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LA DISREGOLAZIONE EMOTIVA
Insieme all’impulsività, è uno degli elementi chiave del DBP ed è alla base delle risposte emotive
più rapide del normale e del mantenimento LT di stress ed emozioni negative come la vergogna. La
reattività emotiva del borderline potrebbe essere così spiccata a causa di una riattivazione della
memoria traumatica, cosa che avverrebbe con un mancato controllo inibitorio da parte dell’OFC e
con un potenziamento, al contrario, dell’attività amigdaloidea.
Secondo Koenigsberg, ci son due modalità di funzionamento del sistema mente-cervello:
riflessiva riguarda il Sé, ovvero la consapevolezza ai livelli più alti della gerarchia. La
- sua attività è alla base delle risposte emotive più accurate e modulate ed è supportata da aree
PF e temporali e dall’ACC rostrale;
riflessa è filogeneticamente antica e fa riferimento ai livelli più bassi della gerarchia. La
- sua attività è alla base delle risposte emotive rapide e fornite quasi in modo automatico ed è
supportata dall’amigdala. La sua attivazione risulta eccessiva nel DBP, in cui vi è
un’incapacità di attivare il sistema riflessivo.
I soggetti con DBP sono più veloci rispetto ai controlli nel decodificare le espressioni del volto
umano, anche se tendono ad attribuire una connotazione negativa a quelli ambigui: questo bias può
esser dovuto alla fatica esperita nel creare un legame di attaccamento con una figura accudente
spesso inadeguata. Questa categoria di pz, inoltre, riporta spesso emozioni negative derivanti da
situazioni di interazione sociale spiacevoli, mentre raramente ne esperisce di positive in relazioni
potenzialmente soddisfacenti.
La regolazione delle emozioni include una serie di comportamenti che, come dimostrato da
Brazelton, possono essere osservati già nei bambini molto piccoli, in grado di auto-consolarsi: essa
è finalizzata a ridurre i livelli di arousal. In un primo momento, il controllo emotivo è affidato alla
madre, ma successivamente il piccolo impara delle strategie comportamentali che può attuare da
solo, come distogliere lo sguardo, che conducono ad una riduzione dell’attività del SNA. In una
corretta interazione madre-bambino, si riscontra un adattamento reciproco, che consente un buon
coinvolgimento di ambo gli interlocutori e che favorisce il contenimento emotivo. I bambini che
non sono in grado di modulare le loro emozioni hanno un temperamento definito “difficile”, che si
manifesta anche con l’incapacità di controllare le funzioni biologiche, come il sonno e
l’alimentazione, oltre che con una scarsa flessibilità a fronte del cambiamento. Una buona relazione
di attaccamento è fondamentale per lo sviluppo delle strategie di regolazione emotiva ed infatti il
discontrollo correla spesso con la psicopatologia del caregiver.
Livesley ha formulato un modello a due componenti del DBP, che prevede:
sistema del Sé disintegrato;
-
disregolazione emotiva insieme all’impulsività (disregolazione comportamentale) è un
- endofenotipo del DBP. All’impulsività si associa spesso l’aggressività, che è realmente
impulsiva quando reattiva e strumentale quando intenzionale (tipica della psicopatia).sembra
che l’aggressività impulsiva sia dovuta ad un deficit 5-HTergico (quindi a disinibizione),
13 mentre la disregolazione emotiva avrebbe a che fare con l’ACh: si tratta, però, di un pdv
abbastanza semplicistico e, forse, riduttivo.
Per quel che riguarda il contributo genetico all’etiopatogenesi del DBP, sono importanti:
gene triptofano-idrossilasi 2 (TPH2) codifica per il primo enzima responsabile della
- sintesi della 5-HT. Un allotipo TPH2 sembra coinvolto nella depressione e nel
comportamento (para)suicidario, oltre che nell’aggressività e nella labilità emotiva e, più in
generale, nel DBP (Perez-Rodriguez);
polimorfismi del gene del trasportatore della 5-HT (5-HTTLPR) i soggetti con l’allele
- corto S vanno più probabilmente incontro a PTSD ed a DBP, avendo un’amigdala
maggiormente propensa ad attivarsi a fronte di stimoli minacciosi;
cromosoma 9 pare essere quello più spesso implicato nel DBP.
-
L’interazione geni-ambiente, invece, non è ancora stata molto studiata, anche se si suppone che una
vulnerabilità genetica (5-HTTLPR/S) associata ad un pattern di attaccamento disorganizzato (madre
poco responsiva) possa esitare in DBP. In studi animali (scimmie), si è visto, comunque, quanto il
genotipo non sia di per sé sufficiente nel determinare la patologia, a patto che ci sia una buona
relazione di attaccamento (fattore protettivo a fronte di una vulnerabilità biologica alla malattia).
L’individuo, quindi, va sempre considerato come inserito in un sistema più ampio e l’etiopatogenesi
è sicuramente multifattoriale: ciò non toglie, però, che un ruolo molto importante sembra esser
detenuto da una disconnessione dell’amigdala dai sistemi PF, con un conseguente discontrollo.
SOMATIZZAZIONE ED INTRAPPOLAMENTO NELLO STIMOLO
La somatizzazione può manifestarsi in tre forme: nei d. di conversione, come rappresentazione di un
trauma e come amplificazione di sensazioni corporee; in questo ultimo caso (frequente nel DBP), la
causa potrebbe essere un’amplificazione dell’intensità dello stimolo attribuibile all’attenzione od un
mancato controllo inibitorio sul sistema del dolore mediale. L’ipotesi attentiva pare avvalorata dalla
mancanza di abituazione dei soggetti borderline a stimoli non rilevanti.
