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CAP 4 L’EDUCAZIONE TRA FORMAZIONE E DEFORMAZIONE
Victor e Nell
Victor Catturato alla fine degli anni ottanta del Settecento, Itard tenta di intervenire con intenti educativi su un caso considerato
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“impossibile”.
Gli interventi di educazione erano giustificati poiché la condizione del ragazzo selvaggio contiene già in sé una richiesta implicita di
presa in carico e di azione.
Nell ha vissuto parte della sua vita in un bosco, ma a differenza di Victor lei non si allontana dalla famiglia, ma mantiene i
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rapporti con la madre e la sorella. Viene scoperta per caso dopo la morte della madre e affidata alle figure professionali più idonee a
trattare tal genere di casi. Nell sarà osservata nel suo ambiente. A differenze del caso di Victor, il caso di Nell dà soddisfazione a
tutti.
Victor tentativo di educazione primaria, tentativo di dare una forma socialmente accettabile a chi non ha forma umana.
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Nell tentativo di Rieducazione, tentativo di dare una forma umana diversa da quella esistente, socialmente inaccettabile.
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4.1.2 la pericolosità e la spiacevolezza
Chi e che cosa autorizza a educare Victor e Nell in mancanza di una loro domanda esplicita di cura, socializzazione ed
educazione?
La società non può permettersi di pensare ai propri componenti come selvaggi. Le condizioni di Victor e Nell sono inaccettabili: nel
caso di Victor non si può accettare che un essere umano venga allevato da animali non umani: nel suo destino è previsto ben altro.
Nel caso di Nell non è accettabile una socializzazione caratterizzata da una profonda diversità , pur essendosi realizzata ai margini e
non completamente all’esterno del contesto sociale.
Sia l’esperienza familiare che quella scolastica il soggetto destinatario di azioni educative non domanda di essere educato; esse
rappresentano il tentativo di far acquisire al fanciullo quei valori, atteggiamenti, comportamenti ritenuti opportuni ed essenziali.
Chi e che cosa autorizzano a educare? La convinzione della necessaria socializzazione, della necessità di fornire ai soggetti gli
strumenti e le competenze per consentire loro di affrontare la vita e rendersi progressivamente autonomi. Sono quindi i “non
selvaggi” a decidere che la condizione di selvaggio è pericolosa o spiacevole. L’autorizzazione a educare si poggia su un malessere
del soggetto.
4.2 Formazione e/o educazione?
Cambi à
educare ha un carattere più sociale, istituzionale. Le pratiche educative sono affidate all’educatore e non al soggetto stesso.
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L’educazione è più conformativa e autoritaria.
Formazione è un è processo del soggetto che tende a prendere forma personale, il soggetto è l’attore principale che è impegnato
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a prendere forma in modo autonomo e a raggiungere il traguardo più alto per sé.
Demetrio educazione come apprendimento sia l’educazione che l’istruzione prevedono un accumulo di sapere.
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Riccardo Massa il termine formazione indica un ambito specialistico di interventi, saperi e prestazioni professionali.
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4.3 La buona educazione
Formazione processo che interessa tutta la vita, tensione verso il raggiungimento della forma più ricca possibile di personalità,
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aspirazione al miglioramento continuo, educazione degli esseri umani verso la loro perfetta forma, la loro vera natura.
Nella società esistono diverse tendenze, diversi modi di essere del mondo e nel mondo, proprio per questo motivo sono molte le
concezioni di “buona educazione”. La “buona educazione” immagina per gli altri un modo di essere dei destinatari e le modalità per
giungervi, ma deve fare i conti con la possibilità che i soggetti hanno di immaginare il modo di essere per sé.
DARSI UNA FILOSOFIA come abbiamo visto non esiste una buona educazione oggettiva e uguale per tutti: ogni operatore sceglie
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la propria particolarissima “buona educazione”, egli deve dotarsi di una propria filosofia dell’educazione.
Demetrio il risultato educativo è dovuto da una parte a fattori intenzionali, ma anche a fonti accidentali e impreviste: bisogna
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essere consapevoli che hanno un grande peso anche il consenso dell’educando, le sue motivazioni, la disponibilità a conoscere e
cambiare.
Cap 5 LA RELAZIONE EDUCATIVA
La relazione rappresenta una delle caratteristiche distintive della figura dell’educatore professionale e della sua “missione”.
Bartolini relazione interpersonale è una delle prospettive sulle quali si fonda l’atto educativo: l’educatore è uno strumento
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pedagogico, il rapporto deve essere continuativo e la quotidianità viene usata in modo consapevole. L’atto educativo si fonda su:
globalità (considerare l’insieme della persona); operatività (bisogna considerare il presente, il passato e il futuro del soggetto);
integrazione dell’individuo nella società, stimolare autonomia e comprensione dei propri limiti.
La relazione educativa si stabilisce in una concreta vicinanza tra educatore e educando, presuppone un insieme di azioni in vista di
un fine.
Imperativi categorici del lavoro educativo: essere in relazione, entrare in relazione, agganciare l’utente, stimolarlo a condividere la
progettualità relazionale.
Bisogna continuamente interrogarsi sul lavoro educativo.
