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Insegnare esige ricerca
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Non vi è insegnamento senza ricerca e viceversa → ricerco per conoscere quello che
ancora non conosco e per comunicare o annunciare la novità. Pensare correttamente,dal
punto di vista dell'insegnante, implica sia il rispetto del senso comune nel momento in cui
si attua il suo necessario superamento, sia il rispetto e lo stimolo verso la capacità creativa
dell'educando. Implica un impegno dell'educatore nei confronti della coscienza critica
dell'educando perché il “passaggio” dall'ingenuità alla criticità non avviene
automaticamente.
Insegnare esige rispetto dei saperi degli educandi
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Pensare correttamente impone all'insegnante (e in generale, alla scuola) il dovere non
solo di rispettare i saperi degli educandi, soprattutto quelli provenienti dalle classi popolari,
ma anche quello di discutere con gli alunni la ragion d'essere di alcuni di tali saperi in
relazione all'insegnamento.
Insegnare esige capacità critica
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Quando la curiosità ingenua, senza cessare di essere curiosità, assume un'attitudine
critica → diventa così curiosità epistemologica, rigorosa sotto il profilo metodologico
nell'approccio all'oggetto, conferisce ai suoi risultati una maggiore esattezza.
Non vi sarebbe creatività senza la curiosità che ci spinge e che ci rende pazientemente
impazienti di fronte a un mondo di cui non siamo stati artefici, ma al quale ci è permesso di
aggiungere qualcosa fatto da noi. E proprio perché il passaggio dall'ingenuità alla capacità
critica non avviene automaticamente, uno dei compiti specifici della pratica educativo-
progressista è esattamente quello di sviluppare la curiosità critica, mai totalmente
soddisfatta, indomabile.
Insegnare esige estetica ed etica
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Il necessario passaggio dall'ingenuità alla capacità critica non può e non deve avvenire
discostandosi da una rigorosa formazione etica sempre accompagnata da un'altra di tipo
estetico → morale e bellezza insieme → la pratica educativa deve essere in se una
testimonianza rigorosa di moralità e di purezza → se si rispetta la natura dell'essere
umano, l'insegnamento dei contenuti non può estraniarsi dalla formazione morale
dell'educando.
Insegnare esige che si dia corpo alle parole attraverso l'esempio
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Il maestro che insegna davvero, che lavora cioè sui contenuti nel quadro del rigore
imposto dal pensare correttamente, respinge come falsa la formula “fate quel che vi dico,
non quel che faccio” → pensare in modo corretto è agire in modo corretto. Non vi è
pensiero corretto se esso non è messo anche in pratica; il clima in cui si muove chi pensa
correttamente è quello di chi cerca con serietà un'argomentazione sicura, di chi, quando si
trova in disaccordo con il proprio interlocutore, non ha motivo di nutrire nei suoi confronti
una collera smisurata. 2
Insegnare esige rischio, accettazione del nuovo e rifiuto di qualsiasi discriminazione
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Pensare in modo corretto → disponibilità al rischio, all'accettazione del nuovo →
comunque il vecchio che mantiene la sua validità o che incarna una tradizione o segna
una presenza nel tempo, continua ad essere nuovo. Rifiuto di qualsiasi discriminazione →
una pratica caratterizzata dal pregiudizio di razza, di classe, di genere offende la sostanza
stessa dell'essere umano e nega radicalmente la democrazia; pensare correttamente non
è una pratica solo da descrivere, è qualcosa che si fa e che si vive mentre se ne parla, con
la forza della testimonianza; non è l'agire di chi si isola, di chi si “rifugia” in se stesso nella
solitudine; è invece un atto che comunica → il compito coerente dell'educatore che pensa
correttamente è quello di sfidare, esercitando in quanto essere umano l'irrinunciabile
pratica dell'intendere, l'educando con cui è in comunicazione e a cui comunica, a produrre
una sua comprensione di quanto gli viene comunicato → il pensare correttamente è
dialogico e non polemico.
Insegnare esige riflessione critica sulla pratica
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Il pensare correttamente è consapevole, per esempio, che non è a partire da esso come
dato scontato che prende forma la pratica docente critica; al tempo stesso sa però che
senza di esso tale pratica non ha fondamento. La pratica docente critica (che implica il
pensiero critico) coinvolge il movimento dinamico, dialettico, tra il fare e la riflessione sul
fare; → è fondamentale che, nella pratica della formazione docente, “l'apprendista
educatore” si convinca che l'irrinunciabile modo di pensare correttamente non è un dono
degli dei ne lo si può trovare nei manuali per insegnanti redatti da illuminati intellettuali che
si collocano al centro del potere → il pensiero corretto che supera quello ingenuo deve
essere prodotto dall'apprendista stesso in comunione con il formatore → è necessario far
si che la curiosità ingenua, riportando l'attenzione verso se stessa attraverso la riflessione
sulla pratica, e percependosi come tale, si trasformi man mano in curiosità critica.
