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Approcci top-down e bottom-up nella progettazione
Gli approcci top-down (dai soggetti più influenti e rappresentativi) e bottom-up inward-looking (dal basso, dai cittadini) sono due stili di progettazione che possono essere adottati.
Nello stile top-down, l'attenzione è focalizzata sulla promozione delle attività e dei servizi interni alla comunità, senza influire in modo significativo sulle strategie nazionali e regionali.
Nell'approccio bottom-up inward-looking, invece, l'accento viene spostato dalla realtà locale per favorire il riorientamento dei programmi nazionali e regionali.
In base alle relazioni sociali, si individuano due approcci: quello che considera vitale lo spazio sociale, ricco di relazioni sociali e risorse per costruire progetti d'intervento, e quello che considera lo spazio solo come spazio fisico, nel quale far ricadere gli interventi programmati, nel quale le relazioni scompaiono o sono superflue per lasciare il posto a previsioni demografiche e standard.
Ha assunto importanza il decentramento, che ha permesso di avvicinare il processo decisionale del
piano alla gente, favorendo la valorizzazione delle comunità locali. Il cittadino si sente estraneo ai livelli di progettazione molto ampia, mentre i piccoli progetti sono considerati più accessibili e stimolanti. Inoltre i cittadini hanno preso le redini della situazione impegnandosi in azioni collettive al di fuori dei canali istituzionali. Vi è spazio a maggiori iniziative autonome: forme di interazione strutturate in focus group, sondaggi deliberativi (in cui i partecipanti ricevono info sui problemi e questa consapevolezza li rende partecipe ai processi decisionali) e gruppi di partecipazione più strutturati, luoghi di confronto, conferenze con cittadini coinvolti, coinvolgimento di famiglie, amici e gruppi informali e associazioni, camminate di quartiere, laboratori progettuali… questa è la partecipazione. Tuttavia, nel processo di cura la valorizzazione delle relazioni informali è talvolta assente e marginale… infatti, spesso il
Coinvolgimento dei cittadini non orienta il processo di progettazione nel suo complesso, ma al massimo alcune parti ben circoscritte, aggiungendosi a un processo standardizzato. Spesso la partecipazione finisce per essere mero strumento di consultazione, risultando poco incisiva sulle decisioni che riguardano l'organizzazione dei servizi. La partecipazione è selettiva, non tutti riescono a dar voce alle loro idee. Dalla partecipazione si arriva al partenariato, ovvero i soggetti coinvolti della comunità vengono considerati partner di un progetto condiviso. La partnership risulta essere la cooperazione formale per raggiungere obiettivi comuni, cioè quell'insieme di relazioni collaborative. Le relazioni in questione si distinguono dalla mera partecipazione, in quanto la partnership presuppone la volontà di creare insieme un'azione. Mackintosh e Hastings hanno individuato 3 modelli di partnership:
- Synergy model: finalizzato ad accrescere le azioni
Coinvolgendo sia soggetti formaliche non formali. E’ nata la cultura manageriale, ovvero “i grandi hanno mangiato ipiccoli”, in modo che le partnership si formassero solo con soggetti più rilevanti, con accordi tra le grandi organizzazioni marginalizzando gli utenti e i care giver e le loro forme associative.
Per co-progettazione si intende la condivisione di responsabilità tra i soggetti coinvolti nella progettazione, tra cui anche i cittadini. Vi è coordinamento tecnico (che assicura efficacia ed efficienza dei servizi e nell’uso delle risorse), sociale (che accresce il capitale sociale e coesione). Il livello tecnico e sociale devono essere presi insieme. Quando si parla di co-progettazione si fa riferimento a questi due livelli che vanno di pari passo e inoltre si parla anche di condivisione di responsabilità tra i soggetti coinvolti nella progettazione. Nella legge 328/2000 si fa menzione della co-progettazione come relazione dei
soggetti pubblici con il terzo settore. I soggetti pubblici individuano obiettivi generali, definiscono le aree di intervento, stabiliscono la durata del progetto e identificano le caratteristiche essenziali, nella co-progettazione.
CO-PROGETTAZIONE SIGNIFICA QUINDI PARTENARIATO E CORRESPONSABILITÀ, UNA MODALITÀ DI INTERVENTO CONGIUNTO TRA PUBBLICO E PRIVATO CHE COINVOLVE TUTTE LE FASI DELLA PROGETTAZIONE. Vi è ovviamente coinvolgimento dei cittadini nella co-progettazione, in quanto il cittadino integra il programma definito dalle istituzioni pubbliche, oppure collabora alla creazione di un programma e alla sua realizzazione e nel terzo livello il cittadino crea un programma innovativo insieme alle istituzioni pubbliche che lo realizzano. La co-progettazione ha creato, attraverso la fiducia dei partner formali e informali, nuove relazioni tra soggetti di welfare, maggiori percorsi di cura e sostegno e innovazione sociale.
