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LA RELAZIONE TERAPEUTICA
la teoria sulla relazione terapeutica han lo scopo di descrivere gli eventi importanti che rientrano in
quel contesto (teoria degli eventi) e di spiegare quali possano essere le influenze sul processo di
cura (teoria della cura).
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Mentre sul secondo livello di sono contributi teorici molto diversi tra loro, sul primo vi è un
maggior accordo, basato sulla convinzione che ogni persona abbia dei modelli in memoria che sono
rappresentazioni di sé, dell’Altr* e della relazione. In particolare:
Safran gli schemi interpersonali sono rappresentazioni della relazione ricavate da
- esperienze effettive;
Freud le esperienze di relazione interpersonale vanno a strutturare delle previsioni che
- sono i cliché, i quali vengono applicati, in analisi, al clinico, creando un ponte tra presente e
passato e dando luogo al transfert. La cura, quindi, è resa possibile da un iniziale
spostamento della libido dai sintomi all’analista e, dopo l’interpretazione, da questo all’Io
del pz, che ne esce più forte;
Bowlby gli IWM contengono previsioni sulla propria capacità di suscitare disponibilità al
- soddisfacimento dei bisogni e sull’effettivo comportamento dell’Altr*;
teoria delle relazioni oggettuali le relazioni oggettuali interiorizzate sono degli schemi
- mentali che hanno in sé componenti sia affettive che legate all’esperienza pregressa;
Guidano e Liotti esperienze corporee, emozioni ed immagini ricavate dalla memoria
- episodica ed inerenti relazioni interpersonali vanno a costituire emotional schemata. Esiste
una correlazione tra la coordinazione raggiunta in ambito interattivo e la coesione del Sé e
questa idea è approvata anche in ambito psicoanalitico;
Psicologia dei costrutti personali di Kelly un individuo sente minacciata la sua identità
- quando un interlocutore significativo disattende le sue aspettative legate al ruolo.
L’attivazione degli schemi interpersonali porta, anche, all’attivazione di difese e, secondo Safran e
Segal, si può parlare di un ciclo interpersonale, tale per cui l’interlocutore inizia a comportarsi, nei
confronti di un soggetto, in modo conforme alle sue aspettative negative, andando così a confermare
lo schema (profezia che si auto-avvera): di conseguenza, il clinico è spesso sottoposto ad una
notevole pressione ed esposto al rischio di reincarnare modalità relazionali non adattive. Per questo
motivo, è importante che il terapeuta cognitivo monitori i propri stati emotivi ed utilizzi il
controtransfert come una fonte di informazioni in più sul pz e sulla relazione. L’essere umano,
infatti, è in grado di cogliere stimoli sottosoglia inerenti l’esperienza emotiva dell’Altr*, anche se
diventa poi consapevole solo del risultato dell’elaborazione delle informazioni che ne deriva: questo
accade, naturalmente, sia al terapeuta che al pz, che hanno quindi un ruolo quasi ugualmente
importante nell’evitare l’instaurarsi di circoli viziosi. Il ciclo interpersonale, comunque, può tradursi
anche in un circolo virtuoso: ciò ha luogo quando il terapeuta va contro le aspettative negative del
suo assistito.
Per quanto riguarda la teoria della cura, diversi contributi son stati forniti per spiegare come la
relazione possa influire sul processo terapeutico. In particolare, essa può essere vista come:
influenza sociale positiva nelle tecniche che si basano sull’assegnazione di compiti al pz
- e che hanno unì’impostazione molto pragmatica, la relazione è funzionale a rendere efficaci
gli strumenti utilizzati. Nella terapia cognitiva standard di Back, si fa riferimento
all’empirismo collaborativo, ovvero un reciproco impegno, di pz e clinico,
nell’identificazione di DC e pensieri irrazionali del primo, finalizzata ad una loro correzione.
Questo tipo di lavoro è possibile solo in un clima interpersonale favorevole, in cui il pz
subisce un’influenza sociale dal clinico;
laboratorio privilegiato per la presa di coscienza secondo Freud, alcune condizioni di
- astinenza tipiche dell’analisi, come il silenzio dell’analista, frustrano i cliché
dell’analizzante, consentendo un abbattimento delle resistenze ed aprendo al clinico la
possibilità di illustrare al pz il suo funzionamento online. In questo senso, la relazione è utile
perché ci sia una presa di coscienza e non come strumento di per sé. Essa è propedeutica;
esperienza interpersonale correttiva ed aumento della conoscenza di sé la relazione
- terapeutica consente di correggere schemi interpersonali maladattivi, portando anche ad un
aumento della consapevolezza favorito da esperienze più positive. Vedere il terapeuta come
una base sicura permette al pz di esplorare il suo mondo interno;
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identificazione e modello di ruolo in analisi, alla base dell’alleanza terapeutica vi è
- l’identificazione con l’analista, favorita da alcune caratteristiche di questo ultimo, quali una
valutazione critica della realtà, l’attenzione ai processi psicologici, la ricerca di un equilibrio
tra reale e fantasmatico e la disponibilità all’ascolto. I terapeuti cognitivisti, invece, mirano a
diventare un modello positivo per il pz, mostrandosi come persone impegnate anche se non
perfette e favorendo l’identificazione pensando ad alta voce e rendendo l’altro partecipe;
funzione vicariante rispetto a funzioni mentali deficitarie del pz questo approccio affonda
- le sue radici nel concetto di transfer di oggetto-Sé di Kohut, secondo cui i narcisisti, che han
difficoltà nel regolare la loro autostima e nel porsi degli ideali (a causa di genitori che non
sono stati oggetti-Sé speculari e figure idealizzabili), cercano nel terapeuta qualcuno in
grado di colmare queste mancanze, ovvero una persona disponibile a riconoscere il loro
valore ed a proporsi come figura da interiorizzare, assumendo un valore vicariante. In
ambito cognitivista, questa prospettiva è condivisa ed il terapeuta può proporsi, per ex.,
come figura di riferimento per quei pz con DBP che, nei momenti di sconforto, fan fatica a
pensare ad un Altr* significativ* che rechi conforto. Nei d. dissociativi, infine, la relazione
terapeutica fornisce una memoria vicariante in grado di sviluppare un Io accessorio che
sostenga quello frammentato.
