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TUTELA DEL DIRITTO AL RIMBORSO. LA FASE AMMINISTRATIVA.
Per ottenere il rimborso, l’interessato ha l’onere di presentare un'istanza, entro i termini e con
modalità prefissate. Vi sono regole generali in materia di rimborso:
- la domanda di rimborso dev’essere presentata entro 2 anni dal pagamento, oppure, se
posteriore, dal giorno in cui è sorto il diritto alla restituzione;
- se la domanda è esplicitamente respinta, il rifiuto è atto impugnabile dinanzi alla commissione
tributaria provinciale; 61
- se l’Amministrazione resta inerte per 90 giorni dalla presentazione dalla domanda di rimborso, il
silenzio si interpreta come il rifiuto e l'interessato può proporre ricorso alla commissione;
- in caso di silenzio, il contribuente può ricorrere solo dopo il novantesimo giorno, ma non oltre la
prescrizione del diritto alla restituzione.
IL RIMBORSO DELLE RITENUTE DIRETTE E DEI VERSAMENTI DIRETTI.
È necessario che sia presentata istanza all'Agenzia delle entrate entro il termine di decadenza di 48
mesi dal versamento.
Se il versamento riguarda ritenute indebitamente operate e versate, l’istanza può essere
presentata sia dal sostituto (che ha versato), sia dal sostituito (che ha subito la ritenuta).
Il termine di 48 mesi inizia a decorrere dal momento in cui è stato effettuato il versamento, o da
quando è stata operata la ritenuta, solo se essi sono indebiti dall’origine. Negli altri casi decorre dal
momento del versamento del saldo.
Il sostituito può tutelarsi: esponendo , in sede di dichiarazione, le ritenute subite e computarle
anche se non dovevano essere effettuate, oppure può presentare domanda di rimborso.
IL RIMBORSO DI SOMME RISCOSSE MEDIANTE RUOLO.
Quando vi è iscrizione a ruolo di una somma non dovuta, il contribuente può tutelarsi impugnando
il ruolo e chiedendo sia l’annullamento del ruolo, sia la condanna dell’Amministrazione a
rimborsare le somme indebitamente riscosse. Al rimborso delle somme iscritte a ruolo, che siano
riconosciute indebite, provvede l’agente della riscossione, su incarico dell’ufficio dell’Agenzia delle
entrate.
La restituzione presuppone l’annullamento del ruolo ed è quindi una conseguenza della sentenza
che accoglie l’impugnazione del ruolo. Questo orientamento non è da condividere perché il ruolo
non è atto costitutivo dell'obbligazione tributaria, ma strumento di riscossione. Anche se si
dovesse ritenere che la mancata impugnazione del ruolo impedisca il rimborso, resta fermo che la
preclusione non opera per le iscrizioni a ruolo a titolo provvisorio, “quando emergono ruoli
materiali o duplicazioni dovuti all’ufficio delle imposte” perché l’ufficio deve provvedere a
rimborsare le somme indebitamente iscritte a prescindere da qualsiasi iniziativa di parte.
IL RIMBORSO DI IMPOSTE INDIRETTE.
Deve essere chiesto all'ufficio che gestisce il tributo indebitamente pagato, ed il termine per
richiedere il rimborso è di 3 anni, decorrente da quando è avvenuto il pagamento indebito. Il
termine è di 2 anni per le accise.
IL TERMINE RESIDUALE BIENNALE.
Per l’Iva non è previsto nessun termine specifico per la presentazione dell'istanza di rimborso,
perciò si applica il termine residuale biennale. Significa che per la domanda di restituzione, in
mancanza di disposizioni specifiche, “non può essere presentata dopo 2 anni dal pagamento
ovvero, se posteriore, dal giorno in cui si è verificato il presupposto per la restituzione”.
62
IL RIMBORSO D'UFFICIO.
Di regola, il rimborso deve essere richiesto dall’interessato; ma vi sono dei casi in cui la legge
dispone che il rimborso deve essere disposto d'ufficio.
Devono essere rimborsate d'ufficio, dopo la sentenza della Commissione tributaria provinciale, le
somme riscosse in via provvisoria nel corso del giudizio di primo grado.; l’obbligo del rimborso
d’ufficio è un effetto della sentenza della Commissione provinciale, che annulla in tutto o in parte
un provvedimento impositivo, con la conseguenza che la somma versata in via provvisoria risulta in
tutto o in parte non dovuta.
Inoltre, esso avviene per le somme indebitamente riscosse a causa di errori materiali o duplicazioni
imputabili all'ufficio dell'Agenzia delle entrate.
I CREDITI DA DICHIARAZIONE.
Non derivano da un pagamento indebito. Vi sono:
- i crediti emergenti dalla dichiarazione dei redditi, che sorgono quando l'imposta dovuta risulti
inferiore alla somma dei versamenti d'acconto e dei crediti d'imposta. Il saldo creditorio che risulta
dalla dichiarazione dei redditi può essere riportato all’anno successivo, può essere chiesto a
rimborso o può essere ceduto.
I rimborsi risultanti dalla liquidazione della dichiarazione sono eseguiti d’ufficio.
- nell'Iva, si può avere l'imposta sugli acquisti (a credito) superiore all'imposta sulle vendite (a
debito). L'eccedenza è un credito del contribuente che può essere: compensato con debiti
d’imposta diversi dall’Iva, riportato a nuovo, per essere compensato con situazioni debitorie degli
anni successivi oppure chiesto a rimborso. La compensazione è la regola. Infatti il rimborso è
riservato a particolari contribuenti come chi cessa l’attività o ai non residenti. Può essere , invece,
richiesto da qualsiasi soggetto passivo, quando la dichiarazione risulta a credito per 2 anni di
seguito.
