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3. SPESA PUBBLICA E SISTEMI ELETTORALI

Il sistema politico influenza il meccanismo di adozione delle scelte in materia di politica di bi-

lancio e dipende a sua volta dalla forma di stato e di governo, le quali, a loro volta, dipendono sia dagli

assetti costituzionali relativi ai rapporti tra parlamento e governo, sia dal sistema elettorale. Mentre

i sistemi costituzionali disegnano gli assetti formali dei singoli sistemi politici, le consuetudini costi-

tuzionali e le leggi elettorali danno corpo agli assetti sostanziali dei rapporti di forza sulla base dei

quali operano le decisioni.

Se dalla legge elettorale vigente in un determinato paese dipendono non solo le modalità di

esplicarsi del rapporto governo-parlamento e i meccanismi di selezione della classe politica, ma an-

che il rapporto tra quest’ultima e le forze economiche e sociali, le scelte politiche potranno risultare

profondamente diverse, in senso sia quantitativo sia qualitativo, in funzione del sistema elettorale

adottato: proporzionale o uninominale.

Un esempio degli influssi del sistema elettorale sui meccanismi di adozione delle scelte pubbli-

che è rappresentato dal c.d. logrolling, meccanismo attraverso il quale scelte che non godrebbero in

astratto del favore della maggioranza dell’assemblea finiscono comunque per essere assunte, in virtù

di una logica di scambio fra i componenti dell’assemblea. Assemblee elette con meccanismi che pri-

vilegiano la rappresentanza territoriale (p.es. maggioritario uninominale) si prestano particolarmente

a realizzare meccanismi di questo tipo: verranno approvati molto più probabilmente provvedimenti

microsettoriali (dei quali l’approvazione con legge rende meno visibili i costi e permette di coprirli

con la fiscalità generale), le cc.dd. “leggi mancia”, al posto di provvedimenti di interesse generale.

È interessante considerare l’influsso dei diversi sistemi sull’andamento della spesa pubblica

italiana, con particolare riferimento al periodo in cui è stato adottato il sistema uninominale mag-

gioritario (1993-2005) poiché coincidente con la fase del risanamento dei conti in vista della parte-

cipazione dell’Italia alla moneta unica. I presunti effetti di maggior responsabilizzazione nella politica

di bilancio furono tra gli argomenti che condussero all’adozione di questo sistema al posto di quello

proporzionale puro, ritenuto la causa del degrado dei conti pubblici, in quanto aveva finito per pro-

vocare un sistema di deresponsabilizzazione di governo e parlamento e di crescita della spesa pub-

blica anche in funzione di compensazione dei costi sopportati in campagne elettorali caratterizzate

dal voto di preferenza. Un sistema maggioritario è più adatto a operare una regolazione di confini tra

maggioranza e opposizione e a far sì che la prima adotti le scelte senza essere condizionata dalla se-

conda e che ne assuma la responsabilità; inoltre, il fatto che sia in grado di garantire l’alternanza al

governo indica che i governanti possono essere giudicati da chi li può sostituire. Tuttavia gli effetti

del nuovo sistema elettorale sull’economia sono di difficile quantificazione, poiché parallelamente

alla riforma elettorale prese corpo il processo di risanamento delle finanze pubbliche finalizzato alla

partecipazione alla moneta unica.

Negli anni successivi alle fasi di più intenso risanamento, durante la vigenza del sistema uni-

nominale maggioritario le politiche di risanamento in situazioni di ordinaria amministrazione sono

state meno rigorose di quanto previsto: dopo il biennio 1993-95 la spesa corrente al netto degli inte-

ressi (spesa strutturale) ha ripreso a crescere in maniera lenta ma costante. Questa dimostra che alla

fine ha finito per prevalere il meccanismo del logrolling parlamentare sulla impostazione della mag-

gioranza di governo.

L’incremento della spesa pubblica rispetto al Pil negli ultimi anni non è interamente attribuibile

al nuovo sistema elettorale proporzionale quanto ad una generalizzata crisi economica e finanziaria.

In definitiva, gli effetti del sistema elettorale sulla spesa pubblica possono essere ragionevolmente

qualificati solo in periodi caratterizzati da un andamento regolare dei principali indici economici.

Con il termine ciclo elettorale si indica quella fase di incrementi di spesa che caratterizza le scelte

pubbliche dei governi e dei parlamenti prima delle elezioni, finalizzati ad accrescere il consenso elet-

torale. L’espansione della spesa in coincidenza con le elezioni sembra dipendere meno dal sistema

uninominale, mentre sembra avere una più stretta connessione con l’esistenza di un sistema di tipo

maggioritario: poiché il sistema maggioritario rende più facile l’alternanza, i governi che vanno alle ele-

zioni tendono ad assumere decisioni finalizzate ad agevolare la loro rielezione o a mettere in difficoltà i

loro successori. Nei sistemi proporzionali, invece, il governo uscente ha spesso la ragionevole aspet-

tativa di essere riconfermato e, pertanto, manterrà un comportamento più cauto. In sostanza, dal

punto di vista della spesa pre-elettorale, un sistema proporzionale sembra garantire la tenuta dei

conti meglio di un sistema maggioritario di collegio.

