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Estratto del documento

Greci e i Romani suddividevano in parti uguali il giorno; le ore diurne erano più lunghe d’Estate e

più brevi d’Inverno; questa suddivisione si traduceva, all’interno della ciotola, in una raggiera di

linee interne. In realtà questo metodo di misurazione era diffuso in circoli ristretti di professionisti

e addetti ai lavori. Molto più diffusa era l’abitudine di darsi appuntamento per quando l’ombra di

una persona avesse raggiunto una lunghezza fissa (con tutti i relativi problemi connessi all’utilizzo

di questo sistema).

La ciotola e il calcolo delle ombre si associano alla scoperta della forma e dimensione della terra,

attribuita a Eratostene. Quest’ultimo si accorse che le ombre misurate nello stesso giorno a Siene

(Assuan) e ad Alessandria, avevano dimensioni diverse: a Siene, a mezzogiorno, la luce del sole

raggiunge il fondo di un pozzo (il Sole è allo Zenit); ad Alessandria l’ombra dello stilo nella ciotola

è presente, seppur minima (1/50 della circonferenza della ciotola). Presupponendo che la

direzione dei raggi solari sia parallela (sulla base di quanto abbiamo visto dimostrato da Aristarco,

e cioè che il Sole è una sorgente luminosa posta a grandissima distanza dalla terra) e sapendo che

la distanza fra le due città è di 800 chilometri, Eratostene, in un chiarissimo esempio ante litteram

di come procede il sapere scientifico, conclude che 800 chilometri rappresentano circa 1/50 della

circonferenza terrestre. Nella pratica, conoscere di quanto differisce l’ombra fra un punto di

partenza e un punto di arrivo, permette ai viaggiatori di sapere di quanto si sono spostati.

Eratostene, quale direttore della biblioteca di Alessandria d’Egitto, aveva a disposizione una

grande quantità di scritti geografici antichi e aveva pertanto un’idea precisa di forma e dimensione

della terra. Le sue conoscenze gli permisero di tracciare alcuni meridiani e paralleli. Tuttavia, il

suo metodo preferito per mettere in relazione geografica i luoghi del pianeta rimase sempre il

metodo delle ombre, con la conseguente analisi dei rapporti fra cielo e terra.

Una recente dimostrazione di palese ignoranza del suo metodo delle ombre risale all’epopea della

conquista del Polo Nord. Alla fine del XIX secolo è l’ultimo angolo di pianeta ad attrarre gli

esploratori. Peary e Cook dichiarano di averlo raggiunto rispettivamente il 6 Aprile 1909 e il 21

Aprile 1908, documentando l’impresa con delle fotografie. Sono proprio le fotografie a tradire i

due viaggiatori. Infatti, le ombre del paesaggio e degli uomini raffigurati in esse sono troppe corte

per quel periodo dell’anno a quella latitudine (l’ombra di un uomo dovrebbe essere lunga dieci

volte e mezzo la sua altezza).

Nell’Ottocento, con i grandi viaggi, si è reso comodo uniformare il tempo, e laddove esistevano

dispute fra città per imporre il proprio orario come orario universale (Londra e Parigi), si cedette

il passo al tempo normalizzato. In verità il Sole, come abbiamo visto, non si muove a scatti fra un

fuso e l’altro. Ogni località, ogni singolo centimetro di pianeta, ha il suo mezzogiorno che

differisce dagli altri e il tempo medio di Greenwich è una finzione per tutti coloro che non vivono

a Greenwich. Tuttavia, il nostro unico accesso al tempo passa per questo sistema globale di

misurazione e scansione temporale, con miliardi di orologi sincronizzati sullo stesso momento. Il

metodo delle ombre non viene più utilizzato e noi siamo, in un certo senso, più ignoranti dei

Romani deprecati da Plinio il Vecchio. Scegliamo il tempo dell’orologio atomico pur sapendo che

quello delle meridiane è più affidabile; mentre il primo corre imperterrito, indifferente alle

mutazioni, il secondo si autoregola sul tempo dei cicli cosmici, suscettibili di sconvolgimenti e

cambiamenti.

Il furto della meridiana

Conoscere i rapporti fra terra e cielo può aiutare a tirarsi fuori da alcune situazioni poco piacevoli.

Nel 1024, un saggio della corte di Mahmud, salva da morte certa, grazie alle sue conoscenze

astronomiche, alcuni ambasciatori dei Turchi rei di aver affermato che a Nord, in certi periodi

dell’anno il Sole non tramonta mai per diversi giorni. Il saggio in questione è Al-Biruni, autore di

diversi trattati pervenutici, astronomo errante e filosofo. Nel 997 d.C. determinò la differenza in

latitudine fra Kath (sua città natale) e Baghdad, mettendosi d’accordo con un collega per

l’osservazione di un’eclissi di Luna e confrontando le differenze temporali del fenomeno. Muore

attorno al 1050 d.C.

Trattato completo delle ombre

Il suo è il più importante libro mai scritto sulle ombre. Si tratta di un

libro scritto per risolvere problemi religiosi, dato che la religione islamica richiede il rispetto

rigoroso degli orari della preghiera. Il calendario islamico si basa sul mese Lunare e questo genera

una cronica sfasatura rispetto all’anno solare; sui cicli lunari si basa, fra gli altri, l’inizio del mese

di digiuno (che inizia quando per la prima volta si individua la Luna crescente); la determinazione

precisa di questi momenti non è una questione da prendere sottogamba. Le scritture sono molto

vaghe sulla scelta del momento esatto in cui si deve iniziare e concludere la preghiera quotidiana;

per di più, la regola descritta nei sacri testi non è universalmente valida; molte autorità arabe

avevano risolto il problema deliberando che si iniziasse a pregare non prima che la lunghezza

dell’ombra delle cose non fosse uguale alla lunghezza stessa delle cose più la lunghezza dell’ombra

delle cose a mezzogiorno.