Il lavoro di comunità sta a significare che
La comunità è coinvolta in tutte le fasi della progettazione in modo attivo (per questo si dice progettazione partecipata). Si differenzia quindi dalla social-planning in senso stretto, che è atta a individuare obiettivi e servizi e a produrre un documento.
Il lavoro di comunità si divide in 3 tipologie: il lavoro faccia a faccia con i gruppi locali, lo sviluppo dei servizi, la programmazione locale.
La community practice si prefigge il compito di stimolare la comunità ad avere una visione comune, ponendosi domande sui problemi e cercando possibili risposte e per farlo, stimola le persone a coinvolgersi nel creare piani.
La comunità attiva:
- È un bene in se stessa, democratica, dove il cittadino partecipa alle decisioni con consapevolezza, senso di appartenenza e diritto al rispetto.
- Favorisce il raggiungimento di obiettivi desiderabili, creando reti informali.
- È una parte significativa della governance, che rende più democratiche le decisioni.
Le istituzioni.
Crea uno spirito di comunità e crea capitale sociale.
Promuove una maggior accessibilità ai servizi, nell'ambito di una visione comune sugli effetti desiderabili.
Talvolta addirittura la comunità acquisisce l'abilità di influenzare le istituzioni, influenzandone le decisioni verso un cambiamento più soddisfacente. Per community development si intende lo sviluppo e la creazione di capitale sociale, della crescita dei cittadini come soggetti capaci di lavorare insieme per cambiare le loro condizioni di vita e l'organizzazione dei servizi. Questo è il presupposto delle relazioni sociali tra operatori professionali e cittadini. Per far sì che le persone possano essere supportate nell'organizzazione di azioni collettive per affrontare problemi diffusi nella propria comunità, si promuove la costituzione di organizzazioni e alleanze fra gruppi esistenti individuando obiettivi comuni fra i vari gruppi.
Inoltre serve anche per motivare a aiutare la comunità a trovare le risorse utili al raggiungimento degli obiettivi di cambiamento condivisi. Comunità significa condivisione di località e di interessi. Il community work altro non fa che aiutare le persone che hanno interessi analoghi a collegarsi tra loro intraprendendo un'azione comune per raggiungere obiettivi condivisi. Questo aiuto è dato dagli operatori di comunità e dalle organizzazioni. Inoltre, viene menzionato il termine di Advocacy, che significa il tentativo di influenzare le politiche pubbliche e l'allocazione delle risorse, nell'ottica di un cambiamento. Capitolo 4: LA PROGETTAZIONE COME STRATEGIA TECNICA La progettazione ha tecniche ben definite, sue fasi e suoi strumenti. Il progettista indirizza le azioni sociali verso scopi desiderati. Vi è convinzione che gli esseri umani si comportino con regolarità, in maniera cioè standardizzata, ripetitivamente. Di conseguenza,l'idea è che la complessità sociale possa essere ridotta ad un numero gestibile di varianti chiave, eliminando la casualità. Questa concezione ovviamente tende a far scomparire dai processi decisionali le relazioni intersoggettive e quindi le relazioni inusuali, quelle idee lontane dal quotidiano, tendono non influenzano le scelte decisionali. Tutto ciò fa apparire la progettazione come processo puramente formale, in mano a istituzioni più rilevanti. Tuttavia, questo approccio fondato sull'autorità dell'esperto ha necessariamente lasciato il posto alla rilevanza dell'interazione e all'integrazione delle conoscenze tecniche insieme alle conoscenze che esprimono i vari soggetti coinvolti. Ovviamente, la razionalità è la base di un programma, cioè l'uso di conoscenze scientifiche. Si parla di modelli razionali proprio per intendere questo, contrapponendoli ai modelli incrementali, che hannoEvidenziato limitisituazionali del decisione che usa solo razionalità: ci sono conseguenze imprevedibili, ad esempio! Nessuna decisione può essere razionale in senso assoluto, perché non si conoscono tutte le opzioni e tutte le possibile conseguenze che ne derivano. Serve progettare nell'incertezza e nel fare questo in modo consapevole, il progettista deve abbandonare la pretesa di poter controllare tutto, che sia capace di fare rivalutazioni in luce di variabili che non aveva considerato, rendendo oggettiva ogni scelta. Per progettare servono semplificazioni del comportamento umano: si tratta di VARIABILI DEMOGRAFICHE (età, sesso, distanza fisica dal servizio, ecc) che possono aiutare a prendere decisioni e fare previsioni. Così, si formulano poi standard, intesi sia come concetti ideali, sia come accezione statistica. Le variabili demografiche hanno valore predittivo molto basso, poiché tutto è condizionato dalle reti informali e dai vari bisogni.
termine "mistero".