Tutti gli elementi di cui sopra possono essere considerati ugualmente importanti in una relazione
terapeutica nell’influire sulla cura. E’ doveroso sottolineare, però, che il terapeuta non è l’unico
membro attivo della coppia e che, al contrario, anche il pz ha le sue responsabilità, sebbene
commisurate al ruolo: egli non si limita ad attivare schemi interpersonali, ma è chiamato ad
impegnarsi per comprendere le interpretazioni, diventare consapevole dei suoi schemi e mettere in
pratica le indicazioni che gli vengono date. Deve, inoltre, accorgersi dell’invalidazione delle sue
aspettative negative nel ciclo interpersonale, in modo da poter avviare un processo di cambiamento.
Weiss ha attribuito al pz un’attività cognitiva particolare, che consiste nel testare il comportamento
del clinico confrontandolo con le sue aspettative: quando ne consegue una valutazione positiva, si
creano modelli diversi sia del terapeuta che del suo modo di pensare. A lungo andare, il pz comincia
a pensare, al di fuori delle sedute, a cosa il terapeuta potrebbe pensare al suo posto in determinati
episodi di vita critici e quest’attività di perspective taking può aiutarlo a sperimentare
comportamenti nuovi ed a pervenire ad interpretazioni diverse su di sé e sulla realtà. Quelle che si
vengono a formare sono le neostrutture terapeutiche che devono passare da “il terapeuta pensa
che…” a “io ed il terapeuta pensiamo che…” ed infine a “io penso che…”, con un’interiorizzazione
del dialogo terapeutico. Le neostrutture aumentano, quindi., la funzione autoriflessiva, proprio
perché nascono come sforzo del pz di comprendere cosa il clinico pensi di lui e si evolvono in uno
strumento per riflettere su di sé.
Il risultato di un clima interpersonale positivo tra pz e terapeuta è l’alleanza terapeutica, in cui vi
sono fiducia reciproca ed accordo sugli obiettivi e sui compiti di ciascuna delle due parti; quando è
presente, è più probabile che la terapia abbia esito positivo. Safran e Muner han descritto una
tecnica attraverso la quale il terapeuta può riparare alcune rotture che possono proporsi nella
relazione e che si possono manifestare come ritiro (più difficile da riconoscere) o come confronto
(ha marker più evidenti, come critiche più o meno dirette): egli, accortosi dell’impasse, deve far
presente il suo vissuto al pz, senza necessariamente associarlo ad un suo comportamento, per poi
chiedergli se anche lui si sia accorto o meno di qualche cambiamento e, in caso affermativo, indurlo
alla riflessione; questa attività di metacognizione porta ad una maggior connessione di idee ed
emozioni tra i due interlocutori e ad un superamento della crisi.
Alcuni pz possono essere particolarmente difficili dal pdv relazionale, soprattutto quelli con psicosi
o DP, che spesso presentano d. della metarappresentazione: questi, se da un lato vanno ad inficiare
la relazione, dall’altro possono migliorare proprio grazie ad essa; di conseguenza, è importante non
demordere ma trasformare i limiti in materiale di lavoro, cercando di coadiuvare la riflessione
sull’esperienza immediata, suggerendo delle tecniche di regolazione, evidenziando gli stati mentali
condivisi e fornendo validazione. In certo senso, il processo è analogo a quello attraverso cui il
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bambino impara a mentalizzare secondo Fonagy, ovvero vedendosi rispecchiato dalla figura
genitoriale. Un’indicazione di massima, comunque, è quella di trattare i pz gravi in équipe, per
evitare sentimenti di sconforto che possono sfociare in drop out o burn out.
Per concludere, la relazione terapeutica può essere considerato il cuore del processo di cura
psicoterapico e, non per niente, sta diventando un nuovo interessante ambito di ricerca.
LA CONVERSAZIONE NELLA TERAPIA COGNITIVA A ORIENTAMENTO
COSTRUTTIVISTA
Spesso le sedute di terapia cognitiva vengono registrate, in modo da poter poi essere riscritte e
proposte, anche, a colleghi e supervisori: quest’attività, infatti, permette di riordinare le esperienze
vissute e di analizzare in modo più approfondito la sequenza temporale delle vicende. Un altro
processo particolarmente utile consiste nell’analisi conversazionale, dal momento che la
conversazione è necessaria per ogni tipo di int