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2)UN MONDO GLOBABILIZZATO E DISUNITO
1. Lo spazio della rete
L’attributo “globalizzato” è ormai di uso comune per indicare la situazione
complessiva del nostro pianeta nel quale le interconnessioni sociali tra quasi
tutti i suoi paesi si sono enormemente intensificate, come mai era successo in
passato, avvolgendo il pianeta in una rete che oltrepassa barriere geografiche
e confini. Per interazioni si intende: la frequenza e l’ampiezza delle
comunicazioni, la facilità degli spostamenti e la rapidità dei trasporti.
Richiamano anche problematiche: fenomeni climatici, sfruttamento delle
risorse naturali, minaccia del terrorismo internazionale.
A rendere effettivo il processo di globalizzazione è stata proprio quella rete
invisibile intessutasi nel nuovo spazio (cyber space) che le tecnologie
elettroniche, informatiche e digitali hanno permesso di costituire negli ultimi 4
decenni. Il nuovo disegno dello spazio rende la situazione attuale realmente
diversa rispetto ad ogni altra precedente. Ha modificato i modi e le forme di
relazione e di gestione dei rapporti tra le nazioni e tra le persone. Questo
nuovo contesto spazio-temporale provoca una profonda mutazione non
soltanto nell’organizzazione della società, ma nel nocciolo stesso della
condizione umana, sia nei rapporti con gli altri, sia nella sensibilità
individuale.
Tuttavia questo processo non è avvenuto per tutti allo stesso modo e in modo
lineare, bensì è stato pervaso da dinamiche conflittuali, dall’insorgere di
nuove istanze localistiche, da profonde disuguaglianze.
2. Come cambia l’esperienza individuale e collettiva
Globalizzati e divisi: siamo immersi in questa condizione, inizialmente non
determinata da progetti razionalmente concepiti, ma impostasi sulla vita
individuale e collettiva. Le nuove tecnologie hanno apportato profonde
modificazioni sulle modalità personali del pensiero e su quelle della relazione
con gli altri, producendo un cambiamento anche nell’ambito di quello spazio
che è più abituale e familiare, spazio che si nutre di tutto ciò che noi mettiamo
in circolo.
Per secoli i problemi della vita associata sono stati affrontati dentro territori
delimitati e specifici, a portata dell’esperienza diretta. Le nuove
tecnologie danno la possibilità dell’azione a distanza, che genera nuovi spazi
deterritorializzati, imponendo nuovi percorsi alla nostra esperienza, spazi in cui
si tessono relazioni, si costruiscono immagini di sé, si scambiano confidenze. Il
rapporto con il contesto fisico sembra farsi più labile. L’esperienza cambia
quando la fisicità del mio corpo viene meno. Questo distacco dal corpo era
inizialmente sembrato offrire straordinarie possibilità psicologiche
all’individuo, quasi un mondo in cui poter vivere tante vite e realizzare
identità multiple tra cui scegliere per poter giungere ad un sé più libero e
soddisfacente. Per i più privilegiati sul piano socio-culturale diventa un
allargamento di esperienza, per altri meno privilegiati può rivelarsi solo un
illusorio recinto di speranze deluse e di frustrazione. Questi sono stati toccati
solo dall’esterno e vivono in ben altro modo questi cambiamenti. Anche la loro
esperienza ha subito delle svolte, seppur in modo indiretto (abitanti del terzo
e del quarto mondo) sottoposti a governi autoritari, carenti di risorse, il cui
problema essenziale è ancora quello della mera sopravvivenza materiale.
Questi esseri umani sono esclusi dai benefici dei processi globali. Si ritrovano
a subire questa svolta anziché parteciparvi in modo attivo e questo produce
lacerazioni in un tessuto sociale spesso già fragile. Nascono così nuove
disuguaglianze.
3. Scenari globali e problemi sociali
La globalizzazione purtroppo, nonostante le sue enormi potenzialità, oggi è ben
lontana dal prefigurare l’emergere di una società degli individui a livello
globale, ovvero un processo universale di integrazione, all’interno del
quale potrebbe realizzarsi una crescente convergenza di culture e civiltà. Si
mostra invece come un prodotto dell’estensione e intensificazione
dell’economia capitalistica grazie alle opportunità offerte dalle nuove
tecnologie e dall’appoggio più o meno diretto delle politiche degli Stati più
sviluppati (e degli Stati Uniti in particolare, tant’è che “americanizzazione”
all’inizio per indicare questo fenomeno). Tutto questo è avvenuto in modo assai
pervasivo a causa della carenza di controlli. Nel cyber space è diventato
particolarmente agevole organizzare il mercato finanziario, andando oltre
vincoli prima imposti da barriere e frontiere geopolitiche. I possibili controlli
sono sorti solo dopo, quando ormai tali processi erano già in pieno corso e
sono restati comunque deboli.
