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La curiosità può essere una risorsa clinica

Essa offre all'analista una protezione dal burnout, poiché conservarla può concorrere a equilibrare la sofferenza spesso suscitata dal lavoro clinico. La curiosità è essenziale per:

  • Rivolgere l'attenzione selettiva, evitando ad entrambi i partecipanti di lasciarsi sopraffare dal materiale clinico
  • Creare un contesto che permette altri scambi importanti
  • Promuovere l'integrazione di diversi stati del Sé in ogni partecipante alla terapia
  • Ampliare il materiale
  • Riflettere sul controtransfert

Occorre un compito intorno al quale organizzate la relazione con il paziente, la nostra curiosità deve essere autentica, dobbiamo voler conoscere il paziente e noi stessi, sia coscientemente che in altri modi. Quando Sandra, l'autrice, incontra un paziente nuovo, le interessa sapere in che modo ha sentito parlare di lei, perché l'ha scelta, perché si rivolge a lei.

in quel momento, da quanto tempo lo preoccupano i problemi descritti, la situazione in cui è nato e tante altre cose. Mentre il paziente esplora la sua storia insieme a lei, quest'ultima verifica e scarta delle ipotesi. Secondo Sullivan l'indagine dettagliata è il cuore del processo.

Levenson ha abbozzato l'approccio dell'algoritmo dell'analisi, il quale consiste in 3 tappe:

  1. stabilire la cornice, includendovi le aspettative dei partecipanti rispetto al lavoro
  2. rilevare le lacune nel materiale presentato in seduta
  3. giocare fino in fondo le questioni transferali e controtransferali centrali

La curiosità dell'analista rispetto ai tasselli mancanti nella storia del paziente e al motivo della loro assenza permette di condurre delle indagini che espandono il conoscibile. Egli ignora la possibilità di bollare il paziente come pazzo, gli interessa di più la verità.

Suscitare la curiosità nel paziente è

essenziale per l'esito dell'analisi, dato che rappresenta una fonte di motivazione per il paziente nel lavoro terapeutico, malgrado la sofferenza che comporta, e gli permette di essere un partecipante attivo nella propria analisi. La paranoia inibisce la curiosità, si contrappone a tutto ciò che non ci è familiare, esclude l'esplorazione, restringe la nostra visione, contrasta la sorpresa e limita la disponibilità al rischio. La paranoia cerca una certezza che possa ancorarla, deve sapere dove sta andando, prima di arrivare a destinazione, vuole scoprire, non creare verità. Mentre la curiosità deve poter vagare liberamente, il focus si sposta liberamente da un pensiero all'altro, la mente è sgombra da qualsiasi destinazione. La differenza tra pensiero paranoide e non risiede nel modo in cui trattiamo le eccezioni alle nostre teorie, se non le celebriamo allora ci interessa mantenere uno stato di certezza. L'analistadeve vivere e amare le domande, apprezzando l'avventura di andare ovunque lo portino i suoi interrogativi più che venerare l'astabile certezza. Buechler propone 3 aspetti intrinseci al modo in cui ci rapportiamo alle teorie che hanno importanza nel compito di aiutare il paziente ad accogliere una posizione di maggiore apertura (curiosa), abbandonandone una di chiusura (paranoide):
  1. l'analista propone una posizione di contrapposizione al pensiero paranoide, abbracciando l'incertezza e l'ambiguità
  2. l'analista invita il paziente a partecipare, in seduta, a un'esplorazione vitale e incoraggia l'esperimentazione di nuovi modi di essere curiosi
  3. l'analista lancia una sfida relazionale
Il terapeuta spesso deve bilanciare due modi di essere terapeuta. Da una parte la sensazione di dover assumere il ruolo di leadership, nel senso di dover aiutare la paziente a descrivere gli eventi emotivamente significativi della sua vita e di interpretare le.sinceramente le difficoltà e le resistenze del paziente, senza giudicarlo o criticarlo. L'analista deve essere un catalizzatore per il cambiamento, incoraggiando il paziente a esplorare nuove prospettive e a mettere in discussione le sue convinzioni limitanti. È importante creare un ambiente terapeutico sicuro e accogliente, in cui il paziente si senta libero di esprimere i suoi pensieri e le sue emozioni senza paura di essere giudicato. L'analista deve essere empatico e comprensivo, mostrando interesse genuino per la storia e l'esperienza del paziente. La terapia non è solo un processo di scoperta e comprensione, ma anche di azione e cambiamento. L'analista deve incoraggiare il paziente a tradurre le nuove consapevolezze in comportamenti concreti nella sua vita quotidiana. Questo può richiedere coraggio e impegno da parte del paziente, ma è essenziale per il suo processo di crescita e trasformazione. In conclusione, la terapia è un viaggio di esplorazione e trasformazione, in cui l'analista svolge un ruolo attivo nel facilitare il cambiamento del paziente. Attraverso l'empatia, l'ascolto attento e l'incoraggiamento, l'analista può aiutare il paziente a scoprire una nuova versione di sé stesso, più autentica e autodeterminata.

Faticosamente gli interrogativi fondamentali sulla vita, l'amore, le relazioni, le priorità e i valori che emergono in analisi e nel trovare un modo di descrivere questo sforzo al paziente.

