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SUM-UP CORRENTI
Freud → rabbia rivolta verso l'interno
Abraham → perdite nel presente che riattivano ferite infantili all'autostima
Klein → fallimento evolutivo durante a posizione depressiva
Bibring → presenza nell'Io di tensione tra ideali e realtà
Sandler e Joffe → impotenza in risposta a perdita di oggetti d'amore reali o immaginari durante
l'infanzia
Bowlby → esperienze di perdita riattivano la sensazione correlata a un attaccamento insicuro di
essere abbandonati e indegni d'amore
Jaconson → oggetti d'amore perduti si trasformano in super-io sadico
Arieti → vivere per l'altro dominante.
Psicodinamica del suicidio
Il suicidio è prevalentemente associato ai disturbi affettivi maggiori, anche se può verificarsi anche
con altri disturbi. I fattori determinanti del suicidio sono biologici e psicologici, spesso gli aspetti
psicodinamico possono essere secondari rispetto a una modificazione neurochimica. Nel contesto
della psicoterapia è infatti bene usare tutte le modalità di trattamento somatico, la sola psicoterapia
infatti è poco efficace con pazienti suicidali.
Ideazione e comportamento suicidi sono i risultati dei principi di sovradeterminazione e di funzione
multipla. Le motivazioni sono molto diversificate e spesso oscure. Prima di poter giungere a delle
conclusioni sulle dinamiche sottostanti al suicidio, il clinico deve ascoltare attentamente il paziente,
osservando gli sviluppi di transfert e controtransfert.
Freud postulò che l'Io potesse uccidersi solamente trattando se stesso come un oggetto, il suicidio
quindi, è il risultato di uno spostamento di impulsi omicidi da un oggetto interiorizzato verso il Sé.
Con la creazione del modello strutture, Freud ridefinisce il suicidio come una vittimizzazione dell'Io
da parte del Super-Io sadico.
Secondo Menninger ci sono 3 desideri che possono concorrere all'atto suicida: il desiderio di
uccidere, di essere ucciso, e di morire. Il desiderio di uccidere un'altra persona può anche non essere
diretto solo verso un oggetto interno; molte volte il suicidio è finalizzato a distruggere i
sopravvissuti, oppure il vero bersaglio è una persona a noi cara.
Nei pazienti con tendenze suicide è stata riscontrato un tema ricorrente nelle loro relazioni
oggettuali: si tratta del dramma tra tormentatore sadico e vittima vessata. Spesso c'è un oggetto
interno persecutore che affligge il paziente, detto “carnefice segreto”. A volte il paziente si
identifica con il persecutore e tormenta tutte le persone che frequenta; in altri casi il paziente pensa
che il solo modo per mettere fine a questo dramma è sottomettersi al persecutore attraverso il
suicidio.
Fenichel propone una lettura del suicidio in cui l'aggressività è poco dominante. Il suicidio può
essere, in alcuni casi, il soddisfacimento di un desiderio di riunificazione con un oggetto d'amore
perduto, oppure un'unione narcisistica con un'amata figura superegoica. Spesso dietro a un
comportamento suicida si cela la perdita di un oggetto d'amore e molti pazienti suicidi rivelano forti
desideri di dipendenza verso l'oggetto perduto. In alcuni casi il suicidio può essere il desiderio
regressivo di ricongiungersi con una figura materna.
Nei suicidi è presente un processo patologico di lutto, soprattutto nei suicidi che vengono effettuati
nell'anniversario di morte di una persona amata.
Quando l'autostima e l'integrità del Sè di una persona dipendono dall'attaccamento a un oggetto
perduto, il suicidio può sembrare l'unico mezzo per ristabilire la coesione del Sè.
Per valutare il rischio di suicidio, è bene inserire le tematiche psicodinamiche in un contesto di
insieme con i fattori di rischio predittivi di suicidio. Uno studio ha identificato una serie di fattori di
rischio a breve e a lungo termine.
Fattori di rischio predittivi del suicidio a breve termine (entro un anno):
– attacchi di panico
– ansi psichica
– grave perdita di piacere e interessi
– agitazione depressiva con rapidi passaggi di umore dall'ansia alla depressione, alla rabbia e
viceversa
– abuso di alcol
– diminuita concentrazione
– insonnia grave
Fattori di rischio a lungo termine:
– disperazione: è un predittore del suicidio più affidabile della depressione; può essere
associata al rigido mantenimento di un'immagine di Sè che non può essere modificata
nonostante i numerosi tentativi fallimentari. Se una persona non riesce a vivere secondo le
sue aspettative riguardo a ciò che il Sè dovrebbe essere, il senso di disperazione può portarlo
a vedere il suicidio come unica via d'uscita.
– ideazione suicidaria
– intenzionalità suicidaria
– storia di precedenti tentativi di suicidio.
Secondo Arieti, sono a rischio di suicidio quelle persone che non sono in gradi di modificare la loro
ideologia dominante o le proprie aspettative verso l'altro dominante.
Il rischio di suicidio è maggiore quando l'ideazione è egosintonica, questi pazienti infatti trovano
accettabile l'ideazione suicidaria e sembrano aver rinunciato a combattere contro l'impulso di
uccidersi.
In ambito psicodinamico, il clinico che ha a che fare con un paziente suicidale, deve comprendere la
natura dell'evento precipitante, le motivazioni consce e inconsce e le variabili psicologiche
preesistenti che aumentano la possibilità di messa in atto dei pensieri suicidi.
