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CAMBIAMENTI COGNITIVI NELL’INVECCHIAMENTO
Ipotesi sull’invecchiamento cognitivo. La Life Span Development Theory Psychology
(LSDP) è una teoria che vede lo sviluppo in una prospettiva dell’arco di vita e che si basa su tre
assunti: 1) lo sviluppo è un processo che dura tutto l’arco di vita che si caratterizza, a ogni età,
per differenti acquisizioni cognitive ed emotivo-motivazionali; 2) lo sviluppo non è omogeneo e
lineare, infatti non tutte le abilità si sviluppano allo stesso modo (variabilità intraindividuale);
oltretutto, le condizioni di vita di ciascuno rendono il suo sviluppo diverso da quello degli altri
(variabilità interindividuale); 3) a ogni stadio di funzionamento sono presenti potenzialità
latenti distinguibili in riserve di base (livello corrente di plasticità) e riserve di sviluppo (ciò
che sarebbe possibile se venissero ottimizzate le risorse dell’individuo). Un contributo
interessante quando si parla di invecchiamento cognitivo è quello del modello bifattoriale
dell’intelligenza di Cattell, secondo cui l’intelligenza comprende sia abilità fluide (cioè di
comprensione di nuovi dati e costruzione di inferenze) che abilità cristallizzate (legate
all’esperienza e alle conoscenze); le prime subirebbero un declino più accentuato con l’avanzare
dell’età, mentre le seconde sembrerebbero rimanere intatte fino ai 70 anni. Similmente,
Cornoldi ha proposto di distinguere tra intelligenza di base (cioè l’elemento più primitivo
dell’intelligenza, fondato sulla predisposizione genetica e vicino al concetto di intelligenza
fluida) e intelligenza in uso, che si esplicita nella quotidianità grazie alla sua interazione con i
fattori emotivi, metacognitivi, motivazionali ed esperienziali.
Approcci analitici e globali allo studio dell’invecchiamento. Due approcci allo studio
dell’invecchiamento sono quello analitico e quello globale. L’approccio analitico (o locale)
cerca di identificare quali processi risentano dell’invecchiamento e come questi influiscano su
specifiche prestazioni cognitive, ma non spiega: a) come e perché questi cambiamenti
avvengano; b) come i cambiamenti in una data variabile possano essere spiegati da cambiamenti
legati all’età che intervengono in altre variabili. L’approccio globale (o macro), invece,
considera l’invecchiamento non come l’alterazione di singoli processi cognitivi, ma come il
risultato della riduzione delle risorse di elaborazione. Tali risorse, note come regolatori dello
sviluppo (o meccanismi primitivi di base), sono alla base del sistema cognitivo e
comprendono: 1) spazio mentale per il mantenimento temporaneo delle informazioni rilevanti,
inteso come capacità della memoria di lavoro; 2) energia, ossia le capacità attentive e di
inibizione cognitiva: in particolare, deficit d’inibizione cognitiva potrebbero portare a difficoltà
di shifting e di soppressione di risposte inappropriate; 3) tempo, ossia velocità di elaborazione:
un deficit nella velocità (detto rallentamento cognitivo) potrebbe determinare una riduzione
della quantità di informazioni elaborate dalla memoria di lavoro e deficit di memoria episodica;
4) il ruolo dei deficit sensoriali, i quali, specialmente dopo i 75 anni, possono ostacolare i
processi cognitivi. Altri autori hanno distinto tra processi automatici e controllati: mentre i primi
si mantengono stabili nel tempo, i secondi declinano con l’avanzare dell’età.
La memoria
I magazzini temporanei della memoria. Due magazzini temporanei di memoria sono la
memoria a breve termine (cioè il processo attraverso cui una piccola quantità d’informazione
è trattenuta per alcuni secondi) e la memoria di lavoro, in grado anch’essa di immagazzinare
temporaneamente, ma al contempo di elaborare, le informazioni necessarie per i processi di
ordine superiore (es. comprensione del linguaggio, pianificazione e problem solving). La prima
subisce nel tempo un lieve decremento, che diviene più evidente solo in età molto avanzata,
mentre la seconda declina in modo lineare già a partire dai 25 anni. Le cause di questo declino
non sono chiare: secondo alcuni, la diminuzione della velocità di elaborazione provocherebbe
un’elaborazione accurata solo delle prime operazioni richieste dal compito, le quali, essendo
eseguite troppo lentamente, non lascerebbero tempo sufficiente per eseguire le successive
(meccanismo del tempo limitato); man mano che il tempo passa, inoltre, le informazioni
successive sono elaborate in maniera sempre più superficiale (meccanismo della simultaneità).
Secondo altri, un deficit delle abilità inibitorie causerebbe l’ingresso di una grande quantità di
informazioni, che saturerebbe lo spazio disponibile in memoria di lavoro. È stato poi ipotizzato
un declino differenziale della memoria di lavoro sulla base del materiale (verbale vs
visuospaziale); tuttavia, i risultati sono discordi. Un’eccezione al declino della memoria di
lavoro è dato dalla riduzione delle differenze dipendenti dall’età in prove di memoria di lavoro
con stimoli emotivi (positivi o negativi) rispetto a stimoli neutri: gli anziani, infatti, esibiscono
prestazioni peggiori di quelle dei giovani solamente nella prova neutra (effetto emotività);
inoltre, tra gli anziani si evidenziano prestazioni migliori laddove il compito utilizza stimoli
positivi, la cui elaborazione richiede evidentemente un minor costo cognitivo (effetto
positività). Questo risultato è in accordo con la teoria della selettività socioemotiva, secondo
la quale gli anziani regolerebbero le loro emozioni in modo da mantenere o incrementare il
livello di benessere.