4. I BILANCI PUBBLICI: VERSO IL CONSOLIDATO

Il bilancio costituisce lo strumento per definire le politiche pubbliche. In passato ha goduto di

una latitudine pressoché sconfinata, mentre oggi risulta assai limitata. Al giorno d’oggi lo stato non

riassume più integralmente la titolarità dei poteri pubblici, ma si trova inserito nell’ambito di una

rete di diversi poteri a vario titolo sovrani che nei suoi confronti sono in qualche caso coordinati e in

altri sovraordinati. La visione totalizzante del bilancio rispetto alla trattazione della finanza pubblica

è superata e adesso il bilancio assume una minor rilevanza rispetto al passato sotto il profilo quanti-

tativo delle azioni di intervento in materia (e anche della loro incidenza).

Il bilancio dello stato, infatti, è inserito all’interno di un insieme più vasto di attori che da una

parte trascende la dimensione statale, nel caso dell’Ue, e dall’altra non trascura il livello substatale

degli enti territoriali minori e degli enti autonomi che svolgono funzioni pubbliche (istituti previ-

denziali, università…). Mentre prima della Costituzione la quasi integralità della spesa era riferita al

livello statale e da questo decisa, l’assetto attuale prevede una tipologia di spesa destinata al finan-

ziamento dell’Ue e da quest’ultima decisa, e una ulteriore spesa, di ingenti proporzioni, relativa agli

enti territoriali minori e agli altri enti autonomi. La quota di Pil intermediata dalle amministrazioni

centrali equivale a circa il 50% della quota intermediata dal settore pubblico nel suo complesso. Non

si è trattato di espropriazione della potestà statale, ma di una volontaria cessione di sovranità (a se-

guito dell’adesione ai trattati europei o di modifiche costituzionali) conseguente all’impossibilità per

lo stato centrale di poter gestire una spesa pubblica sempre più rivolta all’ampliamento e al migliora-

mento dei servizi.

Lo Stato si trova vincolato dall’alto dagli organismi internazionali ai quali ha ceduto parte della

propria sovranità e dal basso in funzione della rinuncia ad esercitare una serie di poteri che esso

stesso ha attribuito a soggetti esistenti al suo interno. Il bilancio dello stato riveste ancora una gran-

dissima importanza, ma non è che una parte del tutto e non più il contenitore generale delle scelte

pubbliche.

Dal punto di vista del cittadino esiste un’asimmetria tra il contenuto dei bilanci degli enti pub-

blici e la somma che ciascuno è tenuto a versare a titolo di imposte, tasse e contributi. Ciò dipende da

due circostanze. La prima riguarda il fatto che i cittadini subiscono una sorta di illusione finanziaria

che rende estremamente arduo conoscere con esattezza quale parte dei propri tributi è destinata ai

diversi soggetti pubblici; inoltre le modalità di corresponsione delle imposte sono definite in modo

da non rendere sempre chiara l’entità del complessivo carico impositivo (p.es. Iva). La seconda cir-

costanza attiene all’esistenza di un sistema basato su una pluralità di bilanci pubblici, che rende diffi-

cile la comprensione del livello della spesa e delle entrate complessive degli enti pubblici. Si tratta di un

sistema di bilanci pubblici strettamente collegati, nel quale risulta arduo conoscere i flussi finanziari

che vanno da un ente all’altro.

Per risolvere il problema della scarsa trasparenza del sistema si potrebbe redigere un unico bi-

lancio per tutti gli enti pubblici (ipotesi quanto mai improbabile) oppure prevedere la predisposizione

di una sorta di bilancio consolidato, ovvero un bilancio, redatto in forma riassuntiva, che metta in evi-

denza i flussi tra i vari enti che appartengono al gruppo e il valore complessivo delle entrate e delle

spese di tutti i partecipanti al gruppo (ipotesi che permetterebbe di rendere più chiaro il costo com-

plessivo della macchina pubblica e la responsabilità di ciascun ente).

La nuova legge di contabilità (l. 196/2009) fa riferimento alla contabilità e alle finanze pubbliche

e non più alla contabilità dello stato: considerare il solo bilancio dello stato manifesterebbe un ap-

proccio riduttivo e superato della legge di riforma, la quale costruisce un meccanismo di saldatura e

coordinamento tra i diversi bilanci pubblici, al fine di consentirne una trattazione unitaria, a comin-

ciare dall’omogeneizzazione delle modalità di contabilizzazione delle postazioni. Al fine dell’adem-

pimento degli obblighi imposti dal PSC si deve guardare non al risultato finanziario delle singole am-

ministrazioni, ma ai risultati dell’intero sistema paese: finalità principale della legge 196 è proprio

quella di consentire una visione unitaria dei bilanci pubblici, al fine di permettere una valutazione

aggregata dei risultati del sistema paese. Tale approccio ha comportato una modifica negli assetti di-

stributivi dei poteri di scelta tra i diversi soggetti pubblici: se da un lato al governo resta un potere di coor-

dinamento (art. 120 Cost.), cui corrisponde la responsabilità sia nei confronti degli elettori-contri-

buenti sia in relazione all’attuazione degli obblighi comunitari, dall’altro esso non gode più come un

tempo di assoluta autonomia nelle proprie scelte di politica economica.

Capitolo 4: Bilancio, Europa e limiti dell’azione di governo

Il principio della sovranità popolare risulta sostanzialmente limitato sotto un profilo sia quali-

tativo sia quantitativo: il parlamento non può assumere quelle decisioni che avrebbe originariamente

potuto prendere in mancanza di vincoli este

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A.A. 2017-2018
64 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/05 Diritto dell'economia

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher santowayne di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto Finanziario e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Mondini Andrea.