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Introduzione

Baudry vuole spostare il dibattito dall’approccio marxista a quello psicanalitico;

per altro verso vuole mettere da parte il momento di produzione dell’immagine

filmica per concentrarsi su quello della visione in sala.

Il cinema può dunque apparire come una sorta di apparato psichico sostituivo,

come fa un bambino che, guardandosi allo specchio, ricompone i frammenti del

sé in una immagine unitaria avvertita come propria (Lacan).

Al tempo stesso la visione di un film costituisce anche la riproduzione oggettiva

e simulata di un processo psichico soggettivo, come in un sogno, dove infatti si

innescano alcune dinamiche tipiche del sonno: oscurità, separazione del mondo

esteriore, inibizione della mobilità; le immagini filmiche diventano quindi simili

a quelle oniriche, creando un parallelo fra il cinema e il mito della caverna di

Platone. Baudry ricorre alla metafora della “macchina” per fare emergere l’idea

di dispositivo quale macchina di regolazione di investimenti energetici. La

metafora permette di collegare tre distinti livelli del discorso; a un livello

inferiore c’è l’aspetto tecnologico del cinema, al limite superiore l’apparato

psichico di percezione (secondo una configurazione freudiana), nell’area

intermedia trova posto la situazione di visione del film.

Il dispositivo cinematografico è un termine che può spingere al tempo stesso

verso la tecnologia del cinema (macchine e tecniche usate durante la

realizzazione e la proiezione del film), oppure verso i tentativi di comprendere e

descrivere il cinema come una particolare istituzione di relazioni e significati

psicologici.

Il concetto di “dispositivo” si dilata fino a inglobare, in un unico sistema, coi

meccanismi tecnologici anche quelli psicologici derivanti dalle emozioni dello

spettatore durante la proiezione.

In una conversazione-intervista del 1977 con un gruppo di psicanalisti

lacaniani, il filosofo Michel Foucault approfondisce la propria idea di dispositivo:

in primo luogo esso è un insieme decisamente eterogeneo che comporta

discorsi, istituzioni, pianificazioni architettoniche, decisioni regolamentari, leggi,

misure amministrative, enunciati scientifici, proposizioni filosofiche, morali,

filantropiche; in breve il detto ma anche il non detto. Il dispositivo in sé è

l’intreccio che si può stabilire tra questi elementi. Foucault continua: il

dispositivo è sempre inscritto in un gioco di potere; il dispositivo è anche

questo: strategie di rapporti di forze che sostengono dei tipi di sapere.

In pratica, Foucault introduce una nuova idea di dispositivo epistemologico, non

più di tipo psichico come in Freud, ma relativo piuttosto alle relazioni tra saperi

e poteri all’interno di un determinato periodo storico.

L’ultimo Foucault parla dei dispositivi come componenti di linee di visibilità, di

enunciazione, linee di forza, linee di soggettivazione, linee di incrinatura, di

fessurazione, di frattura, che si incrociano e si intrecciano fra loro e di cui le

une ricostituiscono le altre, o ne originano altre attraverso variazioni oppure

mutazioni di concatenamenti.

Secondo Deleuze e Agamben, Foucault era giunto a sostituire coi dispositivi,

intesi come costrutti molteplici di carattere storico e culturale, i cosiddetti

universali ontologici e metafisici: l’Uno, il Tutto, il Vero.

Agamben, analizzando i dispositivi di Foucault, giunge alla conclusione che, per

costui, il dispositivo resta qualunque cosa che abbia capacità di catturare,

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orientare, determinare, modellare e controllare i gesti, le condotte, le opinioni e

i discorsi degli esseri viventi. Si hanno così due grandi classi, gli esseri viventi

(o le sostanze) e i dispositivi. E fra i due, come terzo, i soggetti. Chiama

soggetto ciò che risulta dalla relazione fra i viventi e i dispositivi.

Ora, riferendoci al dispositivo cinematografico, possiamo affermare che esso

nasce dalla confluenza di differenti apparati tecnologici, ma anche di una serie

di conoscenze e ricerche scientifiche (sulla percezione, sul movimento, etc), di

pratiche (l’andare a teatro, il frequentare i panorami, perfino viaggiare in

treno), di immaginari (i romanzi fantastici che anticipano invenzione del

cinema), e così via: il dispositivo è uno schema, un gioco dinamico di relazioni

che articolano discorsi e pratiche connettendoli vicendevolmente; schema che

va ricavato a partire da una descrizione che lega tre termini: lo spettatore, il

macchinario, la rappresentazione. A partire da questo approccio, occorre

depotenziare il ruolo preminente dato dalla strategia di potere (in relazione a

quelle del sapere), quel potere connesso a specifici dispositivi di visione quale il

Panopticon di Bentham, il carcere costruito in modo che i prigionieri sanno di

essere costantemente osservati senza mai vedere il loro osservatore (altro

richiamo al mito della caverna di Platone).

Il Panopticon è un carcere ideale progettato nel 1791 dal filosofo e giurista

Jeremy Bentham, dove un unico guardiano potesse osservare tutti i prigionieri

in ogni momento, i quali non essendo in grado di stabilire se fossero osservati o

meno, avrebbero percepito il guardiano come un’invisibile onniscienza, che li

avrebbe portati ad osservare una disciplina corretta in ogni momento.

