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Chiunque dunque filosofa, ma ciò non significa sia un filosofo. Nonostante filosofare preceda la filosofia,
quest’ultima è la base per dare ordine e senso alle vicende umane.
Filosofare è dunque la ricerca e tensione verso l’Essere, che costituisce la struttura dell’esistenza, principio
e fine del movimento dell’uomo (esistenza = ricerca dell’Essere). Se l’uomo fosse già Essere, non sarebbe
necessario filosofare, in assenza di tensione. Ma non essendo Essere, si ha la ricerca di esso, come ricerca
di qualcosa che manca per sentirsi completo. Se dunque la ricerca dell’Essere significa filosofare, e
costituisce la struttura dell’uomo, cioè l’esistenza, allora esistenza e filosofare coincidono. Il filosofare però
non isola l’uomo dal mondo, ma lo radica. Si cominciano dunque a delineare i caratteri propri
dell’esistenzialismo positivo (tendenza tra essere e esistenza).
La filosofia ha il compito di riflettere sull’esistenza, traendo possibilmente degli insegnamenti e aiutando gli
uomini a capirsi e ad affrontare con fiducia ragionevole il futuro incerto. Si ha in questo passo la
conciliazione matura di pensiero e vita, l’esigenza d’impegno e di comprensione umana. Perché l’uomo
venga compreso come cosa esistenziale, non deve essere analizzato come oggetto (fatto scientifico), ma
deve esserlo per ciò che è nel rapporto con se stesso e gli altri Indeterminazione problematica. (3.) Il
filosofare, come atto umano, dunque, è sostanzialmente l’essere dell’uomo che indaga su se stesso e su ciò
che lo circonda.
Indeterminazione problematica
3.
Esistenza non è Essere, ma la sua ricerca. Il senso dell’esistenza è caratterizzato dalla tensione verso
l’Essere. Abbiamo detto che non è già Essere, poiché se lo fosse, non dovrebbe ricercarlo. Inoltre, se lo
fosse, sarebbe il Primo motore aristotelico, la Verità. Non essendo così, Abbagnano rigetta tale
considerazione nella finitudine, che va a definirsi come sostanza e norma dell’uomo. Sostanza nel senso di
ciò che la costituisce come tale; norma intesa come un “dover essere” dove il fine (ricerca dell’Essere)
coincide con il punto di partenza. Nel momento in cui si accetta e si realizza come finito, si consolida nella
sua capacità di ricerca. Il peccato altro non è che la negazione della propria finitudine, col tentativo di
sottrarsi ad esso.
Alla nozione di finitudine è connessa quella di indeterminazione problematica. Esistenza (da ex sisto)
significa tensione, trascendimento: ciò non sarebbe possibile se fosse determinata. L’indeterminazione,
come la finitudine, costituisce la struttura dell’esistenza. Il termine problematico, viene aggiunto da
Abbagnano per allontanare l’uomo da ogni considerazione di natura oggettivistica e soggettivistica.
L’esistenza dunque è ciò che è in virtù dell’indeterminazione problematica.
All’interno dell’indeterminazione, si realizza la decisione. Decidere significa scegliere concretamente e ogni
volta la possibilità più autentica, così da allontanarsi dalla dispersione dell’inautenticità.
Realizzarsi come io, infatti, significa appassionarsi al proprio compito: chi non ha scelto un compito, vede il
mondo come un insieme di vicende insignificanti e slegate tra loro senza ordine o consequenzialità. La
decisione, invece, mantiene l’esistenza nella tensione verso l’Essere: essa però deve costantemente essere
rinnovata. Si può e si deve sempre decidere. Su di essa si fonda la struttura, ovvero il saldarsi del passato
con l’avvenire della possibilità trascendentale come tensione dell’uomo verso l’Essere.
Decidere mette in evidenza il venire ad essere dell’Io e allo stesso tempo quello del mondo e degli altri. Ogni
decisione, infatti, non isola l’uomo, ma lo inserisce in un contesto in cui deve relazionarsi con gli altri,
attraverso le esperienze. Ciascuna decisione implica il coinvolgimento di qualcun altro, in quanto
l’isolamento non è nella natura dell’uomo, poiché ciò provocherebbe la cessione della tensione verso
l’Essere. Di fronte all’esistenza si presenta all’uomo la scelta tra accettazione e la non accettazione.
Quest’ultima si manifesta in una fuga dal mondo o abbandono in esso:
- Fuga dal mondo: rinuncia alle possibilità che il mondo offre.
- Abbandono: esistenza perde la propria concretezza individuale.
L’accettazione si manifesta attraverso la decisione, che rinnova l’esistenza. Poiché il decidere coinvolge
anche gli altri, si può affermare che esistere significhi coesistere .
Libertà e coesistenza
4.
“Sono io veramente libero?”
Secondo la prospettiva oggettivistica, con Kant, l’uomo è libero in quanto agisce per il dovere, ricavando le
sue leggi morali da una ragione universale; la razionalità, così, diventa impersonale, cioè inevitabile
negazione della concretezza esistenziale. Se fosse così, non si realizzerebbe il vero significato della libertà.
Secondo la prospettiva soggettivistica, invece, la libertà coincide con la necessità del Soggetto assoluto.
