spazio psichico perché non può essere attribuito alcun senso all'assenza, perché quest'ultima non può dar luogo ad alcuna.costruzione fantasmatica che permette di associare al dolore della perdita una rappresentazione capace di elaborarla. La perdita dell'altro visibile non permette che si mantenga la sua esistenza come oggetto interno, all'interno della psiche, assicurando in tal modo il sentimento della continuità di esistere. I pazienti limite sono incapaci di associare rappresentazioni e affetti nei processi di interiorizzazione, condizione che ha alla base il riconoscimento delle percezioni interne (in termini di emozioni di effetti) ed il legamento con la rappresentazione di un oggetto presente assente. Da ciò deriva un contro investimento maggiore della realtà esterna che tenta di nascondere il deficit interno e rinforzarlo. 2. L'amore e l'odio Una caratteristica dei funzionamenti limite è l'incapacità di accesso all'ambivalenza, intesa come la capacità a rappresentare un oggetto totale, allo stesso tempo buono e cattivo, comePossibilità di associare l'amore e l'odio in una dialettica sopportabile. Tale continuità non è effettiva nei funzionamenti limite che fanno soprattutto ricorso alla scissione nelle modalità di investimento degli oggetti. Vi è un isolamento o una impermeabilità fra i movimenti positivi ed i movimenti negativi. L'odio sottintende intensamente tali movimenti. L'odio non è il rovesciamento dell'amore nel suo contrario; Freud sottolinea che amore e odio non derivano dalla scissione di un elemento originario comune e che, ciascuno di essi, deriva da sviluppi specifici. L'odio è più antico dell'amore, la sua origine è nel rifiuto del mondo esterno agli inizi della vita psichica. Rifiuto determinato dall'Io narcisistico: l'odio costituisce una manifestazione di dispiacere in relazione agli oggetti e resta in relazione con le pulsioni di autoconservazione. La seconda teoria delle pulsioni
radica ancora più profondamente l'opposizione fra amore e odio, ritrovata nell'opposizione fra pulsione di vita e pulsione di morte. Sarebbe tuttavia sbagliato sovrapporre odio e pulsione di morte. La funzione