Il capitalismo, operante nell’ottica liberistica pura (libertà dell’iniziativa
economica privata, se non assoluta, pochissimo regolata), ha prodotto
ricchezza solo per pochi, determinando abissali differenze sociali. Sarà
soltanto con le lotte contro le disuguaglianze che l’ottica si modificherà,
attraverso specifiche forme di controllo e di regolazione del sistema
economico-finanziario da parte del sistema politico. L’economia globalizzata ha
prodotto esiti che sembrano riprodurre l’antico capitalismo selvaggio: ha
contribuito a innalzare un certo benessere collettivo, ma allo stesso tempo
ha anche contribuito ad allargare la forbice tra ricchi e poveri, dato che
l’ottica classica liberistica tende a favorire i più ricchi e a sfavorire gli altri
(critiche al liberismo sregolato, situazione negativa insorta nella
globalizzazione.
È quindi necessario un progetto di democratizzazione sociale per la
trasformazione dell’economia globale in un ordine economico libero e basato su
regole eque. In realtà è chiaro che a dominare la scena globale sono sempre
le grandi potenze. Decentralizzazione dell’Occidente sempre più marcata, da
Stati Uniti a Russia e Cina, entrano in gioco le strategie politico-militari atte a
non perdere bensì a rinforzare le possibilità di controllo sul pianeta.
4. La società del lavoro
Le nuove povertà, che caratterizzano paesi come il nostro, sono dovute alle
profonde crisi dell’occupazione che la nuova economia ha prodotto. In modo
particolarmente pesante ha impattato sull’occupazione del nostro paese la crisi
che ha scosso l’economia finanziaria nel 2008. I disagi connessi a questa
situazione hanno inciso non solo sull’esistenza delle persone, ma anche sulla
loro vita sociale. La rilevanza e la centralità che i problemi dell’occupazione
assumono sono evidenti se si tiene conto del fatto che il lavoro permane lo
strumento grazie al quale la stragrande maggioranza degli esseri umani
provvede alla propria vita. Ha una valenza molto importante non solo perché
permette di guadagnare quanto necessario per provvedere alla propria
sussistenza, ma anche un chiaro status sociale che permette alla persona di
realizzarsi e riconoscersi in una precisa identità. Il lavoro è una indiscutibile
proprietà del lavoratore, un possesso personale, che eleva la persona a essere
umano.
La società del lavoro nasce agli inizi del Novecento nel contesto del lavoro
fordista (produzione concentrata in grandi fabbriche, parcellazione delle
lavorazioni, lavoro pesante monotono e spersonalizzante, poca
specializzazione, disagi psicofisici).
5. Trasformazioni del lavoro e vite cambiate
Nuovi modi di produrre hanno contribuito a segnare la fine della società del
lavoro. Nel mercato non più aziende che offrono l’automobile economica per
tutti, ma compratori che chiedono modelli personalizzati, per sottolineare la
loro individualità. Necessario nuovo lavoratore capace di utilizzare in modo
efficace la nuova tecnologia, l’individuo è sempre più chiamato in causa in
prima persona. L’occupazione si fa difficile perché non tutti possiedono la
scolarità e la formazione culturale di base necessarie per accedere al mondo
del lavoro. Questo genera assunzioni a termine e contratti a tempo
determinato, precarietà che comporta forti situazioni di disagio umano,
causati dall’impossibilità di raggiungere una reale autonomia personale e di
fare progetti per il futuro (permanenza forzata presso la famiglia d’origine).
Manca la sicurezza che la vecchia società del lavoro offriva. A causa della
precarietà e della discontinuità, ai giovani è richiesta grande flessibilità,
capacità di adattamento, iniziativa, tenacia, saper incassare le sconfitte e
provare a ricominciare. L’individuo si trova in possesso di una maggiore
libertà, ma allo stesso tempo in presenza di maggiori rischi. Il mercato
costituisce un elemento importante per la società moderna, perché offre
lavoro, tuttavia produce anche competizione, che va a distruggere i legami
sociali.
6. Vivere da individui
Assodata la nostra dimensione sociale (siamo esseri che vivono in comunità
organizzate), alla fine è sulla nostra pelle di esseri individuali che impattano i
problemi incontrati nel contesto sociale in cui si svolge la nostra esistenza e
ciascuno di noi li deve affrontare come individuo, gestendo se stesso in prima
persona (possibilità di autogestione). Il senso di sé è la base del nostro
riconoscimento personale, dove per “riconoscersi” si intende essere
consapevoli di esistere in quanto se stessi, persona con un corpo e un io. È un
sapere particolare perché quasi mai si traduce in forma dichiarativa, ma resta
un sapere silente, ai margini del campo di conoscenza. Il senso di sé è
costantemente presente nelle nostre attività, sia mentali sia pratiche
(corrisponde al normale funzionamento del sistema nervoso). È nella relazione
con gli altri che la nostra individualità si concretizza, è attraverso il sistema di
comunicazioni che prende forma e matura il sé personale.
7. Individualità e società
Il riconoscimento dell’individuo come essere umano capace di scelte e
decisioni personali nella gestione del sé e delle sue relazioni avviene solo nella
modernità, con le idee di libertà e uguaglianza. L’individualità è stata da
sempre presente, sin dai tempi antichi, ma non sempre riconosciuta. “L’uomo è
padre delle sue azioni come dei suoi figli” (Aristotele), ma quella degli antichi
greci è una libertà ristretta ad una decisa minoranza. Non solo l&rsquo