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LO SCARABOCCHIO FIGURATO

Dal disegno della moto, indicato inizialmente da un ghirigoro rotante, alla progressiva

costruzione del suo schema grafico, lo scarabocchio di un bambino si è sviluppato alla stregua

di una cellula, scindendosi e organizzandosi.

Il periodo DEL DISEGNO

La prospettiva intellettuale

L’INTENTO REALISTICO

Uno dei concetti fondamentali di Luquet e presupposto di tutto l’orientamento intellettuale è

che, per il bambino, il disegno riveste sempre il ruolo essenziale di dover rappresentare

qualcosa. Il disegno è pertanto realistico.

Il bambino dunque, mosso da un’intenzione realistica, sarebbe interessato unicamente ai

disegni figurativi (rappresentazione grafica delle proprietà visibili degli oggetti). Al contrario,

i disegni non figurativi non eserciterebbero su di lui alcuna attrazione. Per Luquet, dunque, il

realismo è la caratteristica essenziale del disegno infantile.

Superata la fase dello scarabocchio e quindi del piacere motorio, subentra nel bambino il

piacere di disegnare gli oggetti del suo mondo, mediante una rappresentazione esatta.

Luquet individua tre forme di realismo:

fortuito: in modo fortuito il bambino disegnando nota una qualche somiglianza tra

Realismo

la forma di un suo prodotto grafico e un oggetto a lui noto. Il bambino desidera dare un

significato ai suoi tracciati anche in assenza di una qualsiasi rassomiglianza. La rassomiglianza,

dapprima fortuita, viene poi rafforzata con l’aggiunta di dettagli, fino ad ottenere un

riconoscimento realistico.

Realismo mancato: tra i 3 e i 5 anni il bambino è completamente teso alla rappresentazione

realistica, ma sovente manca l’obbiettivo ed esegue disegni la cui interpretazione non è

corrispondente all’intenzione iniziale. A rendere difficile la rappresentazione della realtà è

l’incapacità del bambino di controllare perfettamente i movimenti della mano. Inoltre,

interverrebbero ostacoli di ordine psichico (attenzione fluttuante e facilmente esauribile).

Infine, a rendere imperfetto il disegno è l’incapacità di sintesi, per cui si verificherebbero

sproporzioni tra le parti o esagerazioni di alcuni elementi del disegno.

Realismo intellettuale: a mano a mano che l’attenzione diviene continua e si rafforza la

capacità di sintesi, si può notare che tutti i difetti spariscono.

IL REALISMO INTELLETTUALE

L’età compresa tra i 5 e gli 8 anni segna l’età d’oro del disegno infantile. superati gli ostacoli

che impedivano di rappresentare la realtà e di collocare i dettagli al posto giusto e nel modo

più corretto, i disegni divengono rassomiglianti alla realtà, sono cioè, compiutamente realistici.

Questa forma di realismo non indica un disegno inteso come una copia della realtà. Il bimbo

definisce rassomigliante un oggetto della realtà, in modo completamente diverso dall’adulto.

Il realismo del bambino (realismo intellettuale) va però distinto dal realismo dell’adulto

(realismo visivo):

• Realismo visivo: per l’adulto, un disegno perché sia rassomigliante, deve essere una

specie di fotografia dell’oggetto visto in prospettiva con dettagli visibili soltanto dalla

parte da cui l’oggetto si osserva, riprodotti nella forma che assumono guardati da quel

punto di vista.

• Realismo intellettuale: per il bambino, un disegno per essere rassomigliante deve

contenere tutti gli elementi reali dell’oggetto, anche se non visibili dalla parte da cui

viene guardato e senza preoccupazione dei punti di vista. Ciascun dettaglio inoltre deve

conservare la sua forma caratteristica senza adattarsi alla prospettiva.

Sono molte le contraddizioni, tra il disegno e la realtà, di cui il bambino non si rende conto. I

personaggi sono visibili all’interno delle case, come se le pareti fossero trasparenti, e le case e

gli alberi appaiono coricati lungo le strade (fenomeno del ribaltamento), in una mescolanza

di prospettive.

Il bambino non conosce le leggi della prospettiva, non assume un punto ideale di osservazione

esterno alla rappresentazione. Egli, disegnando, sembra collocarsi all’interno dello spazio

grafico, perciò gli appare del tutto logico disegnare una strada con le case e gli alberi coricati

su entrambi i lati.

IL BIMBO DISEGNA CIO’ CHE SA, E NON CIO’ CHE VEDE.

Quel che il bimbo disegna, è una costruzione intellettuale: il piccolo non ha come modello la

realtà che vede, ma la realtà che conosce.

Per Luquet, il realismo intellettuale può indurre il bimbo a rappresentare persino oggetti

presenti solo nella sua mente.

Il bambino cerca la rassomiglianza e la sua soddisfazione deriverebbe soprattutto dall’aver reso

identificabile il suo disegno. Egli quindi non si preoccupa di adottare un punto di vista dal quale

guardare l’oggetto da riprodurre, ma piuttosto di raffigurarlo nella sua esemplarità, cioè nei

suoi elementi rappresentativi.

Il bambino moltiplica i suoi punti di vista, assumendo, per ogni oggetto da rappresentare, il

migliore dei punti di vista, CHE E’ QUASI SEMPRE QUELLO FRONTALE. Il bambino sarebbe

dunque interessato a rendere l’oggetto del suo disegno riconoscibile.

Uguale è la linea di Widlòcher, secondo il quale il bimbo avrebbe non tanto l’intento di rendere

le figure rassomiglianti, ma riconoscibili.

