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Il non-essere del soggetto
La celebre battuta di Amleto, "essere o non essere" racchiude il senso della conflittualità più intima del Rinascimento inglese, vi è riassunto il senso di una trasformazione radicale che investe tutti gli ambiti del conoscere e dell'esistere. Nel primo capitolo si è richiamata la distinzione semiotica tra essere (soggetto) e non-essere (oggetto), che costituisce il fondamento dell'ordine simbolico. In Hamlet, questa distinzione viene messa in discussione quando il soggetto (Amleto) incontra il suo volto umano e non lo riconosce, ponendo apertamente la questione del rapporto fra apparenza e sostanza, fra essere e non-essere. Questione che sarà ripresa e approfondita in Hamlet, dove vedremo agire lo specchio e l'ossimoro come forze rispettivamente finalizzate alla verifica di una verità enunciata, ma ancora non esperita, e allo smascheramento della natura multiforme di quanti entreranno nella sfera di riflessione di Amleto.
Del Villano, La messinscena dell'interiorità: Hamlet
e non essere là dove "essere" appare riconducibile all'ordine suggerito da Silvia Bigliazzi: simbolico e "non essere" rappresenta un allentamento delle sue maglie, inferito dalla studiosa a partire dalle declinazioni linguistico-retoriche di nothing. Al nulla simbolico, che racconta la "perdita del proprio io su piano semiotico", si affianca un ventaglio di ulteriori concezioni alle quali corrispondono varie tipologie di incipienti controdiscorsi. Espressione del tragico affiorare della soggettività profonda di quei personaggi che sono i detentori principali del Senso, figure alte di re, regine e principi, che finiscono per sconfessare la costruzione simbolica dell'io di cui fungono loro stessi da garanti. La soggettività rinascimentale si configura come uno spazio di negazione, ed è questo che ne costituisce la specificità rispetto al soggetto moderno. Negazione non equivale a un vuoto di senso, bensì identificaUn ambito in cui l'assenza (di quel simbolico in frantumi che Shakespeare mette in scena in Richard II) determinano come elementi significanti in sé. Questo spazio si apre in seguito ad una incrinatura nel rapporto che salda significante e significato. Il soggetto rinascimentale si forma quindi attraverso un processo di identificazione/incorporazione non del simbolico ma, appunto, della sua negazione. Un processo che è l'esempio si gioca su presenza e assenza, essere e non-essere. Amleto rappresentazione della soggettività così intesa, coagulata intorno ad una assenza, ma proprio per questo destinata a trovarsi disorientata, catturata dalla vertigine del nulla.
4.2. "Seems! Nay, it is": Fra essere e apparire Hamlet si apre in piena notte: sulle torri del castello di Elsinore, due sentinelle, Bernardo e Francisco si scambiano una rapidissima battuta (B: "Chi va là?" F: Rispondi a me, piuttosto.
Fermati e fatti riconoscere.)
Queste parole introducono due temi principali dell'opera. Il primo attiene all'identità e al punto di vista. È significativo che Hamlet inizi con una domanda collegata a un'identificazione. È sintomatico che Hamlet, lì dentro, il sicuro, il già noto, debba subire la richiesta di definizione del 'chi'. La misteriosità che lo avvolge - che tra l'altro allude a una condizione di incertezza - sembra rallentare il respiro di una Danimarca decadente. È ribadita subito dopo da "Unfold yourself", "rivelati", "mostrati". L'uso dell'imperativo segnala il tema dello svelamento, del portare alla luce, vale a dire il passo da nascondimento a rivelazione che Amleto richiede agli altri, ma al quale egli mai si sottopone. Nell'opera, all'essere si oppone il sembrare, che è tale perché falsificabile: la tensione tra essere e sembrare.
È subito stabilita, sebbene in forme ancora una volta problematiche. Se da un lato, infatti, l'opera allude ai limiti della rappresentazione, della forma che non riesce a catturare pienamente la sostanza, e ad un significato sempre decentrato e differito al momento dell'enunciazione, dall'altro crea l'illusione che una verità rispettivamente rappresentabile possa esistere, depositata in Amleto, il quale si propone come il nucleo di verità esistente seppure nascosta. Un altro personaggio chiave in questo gioco tra l'essere e l'apparire è Claudio, fratello del re appena morto, che sin dalle prime battute esibisce le sue qualità di politico abile, pronto e generoso verso i cortigiani (Polonio e Laerte) e astuto nel manipolare per farsi breccia nel cuore di Gertrude, riuscendo anche ad ottenere la sua mano. La serie di ossimori inaugurata da "defeated joy", nell'evidenziare la fusione di sentimenti associati al
funerale – che lo separa dal– ben sintetizza l’acuta sottigliezza difratello morto e che lo unisce al matrimonio
Claudio, oculato nel gestire la propria immagine, attento a ciò che si muove intorno al lui, sospettoso nei confronti del nipote di cui percepisce l’ostilità.
