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Importantissimi sono anche i meccanismi di difesa: essi vengono precocemente instaurati per far fronte agli
stati affettivi dolorosi. Kwon spiega come alcuni di questi possono costruire alla comparsa della depressione,
mentre altri svolgono una funzione protettiva. In particolare, quelli più immaturi sono additivi mentre quelli
maturi sono protettivi.
In ogni caso, bisogna sempre guardare alla specifica situazione del paziente, poiché all’interno di una stessa
materia diagnostica possiamo trovare tipologie diverse di soggetti. Per esempio, Blatt ne individua due tipi. I
depressi anaclitici sono caratterizzati da sentimenti di impotenza, solitudine e fragilità correlati a paura di
abbandono, e presentano sintomi di disforia (tristezza e tono basso dell’umore). Hanno un intenso desiderio di
essere accuditi, protetti ed amati, vulnerabili alla rottura delle relazioni; utilizzano meccanismi di difesa come
rimozione, spostamento e diniego. I depressi introiettivi guardano più alla sviluppo del Sé e soffrono solo
secondariamente delle relazioni interpersonali. Utilizzano i meccanismi di intellettualizzazione e
razionalizzazione, sono eccessivamente perfezionisti e competitivi e puntano a livelli ottimali di soddisfazione
lavorativa. I sintomi riguardano sentimenti di fallimento, colpa e inutilità.
Psicodinamica del suicidio
Il suicidio può essere il risultato finale di molti disturbi psichici, ma comunemente è associato ai disturbi
affettivi. I fattori determinati sono sia biologici che psicologici: in molti casi la sola psicoterapia non è
sufficiente a ridurre gravi tendenze suicidarie. Le motivazioni di tali tendenze possono essere delle più
disparate: il clinico dovrà quindi ascoltare attentamente la particolare storia del soggetto per capire gli aspecifici
aspetti del transfert. 19
Freud, in linea con la sua teoria sulla depressione, affermava che il suicidio avvien nel momento in cui si
spostano gli impulsi omicidi dall’oggetto interiorizzato al Sé. Dopo il modello strutturale, si corresse dicendo
che il suicidio è una vittimizzazione dell’Io da pare del Super-Io sadico.
Menninger parla, invece, di come ci siano tre desideri che portano all’atto suicida: il desiderio di uccidere, di
essere ucciso e di morire. Il desiderio di uccidere non deve essere per forza essere diretto verso un oggetto
interno: per esempio il suicidarsi può essere letto come l’unico modo per punire a dovere i propri genitori.
Il tema ricorrente nei pazienti con tendenze suicide è il dramma del tormentatore sadico (carnefice segreto) e
della vittima vessata: il paziente può prendere il ruolo di entrambi i personaggi e arrivare alla stessa
conclusione. Il suicidio non deve per forza venire da un atto di aggressività; spesso può essere legato ad un
desiderio di riunificazione con l’oggetto amato perduto, l’oggetto reale perduto (morte di una persona cara) o
dell’oggetto interno (figura materna perduta). In questi soggetti è presente un processo patologico di lutto; le
ricerche dimostrano come la maggior parte dei suicidi avvenga il giorno dell’anniversario di morte dei genitori.
Alcuni fattori che possono evidenziare un’imminente tendenza suicidaria sono: attacchi di panico, grave perdita
di piacere e interesse, passaggi da ansia a depressione o rabbia, abuso di alcol, insonnia, ecc.
Durante la valutazione, bisogna indagare il tipo di ideazione suicidaria: la più pericolosa è quella egosintomica
poiché il paziente trova accettabile l’ideazione e rinuncia a combattere l’impulso di uccidersi. Importante è
anche la presenza di disperazione: più della depressione, la disperazione è predittiva dell’ideazione suicidaria.
Essa nasce da un rigido mantenimento di un’immagine di sé che non può essere modificata nonostante ripetute
delusioni: per esempio un soggetto con aspettative ed obiettivi molto alti che non si arrende ad abbassare le
proprie mete nonostante gli insuccessi.
Considerazioni terapeutiche
Risultati della ricerca
La ricerca sulla psicoterapia psicodinamica nella cura della depressione/distimia è sicuramente inferiore rispetto
ad altri trattamenti tra cui quello cognitivo-comportamentale e quello interpersonale. Con il tempo, però, essa si
è fatta strada anche in questo campo, riuscendo a confermare l’efficacia di questo trattamento. I risultati
dimostrano come la psicoterapia psicodinamica sia più efficace dell’assenza di trattamento e che sia altrettanto
efficace di altre forme di psicoterapia. Inoltre, si è notata una maggiore efficacia nel caso di trattamento
integrato con farmaci antidepressivi, e di come questo trattamento sia più efficace di una sola farmacoterapia.
Principi terapeutici
Mania
I pazienti maniacali non traggono beneficio dalla psicoterapia se prima la mania non viene messa sotto controlla
farmacologicamente. I successivi trattamenti riguardano la prevenzione delle ricadute, focalizzandosi sulla non
compliance (alleanza terapeutica nel seguire la terapia) e la mancanza di consapevolezza della malattia. I
pazienti bipolari, in condizioni di eutimia (equilibrio psichico), negano il significato degli episodi maniacali,
attribuendoli ad una scarsa cura di sé e affermando che ciò non accadrà mai più; sono incapaci di insight. Il
diniego è sostanzialmente correlato all’utilizzo del meccanismo difensivo della scissione che porta ad una
discontinuità psichica: la rappresentazione del Sé coinvolto nell’episodio maniacale viene scissa totalmente dal
Sé della fase eutimia, portando ad una mancanza di continuità del Sé. Il lavoro terapeutico deve quindi essere
indirizzato a ricucire i frammenti di sé, in modo che il paziente capisca il suo bisogno di seguire la terapia; può
essere utile registrare gli episodi maniacali e proiettarli al paziente nella fase eutimia.