Al-Biruni riporta poi di come gli Indiani utilizzino le mani come orologi rudimentali, ma anche di

come alcuni sistemi di conta si basino sul 7 (7 è il numero di piedi necessari a misurare la lunghezza

dell’ombra quando questa eguaglia la lunghezza della persona che la proietta.

Il tempo fugge dal buco dell’ombra

Un’incisione del Piranesi che ritrae piazza S. Pietro a Roma presenta un grossolano errore: l’ombra

delle architetture e delle persone è disegnata come se la luce provenisse da destra; ora, la destra

del disegno coincide con il nord; è come se sulla Roma raffigurata splendesse un sole in pieno

Nord, cosa chiaramente impossibile visto che Roma si trova nell’emisfero boreale e non in quello

australe. La svista piranesiana avrebbe fatto inorridire Egnazio Danti, padre domenicano, uomo

dell’ombra, responsabile dell’installazione dell’obelisco al centro della piazza. Danti pensava di

trasformare l’alto elemento in una meridiana per celebrare la recente riforma del tempo. A Danti

torre dei venti in Vaticano,

si deve anche la costruita il 1578 d.C. e il 1580 d.C. Al tempo della sua

costruzione era previsto che da un foro praticato sulla parete sud entrasse la luce del sole a

mezzogiorno, tuttavia, a causa della differenza che intercorreva fra il tempo del calendario voluto

da Giulio Cesare e il tempo dei cicli solari (il calendario Giuliano accumulava 11 minuti di ritardo

sull’anno tropico - periodo compreso fra due passaggi successivi del sole all’equinozio di primavera

- ogni anno, e già al tempo del concilio di Nicea – 325 d. C. –, quando fu azzerato, il ritardo si

aggirava sui tre giorni; l’azzeramento del ritardo non risolveva il problema di fondo e nel 1582 si

registrava un errore di 11 giorni), questo appuntamento era, nel primo periodo dalla costruzione

della torre, puntualmente disatteso. L’introduzione del calendario Gregoriano (1582), porrà fine

all’inconveniente, sincronizzando il tempo degli uomini e il tempo dei corpi celesti. L’introduzione

di una così grande novità non è semplice: in effetti si deve essere in grado di convincere un gran

numero di persone che hanno torto su un punto e persuaderle a cambiare la loro abitudine nello

stesso istante; la fortuna della riforma gregoriana del calendario è dovuta al fatto che emanava

da un’autorità come il papato, ma anche alla sua semplicità.

Tornando a Danti, egli è noto per la costruzione di altre meridiane delle quali la più imponente fu

quella di San Petronio a Bologna (1575) che oggi non esiste più, sostituita dall’Eliometro di Gian

Domenico Cassini. Questo strumento di grandi dimensioni, permette di rimettere in questione il

calcolo del valore dell’obliquità dell’eclittica (l’inclinazione del piano descritto dall’orbita

apparente del sole rispetto alla terra); Cassini attribuì il valore ottenuto dai calcoli, diverso da

quello che si attendeva di ottenere, alle differenze di rifrazione atmosferica.

L’eliometro che tanta fortuna portò a Cassini, è un attrezzo che ancora oggi fa la sua figura,

imponente, indifferente alle forme della chiesa nel quale fu inserito.

Guerre d’ombra

Nel Dicembre del 1610, in una missiva diretta a Giuliano de’ Medici, Galileo annuncia di aver fatto

Sidereus Nuncius,

la più grande scoperta astronomica dall’antichità. Pochi mesi prima, nel aveva

pubblicato un disegno particolare raffigurante la Luna: la linea d’ombra del satellite è irregolare,

frastagliata; alcuni punti bianchi emergono nella parte in ombra; viceversa, la parte illuminata

presenta delle macchie scure. Ciò che Gallileo cerca di comunicare è che la superficie lunare

presenta delle cavità, delle sporgenze, proprio come la terra. La novità di una luna così raffigurata

è tanto maggiore se la si confronta con il misero disegno del satellite prodotto da Leonardo.

Lo strumento attraverso il quale Gallileo rileva le imperfezioni sulla superficie lunare è un

Sidereus Nuncius

cannocchiale notevolmente perfezionato rispetto alle sue versioni standard. Il è

anche l’occasione per omaggiare il potenziale protettore dello scienziato, Cosimo II de’ Medici,

facendogli dono di quattro satelliti di Giove appena scoperti.

I tratti della Luna sono grossolani e verrebbe da chiedersi come sia stato possibile che le scoperte

di Gallileo non siano state fatte secoli prima. Bisogna però ricordare che la nostra memoria

ingrandisce la Luna e le sue imperfezioni e che sarebbe stato difficile percepire crateri e sporgenze

senza utilizzare il cannocchiale, che invece permette a Gallileo di vederle come se distassero due

raggi terrestri. L’esame di luci ed ombre ad una distanza così ridotta permette di concludere che

la Luna, proprio come la terra, ha una superficie irregolare, ha un’alba e un tramonto.

Le affermazioni di Gallielo generarono un grande sgomento e furono difficili da digerire; numerosi

letterati dell’epoca mossero critiche accese alle sue teorie. Per Lodovico Delle Colombe e

Cristoforo Clavio quella fornita è una delle possibili spieg

Dettagli
Publisher
A.A. 2015-2016
20 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/02 Logica e filosofia della scienza

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher albertocrobe di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Metodologia del progetto e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Sassari o del prof Bacchini Fabio.