Il fantasma, Amleto padre, è l’enigma più complesso proposto dal primo atto: specchio del protagonista, suo doppio anche nel nome, ma al suo iniziale mostrarsi definito una ‘cosa’: (M: “What, has this thing appeared again to-night?” B: “I have seen nothing.”). Rilevante qui è il gioco assonante e antitetico tra le parole “thing” e “nothing”, scelte per connotare la natura liminale del fantasma, a un tempo presente e assente, inanimato e umano, vivo e morto. Claudio e Amleto padre, tra loro opposti e speculari, accomunati dalla struttura ossimorica che ne definisce l’essere e la funzione nel testo.
Costituiscono due figure della problematicità che il protagonista sarà chiamato a sciogliere. L'incontro con lo spettro tornato a reclamare vendetta inscrive apparentemente il dramma nel genere della revenge tragedy, ma il vendicatore non governa gli eventi provando a indirizzarli verso una rapida e sanguinosa vendetta, al contrario rallenta l'azione, la imprigiona in una serie di differimenti, di dubbi, di incertezze. La struttura di genere in Hamlet perde di forza: in questo dramma il protagonista gioca la partita con armi differenti, con strategie verbali e visive, soprattutto dissimulando, nascondendo i desideri e le intenzioni dietro la maschera di una "crafty madness", una "pazzia astuta" (terza identità ossimorica insieme a quella che il principe di Danimarca indossa subito dopo l'incontro di Claudio e del re morto), con il fantasma.
"A crafty madness": lo specchio di una verità
La triangolazione tra
Amleto padre, Claudio e Amleto figlio attivano un meccanismo di rispecchiamenti e identificazioni, mette soprattutto a confronto cause ed effetti della crisi ermeneutica che ha nullificato ogni referente. Ci riferiamo alla scomparsa del punto di riferimento ontologico, inscenata proprio da Amleto padre in quanto fantasma; all'inganno della contraffazione di parola e azione che ne consegue, rappresentato da Claudio, assassino machiavellicamente falso e cinico; infine alla crisi di chi (Amleto) è chiamato a interpretare gli eventi nella doppia accezione che la parola 'interpretare' può avere e di fatto ha nell'opera. Ossia, leggere la realtà come spettatore e recitarla da attore, porsi da un lato come soggetto di uno sguardo scoprire una verità esterna, e dall'altro rendersi oggetto di indagatore, che deve osservazione al proprio sguardo (riflessione) e soprattutto altrui (il giudizio, spesso invalidato da errate o male interpretate premesse).
Per fugare ogni dubbio sullaveridicità delle parole pronunciate dal fantasma in relazione al proprio assassinio, Amleto adotta una strategia composita che si muove in due direzioni, ciascuna con una sua precisa finalità. La prima, che potremmo definire dello svelamento e governata da un ossimoro, è quella di dissimulare i propositi che agitano il suo animo indossando la maschera del folle, cercando anche così di svelare i sentimenti profondi dei vari personaggi che abitano la corte. Quella di Amleto è una pazzia che ha in sé un metodo, come riconoscerà subito Polono, e ha una sua logica e un fine da conseguire. Nel suo essere folle Amleto assume su di sé alcuni dei tratti caratterizzanti del fool, il follesaggio che fonde in sé le due nature del mondo: la serietà e il riso, il dolce e l'amaro. Il fool è il detentore di un discorso che si esprime attraverso il motto e il nonsense. Caratteristiche che troviamo in Amleto.il quale costantemente zittisce il proprio interlocutore, lo lascia interdetto, smascherando con il commento salace la mistificazione della presunta saggezza, della falsa moralità e fedeltà. Nella prima apparizione pubblica di Amleto pazzo, la presunta pazzia di Amleto agisce come una specifica modalità discorsiva volta a spezzare il filo della logica di Polonio e quella delle aspettative che generano le sue domande, con un controdiscorso a un tempo assurdo e pregnante, costruito sulla centralità dell'avverbio "then" e sulla polisemia del termine "fishmonger". La paradossale doppia affermazione di Amleto, interrotta dalla negazione di Polonio, "sei un pescivendolo" - "no" - "allora vorrei che fossi almeno un uomo altrettanto onesto", determina come suo primo effetto un abbassamento comico dello statuto dell'interlocutore, che colloca Polonia su un gradino più basso rispetto a
quello occupato dal pescivendolo, perché non ugualmente retto. Come secondo effetto, la frase apre la porta al reale obiettivo delle parole di Amleto, ovvero dichiarare la disonestà di Polonio. Nella sua polisemia-nonsense, la frase rivela il vero pensiero di Amleto, per il quale Polonio sicuramente non è un ruffiano, o peggio. Il passo si chiude con l'allusione uomo onesto e sicuramente è a – "a daughter" – una figlia che produce una sinistra associazione di pensiero in cui si cela il nucleo della visione misogina del principe, costruita intorno al doppio significato di una parola, "carrion". I vermi che corrodono la carne morta, "carrion", – "prostituta" – sono associati al femminile attraverso il significato gergale che il termine ha e risultano collegati a "daughter" tramite la domanda successiva. L'allusione a Ofelia è colta anche da Polonio, il quale però,
incapace di decodificare la maschera di Amleto, vi vede