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Il ruolo dell'autoriflessività nel processo terapeutico

ARONAron da vita a un modello che considera sia la dimensione intrapsichica sia quella intersoggettiva dell'azione terapeutica e riconosce la necessità della loro interazione reciproca nello sviluppo della consapevolezza autoriflessiva. La parola autoriflessività include il processo dialettico sia del vivere sé stessi come soggetti, che del riflettere su sé stessi come degli oggetti.

L'autore rivolge la sua attenzione a due diverse aree di studio, da un lato il corpo e il suo ruolo nel contesto della relazione terapeutica, dall'altro la mente e la sua funzione autoriflessiva. Il concetto di autoriflessività svolge un ruolo centrale nel processo terapeutico e coinvolge anche il corpo, la cui funzione diventa preziosa quando l'autoriflessività fallisce.

Il trauma infrange o distrugge in vario grado il funzionamento autoriflessivo: a causa del fallimento dell'elaborazione simbolica dell'informazione, prodotto dal trauma, le

esperienze traumatiche non possono essere integrate nella mente e si origina il processo della dissociazione. Così può avvenire che il corpo rimanga l'unico depositario di quell'esistenza, di natura esclusivamente somato-sensoriale. L'immagine e la rappresentazione che le persone possiedono di sé stesse poggiano sulle sensazioni corporee che hanno sperimentato. Il corpo esprime la dualità del Sé-come-soggetto e come-oggetto e il trauma disgrega proprio questa dualità. I pazienti che hanno malattie psico-somatiche hanno usato i loro corpi per esprimere in modo concreto la loro vita affettiva, poiché non sono in grado di elaborare gli affetti attraverso la mentalizzazione. La dissociazione si origina tra corpo e mente.

CAP.7 - da Sullivan a Bromberg e alla concezione contemporanea sulla molteplicità e i processi dissociativi

SULLIVAN (ideatore dell'approccio interpersonale)

Dimostra un rifiuto della concezione pulsionale freudiana e delle sue implicazioni per la visione delle motivazioni di base, della strutturazione del significato dell'esperienza e della pratica clinica. La mente si sviluppa in un processo relazionale, che richiede l'interazione con le menti degli altri. L'esperienza umana è attraversata da profonde passioni e conflitti e assegna forte rilevanza al mondo interno, alle fantasie e alla realtà psichica.

Il bambino che manifesta i propri bisogni fa sorgere nell'agente di cure materne un'esigenza complementare di soddisfare quegli stessi bisogni; questa è chiamata integrazione. Il fallimento delle figure di attaccamento nell'integrare relazioni interpersonali conduce i bambini a sistematica ribellione. Il bambino può scoprire che manifestare bisogno di tenerezza porta spesso a una posizione di svantaggio, a provare dolore; di conseguenza il bisogno di tenerezza porta a una previsione di

angoscia o di dolore. La personalità può essere definita come lo schema relativamente stabile delle situazioni interpersonalitendenti a ripetersi, che caratterizzano una vita umana. Per conoscere un individuo è necessario osservarele sue interazioni personali, interagire con lui e osservare noi stessi mentre interagiamo; su è sempreosservatori partecipativi. Non esiste un singolo e immutabile Sé che trascende le situazioni contestuali; il sentimento dell’unicitàindividuale, di avere un Sé individuale, è una fiction narcisisticamente investita. Ogni essere umano vivenella molteplicità, ha tante personalità quante relazioni interpersonali. Sullivan riconosce 3 modi dell’esperienza, i quali sono una questione di elaborazione interna degli eventi: - Prototassico: costituito dall’alternanza di bisogno e soddisfazione. Esso è il modo più semplicedell’esperienza e rappresenta una prima e

Rudimentale forma della memoria. Si tratta della registrazione di tutti gli eventi che attraversano la coscienza, ma che non vengono necessariamente connessi o integrati, e si collocano a un livello minimo di significato per il soggetto che li sperimenta.

Paratassico: raggiungibile al bambino quando è in grado di identificare le differenze esistenti tra gli oggetti percepiti e impara a riconoscere gli oggetti sulla base dell'individuazione di differenze analoghe. Questo livello consiste in una forma evolutiva dell'esperienza. Gran parte del nostro pensiero non supera il livello paratassico; esso è caratteristico dei sogni e delle fantasie, dimensioni in cui le esperienze non sono messe in relazione tra loro in maniera logica.

I modi prototassico e paratassico corrispondono ai processi che elaborano l'esperienza dei MOID.