Nella formazione permanente degli insegnanti, perciò, il momento fondamentale è
rappresentato dalla riflessione critica sulla pratica → è riflettendo criticamente sulla pratica
di oggi o di ieri che può migliorare la pratica di domani.
Insegnare esige il riconoscimento e l'assunzione dell'identità culturale
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Assumere = prendere atto, accettare; uno dei compiti più importanti della pratica critico-
educativa è quello di favorire le condizioni in cui gli educandi (nelle loro relazioni
reciproche e in quelle di tutti loro con l'insegnante) possano compiere un'esperienza
profonda assumendo se stessi come soggetti: come esseri sociali e storici, che pensano,
che comunicano, che trasformano, che creano, che realizzano sogni, che sono capaci di
indignarsi perché capaci di amare. Assumersi come soggetti perché capaci di riconoscersi
come oggetti. Compiere un simile passo nei confronti di noi stessi non significa escludere
gli altri. → è “l'alterità” del “non io”, o del tu, che mi fa accettare la radicalità del mio io.
Questione dell'identità culturale → ha a che vedere direttamente con l'atto di assumersi
come soggetti → importanza dei gesti, delle esperienze informali, della quotidianità vissuta
dall'insegnante e dall'alunno → l'importante in essa non è la ripetizione meccanica di
questo o quel gesto, ma la comprensione del valore dei sentimenti, delle emozioni, del
desiderio, dell'insicurezza da superare attraverso la sicurezza, della paura che, nel venir
“educata”, riesce a generare il coraggio; → non è possibile alcuna formazione docente
autentica da un lato se risulta estraniata dall'esercizio della capacità critica che implica il
passaggio dalla curiosità ingenua a quella epistemologica, e dall'altro, senza un
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riconoscimento del valore delle emozioni, della sensibilità, dell'affettività, dell'intuizione o
del presentimento; → l'importante è non accontentarsi di rimanere al livello delle intuizioni
ma sottoporre queste ultime all'analisi sistematica e rigorosa della nostra curiosità
epistemologica.
2. INSEGNARE NON E' TRASFERIRE CONOSCENZA
Insegnare non è traferire conoscenza, ma creare le possibilità per la sua produzione o la
sua costruzione → l'insegnante in aula deve essere aperto all'osservazione e alla ricerca,
alla curiosità, alle domande degli alunni, alle loro inibizioni → essere critico e indagatore
→ questo sapere necessario all'insegnamento non deve soltanto essere appreso,
dall'insegnante e dagli educandi, ma deve essere costantemente testimoniato, vissuto.
Umiltà → condizione del pensare correttamente → ci induce ad ammettere i nostri errori, a
riconoscere e annunciare il loro sofferto superamento.
Insegnare esige la coscienza dell'incompiutezza
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Insegnante critico → ama il rischio e l'avventura in modo responsabile, è predisposto al
cambiamento, ad accettare il diverso.
Incompiutezza dell'essere umano → è propria dell'esperienza vitale, dove c'è vita c'è
incompiutezza; ma solo tra gli uomini e le donne l'incompiutezza assurge al livello di
coscienza → uomini e donne sono esseri etici = capaci di intervenire nel mondo (ci
distingue dagli animali) → riporta all'inesorabile necessità della pratica formatrice, la cui
natura è etica, ed alla speranza → so che le cose possono anche peggiorare ma so pure
che è possibile intervenire per migliorarle.
Insegnare esige il riconoscimento dell'essere condizionato
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Essere persona = incompiutezza = essere condizionato → cosciente della propria
incompiutezza sa' però di poterla superare → questa è la differenza tra l'essere
condizionato e l'essere determinato; l'inclusione che riconosce se stessa, implica
necessariamente l'inserimento del soggetto incompiuto in un permanente processo sociale
di ricerca → in quanto esseri storico-socio-culturali noi, uomini e donne, diventiamo esseri
per i quali la curiosità diventa un fattore fondante della produzione della conoscenza → la
coscienza dell'incompiutezza tra noi ci fa essere responsabili, da qui l'eticità della nostra
presenza nel mondo → eticità che possiamo anche negare o tradire.
L'educazione come processo si fonda sull'incompiutezza dell'essere che si riconosce
come tale → donne e uomini diventano educabili nella misura in cui si riconoscono
incompiuti.
Insegnare esige buon senso
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La vigilanza del mio buon senso ha un'importanza enorme nella valutazione che
costantemente devo attuare sulla mia pratica; sapere che devo rispettare l'autonomia, la
dignità e l'identità dell'educando e cercare, nella pratica, di essere coerente con questo
sapere, mi porta inevitabilmente a dar vita ad alcune virtù o qualità senza le quali sapere
diventa falso, chiacchiera vuota e inutile.
L'esercizio del buon senso si fa nella curiosità → quanto più mettiamo in pratica la nostra
capacità di indagare, di confrontare, di dubitare, valutare, tanto più efficacemente curiosi
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possiamo diventare e tanto più critico p