“ se un particolare invisibile consente di far meglio riconoscere un oggetto, esso sarà

rappresentato contro ogni apparenza.”

Il primo a parlare di forma canonica, è stato E. HOCHBERG(non è uno studioso del disegno

infantile): per forma canonica esso intende indicare l’angolazione di un oggetto che meglio ne

rappresenta gli elementi caratterizzanti.

Freeman la rappresentazione canonica di una casa o di una figura umana, è solitamente una

visione frontale. Quella di un’automobile o di un pesce è normalmente una visione laterale.

LA VISIONE CANONICA DI UN OGGETTO E’ QUELLA MIGLIORE PER COMUNICARE INFORMAZIONI

STRUTTURALI.

IL REALISMO VISIVO

Al realismo intellettuale si sostituisce gradualmente il realismo visivo.

Un’altra preoccupazione ora emerge nel bambino: non basta rappresentare tutti gli elementi

costitutivi di un oggetto, è necessario anche che gli elementi appaiano in relazione tra loro, e

ciò induce il disegnatore ad eleggere un solo punto di vista.

Luquet, considerando la raffigurazione di un solo occhio in un omino rappresentato di profilo,

osserva un tale avvicendamento intorno agli 8/9 anni. A questa età, infatti, il bambino sarebbe

in grado di giustificare l’omissione di alcuni particolari essenziali, invocando appunto le leggi

prospettiche. Il progredire della sua capacità di attenzione, lo costringe a misurarsi con la

realtà.

La conquista del realismo visivo non è immediata e neppure avviene in modo definitivo.

Realismo intellettuale e realismo visivo possono alternarsi e convivere per molto tempo.

Luquet pone il termine del periodo del disegno infantile vero e proprio con l’abbandono del

realismo intellettuale.

CREATIVITÀ E DISEGNO

Uno dei primi studiosi che ha tentato di risolvere il problema relativo al declino del disegno

infantile, nella fase adolescenziale, è stato Vygotskij. Egli accoglie i lavori compiuti e

interpretati da Kerschensteiner.

Kerschensteiner , liquidando la fase dello scarabocchio come attività essenzialmente motoria,

fa iniziare il disegno vero e proprio con l’acquisizione, da parte del bambino, dello schema

figurativo. Egli distingue:

1. Primo stadio: il disegnatore si limita ad enumerare i dettagli dell’oggetto, sia perché

disegna a memoria, e non dal vero, sia perché nel suo disegno il bambino trasmette quel che

sa dell’oggetto e non ciò che in esso vede.

2. Secondo stadio: si assiste alla nascita del senso della forma e della linea. Accanto

all’enumerazione dei dettagli, il bambino cercherebbe di esprimere anche le correlazioni formali

tra le parti costitutive l’oggetto. Il disegnatore tenterebbe, dunque, di raffigurare un oggetto in

modo simile alla realtà.

3. Terzo stadio: continua il tentativo di rappresentare la realtà, in modo sempre più

verosimile, anche in assenza della prospettiva.

4. Quarto stadio: intorno agli 11 anni compare la prospettiva. Le figure acquisiscono volume,

luci, ombre ed infine il movimento: si giunge alla figurazione plastica dell’oggetto.

Con il predominio dell’apparato visivo, che si sostituirebbe progressivamente a quello tattile-

motorio, si rafforzerebbe l’attività mentale, e l’adolescente diventerebbe un osservatore del

mondo. All’azione fisica sul mondo subentrerebbe l’indagine del ragionamento e all’interesse

per la presenza degli oggetti, le relazioni tra gli oggetti e le loro trasformazioni.

È possibile, dunque, parlare di disegno vero e proprio solo quando le facoltà visive raggiungono

un ruolo prioritario nella percezione della realtà, e questo avviene in corrispondenza del quarto

stadio dello sviluppo del disegno indicato da Kerschensteiner, ossia quando si esaurisce il

disegno infantile.

Al contrario del disegno infantile, considerato fenomeno di massa, naturale, spontaneo,

autonomo, il disegno vero e proprio, per Vygorskij, sarebbe frutto di una creatività collegata

all’intelligenza, a determinate abilità artistiche.

L’ASPETTO PROCESSUALE

Autori più recenti hanno privilegiato, nei loro studi, il momento della costruzione al fine di

valutare in quale misura il processo dell’attività grafica sia rilevante nel precisare la

composizione finale.

L’autore più rappresentativo di questa nuova corrente è Freeman (1980). Un disegno non può

pertanto essere ritenuto una sorta di specchio che rifletta le conoscenze che il bambino

possiede su un determinato oggetto, al contrario, il bambino possiede molte conoscenze, che

restano inespresse per la complessità procedurale e per gli impedimenti che incontra nella

pianificazione.

Una testa sproporzionatamente grande nel disegno di una persona eseguito da un bambino,

per esempio, potrebbe significare che epr il bambino la testa e la faccia sono importanti.

Freeman, invece, sostiene che la sopravvalutazione della testa rispetto agli altri elementi

grafici non sia in relazione con l’immagine mentale che il bambino avrebbe della figura umana,

ma sia da addebitarsi ad un ordine di sequenza esecutiva, che vede la testa disegnata prima

del corpo.

Thomas e Tsalimi hanno convalidato l’ipotesi di Freeman. Essi hanno trovato che le dimensioni

esagerate della testa rispetto al resto del corpo è la conseguenza di un fallimento nella

pianificazione. Iniziando il disegno dalla testa, i bamb

Dettagli
A.A. 2017-2018
36 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/04 Psicologia dello sviluppo e psicologia dell'educazione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher saretta.chiaramonte di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Psicologia del disegno infantile e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Negro Alessandra.