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TERAPIA TRANSCULTURALE PER FAMIGLIE MIGRANTI
La migrazione come evento sociale e psichico potenzialmente traumatico
Decidere di emigrare in un altro paese rappresenta una scelta complessa e coraggiosa:
- che viene presa in uno specifico contesto sociale/politico
-in un momento particolare della vita individuale
-in un momento di crisi non solo sull’individuo ma
-con particolari conseguenze di tipo economico/sociale/psichiche
anche sulle future generazioni a venire.
Le motivazioni che spingono alla migrazione sono molteplici e differenti le quali vanno ad
influenzare in modo significativo i vissuti associati all’evento migratorio e alle conseguenze che
porta con sé. (es: che parte perché costretto da guerre/violenze/stupri VS chi può fare una scelta)
La migrazione rappresenta un vero e proprio atto traumatico.
“la migrazione è un atto complesso e ambiguo, profondamente umano
M. Rose Moro
e il suo valor è nell’atto stesso di migrare. A ogni modo qualunque siano le motivazioni
la migrazione è potenzialmente un atto traumatico, non nel senso negativo del termine ma
nell’accezione psicoanalitica; si tratta di un trauma che richiede necessarie
riorganizzazioni delle capacità difensive e adattive da parte dell’individuo”
Secondo Nathan, ripreso da Moro, la migrazione espone chi la vive un trauma specifico.
Esso consiste nella rottura della relazione di omologia e di sostegno reciproco tra cultura
esterna (del gruppo/società di appartenenza) e cultura interna (il quadro di riferimento
culturale interiorizzato dalla sua persona nel suo percorso di crescita).
Il trauma consiste in una rottura dell’involucro culturale che sostiene il funzionamento
psichico ed espone la persona che lo vive a un’esperienza di fragilizzazione dei processi
identitari. In questo caso vengono messi in causa:
1. La fiducia in se stessi
2. La capacità di interpretare il mondo e farvi fronte
3. La fiducia nei confronti di un mondo che appare sconosciuto e minaccioso
4. La fiducia nella relazione con gli altri che vengono non capiti
Questa concezione della migrazione come trauma si ricollega alla visione di cultura come pelle dello
Nell’esperienza clinica i migranti vivono una condizione in cui si presenta:
psichismo umano.
abbassamento dell’autostima
1. Un
2. Atteggiamenti aggressivi
3. Disorientamento
4. Ansia diffusa
5. Incertezza
Diventare/essere genitori in un contesto di migrazione risulta una sfida impegnativa e complessa.
L’elaborazione costruttiva della migrazione è funzione di molti aspetti quali le motivazioni che hanno
spinto le persone a migrare, le condizioni di vita, il contesto sociale nuovo, gli imprevisti e la
personalità pre-migratoria. il compito della clinica transculturale è quello di aiutare la famiglia ad
elaborare il trauma della migrazione cercando di ricollegare i pezzi, permettendo al processo di
trasmissione intergenerazionale di riprendere il suo corso.
La nostra casistica
Al servizio di clinica transculturale arrivano famiglie che vengono inviate da altri centri di natura
sanitaria (UOMPIA, ASL, servizi sociali). Il servizio di clinica transculturale si pone come un servizio
di secondo ordine a cui le famiglie non si rivolgono spontaneamente in prima istanza ma a cui
approdano dopo un invio.
La costruzione dell’alleanza terapeutica costruire un’alleanza che permetta di
Il primo compito che ci si trova a fronteggiare è quello di
lavorare insieme. Costruire un’alleanza terapeutica è un processo altalenante che oscilla tra i due poli
di fiducia e sfiducia nella prima seduta e che continua per tutta a durata della relazione. Si dà molta
attenzione alla costruzione dell’alleanza e per questo i primi incontri sono curati in modo preciso. Al
primo incontro la terapeuta principale presenta ai pz il gruppo e il suo modo di funzionare. si passa
la parola alle operatrici. Prima del primo incontro si è avviato un processo preparatorio che si è
incontrano l’inviante/i e l’inviante/i incontra la mediatrice
sviluppato in due fasi (le terapeute
culturale).
Il processo terapeutico: l’elaborazione dei traumi dei genitori
Uno degli obiettivi fondamentali è quello di permettere lo sviluppo della storia della famiglia e della
e di riavviare la trasmissione fra le generazioni. Questa finalità nasce dall’ipotesi che le
migrazione
difficoltà dei figli nascano da rotture nella trasmissione tra generazioni che favoriscono processi di
costruzione dell’identità basati sulla scissione fra due mondi. Molto spesso accade che i genitori
facciano fronte al trauma della migrazione erigendo una barriera difensiva rispetto a
ricordi/rappresentazioni/vissuti. Di conseguenza sono portati a non raccontare ai figli di sé, della
propria storia e cultura per proteggersi dal dolore, dalla nostalgia e a volte dalla vergogna. Ciò che
emerge inoltre è che la migrazione può essere conseguenza di altri eventi traumatici. Ciò che si fa è
trasformare la storia individuale in un evento narrativo collettivo in cui aspetti sociali e culturali,
assolutamente personali si intrecciano. Il gruppo sembra svolgere quindi le funzioni di supporto e di
contenitore che secondo Anzieu sono caratteristiche dell’io pelle. Nathan a tal proposito sottolinea
che non vi sono terapie ma solo autoterapie e che è necessario capire quali siano gli induttori che
possono scatenare un processo auto-terapeutico.