La memoria a lungo termine. La MLT non è un sistema unitario, in quanto comprende i seguenti
sistemi: a) memoria implicita vs esplicita: la prima, detta anche procedurale, riguarda il
ricordo di procedure messe in atto in modo non cosciente, mentre la seconda, detta anche
dichiarativa, si riferisce ai ricordi coscienti; b) memoria semantica vs episodica; c) memoria
retrospettiva vs prospettica: la prima rende possibile il ricordo di fatti del passato, mentre la
seconda il ricordo di azioni da svolgere nel futuro. Negli anziani non sembrano esserci
variazioni significative per quanto riguarda la memoria implicita e semantica, sebbene possa
manifestarsi una difficoltà temporanea nel recupero di concetti o nomi (blocco dei nomi); la
memoria episodica, invece, è maggiormente sensibile all’età, favorendo un recupero degli
eventi avvenuti in giovinezza (reminiscence bump), a scapito di quelli più recenti. Questo dato
potrebbe essere spiegato: a) dalla continua reminiscenza di eventi salienti (tipica dell’anziano);
b) dal fatto che gli avvenimenti più importanti della propria vita tendono a concentrarsi nei
primi 30 anni di vita; c) dal fatto che l’età giovanile è il periodo caratterizzato da maggiore
efficienza dei processi di codifica. Infine, la memoria prospettica mostra un declino maggiore di
quella retrospettiva; in particolare, le differenze sono più marcate quando i compiti di memoria
prospettica sono basati sul tempo (es. chiedere di compiere una determinata azione a una certa
ora), rispetto ai compiti basati sull’evento (es. quando passa il postino, devi uscire a fare la
spesa).
Funzioni esecutive. Le funzioni esecutive sono i processi responsabili del controllo e della
regolazione del comportamento, e comprendono aggiornamento, inibizione e shifting.
Aggiornamento. L’aggiornamento è la funzione attraverso cui si modifica il contenuto della
memoria di lavoro in modo da rendere disponibili le informazioni che si rivelano via via più
rilevanti. Tale funzione implica l’integrazione delle nuove informazioni con quelle
precedentemente immagazzinate e la soppressione delle informazioni non più rilevanti. Le
abilità di aggiornamento diminuiscono chiaramente con l’età, e ciò potrebbe spiegare i deficit di
memoria di lavoro.
Inibizione. L’inibizione è la capacità di resistere all’interferenza provocata da distrattori, siano
essi endogeni o esogeni; essa agisce: a) prevenendo l’ingresso di informazioni irrilevanti
(funzione di accesso); b) riducendo l’attivazione di rappresentazioni mentali divenute irrilevanti
(funzione di soppressione); c) controllando le risposte dominanti (automatiche) ma non
appropriate per il compito (funzione di restrizione).
Shifting. Lo shifting è la capacità di spostare rapidamente l’attenzione da un’attività, o
informazione, a un’altra. Solitamente, per testare questa funzione si utilizzano paradigmi di task
switching, in cui vengono confrontate le prestazioni in condizione di compito singolo con
prestazioni in cui si passa da un compito all’altro. Tale abilità mostra un andamento a U
rovesciata nell’arco di vita, con un peggioramento in età avanzata.
Effetti neurogenici e psicogenici (vedi “Riserva cerebrale e cognitiva”, nel file delle
domande).
Training che sfruttano la plasticità cognitiva. La plasticità cognitiva, o flessibilità, è la
possibilità di migliorare la prestazione cognitiva attivando le abilità che si mantengono intatte
nell’invecchiamento. Nell’ambito della memoria, sono presenti vari tipi di training che sfruttano
la plasticità cognitiva: a) training di memoria di lavoro, che incrementano i meccanismi
dominio-generali attraverso compiti di memoria di lavoro; b) training strategici, che
potenziano la memoria episodica attraverso l’uso di mnemotecniche; c) training metacognitivi,
che promuovono le conoscenze sul funzionamento della memoria e un atteggiamento attivo
verso i compiti che implicano il suo utilizzo; d) training strategico-metacognitivi, in cui si
insegnano anche specifiche strategie. I benefici dei vari training si riscontrano sia sull’abilità
direttamente trattata, misurata attraverso il medesimo compito su cui il soggetto ha fatto pratica
(effetto specifico), sia su prove che utilizzano materiale diverso da quello del training (effetto di
generalizzazione); ciò dimostra che il miglioramento della prestazione è dovuto non tanto
all’abitudine allo svolgimento di una prova, ma al miglioramento dell’abilità sottostante. Gli
effetti di generalizzazione, inoltre, sono stati riscontrati sia in compiti che implicano un utilizzo
diretto della memoria di lavoro che in prove in cui la memoria di lavoro è solo indirettamente
coinvolta (es. compiti di inibizione, problem solving, comprensione del testo). Un aspetto
critico di tali training è il mantenimento degli effetti a lungo termine, spesso non a 6 mesi. Ad
esempio, a se