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COS’E’ LA LINGUISTICA?
• La linguistica è fondamento della comunicazione, e la comunicazione fondamento della società. Una società
permette una trasmissione di cultura da una generazione all’altra e colloqui tra individui (dunque trasmissione di
pensiero tramite un atto volontario di linguaggio).
• La linguistica è una disciplina formalizzata, che non ha carattere estetico, e si occupa del linguaggio e delle lingue.
Si divide in:
1) linguistica generale che si occupa degli aspetti delle lingue e del linguaggio senza dimensione storica, che
prescindono dal fattore tempo: non hanno una dimensione diacronica (storica) es. articolazione del pensiero: facoltà
generali valide per tutti i tempi. La linguistica teorica è inclusa in quella generale e si occupa soprattutto della
linguistica formale (sintassi)
2) glottologia (linguistica storica) si occupa dell’evoluzione delle lingue, rapporti tra le lingue, rapporti tra lingua e
cultura
LINGUE E LINGUAGGIO
• Il linguaggio è la facoltà che ciascun essere umano possiede innata per comunicare in modo complesso (a
differenza delle altre specie animali) con ogni altro essere umano (con una propria lingua, ma con forme
linguistiche)
• Le lingue sono dei sistemi complessi che funzionano all’interno di una comunità di parlanti, determinata
diacronicamente e diatopicamente (in un punto del tempo e dello spazio: es. italiano dal 900 ad oggi, nella zona
della penisola italiana, prima area minore – Toscana). Le lingue sono differenti da comunità a comunità, il
linguaggio è uno.
• Il dialetto funziona altrettanto bene, perché due parlanti di dialetto si capiscono così come si capiscono due parlanti
di lingua nazionale. Quest’ultima però ha un riconoscimento ufficiale, si usa nella prassi scritta. Dunque deve avere
una tradizione scritta letteraria come punto di riferimento per la lingua nazionale che viene standardizzata. Inoltre
non può essere disgiunta da un’entità politica, ci deve essere un’istituzione che impone l’uso di quella lingua.
Dunque il criterio che differenzia una lingua nazionale da un dialetto è politico e culturale, non linguistico.
• Il simbolo è qualcosa che sta per qualcos altro: elementi casuali e convenzionali usati nelle lingue e nel linguaggio
umano per rappresentare oggetti nelle nostre menti: es. per comunicare il concetto di albero (pianta con tronco e
fogliame) devo utilizzare una sequenza. La funzione simbolica ci permette di elaborare una frase in cui i concetti
sono sostituiti da una sequenza di suoni. Simbolo è una parola che viene dal greco, indica due parti di un coccio
spezzate in modo irregolare che combaciano solo tra di loro.
• Il segno è come un foglio con due facce inseparabili, la prima è il significante (la sequenza fonica, la forma) la
seconda è il significato (il concetto).
• Comunicazione come termine in senso largo vuol dire il passaggio di un’informazione, tutto può comunicare
qualcosa. In senso stretto si intende una comunicazione con intenzionalità di emittente e ricevente.
1) Comunicazione in senso stretto: un emittente intenzionale e un ricevente intenzionale. Può essere verbale,
quindi attraverso la parola ed intenzionale, o non verbale, sempre intenzionale (es. lingua dei segni) Si divide
in umana e animale (miagolare). Umana si divide in naturale (verbale o non verbale, è naturale quando
trasmette il patrimonio culturale, viene insegnata alle generazioni) e artificiale (es. segnalazioni stradali o
lingue che non appartengono a nessuna tradizione culturale come l’esperanto).
2) Passaggio di informazione: emittente non intenzionale, ricevente intenzionale (es. gestualità: sbadiglio, lo
interpreto come noia)
3) Formulazione di inferenze: nessun emittente e viene interpretato dal ricevente (es arcobaleno).
Mano a mano c’è meno formalizzazione, il codice è meno rigoroso.
SEGNI
In senso lato è la singola entità, l’unità fondamentale che fa da supporto alla comunicazione. Esistono diversi tipi di
segni basati sull’intenzionalità e sulla motivazione.
1. INDICI (SINTOMI): la motivazione è naturale, non c’è intenzionalità (es. febbre, arcobaleno)
2. SEGNALI: la motivazione è naturale, c’è intenzionalità (cane che abbaia)
3. ICONE: la motivazione è analogica (mediata attraverso un’associazione di immagini o di idee che ci
richiamano a un certo concetto: il triangolo col punto esclamativo ci richiama alla mente fare attenzione!) es.
segnali stradali, carte geografiche
4. SIMBOLI: la motivazione è culturale, c’è intenzionalità: riflette una tradizione culturale condivisa da una
comunità. Es: il vestito bianco della sposa, il nero per il lutto, le bandiere, ecc.
5. SEGNI: motivazione convenzionale/arbitraria e c’è intenzionalità. Quando i segni linguistici associano a una
sequenza di suoni un concetto (significato) ma in modo arbitrario (nessuno mi obbliga a chiamare un oggetto
come lo chiamo, la dimostrazione che è arbitrario è che cambia in base ai Paesi: l’intenzionalità è condivisa da
una comunità di parlanti).
Dall’1 al 5 l’intenzionalità aumenta e cambia la motivazione facendosi sempre più convenzionale, dipendente dalla
tradizione culturale.