Uno studio con test proiettivi ha identificato 4 modello di funzionamento dell'Io e di paradigmi di
relazioni oggettuali interne che differenziano i soggetti che hanno commesso seri tentativi di
suicidio, da quelli che hanno messo in atto tentativi diretti a tenere sotto controllo altri significativi.
I soggetti con seri tentativi di suicidio mostrano:
1. incapacità di rinunciare al desiderio infantile di essere accuditi che è però in conflitto con il
bisogno di riconoscimento del bisogno di indipendenza
2. visione sobria ma ambivalente della morte
3. aspettative verso se stessi troppo alte
4. ipercontrollo dell'affettività, soprattutto dell'aggressività. Questo è più vero per gli uomini
che per e donne, ma in generale anche le donne mostrano un atteggiamento inibitori rispetto
all'aggressività.
Da questo modello si evinco come le strutture preesistenti he favoriscono il suicidio sono
consistenti più di quanto lo siano le motivazioni che stanno dietro allo specifico atto suicida.
Per alcuni fattori di rischio, poi, ci sono delle differenze di genere:
– disturbi di personalità caratterizzati da impulsività, aggressività e abuso/dipendenza da alcol:
predittori di suicidio in maschi che soffrono di DDM.
– Abuso sessuale: strettamente associato a storia di tentativi di suicidi e intenzioni suicide
nelle donne
Inoltre, quando si fa una valutazione del rischio di suicidio, oltre ai fattori di rischio, bisogna
considerare una possibile comorbilità con i disturbi d'ansia, perché questo amplifica il rischio di
tentativi di suicidio in persone con disturbi dell'umore.
Considerazioni terapeutiche
Risultati della ricerca
L'efficacia della psicoterapia nel trattamento della depressione maggiore è empiricamente
confermato. È stato anche condotto uno studio in cui s confrontavano psicoterapia cognitivo-
comportamentale e psicoterapia psicodinamica con pazienti con DDM, e i risultati mostrano che
non ci sono differenze significative tra le due forme di trattamento.
Anche l'efficacia della psicoterapia psicodinamica breve nella depressione è confermata da una
meta-analisi: hanno mostrato che pazienti che avevano ricevuto il trattamento erano
significativamente migliorati e i miglioramenti erano mantenuti fino a una anno dalla fine, rispetto
al gruppo di controllo. Nel confronto con altre psicoterapie non si sono riscontrati particolari
differenze; e nemmeno tra interventi supportivi ed espressivi, entrambe sono ugualmente efficaci.
La psicoterapia psicodinamica breve può avere effetti paragonabili a quello di un farmaco
antidepressivo, soprattutto per quanto riguarda la riduzione dei sintomi e il miglioramento del
funzionamento sociale e occupazionale. Questo non significa però che è sostituibile ai farmaci.
In uno studio sono stati messi a confronto la psicoterapia psicodinamica breve e un trattamento
psichiatrico standard (TAU). Lo studio ha mostrato una maggiore efficacia della psicoterapia breve
associata a una remissione dei sintomi nel 50% dei pazienti contro il 29% del TAU.
Un altro studio ha dimostrato una correlazione positiva statisticamente significativi tra le tecniche
usate e gli esiti in termini di miglioramento dei sintomi depressivi; più nello specifico, un ruolo
centrale è giocato dall'attenzione rivolta allo stato affettivo e all'espressione delle emozioni.
Sono poi stati condotti degli studi sull'uso integrato di farmaci e psicoterapia. In Olanda è stato fatto
uno studio a tale proposito: la farmacoterapia prevedeva l'assunzione di fuoxetina affiancata da una
psicoterapia supportiva breve. Lo studio dimostra che il trattamento integrato era associato a un
tasso significativamente più alto di successo terapeutico dopo 8, 16 e 24 settimane di follow-up.
Dopo 6 mesi, il 40% dei pazienti trattati solo con antidepressivi aveva smesso l'assunzione dei
farmaci, mentre dei pazienti che avevano fatto una terapia integrata, solo il 22% aveva smesso il
trattamento. Dopo 6 mesi, i successi con trattamento integrato erano del 60% conto il 40% dei solo
farmaci.
Per quanto riguarda la psicoterapie dinamiche a lungo termine o la psicoanalisi nel trattamento della
depressione, non sono ancora stati fatti degli studi. Sebbene molti clinici concordano nel credere
che alcuni tipi di pazienti abbiano bisogno di questi tipi di terapie. Con i pazienti molto perfezionisti
e autocritici, la versione introiettiva della depressione, i trattamenti brevi non hanno alcun effetto,
mentre un trattamento a lungo termine può risultare più efficace.
Principi terapeutici
1. Mania: la maggior parte dei pazienti che soffre di manie, non ottiene benefici dalla sola
psicoterapia, prima è infatti necessario controllare la mania con dei farmaci. In questo caso
gli interventi di psicoterapia avvengono in un secondo momento e sono principalmente
rivolti vero la prevenzione di ricadute attraverso la messa a fuoco dei problemi legati alla
non compliance (non adesione del paziente al trattamento) e alla mancanza di
consapevolezza della malattia (no insight). Molto spesso, infatti, questi pazienti non vedono
i loro sintomi maniacali come un problema patologico, ma p