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LE RAPPRESENTAZIONI DI CIO’ CHE SI FA A SCUOLA
-Emerge la centralità della relazione, che sembra essere riconosciuta come il nodo centrale nel
lavoro dell’insegnante. La relazione tra l’insegnante e un allievo colora l’esperienza di tonalità
emotive forti; ciò che la suscita (che sollecita un inevitabile coinvolgimento da parte degli
insegnanti) è la manifestazione del disagio che trapela dall’atteggiamento o comportamento di quel
bambino o allievo. Il disagio irrompe nella vita scolastica, quasi interrompendola e chiedendo
attenzione. Le pratiche che gli insegnanti mettono in atto sono definite come azioni di sostegno o di
supporto. La relazione tende a essere rappresentata prevalentemente come dialogo, pratica di
verbalizzazione. Gli insegnanti cercano di mettere a frutto le loro risorse o esperienza pregresse,
anche personali, per contrastare il disagio; resta però il rischio di scivolare in ruoli diversi da quello
–Centrale è anche la presenza dei corpi: il corpo (del bambino e dell’insegnante) occupa
di docente.
la scena scolastica, la muove, ne diventa protagonista. A scuola non si parla e non si pensa
solamente: si agisce e si reagisce. Il corpo dell’insegnante che guarda, osserva, nota particolari; che
si siede o si muove in maniera originale intorno alla cattedra; che gira tra i banchi, e si avvicina al
corpo dei ragazzi; che da la mano a chi è in piscina; che è presente nella sua fisicità. Il corpo dei
bambini che chiede aiuto o sfida con lo sguardo, che si agita, che esprime disagio con
comportamenti non consoni. Il lavoro degli insegnanti, nei racconti, prende la forma di un lavoro
fisico. È il corpo dei bambini che genera domande; quindi il modo di fare scuola è denso di
attenzioni. È pieno anche di azioni, di mosse, di avvicinamento o allontanamento, di accoglienza o
repulsione, di rispetto o non rispetto. Per gli insegnanti è poi fondamentale lavorare sulle proprie
reazioni, per comprenderle e controllarle: prevenirle, modificarle, utilizzarle in funzione del
processo didattico, in funzione educativa. Si apre così la strada della consapevolezza del mondo
corporeo, che abita le relazioni educative e didattiche, e costituisce un elemento essenziale
dell’esperienza che i bambini, insieme ai docenti, vivono a scuola. I gruppi di ricerca tendono a dare
– Un’altra dimensione importante è rappresentata dalle azioni che
per scontata questa dimensione.
allestiscono il contesto, istituiscono i processi e ne segnano la conclusione, che rendono possibile o
meno la didattica. Gli insegnanti non sono abituati a dare a questo aspetto un valore pedagogico e
didattico; l’attenzione ai contesti, alle situazioni, ai movimenti, al clima, ai ruoli, agli oggetti, non
sono solo pratiche organizzative, ma definiscono il modo di fare scuola e ne determinano la qualità.
Per rispondere al disagio spesso si mettono in atto strategie che muovono la materialità del contesto
scolastico (si cambia qualcosa nell’ambiente o nella programmazione, si introducono oggetti
diversi, si generano nuove mediazioni). Si crea un clima adatto all’apprendimento. Tutto ciò viene
azionato da imprevisti a cui vanno date risposte didatticamente. Improvvisare è una competenza
strategica, maturata con l’esperienza. L’esperienza scolastica è possibile da modellare per creare
situazioni adeguate all’apprendimento, ma anche contenere, se non risolvere, situazioni di disagio.
LA SCUOLA E IL “FUORI”
La scuola appare come un luogo diverso da ogni altro luogo: ha tempi, spazi, comportamenti
diversi; richiede un particolare controllo e uso del corpo; ha regole di comunicazione interazione
diverse; ci sono oggetti (concreti e simbolici) differenti da quelli abituali. Le figure adulte
(insegnanti) sono diverse da quelle genitoriali o dagli amici. La scuola per i contenuti che propone,
per i valori (tra i più citati la solidarietà), per le sue modalità di comunicazione, sembra porsi
controcorrente rispetto ad un mondo che culturalmente depriva i bambini dalla capacità di pensare,
che spinge alla competizione, che abitua a modalità di comunicazione immediata. La distanza, se
non lo scontro, con il fuori si concretizza nelle problematicità che gli insegnanti vivono nella
relazione con le famiglie degli allievi: famiglie che hanno bisogno di essere guidate e consigliate
nella funzione genitoriale, famiglie che non ci sono, che sono spesso viste come la causa dei
problemi degli alunni. Famiglie che però si trasformano, diventano persino collaborative, quando
gli insegnanti mettono in atto strategie di coinvolgimento e mediazione. Il fuori, a volte, coincide
con la stessa istituzione scolastica, che avanza richieste non compatibili con la funzione che gli
insegnanti attribuiscono alla scuola. Nelle riflessioni degli insegnanti persiste implicitamente un
modello centrato sull’istruzione fine a sé stessa. Rispetto a questo modello, definito tradizionale,
che pare appartenere in particolare all’esperienza degli insegnanti come allievi, da un lato vengono
prese le distanza, dall’altro viene considerato un punto di riferimento, nel bene e nel male, rispetto
all’insegnante che si dovrebbe essere.
