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Un ultimo tentativo per far sopravvivere questo equilibrio tra il re e l’assemblea sarà ordito
clandestinamente da Mirabeau, che cercherà di corrompere una parte dell’assemblea, inviterà il re a
emigrare per poi fare appello al popolo e sopprimere l’assemblea stessa. Il tentativo fallirà con la morte di
Mirabeau. In buona sostanza, tutto va rapidamente verso quella chiusura dei conti definitiva tra il partito
dell’aristocrazia che il re rappresenta e il partito della democrazia che invece è rappresentato
dall’assemblea costituente. (p 217)
02/11/17
Tredicesima lezione
30 novembre esonero
I lavori dell’assemblea costituente sono bloccati dall’aristocrazia e dall’agitazione del clero in risposta
all’agitazione delle masse popolari escluse dai principali settori di azione, non solo dalla vita politica, dal
voto, ma persino dalla presenza all’interno della garde nationale, esercito rivoluzionario costituito a
seguito degli avvenimenti della Bastiglia, a causa del sistema censitario.
La contro rivoluzione agisce in maniera esplicita per opera della nobiltà che è emigrata e si raduna alle
frontiere assieme alle forze straniere per reprimere la rivoluzione e ripristinare l’ancien régime; in più vi è
l’organizzazione all’interno di colpi di mano, sommosse, riunioni eversive che soprattutto in provincia
vanno nelle zone del midi (sud), della Vandea, della Bretagna e Normandia organizzandosi.
Il clero refrattario aizza le masse popolari con lo spauracchio dell’inferno.
In risposta alle organizzazioni contro rivoluzionarie, i cordeliers e la parte più avanzata dei giacobini cercano
di rispondere per superare l’oscurantismo della religione proponendo una sorta di nuova religione
rivoluzionaria, un culto patriottico dei martiri rivoluzionari.
A livello più strettamente politico, per bocca dei loro rappresentanti chiedono, in maniera sempre più
esistente, il suffragio universale, cioè la possibilità che tutti i cittadini maschi, anche degli incapienti,
votino.
Sempre di più al loro interno si diffonde un sentimento nuovo di ostilità verso l’istituzione monarchica che
ha aderito alla rivoluzione come scelta tattica ed è accusata di agire di nascosto per fomentare la contro
rivoluzione. 51
Due questioni cominciano a essere sempre più pressanti a causa della crisi che la rivoluzione liberale non è
in grado di risolvere: la tassazione e la questione agraria. Si chiede una divisione più democratica delle
terre sottratte al clero secondo nuovi criteri che permettano anche ai piccoli contadini di acquisirle.
La borghesia costituente, che è il nerbo dell’assemblea, si irrigidisce di fronte a questa duplice minaccia
che viene da una parte dalla destra, dalle forze reazionarie del clero, monarchia e aristocrazia e dall’altra
dalle masse popolari, lo fa riaggregando attorno al triumvirato, Duport, Barnave, Lameth, che soppianta La
Fayette e Mirabeau cerca di restringere i vincoli classisti e censitari della costituzione del ’91,
adoperandosi per alzare le soglie che rendono possibile l’accesso all’attività elettorale e vietando le
petizioni popolari ma anche aumentando la quota di reddito per potere accedere alla garde nationale. Chi
porta le armi deve essere fidato e le masse popolari, a questo stato della rivoluzione, non lo sono.
Poi c’è la loi Chapelier, che abolisce il diritto di sciopero.
Vi è tutta una serie di riforme che tendono a riunire attorno alla corona riformata l’alta borghesia e quella
parte dialogante dell’aristocrazia che però è ristretta, il modello inglese non tenta gli aristocratici francesi.
Sono gli ultimi periodi nei quali si tenta di realizzare l’alleanza tra ricchi e poveri sul modello inglese,
tuttavia visto il fallimento si dovrà ricorrere ad altri mezzi.
I riflessi della rivoluzione all’esterno
Piano piano i dirigenti degli Stati europei iniziano a rendersi conto di ciò che sta avvenendo in Francia, ciò li
farà reagire. La pressione che viene da fuori renderà necessario un ulteriore salto qualitativo della
rivoluzione. Il re si dimostrerà organico all’aristocrazia facendo appello allo straniero per reprimere la
rivoluzione.
Rivoluzione coincide ancora con sentimento nazionale.
Il re, re di Francia poi diventato re dei francesi, apparirà assieme all’aristocrazia a lui fedele, sempre più agli
occhi della nazione, il capo del partito anti nazionale, quindi l’anti Francia.
L’esito di questa grande cospirazione ordita dal re, dall’aristocrazia, da parte del clero e degli stranieri,
contro la Francia rivoluzionaria sarà la guerra, che inizia nel ’91-’92 e terminerà di fatto solo nel 1815 con gli
accordi di Vienna. Per quanto la rivoluzione tenderà ad evolversi, la Francia rivoluzionaria fino al 1815 sarà
considerata il nemico pubblico numero 1 delle potenze europee.
In Europa ci sono delle reazioni di importanti intellettuali di fine ‘700, filosofi tedeschi come Fichte e poi
Hegel, di estrema ammirazione per la Francia rivoluzionaria. Comincerà quasi immediatamente dopo gli
avvenimenti dell’89 una sorta di pellegrinaggio laico di stranieri dalle idee liberali e democratiche verso la
Francia come se fosse in un certo qual modo la nuova patria della libertà e pieno soprattutto in ambito
inglese di poesie verso la Francia rivoluzionaria. Particolarmente inglesi e tedeschi vedono di buon occhio
la Francia rivoluzionaria.