Processo terapeutico: la ricostruzione della storia della migrazione e della famiglia
Una delle principali difficoltà è quella di trasmettere ai propri figli la propria storia, la propria cultura,
lingua. Ciò che accade è una scissione tra il prima e il dopo, tra il passato e il presente. Unirli fa
sentire i genitori vulnerabili e li porta a vivere passati vissuti dolorosi. I figli, con la loro presenza e
le loro domande (esplicite o meno) mettono in crisi e sotto tensione le mediazioni psichiche
faticosamente trovate. L’interruzione nella trasmissione e nella comunicazione impedisce ai
bambini/adolescenti di costruire un’identità solida e compatta. Riconnettere i fili interrotti della
trasmissione non è mai un processo lineare, ma procede per salti e pause richiedendo molto tempo.
I viaggi di ritorno nel processo terapeutico
La ricostruzione del racconto della migrazione e della famiglia rende possibili e necessari quasi
sempre viaggi di ritorno al paese d’origine. Si tratta di momenti particolarmente significativi perché
i genitori compiono il viaggio come momento necessario a ripristinare sia a livello relazionale sia a
livello intrapsichico connessioni e rapporti tra la loro storia al paese e la loro vita presente in terra di
migrazione. Il gruppo accompagna simbolicamente il viaggio e attende il ritorno.
La sofferenza di abitare una terra di nessuno e la difficoltà ad uscirne
corso della terapia spesso vengono evocate dai pz rappresentazioni proprie della cultura d’origine
Nel
relative alla causa del disordine. Si tratta di rappresentazioni che hanno a che fare con uno o più dei
tre livelli che secondo Moro vengono impiegati e che, se compresi, permettono di creare un quadro
di riferimento culturalmente pertinente. Essi sono:
Il livello ontologico ha a che fare con le rappresentazioni che il pz ha di se
stesso/identità/origine
Il livello eziologico ha a che fare con il significato da attribuire al disordine che abita il pz e
la sua famiglia e alle sue conseguenze. Esistono numerose teorie eziologiche: la stregoneria, il
maraboutage, la possessione.
l’individuo cerca nella
Le logiche terapeutiche (il fare) cultura le risposte alle sue domande
(“qual è la cura da intraprendere?”)
Queste rappresentazioni emergono in modo ambivalente e contraddittorio. I migranti sono infatti
coinvolti in un complesso processo di metissage nel corso del quale continua a modificarsi il rapporto
del singolo con la propria cultura d’appartenenza. L’ambivalenza e il dubbio sono la cifra
dell’evocazione di eziologie tradizionali o di ipotesi sulla natura di un bambino o di altre
rappresentazioni della propria cultura.
Transfert e controtransfert multipli discussione sull’andamento della seduta e di condivisione
Le sedute sono seguite da un momento di
di ciascuna co-terapeuta. È un momento importante di elaborazione dei controtransfert che ha molte
dimensioni: affettiva, cognitiva, culturale che si intrecciano tra di loro. Devereux e Nathan
sottolineano l’importanza di cogliere la dimensione culturale del controtransfert lavorando in un
contesto transculturale. È inoltre importante affrontare quelli che sono i racconti traumatici che
traumatizzano il terapeuta. Si tratta di capire come utilizzare questi aspetti del contro transfert nella
relazione terapeutica. Secondo Lachal alle volte il terapeuta rimane senza parole, senza pensieri e non
sa cosa dire. Sono tre le modalità con cui può reagire:
1) Empatia repressiva minimizza il trauma al fine di limitare la propria emotività
2) Empatia di ritiro assume una posizione di voyeur per distaccarsi da quanto viene
detto, come se non fosse vero
3) Empatia impietrita utilizza un meccanismo di introiezione con un atteggiamento d
devozione al trauma
Da alcune ricerche internazionali emerge che molto spesso sono gli stessi pz che cercano di
proteggere i loro terapeuti dal trauma e quindi tendono a smorzare nel racconto verbale la violenza
del trauma subito. Ne consegue il più delle volte il blocco di entrambi. La possibilità di condividere
in gruppo la reazione ai racconti traumatici dei nostri pazienti è fondamentale per l’équipe perché
permette di verbalizzare quello che Lachal definisce il copione emergente con cui va a intendere le
risposte spontanee del terapeuta al racconto del pz. Il copione emergente presuppone:
Dall’inizio una relazione vissuta in un clima di empatia
In seguito un racconto da parte del pz che attiva, risveglia delle capacità di creatività nel
terapeuta
Infine una messa in forma, da parte del terapeuta, del copione
Il copione permette al terapeuta di mantenere vivo il dialogo, sostenere il confronto e il pz.
I bambini nella clinica transculturale
Nascere e crescere nella migrazione
La posizione dei bambini nella situazione migratoria ha una complessità specifica. Alcuni bb migrano
con l’intera famiglia, accompagnano un solo genitore oppure restano nel paese e vengono ricongiunti
in seguito. Le principali dimensioni in questo contesto sono quelle di vulnerabilità e resilienza. Con
vulnerabilità si fa riferimento alle variabili di rischio evolutivo potenzialmente presenti nel contesto
di crescita del soggetto. C