LAVORI IN CORSO
Lavori in corso sono le questioni che definiscono la professionalità degli insegnanti, influenzano il
loro modo di fare scuola e quindi la qualità dell’esperienza scolastica. Una prima questione è la
necessità di mettersi in discussione: significa farsi domande, non dare nulla per scontato, attribuire
nomi a ciò che accade, riconoscere il senso del proprio lavoro, legittimare le strategie praticate.
Questo aspetto è necessario in funzione all’incertezza, l’imprevedibilità dei comportamenti umani,
le reazioni, le richieste degli allievi e delle loro famiglie. questo compito è difficile anche perché gli
insegnanti non hanno spesso la possibilità di confrontarsi, di ragionare con qualcuno sul proprio
metodi. Un’altra dimensione critica è
lavoro, condividere il senso del proprio lavoro, ragionare sui
la valutazione. Bisogna capire cosa si valuta (compito o comportamento), come si valuta (con quali
criteri, metodi, strategie), perché si valuta (per sanzione, far apprendere) e si ha comunque
un’enorme responsabilità. Emergono due modelli di scuola: scuola come esperienza di formazione,
in cui apprendere dagli errori; scuola come addestramento o selezione. Si presenta poi la questione
modello dell’insegnante.
del Occorre trovare una mediazione tra rigidità e lassismo. Ultima
questione è la formazione professionale degli insegnanti. Appare importante un luogo dove poter
riflettere sulle proprie pratiche per comprendere, ma anche dove risolvere dubbi, rispondere a
domande, pratiche, strategie. Uno dei guadagni della ricerca-formazione è il pensare alla
dimensione metodologica come una dimensione che media tra personale e professionale, la
trasformazione del coinvolgimento personale in una risorsa per la costruzione di un’esperienza
scolastica irriducibile alla sola relazione scolastica.
LA PROFESSIONALITA’ DELL’INSEGNANTE: TRA MATERIALITA’ E
AFFETTIVITA’ [Pierangelo Barone]
La densità dell’esperienza scolastica non sembra degna di essere detta, come se ciò che avviene a
scuola fosse troppo banale per essere narrato. È il metodo ciò che fa differenza a scuola, nella
concreta esperienza scolastica.
IL METODO COME “MODO DI FARE SCUOLA”
Il metodo è ciò che costituisce le strategie didattiche, le tattiche pedagogiche, le disposizioni
relazionali, le posture comunicative, eppure rimane un punto cieco nel discorso sulla scuola. La
fatica di dire il metodo corrisponde alla fatica di vederlo. Il metodo, da insegnanti e studenti, è
raccontato come ciò che istituisce una differenza determinante negli effetti formativi che si danno
concretamente nell’esperienza scolastica; che permette di accedere al significato stesso
dell’esperienza scolastica.
LA QUESTIONE DEL METODO DELL’INSEGNANTE COME OGGETTO DI
RICERCA: STORIE PROFESSIONALI DI FORMAZIONE
I docenti hanno un vissuto di frustrazione e solitudine professionale ed è per questo che la questione
del bisogno di identità si pone come ineludibile. La raccolta di episodi e storie significative
dell’esperienza professionale dei docenti costituisce uno dei momenti più importanti della ricerca
sul “modo di fare scuola”, per la ricchezza di elementi riguardanti la vera e propria materialità
educativa della scuola. Prevalgono spesso nei racconti le coloriture emotive dei protagonisti;
all’interno della lettura si possono cogliere le sfumature interpretative che rinviano a determinati
modelli di formazione e stili educativi. Bisogna utilizzare una competenza pedagogica di tipo
clinico che favorisca una consapevolezza del “non detto” nei racconti, occorre problematizzare il
“detto” per aumentare lo spazio della pensabilità e della consapevolezza del “non detto”. Lo spazio
della narrazione da importanza alla soggettività dell’esperienza, favorendo l’accoglimento
dell’analisi pedagogica e separandolo dalla naturalità della quotidianità.
RAPPRESENTAZIONI E IMMAGINI: VISIONI DI RUOLO
I riferimenti metaforici, impliciti ed espliciti, che sono emersi durante i percorsi di ricerca.
Una prima figura è quella dell’artigiano; appare in questa idea la dimensione artigianale del lavoro
L’uso di strumenti poveri e semplici che untiti alla ricchezza creativa dell’insegnante
educativo.
permette di dare forma ad un materiale grezzo; una dote, abilità che si applica alla relazione
educativa facendo none il punto qualificante della professionalità docente, creando così un sapere.
La dimensione artigianale della professionalità educativa evoca tutta la problematicità della
valutazione oggettiva di un lavoro che fa ampio uso delle qualità soggettive (l’artigiano produce
prodotti con la caratteristica dell’irripetibilità). L’idea è quella di formazione come attività
plasmante, creativa; è però fondamentale tenere conto della soggettività degli allievi. Nell’idea di
metodo la centratura è rivolta alla costruzione di abilità finalizzate ad interpretare e attribuire senso
l’esperienza formativa fatta di strumenti, abilità, processi che
ai processi. Il modello è laboratoriale,
possono essere utili alla formazione dei soggetti in virtù di un “fare” che si trasforma gradualmente
in un “saper fare”. La scuola come laboratorio di esperienze in cui le dimensioni della
c