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La ricerca azione per Lewin
Il gruppo è più che la somma delle sue parti, è un’unità che la psicologia può assumere nel suo
insieme. Lewin guarda al gruppo come luogo di partecipazione e gestione democratica.
Esperimento Lewin, Lippit e White su gruppi bimbi dieci anni, uguali per sesso, età, livello
socioeconomico con fine di fabbricare maschere. Risultati analizzati sotto profilo rendimento e
socio-emotivo. Lewin sottolineò la funzionalità della democrazia, allargandola dal mondo
educazione alla vita sociale.
- Gruppo democratico: viva collaborazione, soddisfazione, creatività.
- Gruppo autocratico: seppure producevano di più, emersero fenomeni di aggressività, con
capri espiatori, quando tensione veniva superata vi erano anche fenomeni di apatia.
- Gruppo permissivo: risultati poco soddisfacenti sotto tutti i profili. 16
Ricerca-azione > una ricerca che entra nel vivo della pratica sociale, sopratutto sul problema
del cambiamento [modo di concepire la ricerca che si pone l'obiettivo non tanto di approfondire
determinate conoscenze teoriche, ma di analizzare una pratica relativa ad un campo di
esperienza (ad esempio, la pratica educativa) da parte di un attore sociale con lo scopo di
introdurre, nella pratica stessa, dei cambiamenti migliorativi]
Gruppo di formazione (T-group o training group) > strumento di riflessione sui
fenomeni che avvengono in un gruppo, ma non a livello di attività di lavoro, ma a livello delle
dinamiche interazionali che insorgono tra i partecipanti. Nel T-group interazione e analisi
vennero unificate in un’unità di lavoro, le cui finalità divennero quelle di produrre materiale
per l’analisi. Il gruppo di base autocentrato era una sfida perché metteva al suo centro
l’interazione pure staccata da qualsiasi fine pratico. Questo significa stare unicamente di
fronte al senso della relazione con se stessi e l’altro. Al centro vi era il concetto di
partecipazione come modo di relazionarsi; si fondava sulla ricerca come strumento per
analizzare i problemi umani e sociali; si realizzava in gruppo nei quali erano garantiti tutti i
canali di comunicazione, uguali posizioni strutturali, risorse, possibilità di avere voce >
Gruppo diventa unità su cui fare la ricerca-azione.
L’azione è un processo socio-cognitivo che collega in modo attivo la dimensione
psicologica e quella oggettiva: pur essendo innescata e parzialmente controllata da fattori
psicologici (rappresentazione, valutazioni, intenzioni ecc), necessita anche di fattori oggettivi
(risorse e abilità) che solo in parte possono essere controllate. L’azione è un diverso rapporto
con il mondo, rispetto alla cognizione: non è indipendente da risorse e abilità (che devono
essere però riconosciute) e ha sempre un effetto sull’esterno dell’individuo (può produrre/
impedire cambiamento).
* Studio su processi psicologici implicati nella pianificazione ed esecuzione azione > Miller,
Galanter, Pribram e il modello TOTE > è un’unita operativa che collega azione-controllo-
progettazione. Prima fase (test) viene condotta un’ispezione per vedere se la situazione
risponde a ciò che si è progettato; se non è così viene emessa un’altra azione (operate) per
modificare la situazione. Si ricontrolla nuovamente (test) e se la modificazione è avvenuta la
sequenza viene abbandonata (exit). In realtà un’azione con uno scopo è composta da più
operazioni che possono intendersi come un concatenarsi di unità TOTE nell’ambito di un piano
(insieme gerarchizzato di istruzioni che può controllare ordine di sequenza operazioni).
* Schema del livello di aspirazione di Lewin > schema per studiare la dinamica che si
produce tra i seguenti elementi: aspirazioni soggetto, reali capacità di prestazione, percezione
e valutazione dei risultati dell’azione (con conseguente aggiustamento delle aspirazioni e
attività successive).
mettere soggetto in compito familiare che può essere valutato in termini quantitativi,
1. ma non molto usuale per lasciare incertezza nelle previsioni;
chiedere di formulare prima previsione relativa alla prestazione, sotto forma di
2. aspirazione, facendo in modo con opportune penalizzazioni che l’aspirazione rispecchi una
reale percezione del compito, della situazione, dell’abilità richiesta;
a prestazione avvenuta chiedere al soggetto un giudizio sul risultato ottenuto e
3. fornire informazione esatta su tale risultato;
chiedere di formulare una nuova aspirazione per la prossima prova che sarà uguale e
4. così via per una serie di 8-10 prove; 17
Questo permette di valutare il formarsi di un’aspirazione verificando il livello di realtà a cui il
soggetto riesce a situarsi, le sue possibilità di proiettarsi su un’altra possibile realtà producibile
con l’azione.
* Amerio ha evidenziato:
1. operazioni di scelta e stabilizzazione intenzione sono regolate da valenza della meta, dalla
sua distanza psicologica, ma anche da una valutazione del sé e delle risorse disponibili;
2. l’intenzione sotto forma di meta ha un effetto guida nel mantenimento dell’azione: la meta
persiste al di là degli effetti di retroazione dei risultati;
c’è una specifica sensibilità all’insuccesso: da un lato provoca un adeguamento cognitivo ai
3. dati di realtà (sintonizza aspirazioni su risultati) e conduce ad atteggiamento difensivo
(compromette costruzione mete).