Sintassico: le esperienze trovano un'elaborazione raffinata, in quanto esse vengono organizzate simbolicamente e sono consensualmente.

valide e comunicabili. La prima organizzazione di esperienza secondo questo modo avviene nel gesto e nel linguaggio. Questo modo è proprio della validazione consensuale, secondo cui il significato dell'esperienza viene rappresentato dall'uso di simboli che hanno uguale valore per tutti gli individui, i quali costituiscono il linguaggio. L'esplorazione dell'esperienza reciproca è essenziale sia nello sviluppo che nel processo psicoterapeutico. L'esperienza dell'angoscia è centrale: se un sintomo rappresenta un'azione per fronteggiare l'angoscia, quest'ultima sarà una forma di organizzazione o disorganizzazione del mondo interno. La tensione dell'angoscia, quando è presente nella nutrice, induce angoscia nel bambino attraverso il processo interpersonale dell'empatia, inteso come il contagio emotivo con cui il neonato vive uno stato emotivo presente nella madre. L'angoscia della madre

Può costituire una dimensione di vuoto per il bambino, il quale non ha gli strumenti per mettere in atto un'azione volta a fronteggiarlo. Si originano così i MOID: una rottura delle possibilità di integrare i propri processi mentali con i processi interattivi per far fronte a un'esperienza di colpo in testa. Il bambino comincia a esistere psicologicamente quando entra in relazione con chi gli fornisce accudimento. Le caratteristiche personali di chi accudisce il bambino costituiscono il mezzo entro cui si va strutturando la sua personalità. L'elemento discriminante importante perché il bambino sperimenti o meno degli stati angosciosi è la presenza o l'assenza di questi nella madre; viene così differenziata la madre buona dalla madre cattiva. Le configurazioni relazionali di Sullivan, come i MOI, hanno sempre origine nell'integrazione di una situazione interpersonale a cui il bambino ha preso realmente parte.

Secondo Sullivan la personalità è costituita da due parti: una, di cui siamo consapevoli, riguarda le esperienze che concordano con le valutazioni degli altri significativi e viene a essere organizzata nel Sé; l'altra concerne tutte le caratteristiche della personalità che non sono state né approvate, né disapprovate dalle figure di attaccamento, e di cui si rifiuta la consapevolezza e qualsiasi associazione con il Sé: queste parti rimangono dissociate.

Nel corso dell'esperienza precoce il bambino struttura una personificazione multipla che risulta almeno tricomposita:

  • Me buono: è la personificazione iniziale che organizza quelle esperienze in cui le soddisfazioni dei propri bisogni sono state intensificate da supplementi-premio di tenerezza.
  • Me cattivo: è la personificazione iniziale che organizza quelle esperienze nelle quali alle attività che implicano la madre si associa una quantità crescente
di angoscia. Esso è fondato su un gradiente di angoscia in aumento e mina l'autostima del soggetto. - Non-me: questa personificazione è tipica dei sogni e di un episodio psicotico grave, si sviluppa gradualmente e rimane a uno stadio primitivo di esperienza (nel paratassico). Essa si compone di aspetti paurosi, orribili e ripugnanti della vita in quanto proviene dall'esperienza di un'angoscia intensa. Questa categoria di esperienza costituisce un sistema dissociativo ed è alla base dell'ipotesi dei MOID. Le prime due personificazioni diventeranno comunicabili tramite il linguaggio, il non-me non potrà esserlo. In sintesi: quando viviamo esperienze accompagnate da un senso di sicurezza e tranquillità siamo nell'area che riguarda il me buono; le esperienze del me cattivo sono connotate dall'insorgere di angoscia; quelle all'interno del non-me sono nascoste in una nube di angoscia fortissima. Il sistema del Sé

funziona dinamicamente per controllare l'angoscia e per far ciò si serve delle tre diverse fasi di personificazione del me, cercando di mantenere i contenuti della coscienza all'interno dell'area del me buono. Sviluppandosi ulteriormente, esso comincia a servirsi di una serie di operazioni di sicurezza per conservare la disattenzione selettiva, mediante cui trascuriamo il vero significato di molte esperienze che non si conciliano con la sua organizzazione e con la sua attività funzionale del momento. Il sistema del Sé opera esclusivamente in difesa dell'angoscia, in quanto l'essere umano ha una fondamentale necessità di sicurezza.

Il termine dissociazione non è riassumibile in un sintomo o in una sindrome, ma favorisce anche la costruzione di modalità interattive tipiche. Nel suo doppio aspetto di configurazione interna e interattiva, la dissociazione è la base per formulare l'ipotesi dei MOID.

La dissociazione è diversa dalla rimozione perché, nella prima, i contenuti mentali possono non essere mai stati consapevoli e in seguito vengono rimossi in quanto sgradevoli. I processi dissociativi si originano in una relazione disfunzionale con i genitori. Solo le esperienze a cui i genitori o gli altri significativi reagiscono e a cui prestano attenzione possono diventare parte integrante del Sé, quelle ignorate soccombono alla dissociazione.

Sullivan si occupa di quelle esperienze che provocano nel bambino e nell'adulto un'ansia così intensa e severa da possedere la qualità particolare di creare vuoto mentale, confusione e amnesia; queste diventano tute esperienze non-me, stati di dissociazione che non si organizzano in alcuna forma. Ci sono due tipi di ansia: quella ordinaria, che è facilmente gestibile e non procura nel bambino gli stati di dissociazione, e quella intensa, che ha effetti più potenti sul sistema del Sé.

un lato Sullivan ritiene che la dissociazione sia una dimensione fisiologica, infatti tutti noi abbiamo alcune tendenza integrative dissociate, ma un ricorso massiccio a tale processo può diventare patologico per l'individuo. Un sano sviluppo della personalità.
Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
43 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/08 Psicologia clinica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher IlariaRognoni di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di psicologia clinica relazionale e dell'attaccamento e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Torino o del prof Albasi Cesare.