- nell'imposta di registro e nell'imposta sulle successioni vi sono ipotesi di crediti del contribuente
alla restituzione di imposte “regolarmente percette” ossia quando le somme versate sono, al
momento della versamento, dovute, ma che, per ragioni sopravvenute, risultano poi da restituire.
IL RIMBORSO D'UFFICIO DEI CREDITI DA DICHIARAZIONE.
Per il rimborso di crediti esposti nelle dichiarazioni Iva e in quelle dei redditi, il contribuente non ha
l’onere di presentare istanza di rimborso, essendo sufficiente l'esposizione del credito d’imposta
della dichiarazione.
L’esposizione di un credito d’imposta nella denuncia dei redditi costituisce istanza di rimborso. In
materia di Iva, il rimborso chiesto nella dichiarazione non deve essere seguito da apposita istanza;
il diritto al rimborso si prescrive in 10 anni. 63
INTERESSI PER RITARDATO RIMBORSO.
Il contribuente ha diritto all'interesse, nella misura percentuale prevista dalla legge, per ognuno
dei semestri interi, escluso il primo, compresi tra la data del versamento e la data dell'ordinativo di
rimborso.
In materia di crediti Iva, la legge prevede solo il tasso degli interessi. Gli interessi sono maturati
giorno per giorno.
Parte quarta: Le sanzioni
Capitolo 14 - LE SANZIONI AMMINISTRATIVE
LA DISTINZIONE TRA ILLECITI AMMINISTRATIVI E ILLECITI PENALI.
La violazione delle norme tributarie è accompagnata da sanzioni. La tipologia degli illeciti è legata a
quella delle sanzioni.
Le sanzioni penali sono contrassegnate da un determinato nomen (questo criterio di
classificazione degli illeciti è definito “nominalistico”): il codice penale classifica e denomina le
sanzioni penali, e dal nomen della sanzione, si deduce se l'illecito è di natura penale o
amministrativa; se è di natura penale, si stabilisce se è un delitto o una contravvenzione. Esse sono
regolate dal codice penale e sono inflitte dall'autorità giudiziaria.
Le sanzioni amministrative sono inflitte dall'Amministrazione finanziaria, con un provvedimento
amministrativo.
I MODELLI SANZIONATORI AMMINISTRATIVI.
La disciplina generale è contenuta nel D.lgs. 18 dicembre 1997, n. 472.
Nel modello vigente, la sanzione ha natura afflittiva. I caratteri dell’illecito amministrativo e delle
relative sanzioni sono molto prossimi agli illeciti e alle sanzioni del diritto penale. Il principio
ispiratore della disciplina è che la sanzione deve “punire” il trasgressore. Perciò ha rilievo
preminente l'elemento soggettivo (colpa o dolo); in caso di concorso di autori dell’illecito, la
responsabilità non è solidale; agli enti collettivi non è imputato l’illecito e ad essi non è irrogata la
sanzione; la sanzione non si trasmette agli eredi.
Le norme che dispongono o presuppongono l’irrogazione della sanzione alle persone fisiche che
hanno agito per una società o ente con personalità giuridica; non si applicano alle persone
giuridiche.
Si hanno quindi 2 modelli: uno che si applica alle società ed enti con personalità giuridica, l'altro
che si applica a tutti gli altri soggetti. 64
I PRINCIPI GENERALI DELLE SANZIONI AMMINISTRATIVE.
Il principio di legalità è un principio generale del sistema sanzionatorio. Esso contiene una
molteplicità di principi generali:
- “nessuno può essere assoggettato a sanzioni se non in forza di una legge entrata in vigore prima
della commissione della violazione ed esclusivamente nei casi considerati dalla legge” quindi: solo
la legge può comminare sanzioni, deve trattarsi di legge entrata in vigore prima della violazione e
la legge deve prevedere il fatto e la sanzione;
- “se la sanzione è stata già irrogata con provvedimento definitivo il debito residuo si estingue, ma
non è ammessa ripetizione di indebito” (caso in cui la violazione cessi del tutto di essere punita
-“se la legge in vigore al momento in cui è stata commessa la violazione e le leggi posteriori
stabiliscono sanzioni di entità diversa, si applica la legge più favorevole, salvo che il provvedimento
di irrogazione sia divenuto definitivo” (caso in cui la violazione continua ad essere illecito
amministrativo e viene mutata l'entità della sanzione).
Perché vi sia un illecito, devono ricorrere due elementi:
- un comportamento che viola una norma;
- un elemento soggettivo, di natura psicologica, e cioè l'imputabilità (è data dalla capacità di
intendere e di volere) e la colpevolezza (il dolo o la colpa).
SANZIONE PECUNIARIA E SANZIONI ACCESSORIE.
La sanzione pecuniaria (obbligo di pagare una somma di denaro) può essere: fissata tra un minimo
o un massimo (determinata discrezionalmente in base a diversi fattori), pari ad una frazione o
multiplo di un tributo o stabilita in misura fissa. Essa non produce interessi e non è trasmissibile
agli eredi.
Le sanzioni accessorie sono l'interdizione: dalla carica di amministratore, sindaco o revisore, dalla
partecipazione a gare pubbliche o dal conseguimento di licenze, concessioni e autorizzazioni e la
sospensione, per un massimo di 6 mesi, dall'esercizi