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Disturbi d’ansia
e. Essere fuori casa da soli
B. L’individuo teme o evita queste situazioni perché pensa che sarebbe difficile fuggire o che potrebbe
non essere disponibile soccorso.
C. La situazione agorafobica provoca paura o ansia
D. Le situazioni agorafobiche vengono attivamente evitate, o richiedono un accompagnatore, o vengono
sopportate con paura o ansia intense
E. La paura o l’ansia sono sproporzionate rispetto al pericolo reale
F. La paura, l’ansia o l’evitamento sono persistenti per almeno 6 mesi
G. La paura, l’ansia o l’evitamento causano disagio
H. Se è presente una CMG la paura, l’ansia o l’evitamento sono chiaramente eccessivi
I. La paura, l’ansia o l’evitamento non dipendono da un altro disturbo mentale.
Prevalenza, età di esordio e differenze di genere
Circa il 4.7% della popolazione ha sofferto di disturbo di panico con o senza agorafobia. Insorge tra i 20 ed i
40 anni, ed una volta manifesto tende ad avere decorso cronico e invalidante. Meno del 50% dei pz affetti da
disturbo di panico con agorafobia risultava libero da sintomi 12 anni dopo, ed il 58% di quelli che non
presentavano più sintomi aveva avuto una recidiva. È più presente nelle donne. La spiegazione delle marcate
differenze di genere nell’agorafobia è socio- culturale: nella nostra cultura, è più accettabile per le donne che
sperimentano panico evitare le situazioni che temono e necessitare di un compagno fidato che le accompagni
quando affrontano tali situazioni. Gli uomini che soffrono di panico sono più inclini a sopportare con
coraggio a causa delle aspettative della società e del loro approccio alla vita più assertivo e strumentale. Gli
uomini con disturbo di panico tendono ad auto medicarsi con nicotina o alcool.
Comorbilità con altri disturbi
L’83% delle persone affette da disturbi di panico ha almeno un disturbo in comorbilità, più spesso DAG,
fobia sociale, fobia specifica, DPTS, depressione e disturbi da uso di sostanze.
Cause dei disturbi legati al panico
Fattori genetici: moderata componente ereditabile, 30- 34%.
Panico e cervello: aumento dell’attività nell’amigdala; la stimolazione del nucleo centrale dell’amigdala
attiva sia il locus coeruleus sia le altre risposte autonomi che, neuroendocrine e comportamentali osservate
negli attacchi di panico. L’amigdala è l’area centrale coinvolta nel “circuito della paura” con connessioni al
locus coeruleus e con la corteccia prefrontale. Gli AP si verificano quando si attiva il circuito della paura, a
opera sia di input corticali sia input provenienti da aree inferiori. Un circuito della paura anormalmente
sensibile potrebbe essere la causa. Inoltre è coinvolto anche l’ippocampo nell’evitamento appreso associato
all’agorafobia, e i sintomi cognitivi che si presentano durante gli AP e le reazioni eccessive al pericolo
determinato dalle sensazioni corporee potrebbero essere mediati da centri corticali superiori.
Anomalie biochimiche: due sistemi di neurotrasmettitori sembrano primariamente coinvolti:
• Il sistema noradrenergico: può stimolare sintomi cardiovascolari associati al panico.
• Il sistema serotoninergico: un suo aumento porta alla diminuzione dell’attività noradrenergica.
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I farmaci più comunemente usati sono gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, che
aumentano l’attività serotoninergica e diminuiscono quella noradrenergica.
Anche il GABA è coinvolto nell’ansia anticipatoria; il GABA inibisce l’ansia ed è stato osservato che in
alcune aree della corteccia cerebrale di persone con DP i livelli di GABA sono bassi.
Cause psicologiche
Teoria cognitiva del panico: ipersensibilità alle proprie reazioni corporee e tendenza ad interpretarle con le
spiegazioni più drammatiche. Come accorgersi che il proprio cuore staa accelerando e trarne la conclusione
di avere un attacco di cuore, oppure sentirsi storditi e concludere di stare per svenire o avere un tumore. La
persona non è consapevole delle interpretazioni catastrofiche, i pensieri sono automatici.
Panico nella prospettiva dell’apprendimento: gli attacchi di panico iniziali vengono associati a segnali
interni (enterocettivi) ed esterni (esterocettivi) inizialmente neutri attraverso un processo di condizionamento
enterocettivo o esterocettivo che fa si che l’ansia diventi una risposta condizionata a questi stimoli e più
intenso sarà l’attacco di panico, più richiede condizionamento robusto. Questo condizionamento dell’ansia
per i segnali interni od esterni associati al panico getta quindi le basi per lo sviluppo di due dei tre
componenti degli AP, l’ansia anticipatoria e le paure agorafobiche è per questo che gli AP possono avvenire
anche in momenti felici: poiché la persona era eccitata, il suo cuore stava accelerando e ciò ha agito da
stimolo condizionato interno in grado di attivare la risposta di panico.
Sensibilità all’ansia e controllo percepito: le persone che hanno la convinzione stabile e profondamente
radicata che alcuni sintomi corporei possano avere conseguenze dannose tendono maggiormente a sviluppare
attacchi di panico e disturbi di panico. Solo il fatto di avere controllo percepito riduce l’ansia e blocca
l’insorgenza dell’AP. Inoltre se una persona con DP è accompagnata da una persona sicura mentre si
sottopone a una procedura che provoca panico, è più probabile che mostri meno angoscia, minor attivazione
fisiologica e minor rischio di provare panico.
