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Questo più vasto aspetto della psichiatria comprende anche l’aspetto medico in senso stretto, e si amplierà fino a
comprendere tutta la gamma della psichiatria umana.
Segue una carrellata tra i vari medici che hanno caratterizzato la storia della psichiatria, dal medico ippocratico per
arrivare a Freud, e in ultimo White, il quale per primo fa una sintesi delle due grandi tendenze della psichiatria, la
parte che si occupa dei malati, e quella che tenta di comprendere e trattare le situazioni e i problemi sociali.
La psichiatria è per Sullivan lo studio dei processi che coinvolgono persone, che avvengono tra le persone. Il campo
della psichiatra è quello delle relazioni interpersonali, in tutte le circostanze in queste relazioni esistono. Si capì
insomma che non si può mai isolare una personalità dal complesso di relazioni interpersonali in cui la persona vive
ed esiste.
Nella seconda parte, comincia a descrivere la sua teoria della psicoanalisi interpersonale.
All’inizio del XX secolo il pensiero freudiano fu importato negli Stati Uniti da diversi psichiatri
autorevoli, come Meyer e White, interessati ad adottare elementi della terapia psicoanalitica nel
trattamento di pazienti psichiatrici ospedalizzati. Freud fu sempre scettico verso l’accesso dei
pazienti psicotici al trattamento e le contrapposizioni tra vecchio e nuovo mondo si acuirono negli
anni tra le due guerre mondiali, quando numerosi psicoanalisti europei in fuga dal regime nazista
emigrarono negli Stati Uniti. Negli istituti psicoanalitici americani cominciarono a presentarsi
diversi conflitti e scismi fra coloro che si identificavano con l’autorità freudiana (ortodossi),
stabilendo confini precisi tra la teoria e la prassi psicoanalitica, e forme terapeutiche ibride emerse
dalla coniugazione di alcuni principi freudiani con elementi propri del nuovo contesto. Una di
queste concezioni divergenti fu la teoria interpersonale della psichiatria, sviluppata da Sullivan,
che costituisce la base dell’attuale psicoanalisi interpersonale.
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Riassunti di Psicologia Dinamica Luca Grignoli
1. Note biografiche
Sullivan nasce nel 1892, si laurea in medicina con la qualifica in psichiatria. Viene assunto
all’ospedale di Baltimora, dove fu il direttore della ricerca clinica, istituendo un reparto particolare
per giovani maschi schizofrenici (Freud sosteneva che i disturbi psicotici sono inaccessibili al
trattamento psicoanalitico non potendosi sviluppare un transfert a causa del ritiro narcisistico). Fu
pioniere degli studi clinici sulla schizofrenia che mettono in discussione il tradizionale modello
psichiatrico di Emil Kraeplin secondo cui la schizofrenia (dementia praecox) era un disturbo
neurofisiologico su base organica che si conclude con un totale deterioramento. Secondo Sullivan, i
pazienti schizofrenici sono estremamente sensibili e reattivi all’ambiente interpersonale e il disturbo
psicotico, in particolare la schizofrenia, può acquisire un significato unicamente in un contesto
interpersonale e le sue caratteristiche possono definirsi soltanto con lo studio delle relazioni che
intercorrono tra lo schizofrenico e le altre persone schizofreniche, meno schizofreniche, non
schizofreniche.
La schizofrenia è quindi per Sullivan il risultato di interazioni interpersonali inadeguate
nell’ambiente passato e nell’ambiente attuale del paziente. Lo schizofrenico diventa tale per ragioni
ambientali; questi pazienti possono guarire e guariscono e si opponeva ai trattamenti utilizzati ai
tempi quali la lobotomia e l’elettroshock.
2. La teoria di Sullivan: la pervasività delle relazioni interpersonali
La teoria interpersonale è ritenuta da alcuni un paradigma alternativo al modello freudiano, da altri
una semplice e forse semplicistica riformulazione ambientalista dei concetti psicoanalitici classici.
Un principio organizzativo del pensiero di Sullivan è dato dal postulato dell’esistenza comunitaria,
per il quale ciò che vive non può vivere separato da un ambiente, che può quindi essere chiamato
ambiente necessario. Il passaggio da teorie centrate sull’individuo a una prospettiva basata sul
campo delle relazioni interpersonali ha delle implicazioni epistemologiche precise, in quanto gli
individui esistono e sono quindi conoscibili solo nell’interazione con altri necessari.
Gli oggetti di studio del clinico, di conseguenza, diventano i processi ed i mutamenti nei processi
che non avvengono né nel soggetto né nell’osservatore, ma nella situazione che si crea tra
l’osservatore ed il suo soggetto. La teorizzazione interpersonale si focalizza sul luogo geometrico di
tutti gli eventi psicobiologici che si trova in un nesso formato dalle persone e dai loro rapporti.
Dalla diade si passa quindi allo studio delle situazioni relazionali e delle integrazioni reali o
illusorie che in esse avvengono.