Qualcuno si stabilirà in via permanente in Francia e sarà nella convenzione giacobina. Accanto alla
partecipazione artistica ed emotiva dei letterati, addirittura dei contadini soggetti del re di Prussia e
all’imperatore austriaco, tenteranno di rivoltarsi per ottenere nei loro Paesi l’abolizione degli odiati privilegi
feudali che gravano quasi in tutta Europa.
In reazione, l’aristocrazia europea, non tutta ma quasi, eccettuati quei piccoli nuclei di aristocratici
rivoluzionari, si dichiara contro rivoluzionaria e almeno a parole si dichiara propensa a seguire l’appello che
i fratelli del re faranno nei loro confronti per salvare la feudalità e la monarchia in Francia. Addirittura, nel
’90, con Burke verrà formalizzato una sorta di vangelo contro rivoluzionario, le “Riflessioni sulla Rivoluzione
in Francia”. Si diffonde, tramite questo testo e a seguito della pressione di alcuni monarchi, l’idea di
formare un cordone sanitario attorno alla Francia per fermare la diffusione della pericolosa peste
rivoluzionaria.
Nella primavera del ’91 il papa, Pio VI, condanna la Rivoluzione, a partire dalla dichiarazione dei diritti
dell’uomo e del cittadino alla costituzione civile del clero.
Si crea un blocco, ancora non compatto né attivo, aristocratico-monarchico contro la Francia, che sempre
più assume l’aspetto di un Paese isolato, un po’ considerato una sorta di Paese canaglia in Europa, dove la
rivoluzione ha avuto luogo e dove si sono realizzati dei principi che possono essere pericolosamente
esportati in tutta Europa e quindi vanno fermati. 52
Luigi XVI, pur con le scarse capacità intellettive in suo possesso, cerca di adoperarsi con i mezzi diplomatici
che gli vengono offerte, presso queste potenze straniere per salvare se stesso, la sua famiglia e l’istituzione
monarchica. Un ruolo di prima grandezza è svolto dalla regina: Maria Antonietta, austriaca, è molto attiva
verso l’imperatore (austriaco) e altri nobili onde sobillarli a questo intervento a difesa dell’aristocrazia per
contrastare la rivoluzione. Questo intervento vede la costituzione di un piccolo esercito di aristocratici
emigrati sotto la guida del principe di Condé, una delle più grandi famiglie della nobiltà francese.
Alla fine del ’90, il re, per accelerare questo processo e smuovere il torpore dei monarchi europei che a
parole dichiarano il loro sostegno ma nei fatti esitano a intervenire, comincia a progettare la fuga, dà il
mandato al generale de Bouillé di preparare la sua fuga per poter richiamare le nazioni europee dall’estero
a intervenire e essere riportato in Francia in una condizione di restaurato ancien régime. Il re diventa un re
di tradimento.
Questo progetto di fuga avviene perché i re europei esitano a intervenire nella Francia, di fatto la guerra
non piace a nessuno perché costa. In quel contesto storico l’Europa non è del tutto pacificata, c’è la
questione polacca in sospeso, è in corso l’ennesima spartizione della Polonia e quindi nessuno vuole
investire le sue divisioni militari a ovest quando a est la questione non è chiara perché così facendo
rischierebbe la sua porzione di Polonia.
Alcuni Paesi come l’Inghilterra vedono di buon occhio l’indebolimento della Francia perché c’è un
competitore in meno sulla scena internazionale.
Ci sono due questioni che possono essere un buon pretesto per sollevare l’ostilità dei Paesi stranieri: i
territori dell’Alsazia (al confine con la Prussia, se la sono rimpallata da una parte all’altra fino alla fine della
II guerra mondiale) e il Comtat Venaissin.
Alcuni dei principi tedeschi sono signori feudali di alcuni importanti feudi dell’Alsazia e, dopo l’abolizione
dei privilegi feudali della notte del 4 agosto, hanno perso le rendite dei loro terreni e le reclamano indietro.
Il Comtat Venaissin apparteneva giuridicamente al papato, per esser stato secoli addietro sede papale, e
rispondeva direttamente alla curia pontificia. Qui succede che i militanti organizzano una sorta di
referendum per l’annessione alla Francia, cioè per abbandonare la tutela papale ed essere integrati nella
Francia rivoluzionaria. La questione è complicata ma viene formandosi un concetto che appartiene al
diritto internazionale moderno e contemporaneo: i costituenti francesi decidono, sovvertendo delle regole
secolari e millenarie, di rifiutare il diritto di conquista, non vogliono invadere militarmente il Comtat, ma
contemporaneamente riconoscono la legittimità giuridica di questa espressione della volontà popolare, si
abbandona il droit de conquête e lo si sostituisce con quello dell’autodeterminazione della volontà
popolare. In un primo momento affideranno la decisione al papa, aspetteranno che il papato si decida e,
vedendo l’atteggiamento di chiusura del papa nei confronti delle loro richieste, entreranno pacificamente
nel Comtat Venaissin e rispettando l’autodeterminazione popolare questo diventerà parte giuridicamente
dei dipartimenti francesi.
Nessuno dei due fronti aperti riesce a costituire una coalizione e il re fugge.
Nei confronti dei principi alsaziani sarà proposto un indennizzo ma q