Pianificazione > Come avviene il controllo dell’azione? Ci sono processi discendenti (top
down) e processi ascendenti (bottom up), che trasmettono info derivante da
cambiamenti/no azione che modificano non solo i procedimenti concretamente messi in atto,
ma i piani stessi da cui derivano quei procedimenti e anche ciò che sta a monte dei piani.
L’azione è basata su una conoscenza solo dichiarativa (esplicita, consapevole,
verbalizzabile), ma anche procedurale (automatica, tacita, colta nel fare).
Pianificare vuol dire anticipare e nell’anticipazione la conoscenza specifica è importante: gli
esperti di una particolare attività sono avvantaggiati perché riescono a prospettarsi uno
schema (anche se possono anche fidarsi troppo dei loro schemi, non riuscendo ad avere una
visione più ampia magari). Uno schema può guidare poco l’azione se è globale o essere messo
in discussione continuamente se è troppo dettagliato. Un piano deve poter essere flessibile,
coniugare sia conoscenze dichiarative che procedurali; può anche non essere un piano d’azione
ma un’ipotesi di lavoro verso un obiettivo, e necessità però di specificazioni, riadattamenti ecc.
Nella vita quotidiana l’azione non è un processo, ma abbiamo un sistema di scopi e
sottoscopi e di azioni e sottoazioni, in vista di uno scopo generale. Molti scopi sono quindi solo
un mezzo per un sovrascopo che si riconosce per il fatto che più azioni hanno uno scopo in
comune. Nel mondo reale le nostre azioni oscillano tra volontario/involontario, sono guidate da
motivazioni diverse che possono entrare in conflitto. Possono esserci conflitti espliciti
(persona in mezzo alle esigenze di due ruoli diversi e non ha risorse) o impliciti (persone si
impegna poco nel fare qualcosa), che portano ansie e depressione. Nel mondo reale le risorse
possono essere scarse, ma anche le conoscenze che guidano l’azione possono essere
imperfette. Questo porta le persone a procedere con flessibilità talvolta costruendo piani
attraverso l’azione stessa.
Lindeberg: Cosa significa essere razionali? > imparare a essere inventivi, fare delle
scelte di fronte alle limitazioni risorse, valutare situazione e prospettarsi eventi possibili
futuro, puntare a risultati positivi quando si agisce.
La razionalità è un elemento di creatività, consente di intervenire su formulazione problemi.
Ovviamente nell’uomo è limitata, ma è l’azione ad ampliare le conoscenza la dove la
cognizione non arriva (fare è un conoscere). L’azione in una certa misura è sottoposta al
controllo di processi automatici, ma l’intenzione richiede comunque una certa presa di
coscienza per tradursi in attività. Piaget ci ha mostrano come dall’azione si può giungere a
una rappresentazione cosciente di fini, mezzi, regole con un processo di concettualizzazione
che trasforma operazioni formali in concrete > il soggetto può riflettere sul proprio
18
funzionamento cognitivo e formarsene una conoscenza: meta-cognizione. Wellman ne
coglie gli aspetti di fondo:
1. esistenza: sappiamo che esistono pensieri e stati mentali e che sono diversi da atti o
eventi esterni;
distinzione: sappiamo se facciamo fantasie o se stiamo ricordando qualcosa;
2.
3. integrazione: sappiamo che ci sono diversi atti mentali, stati, processi interni, ma questi
si integrano in un insieme che chiamiamo mente;
4. variabili: sappiamo che diverse variabili incidono sulle nostre prestazioni mentali (lista
corta si ricorda meglio, se le cose sono organizzate in un certo modo ricordo)
controllo cognitivo: sappiamo quando sappiamo qualcosa e quando no, quando
5. comprendiamo e quando no ecc.
Le emozioni
William James > l’emozione è un fatto periferico, è la percezione dell’arousal (orso -
1. tremo - sono spaventato), delle modificazioni motorie/psicologiche a procurare
l’esperienza emotiva. Lange la riprende nominandola teoria periferica dell’emozione.
2. Cannon > teoria centrale dell’emozione: tali arousal si possono presentare sia per
emozione molto diverse che in stati non emotivi; l’emozione è vista come un evento cui
concorrono già con l’attivazione autonomica anche le strutture del sistema nervoso
centrale.
Mandler > sostiene indipendenza tra arousal e valutazione cognitiva; sono due fenomeni
3. di ordine differente: arousal responsabile dell’intensità emozione, la valutazione
cognitiva della sua qualità. Non esistono emozioni di base. Questi due elementi possono
avere però una comune origine nelle interruzioni che avvengono quando un’azione ben
organizzata e abituale fallisce. Le interruzioni producono stati di eccitazione somatica che
si traducono in stati emozionali quando i processi cognitivi non possono essere completati.
Il tipo di emozione non dipende dall’interruzione, ma dal tipo di valutazione cognitiva che
l’accompagna.
Johnson-Laird e Oadey > 5 emozioni di base (felicità, tristezza, paura, rabbia, disgusto)
4. hanno funzione adattiva: veicolano messaggi e permettono comunicazione tra differenti
parti del sistema, e all’interno di un gruppo sociale fanno comunicare i mem