Per Sullivan l’uomo nasce come animale umano, ovvero come un essere solo potenzialmente
umano. L’essere umano esisterebbe in senso psicologico solo all’interno delle relazioni
interpersonali. Lo sviluppo viene a essere inteso nei termini di una graduale acquisizione delle
caratteristiche compiutamente umane, essendo l’organismo umano antropomorfizzato all’esistenza
dal suo contesto interpersonale, che agisce come mediatore della cultura più ampia. Per
comprendere lo sviluppo infantile Sullivan ricorre a due costrutti assoluti; descrive quindi:
• →
l’euforia forse accostabile al principio di piacere freudiano
• →
la tensione assoluta come deviazione dall’euforia, o il terrore che può riguardare dei
bisogni fisico-chimici ricorrenti o episodici che disturbano lo stato omeostatico del bambino
L’alternarsi di queste tensioni e soddisfazioni costituiscono le prime esperienze emozionali del
neonato.
Ciò che distingue l’approccio interpersonale di Sullivan è l’ipotesi che i bisogni del bambino
inducono uno stato di tensione complementare nella persona che fa da madre, che viene vissuta
come tenerezza e come impulso ad attività che portino sollievo ai bisogni del bambino. Le tensioni
e il sollievo dalle tensioni, definiti nei termini di bisogni di zona (ad esempio orale), costituiscono
delle tendenze integrative tra individui: il riconoscimento di tali esperienze e le loro
rappresentazioni confluiscono, come tramite fra esperienze passate e previsioni del futuro, creando i
prototipi delle successive esperienze emotive. 57 |
Riassunti di Psicologia Dinamica Luca Grignoli
Sullivan pone dunque l’accento sui successi relativamente frequenti dell’interazione con gli altri
come elemento strutturale dell’esperienza del bambino. L’esperienza negativa ha meno probabilità
di essere ricordata, essendo un’eccezione a una cosa cui siamo abituati.
Un altro aspetto inevitabile che interviene nella relazione e che ha un significato fondamentale è
l’angoscia. L’angoscia materna viene trasmessa e induce angoscia nel bambino tramite l’empatia o
il contagio emotivo; una volta insorta, essa interferisce sia con il bisogno di tenerezza che con la
soddisfazione degli altri bisogni. L’angoscia quindi non è il risultato di derivati pulsionali o di
conflitti intrapsichici, ma è piuttosto un evento interpersonale che ha origine negli eventi relazionali
accaduti all’interno di una determinata diade e, in ultima analisi, dalle tematiche che suscitano
angoscia nell’altro significativo in relazione a quel particolare soggetto. L’angoscia, a differenza
delle tensioni, non è riconducibile dal bambino a una fonte specifica perché non è rappresentabile:
non è collocabile in esperienze simili nel passato, e quindi le situazioni ad essa associate non
possono essere rimosse, né distrutte, né sfuggite. L’assenza di angoscia non riguarda la
soddisfazione di bisogni ma la presenza di un senso di sicurezza; quest’ultima è contrapposta ai
bisogni in quanto riguarda tutti quei movimenti, azioni, parole, pensieri, fantasie e così via, che
appartengono più alla cultura di un individuo, che all’organizzazione dei suoi tessuti e delle sue
ghiandole. Sullivan distingue tra i bisogni fisico-chimici, che sono conseguenze della natura
biologica del bambino, e l’angoscia e la sicurezza della vita personale. Indipendentemente dalla
soddisfazione o meno dei bisogni biologici, la ripetizione di determinate esperienze induce il
formarsi di aspettative. È solo l’angoscia correlata alla mancanza di sicurezza che interferisce con
questo processo.
Sullivan ha descritto una serie di fasi euristiche dello sviluppo, caratterizzate da particolari
relazioni significative o ambienti necessari, da modalità specifiche di fare esperienza e dal grado di
condivisione dell’esperienza con altri significativi, che si possono poi ripresentare nelle diverse
forme psicopatologiche:
→
1. L’infanzia si estende dalla nascita all’acquisizione del linguaggio ed è uno stato privo di
riflessi culturali, non socializzato. La relazione più significativa è con la persona che fa da
madre. La prima infanzia sarebbe caratterizzata dalla modalità prototassica di esperienza, in
cui non vi sono distinzioni, differenziazioni o limiti percepibili, ma solo stati momentanei di
esperienza discontinui e non collegati.
→
2. La fanciullezza è caratterizzata dall’esperienza paratassica; essa comporta, con il
graduale sviluppo della capacità di differenziare e quindi di generalizzare,
un’organizzazione rudimentale dell’esperienza. La sua manifestazione verbale sarebbe
rappresentata dall’autismo. L’attività autistica, pur utilizzando simboli come il linguaggio,
si sottrae alla condivisione con altri in quanto i significati sono soggettivi, determinati dal
vissuto personale. La presenza di vistose manifestazioni autistiche in un’interazione
terapeutica indica che il paziente è in uno stato schizofrenico o che vi è molto vicino.
→
3. L’età scolare per Sullivan è data dal bisogno di avere compagni di gioco, di interagire
quindi con i pari, e che corrisponde al periodo di socializzazione che si estende nelle scuole
elementari. Durante quest’epoca inizia a evolvere l’esperienza sintattica: nel pensiero di
Sullivan il linguaggio costituisce lo strumento privilegiato di assimilazione culturale, un
metodo puramente umano e non istintivo di comunicare. L’attività simbolica, il modo
sintattico della personalità matura, sarebbe più efficace in quanto validabile
consensualmente. In altre parole, è condivisibile con altri significativi e in quanto tale
costituisce un mezzo privilegiato per entrare in relazione.
4. La pre-adolescenza, fase breve ma estremamente significativa secondo Sullivan, è invece
cara