Bentham decise di applicare il metodo nella sua fabbrica, in cui faceva lavorare

dei carcerati. In Italia esiste un modello simile di struttura: è il carcere di Santo

Stefano sull’isola di Ventotene, costruito dai Borbone nel 1795 in forma

semicircolare; ha ospitato tra gli altri Pertini, dismesso nel 1965.

film-specificity:

A partire dagli anni 0 è nata una discussione molto ampia sulla

su cosa distingua il cinema da altre forme di esperienza mediale e sulla

possibilità di considerare cinema una serie di forme ibride oggi sempre più

diffuse. Pensiamo ad esempio a installazioni museali, visioni di film su

computer, telefonini e tablet, consumo di audiovisivi su megaschermi urbani,

etc. in questo contesto il concetto di Dispositivo cinematografico difende l’idea

che la specificità del cinema consista in una situazione tecnologicamente e

culturalmente individuata anche in ambito storico, che rende possibile una

esperienza unica di percezione e di memoria.

Francesco Casetti ha chiamato rilocazione i processi di dispersione del medium

cinematografico al di fuori della sala. Si tratta di un complesso eterogeneo di

elementi che possono essere integrati, permutati, reinventati dal soggetto che

così può intervenire nel gioco: non è difficile cogliere dietro questa concezione

il modello di dispositivo proposto da Foucault e ripreso da Deleuze, Agamben,

introducendo il termine inglese assemblage per descrivere le relazioni creatisi

tra i dispositivi e di cui fanno parte le immagini e i suoni erogati sullo schermo,

le pratiche di consumo dei film, gli ambienti di consumo, una serie di bisogni

simbolici (ricavati dalle storie dei film), la tecnologia e ovviamente lo

spettatore.

È opportuno oggi mantenere in vita il concetto di dispositivo per analizzare il

cinema e i media che ci circondano? Ripercorriamo i 3 livelli che compongono

la mappa dei dispositivi:

2 1. Dispositivo epistemologico (apparatus) dove si incontrano gli apparati

psichici di Freud e quelli ideologici di Althusser, nonché le interazioni

strategiche tra saperi e poteri (verbali e visivi) di Foucault, Deleuze,

Agamben;

2. Dispositivo situazionale (dispositive) sono condizioni di interazione di

soggetti con oggetti tecnologici, fra cui anche il cinema;

3. Dispositivo tecnologico (device) comprendono ambientazioni strutturate

(Panopticon), nonché strumenti tecnici e tecnologici legati all’esperienza

e alla percezione dei soggetti (dagli strumenti di scrittura fino al cinema,

ai tablet, ai megaschermi)

La tendenza pare condurci verso un ambiente “postmediale” costituito dal

passaggio dei media alla comune tecnologia digitale. Tale fenomeno consente

di ricollocare immagini in movimento e suoni in nuovi ambienti complessi e

precari (non più la sala cinematografica, appunto, ma i telefonini, i tablet, gli

schermi urbani) riconsiderando l’idea del dispositivo come un modello da usare

in nuovi contesti, mantenendo solo un aggancio col passato (quindi “post-

cinema” ma anche “post-tv”, “post-lettura”).

Conclusioni

Ci si deve domandare non più cos’è un dispositivo ma come sarà in futuro,

infatti si deve partire dal presupposto che, nel mondo odierno, porzioni sempre

più ampie della nostra esperienza vengono pre-determinate da progetti

strategici, senza perciò negare un nostro spazio di autonomia e invenzione.

Tuttavia si deve tenere conto che i soggetti dei dispostivi contemporanei non

sono più statici e posizionali, ma dinamici e relazionali. Anche il potere (cioè

una rete di principi e di logiche in base ai quali i soggetti sono tenuti a delegare

ad altri la gestione della propria esperienza) sembra aver assunto nella

contemporaneità, una forma nuova: la captazione, ossia la cattura completa e

ossessiva del reale nel suo divenire in dati digitali.

Effetti ideologici prodotti dall’apparato di base

La scienza occidentale sembra nascere proprio con la messa a punto di

apparecchi ottici, che avrebbero avuto come conseguenza il decentramento

dell’universo umano, la fine del geocentrismo (Galileo). Lo specifico

cinematografico rimanda dunque a un lavoro, vale a dire a un processo di

trasformazione. Ora, ci si deve domandare se gli strumenti intesi come base

tecnica, producano degli effetti ideologici specifici e se questi effetti siano essi

stessi determinati dall’ideologia dominante.

L’occhio del soggetto

La mdp occupa un posto centrale nello svolgimento dei processi di produzione

di un film. Fabbricata sul modello della “camera obscura” essa permette di

costruire un’immagine analoga a quella delle proiezioni prospettiche elaborate

nel Rinascimento italiano. La concezione dello spazio che condiziona la

costruzione della prospettiva nel Rinascimento è differente rispetto a quella dei

Greci. La costruzione pittorica dei Greci è fondata sulla molteplicità dei punti di

vista (vedi pannelli del Partenone o le scene impresse sui vasi fittili) mentre la

pittura del Rinascimento giunge a elaborare uno spazio centrato, il cui centro

coincide con l’occhio, che sarà propriamente chiamato punto fisso o soggetto.

La visione monoculare è anche quella della macchina da presa.

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La proiezione: la differenza negata

Il meccanismo della proiezione permette di sopprimere gli elementi differenziali

(ogni fotogramma è diverso dall’altro) mettendone in gioco solo il rapporto. Si

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
6 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/08 Sociologia dei processi culturali e comunicativi

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Serge95 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Pragmatica della Comunicazione mediata e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università Cattolica del "Sacro Cuore" o del prof Eugeni Ruggero.