CAP.2 – ISPIRARE SPERANZA

La speranza ha una natura intrinsecamente interpersonale, poiché può essere un dono che un individuo fa a un altro. Indipendentemente dal setting, se crede nelle buone intenzioni del clinico, il paziente può conservare la speranza. Il paziente guarda all'analista per un cambiamento e un aiuto e quest'ultimo incarna la speranza e l'aspettativa di cambiamento. A entrambi i partecipanti conservare la speranza richiede:

  • la spontanea sospensione dell'incredulità (il non voler credere)
  • l'accettazione del mistero: non esiste una strada razionale per spiegare perché un insight sia possibile in un determinato momento
  • l'accettazione della contraddizione e del paradosso: Pizer considera la tolleranza
del paradosso una conquista evolutiva o terapeutica fondamentale- è impossibile separare la speranza dalla fiducia: la fiducia è una convinzione che non poggia su prove logiche e la fiducia nel processo consiste nella fiducia riposta nella persona del clinico. Non avere speranza, nel caso di speranza per la cosa sbagliata, salvaguardia la possibilità che un giorno saremo in grado di sperare nella cosa giusta. Talvolta la mancanza di speranza è una consapevolezza di sé che non è stata ancora lasciata crescere e trasformarsi in speranza realistica. Spesso le persone sperano in cose sbagliate (ES: il paranoico vuole una certezza impossibile, spera che, afferrando meglio ciò che gli altri intendono realmente, sarà più in grado di trovare la rotta nel mondo interpersonale. Il narcisista ripone le proprie speranze in una riflessione su di sé che esalta l'Io, ma sa che se anche ottenesse quanto chiede, ciò non lo

Rassicurerà adeguatamente rispetto al suo valore autentico), ma la speranza nella cosa sbagliata è sempre debole. Per essere genuinamente speranzoso, l'analista deve essere sicuro di fare tutto il possibile per far progredire l'analisi. La speranza dell'analista reca in lui l'autoconoscenza rispetto alla forza della sua autodeterminazione a realizzare qualcosa. Possiamo riconoscere gli ostacoli emotivi della speranza e lavorarci sopra in noi stessi, negli analisti che seguiamo in supervisione e nei nostri pazienti, ma non possiamo costringere qualcuno a sperare.

Il modo in cui generiamo speranza è incoraggiando la sperimentazione con la vita: molti pazienti vengono in cura con una gamma molto ristretta di possibilità rispetto a chi possono essere, parte del lavoro consiste nel rischiare di sperimentare diversi modi di essere nel mondo che possono offrire un modo migliori di vivere. Invece di assumere un approccio più sicuro, mettiamo a

rischio la nostra posizione, assumendone una più difficile e andando incontro ad altri pericoli. La speranza emotiva ci spinge a procedere, mentre la dimensione del desiderio è meno diretta e più cognitiva. La speranza cognitiva è l'aspettativa che le cose muteranno in meglio in futuro (ES: una paziente che veniva umiliata dal padre quando manifestava di desiderare qualcosa, in analisi dovette comprendere ciò che si aspettava automaticamente, ovvero l'umiliazione per avere espresso un desiderio, e il motivo, ovvero le ripetute esperienze con il padre, prima di poter riconoscere che la situazione presente era diversa). La speranza cognitiva è molto utile, ma spesso non basta per sostenere l'analisi; c'è bisogno di una speranza attiva, galvanizzante, emotiva. Bisogna ispirare la giusta dose di speranza: l'eccesso di speranza è presunzione e porta al disastro, la sua scarsità è disperazione e porta

Al deperimento. Per comprendere la forza motivante di attività dell'aspettativa dobbiamo guardare al di là delle aspettative, indipendentemente dalla loro certezza, volgendo lo sguardo verso una schiera di altre emozioni.

Pizer crede nell'asimmetria dei ruoli diversi di paziente e analista nella relazione di cura e nel processo clinico, ma dichiara la reciprocità e lo spirito di negoziazione: dipendono l'uno dall'altro. L'analista contribuisce con la sensibilità rispetto alla speranza nella cosa sbagliata, ha studiato molte cose sbagliate in cui le persone ripongono le speranze. Quando si tratta della speranza nella cosa giusta, l'analista non possiede un sapere superiore, paziente e analista collaborano in pari misura in questa fase del processo.

CAP.3 - LA SOLLECITUDINE IN ANALISI (apprensione per le persone)

Evento: la sua analista le disse che voleva portarla fuori a colazione, invece di fare la seduta.

Quell'episodio rappresenta un atto di sollecitudine nei suoi confronti. L'effetto profondo di quel gesto nasce dalla facilità con cui la sua analista avrebbe potuto evitare di compiere quell'azione e, invece, imboccò la strada più difficile che rese potente il suo esempio. L'episodio potrebbe anche essere un atto di fiducia in loro due, intese come collaboratrici in grado di tornare alla cornice.

Spesso, al termine di una lunga analisi, i pazienti citeranno momenti che sembrarono banali quando accaddero. In realtà, l'impatto di un atto di premura (come quello descritto), un enactment, risale al fatto che soddisfa il forte desiderio di essere importante per l'altro, offre al paziente una dimostrazione che qualcuno lo considera meritevole dei suoi sforzi.

Nelle prime fasi della storia dell'analisi, il controtransfert era considerato un evento sfortunato, ma evitabile se l'analista aveva alle spalle una buona analisi personale.

In seguito il concetto iniziò ad essere considerato un elemento centrale del lavoro, con cui poter fare molti usi positivi. Il termine enactment ha avuto una storia analoga: inizialmente con esso si intend
Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
12 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/08 Psicologia clinica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher IlariaRognoni di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di psicologia clinica relazionale e dell'attaccamento e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Albasi Cesare.