La relazione sarà più informale nei luoghi aperti (strada), formale nei luoghi chiusi (comunità).
La relazione educativa è influenzata: dall’età dell’utente, dal fatto di essere stata scelta dall’utente o a lui imposta, dalla presenza o
meno di altri operatori.
5.2 ASIMMETRIA
La relazione educativa deve essere una relazione asimmetrica (genitori figli, insegnanti studenti) relazione in cui c’è qualcosa da
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trasmettere ad un’altra persona: modelli di vita, di pensiero, di comportamento. Spesso però si sbaglia considerando questa
relazione come una dipendenza del più “debole” da quello più “forte”, del più piccolo dal più grande.
Nell’asimmetria della relazione educativa è anche presente una certa simmetria : entrambe le persone coinvolte della relazione
educative sono portatrici di bisogni, capacità e progetti, indispensabile è la relazione empatica che si va a formare tra i soggetti
coinvolti.
La posizione dell’educatore non va considerata come di superiorità nei confronti dell’utente, ma come una maggiore capacità di
anticipare, progettare, proporre. Ciò che qualifica l’asimmetria è anche la presenza nell’educatore di consapevolezza e
responsabilità. All’educando non si può chiedere di essere consapevole e responsabile della relazione, è l’educatore che deve farsi
carico del fardello della responsabilità e consapevolezza.
Bisogna ricordare che gli esiti relazionali sono sempre e comunque incerti.
Può capitare nel caso ad esempio degli anziani o degli adulti, che l’educando sia più sapiente o esperto dell’educatore, anche se ciò
non muta l’asimmetria riguardante la consapevolezza e la responsabilità della relazione educativa.
5.3 IL PREGIUDIZIO
limite, condizionamento non funzionale, vincolo non auspicabile. Il pregiudizio “accusa”, compromette la neutralità osservativa e
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operativa, potrebbe limitare la comprensione dell’altro, indurrebbe inconsapevolmente alla ricerca delle conferme di
etichettamenti.
Dizionario = Pre-giudizioà definizioni, opinioni e idee errati anteriori alla diretta conoscenza dei fatti e delle persone; preconcetto,
prevenzione.
Il giudizio deve essere sempre equilibrato e attento ai fatti. Il giudice ideale è quello che non ha pregiudizi, che giudica con giudizio,
dopo aver osservato la realtà dei fatti senza farsi influenzare.
Gadamer pregiudizio giudizio che viene espresso prima di un esame completo e definitivo, inoltre i pregiudizi sono
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ineliminabili e aiutano a comprendere non solo l’altro ma anche noi stessi.
Quando si pensa all’educatore si pensa che non debba avere giudizi negativi nei confronti dei possibili destinatari dei propri
interventi, l’educatore infatti dovrebbe essere portatore di pregiudizi positivi nei confronti degli utenti. Difficilmente infatti una
persona con pregiudizi negativi nei confronti degli stranieri, dei disabili, farà l’educatore professionale.
IL COINVOLGIMENTO EMOTIVO
Ci sono due modi di porsi nei confronti del paziente: lo psichiatra distaccato che non si lascia coinvolgere; lo psicoanalista che si
immerge fino in fondo nella relazione con l’altro.
La dimensione affettiva non è un ostacolo da eliminare, ma deve esserci con il giusto equilibrio e nella giusta quantità. Il
coinvolgimento deve essere dosato, funzionale, produttivo. Il mancato coinvolgimento emotivo può essere funzionale nel rapporto
tra medico e paziente.
Il mancato coinvolgimento emotivo può essere dovuto alla frequenza ridotta degli incontri tra educatore e utente, al limitato tempo
per ogni incontro.
Il coinvolgimento è uno strumento nel lavoro educativo e ad esso sono legati dei rischi: eccessivo coinvolgimento, scarso
coinvolgimento.
“non portarsi il lavoro a casa” “a un certo punto staccare la spina” sono frasi che esprimono la DOVEROSA necessità di porre dei
paletti tra sé e l’utenza e di saper mantenere la distanza adeguata e opportuna. Possono essere distanze diverse da operatore a
operatore, da caso a caso, da momento a momento dello stesso caso.
I VALORI PROPRI E ALTRUI
I valori rappresentano i criteri in base ai quali si valutano la correttezza, l’adeguatezza, la dignità delle azioni proprie o altrui.
L’educatore deve operare non tentando, anche inconsapevolmente, di trasmettere ad altri i propri valori; deve avere un
atteggiamento di neutralità, di sospensione del giudizio.
ASSIOMI-à è impossibile nona vere dei valori, è impossibile non giudicare i valori altrui, è impossibile non proporre dei valori,
bisogna essere consapevoli dei propri valori e della loro influenza sulla relazione.
CAP 6 ALCUNI NODI DEL LAVORO EDUCATIVO
PREVENZIONE prevenire è meglio che reprimere, anche in ambito educativo prevenire è meglio che riabilitare. Prevenire per
à
non rimproverarsi di nona averlo fatto. Prevenire significa favorire nei destinatario operazioni di decodifica delle esperienze e di
leggere se stesso in tale esperienze. Preventiva è la presenza degli educatori a scuola che interagiscono con gli studenti sui diversi
aspetti del loro essere e divenire. Prevenire non