In generale, gli individui possono essere divisi in amplificatori e riduttori: i primi hanno una soglia
del dolore molto bassa e mostrano un aumento dell’ampiezza degli ERP all’aumentare dell’intensità
di uno stimolo; i secondi, invece, hanno una buona tolleranza al dolore ed ERP che diminuiscono di
ampiezza all’aumentare dell’intensità di stimolazione. Può essere che nel DBP ci sia
un’amplificazione del dolore e del resto i soggetti isterici erano soliti all’esternalizzazione, la quale
è tipica della personalità “incline al dolore”, in cui si riscontra un aumento degli ERP e che si
ritrova spesso nei d. somatoformi. In un ERP, la P200 è la componente dell’onda che si registra 200
msec dopo la stimolazione: essa è più ampia quando i soggetti prestano maggiore attenzione allo
stimolo ed anche questa evidenza sembra supportare l’ipotesi attenzionale di cui sopra. Anche solo
l’aspettativa del dolore, in realtà, è sufficiente per innescare gli stessi eventi neurali che hanno
luogo quando questo è percepito veramente. L’amplificazione del dolore mediata dal focus attentivo
trova un ex. concreto nei pz affetti da fibromialgia, costantemente polarizzati sul dolore e sulla
tensione muscolari e che esibiscono emotività negativa e pensiero catastrofico.
L’esperienza emotiva del dolore è mediata dal sistema mediale, che include i nuclei talamici mediali
ed intralaminari, così come la PAG e l’ACC: quest’ultima è parte, anche, del sistema laterale e la
sua componente rostrale, insieme all’OFC, contribuisce alla modulazione del’intensità del dolore
esperita. Il s. mediale non è legato solo ad aspetti emotivi dell’esperienza dolorifica, ma anche a
questioni motivazionali e, più in generale, al Sé: i pz con DBP, quindi, sono più inclini al dolore a
causa del loro difetto a carico del sistema del Sé e la maggiore ampiezza della P3a è dovuta al
discontrollo inibitorio ascrivibile a lesioni dell’OFC, con conseguente amplificazione del dolore.
Nel DBP, inoltre, vi è un’eccessiva attivazione di BA24, che si manifesta con ipervigilanza ed
eccessiva attenzione rivolta a tutti gli stimoli, ivi compresi i segnali provenienti dal corpo. I pz sono
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così intrappolati nei loro sintomi fisici, il cui venir meno li espone al senso di vuoto: una buona
terapia dovrebbe essere volta, quindi, a spostare il focus attentivo sugli eventi esterni, per
distoglierlo da tutto ciò che è esterno, comprese le percezioni di tipo nocicettivo. La preoccupazione
di questi pz per i sintomi somatici è stata, non a caso, considerata una forma di resistenza nei
confronti di un lavoro basato più sui conflitti psicologici profondi. Quello che deve fare il terapeuta
è scoprire il nesso tra il sintomo somatico e la vera fonte di angoscia.
UNA MALATTIA DELLE RAPPRESENTAZIONI – ASPETTI AUTONOMICI DEL DBP
L’OFC controlla strutture inferiori come l’ipotalamo, l’amigdala ed il SNA, le quali si occupano
dell’induzione e della codifica dell’esperienza emotiva, che ha un riverbero somatico. Janet per
primo si è accorto di come l’anestesia del braccio fosse spesso accompagnata da un calo della
perfusione ed un coinvolgimento vagale è evidente anche nei casi di comparsa di lividi spontanei,
macchie cutanee e zone calde o fredde sulla pelle. Queste manifestazioni sono l’analogo borderline
degli incubi e dei flashback del PTSD, ovvero sono associate alla memoria traumatica: sono
fenomeni dissociativi, come dimostrato dalla mancanza di consapevolezza dell’individuo circa la
loro origine. Un caso clinico interessante capitato a Janet è quello di Maria, una pz che, rifiutando il
ciclo mestruale, una 20ina di ore dopo il menarca si è immersa in una pozza di acqua gelida,
riuscendo ad arrestare il flusso ma sviluppando, poco dopo, uno stato febbrile associato a delirio:
questa sintomatologia si è poi riproposta al termine dei cicli mestruali successivi, sempre dopo la
cessazione del flusso, della durata di circa 20 ore. La scena traumatica del bagno gelato, dunque,
aveva luogo “al di sotto della superficie della coscienza” ed era riesperita dalla pz a livello
somatico. Alcuni sintomi più semplici sono molto frequenti nel caso del DBP, come le sensazioni di
dolore, il prurito e la perdita della sensibilità. E’ possibile che uno shock a livello centrale determini
un malfunzionamento autonomino, con conseguente alterazione del flusso ematico e comparsa di
questo tipo di segni e sintomi (disautonomia, che si esplica con episodi di solito transitori di
aumento della frequenza cardiaca e respiratoria, della pressione e della TC).
Porges ha formulato la teoria polivagale, secondo cui la regolazione dell’attività cardiaca e
dell’attività parasimpatica dipende da strategie evolutivamente selezionate: quella più antica
(rettiliana) dipende da una via efferente non mielinizzata che va dal nucleo motorio dorsale del vago
ed arriva fino sot