Comportamenti protettivi e persistenza del panico: le persone con AP spesso usano comportamenti
protettivi prima o durante un attacco, pertanto tendono ad attribuire il fatto che la catastrofe non sia avvenuta
grazie ai loro comportamenti protettivi, piuttosto che all’idea che in realtà l’attacco di panico non sia il
segnale di un attacco di cuore.
Bias cognitivi e mantenimento del panico: le sensazioni corporee ambigue vengono interpretate come
minacciose, l’attenzione è attratta dalle informazioni minacciose nell’ambiente, con attivazione maggiore
delle aree implicate nei processi di memoria degli stimoli minacciosi rispetto ai controlli.
Trattamento 9
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TCC: esposizione prolungata alle situazioni temute. Un’altra tecnica consiste nell’esposizione enterocettiva,
cioè l’esposizione deliberata alle sensazioni interne temute, mettendo in pratica esercizi che attivano le
sensazioni interne e di abbandonar visi fino a che non diminuiscono, permettendo di abituarsi alle paure.
Un'altra tecnica è il trattamento per il controllo del panico, dove i pz ricevono informazioni riguardo la
natura dell’ansia e del panico rispetto a come la capacità di fare esperienza di entrambi possa essere adattiva.
La seconda parte consiste nell’insegnare alle persone con AP tecniche di controllo della respirazione. Poi ai
pz vengono spiegati gli errori logici che hanno la tendenza a fare e viene loro insegnato a sottoporre i propri
pensieri automatici a una ri- analisi logica. Infine vengono esposti alle situazioni e alle sensazioni corporee
che temono in modo da sviluppare una tolleranza al disagio.
Farmaci: ansiolitici come benzodiazepine (alprazolam- xanax, clonazepam- rivotril) che agiscono
rapidamente e possono essere utili in situazioni acute. Ma gli effetti collaterali sono sonnolenza, sedazione,
effetti debilitanti sulla performance cognitiva e motoria, inoltre l’uso prolungato porta dipendenza fisica dal
farmaco, con sintomi di astinenza quando l’assunzione è interrotta. Vengono utilizzati anche antidepressivi
come i triciclici, gli SSRI e gli inibitori selettivi della ricaptazione dell’epinefrina. Il vantaggio è che non
creano dipendenza fisica, ma sono necessarie circa 4 settimane prima che mostrino benefici. Gli effetti
collaterali sono secchezza alle fauci, costipazione, annebbiamento della vista e interferenza nell’eccitazione
sessuale.
Il trattamento integrato farmaci e TCC porta a risultati lievemente superiori del trattamento singolo, ma sul
lungo termine i pz che erano stati in trattamento farmacologico, con o senza TCC mostravano maggiore
probabilità di ricadute, probabilmente perché i pz tendono ad attribuire i propri miglioramenti al farmaco
piuttosto che ai loro sforzi personali. L’unico farmaco che mostra risultati promettenti nel promuovere
l’efficacia della TCC nei DP è la cicloserina. 10
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Fobia sociale
Paura invalidante di uno o più situazioni sociali specifiche (parlare in pubblico, urinare in un bagno pubblico,
mangiare o scrivere in pubblico), l’individuo teme che possa essere esposto al giudizio o alla valutazione
negativa degli altri o che si possa comportare in modo imbarazzante o umilianti, quindi evita queste
situazioni o le tollera con enormi livelli di stress. La paura di parlare in pubblico è la fobia più diffusa.
• Prevalenza life time: 12 % (USA) probabilità che ti capiti almeno una volta nella vita. Prevalenza e
basta 3-13% casi in questo momento.
• Più frequente nelle donne (60%)
• Esordio in adolescenza/ prima età adulta: picco tra 13 e 16 anni
• Frequente comorbilità con altri disturbi d’ansia e d’umore 50% soffre anche di un disturbo
depressivo.
• Familiarità: rischio da due a sei volte maggiore nei parenti.
• Sintomi di stato: sintomi cognitivi (sensitività interpersonale, bassa autostima), ansia anticipatoria,
timore/ evitamento interazioni sociali; sintomi neurovegetativi durante le situazioni temute.
• Decorso: cronico (un terzo dei pz remissione spontanea a 12 mesi, altri no)
• Comorbilità: 70% dei casi fobie specifiche, disturbi dell’umore, disturbo panico. Un terzo abusa di
alcool per gestire l’ansia.
• Complicanze: disturbi depressivi demoralizzazione o depressione conseguenti alla fobia sociale
• Uso di sostanze: alcool per il suo effetto disinibente, che può però sfuggire di mano e divenire un
modo abituale per “auto- medicarsi” divenendo poi una dipendenza; anche con farmaci ansiolitici.
• Fattori culturali: es. ciò che in Giappone sarebbe considerata normale modestia potrebbe essere
interpretata da noi come evitamento sociale, mentre la nostra normale estroversione potrebbe venir
interpretata come arroganza in Giappone.
• Genere: probabilmente più diffusa nelle donne per stereotipi di genere.
• Forme sottosoglia: essere terrorizzati da una situazione specifica, dove la compromissione non
raggiunge la soglia clinica e l’individuo