Da un punto di vista kleiniano, il lavoro terapeutico deve essere diretto all’elaborazione del lutto: è stato
dimostrato come la malattia maniacale sia fortemente correlata ad una perdita precoce di un genitore o a traumi
fisici infantili. Tutto ciò viene spiegato dal fatto che il bambino sviluppa dei sentimenti aggressivi da cui cerca
di proteggersi per mezzo della scissione. Spesso i pazienti, dopo l’episodio maniacale, provano rimorso per aver
potuto provocare danno a qualcuno o qualcosa, e quello è il momento migliore per intervenire
psicoterapeuticamente ed integrare gli aspetti positivi e quelli negativi del sé e dell’oggetto, aiutando il paziente
ad interiorizzare una relazione in cui il bene predomini sul male. E’ dimostrato, infatti, che quando i sentimenti
aggressivi e di persecuzione diminuiscono diminuiscono anche le difese manicali. 20
Bisogna inoltre indagare il significato che il lito o altri stabilizzatori dell’umore assumono per il paziente: la
non compliance potrebbe essere legata d una visone del farmaco come un metodo che impedisce di essere
euforici, o che ricorda un familiare bipolare che poi si è suicidato, ecc. La farmacoterapia, però, ha pur sempre
un ‘efficacia limitata, tanto che l’indagine psicoterapeutica deve essere abbastanza approfondita da identificare
gli eventi stressanti, migliorare il funzionamento familiare e consentire l’elaborazione dell’impatto della
malattia sula paziente.
Depressione
Per creare l’alleanza terapeutica basta semplicemente ascoltare il paziente empatizzando con il suo punto di
vista. Erroneamente si pensa che consolare il paziente focalizzandosi su quanto vi è di positivo nella sua vita sia
la cosa migliore, mentre i pazienti depressi interpretano tali tentativi come dei fallimenti empatici, sentendosi
ancora più incompresi e depressi. Il terapeuta dovrebbe invece trasmettere l’idea di essere in grado di
comprendere che esistano dei buoni motivi per i quali il paziente sia depresso. Per questo motivo, inizialmente
l’approccio deve essere supportivo ed evitare interpretazioni premature che verrebbero percepite solo come
interventi inappropriati.
Durante la raccolta anamnestica e la valutazione bisogna cercare di ascoltare il più possibile il paziente
mettendosi in secondo piano e rintracciare il significato degli eventi stressanti, i pattern relazionali e l’autostima
del paziente, osservare il transfert e il controtransfert e comprendere la risposta del contesto sociale del paziente
ai suoi sintomi (tramite la riproposizione dei pattern relazionali).
Successivamente è possibile utilizzare un approccio maggiormente espressivo cercando di fare giungere il
paziente alla consapevolezza di non essere stato in grado di imparare a vivere per se stesso, non è mai stato
capace di ascoltare solo se stesso e di frisi valere, di essere sempre stato troppo legato al bisogno di
approvazione, affetto, amore e ammirazione da parte dell’” altro” dominante. Una volta svelata l’ideologia
dominante, bisogna lavorare per creare nuovi possibile modi di vivere. Di solito i pazienti depressi cercano dei
consigli da part del terapeuta che, se rispondesse, colluderebbe con il suo bisogno di dipendere ds qualcun altro.
Poi, bisogna indagare il significato interpersonale della depressione, rintracciando le cause ambientali: di solito
i pazienti sono restii, sottolineando come gli altri non abbiano colpa e di come la depressione faccia parte solo
del loro personale mondo interno. Non potendo indagare altrimenti, in terapeuta dovrà rifarsi all’osservazione
del controtransfert: il terapeuta può provare sentimenti di rabia, disperazione, voglia di sbarazzarsi del paziente
o potenti fantasie di salvataggi tutti sentimenti possibilmente provati dagli altri che possono provocare o
perpetuare la depressione.
Ci sono poi i soggetti con una depressione refrattaria ala farmacoterapia, in cui i sintomi sono fortemente legati
ad una componenti caratteriale (aspetti relazionali infantili precoci) difficili da modificare, che portano il
paziente a rimanere bloccato in una relazione non risolta tra Sé e l’oggetto. Bisogna considerare i casi in cui la
depressione porti dei vantaggi, ossia la possibilità di mettere in atto comportamenti sadici e distruttivi verso gli
altri ma giustificati dalla malattia, oppure la possibilità che la depressione sia legata la contesto familiare.
Spesso, infatti, le ricadute sono legate ad una disfunzione familiare in cui il paziente allontana, esasperandoli, i
familiari proprio nei momenti in cui ha più bisogno del loro amore.
Indicazioni e controindicazioni
L’associazione della psicoterapia e della farmacoterapia è il trattamento ottimale.
La terapia farmacologica, infatti, può risultare inefficace in molti pazienti sia perché non sempre viene seguita,
per una serie di motivi, o perché i pazienti risultano essere refrattari. Nel primo caso, per sviluppare un’allean