Anche con questa visione, non si realizzerebbe il vero significato della libertà.
La libertà si può definire come l’indeterminazione costitutiva dell’esistenza, che si riafferma mediante la
decisione. La libertà, quindi, coincide con il venire ad essere dell’IO nel mondo e degli altri. Libertà e
coesistenza dunque sono connesse tra loro: tale legame fonda le radici nella struttura dell’esistenza.
Esistenza implica la coesistenza, la quale trova fondamento nella nascita e nella morte. Nascita, poiché
tramite essa l’uomo capisce di non essere il creatore della vita e che non è l’unico ad esistere, ma anzi è
legato alla comunità di origine e coesistenza. Morte, invece, poiché con essa l’esistenza viene sotratta al
mondo, agli altri e a se stesso.
Riguardo il problema sulla contemporaneità tra coesistenza ed esistenza, Abbagnano afferma che non esiste
antecedenza temporale: non si ha prima l’affermazione dell’identità e successivamente la scoperta
dell’alterità, poiché una non ha senso se non si ha l’altra. Si ha esclusivamente compresenza e
complementarietà. Non esiste un IO senza il riconoscimento dell’ALTRO (un tu).
Abbagnano segue le diverse forme di coesistenza. In particolare distingue tra isolamento e solitudine. Al
mondo esiste una sola forma di isolamento, la pazzia, nella quale non comprende se stesso e gli altri. Egli è:
- incompreso e incomprensibile poiché incapace di comunicare.
- isolato perché spezza la tensione che lo lega all’Essere e agli altri.
- Annullato perché il linguaggio e le simbologie non hanno significato se non per un se stesso privo di
senso.
Per quanto riguarda la solitudine, invece, può essere un’espressione di autenticità per chi ha scelto di
Allontanarsi dalla mondanità. Non si tratta di isolarsi, ma di escludere ogni possibilità che non reputa sua al
posto di altre che gli appartengono maggiormente. Nel caso della solitudine, i legami con gli altri sono meno
numerosi, ma non per questo meno intensi.
La coesistenza, dunque, implica la reciproca comprensione tra gli uomini, nel senso di comprendere gli altri
nei loro progetti. Si parla quindi di intercomprensione (atto di trans-soggettività). Con essa, si realizza
l’autentico significato dell’esistenza, ovvero di tensione e apertura a possibilità. L’intercomprensione ha
diverse forme:
o EMOZIONE : prima forma. Riguarda l’ente ma anche e sempre qualcun altro. L’emozione
rappresenta la possibilità comunicativa anche senza l’uso del linguaggio proprio.
o AMORE SESSUALE : la forma più completa di rapporto tra gli enti. Qui la coesistenza si presenta
come l’unione e struttura a coppia, in cui un ente trascende verso un altro, riconoscendolo nella
possibilità di una connessione. È la forma più autentica dell’intercomprensione.
L’esistenzialismo positivo
5.
Struttura dell’esistenza – Abbagnano passa in rassegna tutte le concezioni che non realizzano la tensione
verso l’Essere.
Concezione platonico-agostiniana : trascendimento viene meno poiché la tensione è spiegata solo
attraverso la presenza intrinseca dell’Essere nell’uomo, il quale perde così la sua individualità.
Metafisica cartesiana : processo opposto, in quanto l’accento è posto sul venire ad essere dell’uomo
tramite il Cogito ergo sum, determinando così una coscienza bloccata dell’autentico problema
dell’Essere.
Metafisica kantiana : sguardo concentrato per lo più sullo sforzo dell’uomo per raggiungere l’Essere.
Questa è la concezione che più si avvicina ad Abbagnano.
Prima di soffermarsi sui diversi tipi di esistenzialismo, Abbagnano argomenta le premesse negative,
analizzando le nozioni di mondo, problema e libertà.
• Mondo la concezione oggettivistica separa l’io e il mondo, così che non ci sia la possibilità di
conoscere obiettivamente le cose mentre la ricerca dell’Essere implica il problema della loro
connessione. La concezione soggettivistica afferma lì immanenza dell’Essere nel soggetto,
eliminando così l’individualità.
• Problema considerare l’uomo come oggetto significa separarlo dal problema che lo costituisce,
dichiarandolo così inautentico. Secondo la concezione soggettivistica, l’esistenza per il suo carattere
di indeterminazione è costantemente in divenire.
• Libertà identificandola in una ragione universale o lasciandola dileguarsi nella necessità di un
Soggetto assoluto, viene a perdersi l’individualità concreta propria dell’esistenza.
Oltre alle concezioni oggettivistiche e soggettivistiche, ve ne sono anche altre che negano la tensione verso
l’Essere, come ad esempio le prospettive di Jaspers e Heidegger, che Abbagnano definisce negative.
L’esistenza in esse, si configura infatti come impossibilità di raggiungere l’Essere, la quale viene a coincidere
con una necessità. Se l’esistenza è caratterizzata da libertà, possibilità e tensione verso l’Essere, parlando di
impossibilità significa negare il valore dell’esistenza.
Rimane dunque una terza via, ovvero quella di Abbagnano esistenzialismo positivo. L’accento da ora viene
posto sulla possibilità di rapporto con l&rsq