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Introduzione delle festività mariane a Roma nel VII secolo
Nel VII secolo, è stato ipotizzato che sia stato introdotto per la prima volta a Roma intorno alla metà del VII secolo, probabilmente da papa Teodoro I (642-9), figlio di un vescovo di Gerusalemme. Il Liber Pontificalis ne parla solo sotto la rubrica di Sergio I, il quale stabilì che le feste della Presentazione al Tempio (2 febbraio), dell'Annunciazione (25 marzo), dell'Assunzione (15 agosto) e la Natività di Maria (8 settembre) dovrebbero essere celebrate ciascuna con una solenne processione di veglia che culmina in S. Maria Maggiore, il più grande santuario mariano di Roma (vedi Capitolo 1). Il Liber Pontificalis fa riferimento inizialmente alla Presentazione come al "Natale di San Simeone, che i Greci chiamano Hypapante". Simeone morì dopo aver finalmente visto la Luce di Cristo nel Tempio e, secondo la credenza cristiana, il giorno della morte coincideva con la nascita alla vita celeste. Egli era chiaramente percepito.
come una figura chiave che collegava l'Antico con il Nuovo Testamento, l'antica promessa di dispensazione con la nuova offerta da Cristo. 4. Altri temi della ricorrenza/festa/celebrazione Tra le prime omelie orientali sull'Ipapante c'è quella scritta dal patriarca Sofronio di Gerusalemme che esemplifica come veniva percepito il sacro incontro al Tempio nella Palestina del VII secolo. Eccezionale per il suo stile e la sua complessità tra le prime omelie greche sull'Ipapante, questa rivela che la festa celebrava una ricchezza di temi. Sofronio apre l'omelia affermando che il mistero focale delle celebrazioni è l'Incarnazione, attraverso la quale la Luce è venuta nel mondo per illuminarne le tenebre. Più volte egli amplifica il riconoscimento da parte di Simeone del Bambino come la "vera luce" venuta a dissipare le tenebre spirituali. Adottando un frasario calcedoniano, Sofronio sottolinea che Cristo ha ricevuto unIl corpo umano, grazie a sua madre immacolata, è diventato una sintesi unica della natura divina e di quella umana. Sebbene Dio sia 'ἀπέργραπτος', cioè 'incircoscrivibile', Maria ha potuto portarlo tra le sue braccia da Betlemme a Gerusalemme. Inoltre, più avanti nell'omelia, il patriarca torna sul paradosso di Dio che è infinito ma accetta la reclusione in un corpo umano dopo essere 'nato nella carne' (per la redenzione dell'umanità). Verso la fine dell'omelia, Sofronio commenta nuovamente la natura di Cristo parlando degli uccelli che Maria e Giuseppe portarono al tempio. Questi uccelli sono da lodare perché sono esempi di purezza (entrambe le specie), castità (tortore) e innocenza (piccioni); ma soprattutto vede nei due uccelli un'allusione alle due nature di Cristo – su cui insiste durante tutta l'omelia. Nonostante non sia
apertamente menzionata, è quievidente la preoccupazione di difendere la cristologia di Calcedonia contro le "deviazioni" come il monoergismo (la dottrina dell'unica operazione in Cristo) e il monotelismo (la dottrina dell'unica volontà in Cristo). Il desiderio di Sofronio per la correttezza dottrinale (o ἀκρίβεια) è ben attestata. L'umiltà è un altro tema importante sottolineato dal patriarca di Gerusalemme. Come il bambino Cristo subì la "circoncisione della carne" otto giorni dopo la nascita, per dimostrare che non era venuto per sovvertire la Legge (cfr Mt 5,17: "Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto ad abolirli ma a darli compimento"), così sua madre subì la purificazione rituale dopo il parto, sebbene non avesse avuto rapporti sessuali, né avesse partorito un peccatore. Sofronio riporta nel
discorso la fisicità di Maria. Tenendo tra le braccia il Bambino, Simeone le pronuncia un discorso memorabile, commovente, che va oltre il racconto del Vangelo. Egli profetizza che una spada trafiggerà l'anima di Maria, alludendo ai dolori che ella soffrirà vedendo suo Figlio crocifisso. Tuttavia, Sofronio si lascia rassicurare, affermando che i dolori fisici saranno superati da Maria dai teneri ricordi del suo concepimento verginale e del suo parto di Cristo. Maria e Simeone sono gli esempi che Sofronio propone al suo popolo. Nel corso dell'omelia, esorta più volte il suo gregge ad affrettarsi alla processione della vigilia della festa e a prendere Cristo "con riverenza" tra le braccia: devono seguire l'esempio di Maria, che portò in braccio il Bambino Gesù da Betlemme, e di Simeone, che lo abbracciò senza fare domande al suo arrivo a Gerusalemme. Nella processione i fedeli hanno bisogno di tenere candele accese che
Alludono allo splendore delle loro anime pronte all'incontro con il Salvatore. Egli vede, infatti, il ritoliturgico come efficace nel portare misticamente gli iniziati alla perfezione. Poiché allude a riti e pratiche liturgiche celebrati a Gerusalemme, dove la festa ebbe origine, l'omelia di Sofronio divenne probabilmente un esempio oltre i confini della Palestina occupata. Pauline Allen ritiene che questa omelia, o una molto simile, sia stata esportata dal Vicino Oriente a Roma prima della fine del VII secolo, e là abbia preso forma il modo in cui la festa sarebbe stata celebrata e percepita per secoli. Nel periodo in cui Sofronio era lontano dalla Palestina, trascorse anche un po' di tempo a Roma con il suo maestro Giovanni Mosco prima di essere nominato patriarca di Gerusalemme. Un importante flusso di manoscritti, così come di pratiche religiose non scritte, deve essere fluito dalla Palestina a Roma negli anni '40 del 600 con Massimo il Confessore.
discepolo di Sofronio, e i suoi seguaci palestinesi. Essi assunsero la ferma posizione di Sofronio contro le eresie e furono cruciali nel sostenere il Sinodo Lateranense che anatemizzò il monoenergismo e il monotelismo nel 649. Questo sinodo e il concilio tenutosi a Costantinopoli nel 680-1 bandirono queste "eresie" e affermarono la perfetta unione del divino e dell'umano nel Dio incarnato.