CODICE: Il ricevente interpreta il segno perché lo riconduce a un codice, a un insieme di conoscenze che permette di
attribuire un significato: il codice è l’insieme di corrispondenze, convenzionale, tra insieme manifestante e insieme
manifestato e che fornisce le regole di interpretazione dei segni. I sistemi di comunicazione sono dei codici.
PROPRIETA’ DEL LINGUAGGIO
1. BIPLANARITA’: Il segno linguistico ha due facce inseparabili: il significante (la sequenza fonica di una parola
o di un insieme di parole cane) e il significato (il concetto connesso: animale a quattro zampe che abbaia e
scodinzola)
2. ARBITRARIETA’: Non c’è un rapporto naturale tra significante e significato, ma il legame è convenzionale.
Altrimenti le lingue userebbero tutte termini simili. Ci sono 4 livelli diversi di arbitrarietà: (cfr triangolo
semiotico)
1. Il legame tra segno linguistico e referente (un elemento della realtà esterna, in grado di essere percepito o
immaginato dai nostri sensi) il segno linguistico microfono e il microfono come oggetto.
2. il rapporto tra il significante e il significato
3. il rapporto tra forma e sostanza del significato: ad esempio in francese bois indica sia il bosco che la legna,
in italiano usiamo più parole diverse
4. Il rapporto tra forma e sostanza del significante: ad esempio per quanto riguarda la durata delle vocali, in
italiano non cambia , in latino si.
Due eccezioni all’arbitrarietà sono:
ONOMATOPEE: Segni linguistici in parte motivati perché riprendono delle caratteristiche del significato:
ticchettìo. C’è dunque un qualcosa di iconico e una loro specificità che li rende diversi di lingua in lingua.
IDEOFONI: ancora di più, sono espressioni imitative o interiezioni che designano azioni o fenomeni naturali.
Es. Boom! In italiano il loro statuto di parola è dubbio.
A mettere in discussione il principio di arbitrarietà sono i caratteri iconici nel linguaggio verbale umano: es.
formazione del plurale aggiunge più materiale fonico/linguistico di solito. Il principio è confutato anche da chi
sostiene l’importanza del FONOSIMBOLISMO: ad esempio il suono i (vocale stretta) è collegato a qualcosa di
piccolo (piccolo, little, ino) ma ci sono molti controesempi.
LA DOPPIA ARTICOLAZIONE
Il signifcante di un segno linguistico è articolato a due livelli:
PRIMA ARTICOLAZIONE: Organizzato e scomponibile in unità minime con significante e significato, dette morfemi
(anche monemi)
SECONDA ARTICOLAZIONE: Le unità minime sono prive di significato, sono solo forme foniche: fonemi. Hanno
una funzione distintiva tra parole e spesso corrispondono a una lettera alfabetica (cane/pane). In alcuni casi le unità
minime di prima e seconda articolazione possono coincidere.
PRINCIPIO DI ECONOMICITA’: Non esistono altri codici con una tale doppia articolazione: consente produttività
illimitata, con un numero limitato di unità di seconda articolazione ne crea uno grandissimo di unità di prima.
COMBINATORIETA’: Le unità minori vengono combinate per formare un numero indefinito di unità maggiori.
TRASPONIBILITA’ DI MEZZO
Un’altra proprietà del significante di un segno linguistico: esso è trasmesso sia attraverso il canale fonicoacustico
(sequenza di suoni prodotti dall’apparato fonatorio ricevuti dall’apparato uditivo) sia attraverso il canale visivografico
(segni tracciati su carta o altro, ricevuti dall’apparato visivo). Il carattere orale è prioritario rispetto a quello visivo:
1) Priorità antropologica: tutte le lingue che hanno una forma scritta sono anche parlate, ma non viceversa a causa di
fattori storicosociali. Inoltre nella vita quotidiana parliamo molto di più di quanto scriviamo.
2) Priorità ontogenetica: è relativa al singolo individuo che impara prima a parlare (socializzazione primaria, in modo
naturale) che a scrivere
3) Priorità filogenetica: è relativa alla specie umana che ha sviluppato la scrittura molto tempo dopo il parlare. Partiamo
dalla scrittura pittografica 5000 a.C, a quella cuneiforme dei Sumeri 3500 a.C. Quella alfabetica nasce da scrittura
consonantica che non registra le vocali, dai Fenici nel 1300 a.C, da cui poi si sviluppano l’alfabeto ebraico e aramaico
(base per l’arabo) e greco (base per cirillico e latino).
SISTEMI DI SCRITTURA
1) Sistemi semasiografici: non fanno uso di simboli linguistici. Es. le pittografie: gli elementi di scrittura sono disegni o
simboli grafici che rappresentano iconicamente concetti o idee.
2) Sistemi glottografici: fanno uso di simboli linguistici e si dividono in sistemi logografici (non hanno basi fonetiche,
fanno riferimento a unità di significato, a unità minime di prima articolazione:morfemi) e fonografici (fanno riferimento
a unità di seconda articolazione: possono basarsi su sillabi, consonanti, ecc).
Sistemi logografici:
LOGOGRAFIA/MORFOGRAFIA
Ogni carattere sta per un morfema. (es. cinese: ogni carattere denota un morfema che indica il concetto e una sillaba che
indica il suono).
Sistemi fonografici:
SILLABOGRAFIA
Ogni carattere sta per una sillaba. (es. giapponese: scrittura mista di logogrammi cinesi e sillabogrammi)
ABJAD
Ogni carattere sta per una consonante. Il primo sistema di scrittura a base fonetica era un ab