È difficile dimostrare che coloro che idearono le pitture murali o i mosaici, raffiguranti la Presentazione al tempio di Giovanni VII in S. Maria Antiqua e in San Pietro, conoscessero l'omelia di Sofronio e vi trovassero ispirazione. Tuttavia, la tradizione religiosa rappresentata nella sua omelia sembra essere il terreno ideale da cui nasce e fiorisce il loro immaginario. Come l'omelia del patriarca di Gerusalemme ha messo a fuoco i principali protagonisti dell'evento, la loro povertà, umiltà e capacità di riconoscere nel piccolo bambino.
La Luce del Salvatore, così hanno fatto anche i murali di S. Maria Antiqua e i mosaici di San Pietro. Il loro "primopiano" visivo su Maria, Simeone e il Bambino Cristo si concentrava sull'umiltà di Madre e Figlio nel sottomettersi alla Legge di Mosè, e sulla fragile struttura umana del Bambino in cui Maria e Simeone percepiscono la sua immensa divinità (metteva in risalto anche il Bambino come la vera offerta al Tempio). Che sia specificamente attraverso l'omelia di Sofronio o meno, possiamo essere d'accordo con Allen sul fatto che la cultura religiosa palestinese riflessa in questo testo potrebbe aver influenzato il modo in cui la presentazione del Cristo Bambino al Tempio venne comunemente percepita a Roma alla fine del VII e l'inizio dell'VIII secolo.
5. Le prime omelie latine sulla Presentazione. La festa/ricorrenza/celebrazione della Presentazione del Bambino Gesù al Tempio veniva celebrata in Occidente almeno a
partire dal VII secolo, quando era conosciuta come festa di San Simeone. Nonostante ciò, non si conosce alcuna omelia latina originale per questa festa prima che Beda ne compose una in Northumbria (Il regno di Northumbria era situato nell'attuale Inghilterra settentrionale e Scozia sudorientale) prima del 731 (quando la sua raccolta di omelie fu terminata). All'inizio dell'VIII secolo le quattro feste mariane celebrate a Roma erano state adottate nell'Inghilterra anglosassone insieme al relativo materiale liturgico, probabilmente come risultato diretto dei frequenti rapporti con la sede apostolica. Beda ha intitolato la sua omelia "in purificatione", mentre nel suo martirologio (per martirologio in origine si intendeva la narrazione di notizie relative ai martiri cristiani dei primi secoli dell'era corrente) elenca la festa del 2 febbraio come 'Candelaria, Purificatio Mariae' alludendo quindi alla processione a lume di candela che.caratterizzava la festa. Giungendo in Occidente con il nome di Hypapante, ovvero il Natale di San Simeone, come la chiamava il Liber Pontificalis nei primi anni dell'VIII secolo, subito dopo la festa venne ribattezzata Purificazione di Maria, che sottolinea il suo ruolo centrale nell'evento evangelico, o Candelora, in riferimento alla processione vegliata gerosolimitana (di Gerusalemme) al lume di candela che fu introdotta anche a Roma alla fine del VII secolo. Il Sacramentario Gelasiano, libro utilizzato dal sacerdote celebrante contenente le parole che doveva pronunciare o cantare durante la Messa e altri riti, prodotto in Gallia intorno al 750, optò per un nome riferito al tema della Purificazione di Maria. Il Sacramentario Gregoriano, il cui nucleo corrisponde alla raccolta inviata da Adriano a Carlo Magno alla fine dell'VIII secolo, conservò il titolo greco. La varietà linguistica del nome della festa nelle fonti orientali e occidentali suggerisce chel'episodio della presentazione di Gesù Bambino al tempio fosse percepito come teologicamente ricco e sfaccettato. Qualche decennio dopo Beda, intorno o dopo la metà dell'VIII secolo, Ambrogio Autperto scrisse la sua omelia per la festa che, egli osserva, ancora «è ignorata da alcuni cristiani», alludendo alla sua limitata diffusione in Occidente. I primi esemplari esistenti di manoscritti che trasmettono l'omelia di Autperto, databili entro la prima metà del IX secolo e relativi ad alcuni dei più importanti monasteri del dominio carolingio, utilizzano il titolo greco Hypapante (Figura 5.23). Nei manoscritti del X secolo il titolo ha il termine latino purificatio, più strettamente legato a Maria. Come ci si poteva aspettare, le fonti comuni delle omelie sulla Presentazione di Beda e Autperto sono state identificate nei Padri della Chiesa occidentale: Ambrogio, Agostino e Girolamo (bisogna specificare che a lezione la Profha).detto che tra i padri fondatori della chiesa occidentale va inserito anche papa Gregorio Magno). Autpertosi rifaceva anche a Gregorio Magno, Fulgenzio di Ruspe e Beda, ma non si avvalse delle quattro omelie che ALANO DA FARFA raccolse per la festa con brani di Ambrogio, Leone Magno e dello Pseudo-Agostino. I Padri della Chiesa, Be