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2. ELEMENTI PER UNA TEORIA DELLA RESPONSABILITA’
Etimologia e semantica: dall’imputabilità alla responsabilità
Spondeo —> origine latina. Sponsio —> offerta e stipulazione di un patto. Poiché ogni
impresa comporta un rischio è quindi naturalmente preceduta da una offerta di sicurezza
(spondè). Esempio sposalizio —> il padre affida e si fa garante, il marito risponde
assumendo l’offerta, cioè si impegna. Quanto conta sono gli effetti dell’atto, la dinamica
relazionale è sottodeterminata. La componente intenzionale o volontaria dell’atto è
sottostimata. In senso più arcaico la questione è più simile al principio di garanzia. Poiché
si scosti da questo modello deve emergere la sfera dell’individualità, l’individuo non deve
essere soggetto al destino.
In età classica l’dea di responsabilità emerge lentamente sullo sfondo del modello
antropologico arcaico omerica, in cui la valutazione morale è legata al contenuto materiale
dell’azione, indipendentemente dalle intenzioni dell’agente.
Aristotele prova a definire la specificità della cassazione dell’atto umano. Il punto sta nel
definire quando possiamo effettivamente essere ritenuti causa o principio delle nostre
azioni.
L’attenzione si focalizza sulla distinzione tra spontaneo e non spontaneo. L’idea del gesto
compiuto di sua spinte da l’idea che non si da completamente stacco rispetto alla catena
delle cause. Aristotele sostiene che se si da iniziativa spontanea, questa richiede di essere
frutto di un movente interno, deve venire da noi e al tempo stesso implicare un
perfezionamento della scelta.
Aitoi oscilla tra causa e responsabilità. Essendo per Aristotele volontario ciò che ha la
propria origine o causa in se stesso, la responsabilità rischia comunque di risultare
schiacciata sull’idea di causazione.
Quanto è in ritardo è in definitiva l’emergere dell’autonomia dell’individuo, del soggetto e
delle relazioni.
L’antecedente moderno all’idea di responsabilità è l’imputabilità che ha il suo pieno
sviluppo nel Settecento, con l’idea di individuo, cittadino, soggetto capacitario,
caratterizzato cioè dalle sue facoltà, dal suo saper e poter fare, in relazione al quale è
possibile mettere sul conto come imputazione e quindi l’attribuzione dello statuto di
persona e la concessione dei diritti.
Il concetto di persona è un costrutto concettuale filosofico-giuridico le cui radici affondano
nel diritto romano. Nella modernità la categoria di persona rappresenta un passo in avanti
rispetto alla categoria di soggetto e differisce rispetto a quella più ampia di essere umano.
Ridefinire il subjectum juris nel senso della qualitas moralis personae significa pensarlo
come non isolato o astratto, fino all’idea di persona sociale. In ogni caso la nozione di
persona ha alle spalle la nozione diritto che trae la sua forza dallo stato.
Al contrario la nozione di essere umano oscilla tra l’estensivo e l’intensivo. Al di là della
cittadinanza siamo tutti esseri umani, ma anche incondizionatamente. Un uomo,
un’ecceità, rispetto ad esso interviene in prima battuta la categoria del dovere.
La formulazione più rigorosa dell’idea di imputabilità e la sua relazione con la nozione di
persona in quanto soggetto di capacità e dunque titolato a rispondere delle sue azioni è
elaborata da Kant. L’imputazione nel significato morale è il giudizio mediante cui alcuno è
considerato autore di un’azione la quale è sottomessa alle leggi e che allora si chiama
fatto. Persona è quel soggetto le cui azioni sono suscettibili di imputazione. La personalità
morale è la libertà di un individuo ragionevole sottomesso a leggi morali.
Vi è persona quando c’è imputabilità: rispondere di sé. Chi risponde è lo stesso attore che
ha compiuto il fatto.
Con l’imputabilità dunque la responsabilità è verso il “già fatto” e limitata, calcolabile.
Nietzsche sostiene che la lunga storia dell’origine della responsabilità è finalizzata alla
produzione di uomini uniformi, regolari e calcolabili. Lo schema è quello del ristabilimento
di un ordine infranto. Nell’idea di responsabilità come imputabilità vi è uno sminuimento
dell’idea stessa di responsabilità, la quale risulta concepita solo come rispondere di e non
rispondere a.
Quando si passa dall’imputabilità alla responsabilità quest’ultima ri-orienta la proprie
proiezione, non rivolgendosi più solo al passato, ma questa volta al futuro. Non solo
rispetto al già fatto ma al da-farsi. Il concetto di responsabilità, rispetto a quello di
imputabilità, custodisce in sé un elemento di eccedenza. Essa si trova di fronte a doveri
che non sono solo il correlato di diritti, ovvero doveri che riguardano solo me nei confronti
dell’altro e non l’altro nei miei.
Respondeo —> Rispondere, una parola preceduta da altro. L’obbligo diventa dunque
obbedienza. Aprirsi all’ascolto come un’attività orientata e chiamata alla risposta, obbedire,
rispondere. Una chiamata all’essere responsabili che proviene da fuori, dall’altro.
Etica dei principi ed etica della responsabilità
Distinzione di Weber:
- Etica dei principi —> orientamento al valore
- Etica della responsabilità —> Riferimento allo scopo e la posizione da assumere deriva
da un calcolo di fini, mezzi e conseguenze dell’azione.
Weber vuole coniugare i due elementi.
Prima parte della sua riflessione: figura del politico che, in quanto funzionario nello stato
moderno, fa sì che la politica si leghi al servizio. Si fa strada l’idea di responsabilità in
ambito politico. Vi è nella risposta responsabile alla chiamata della politica il
riconoscimento di una vocatio.
Se l’assunzione di responsabilità rispetto all’esercizio del potere non è più derivata da una
legittimazione che proviene dall’alto, chi ne è titolare necessita di un supplemento etico.
Dalla combinatoria dei due modelli nascono due paradossi:
- come si definisce e si riconosce l’essere investiti dalla vocazione ed assumersi una
responsabilità nei confronti della comunità politica.
- Il dilemma etico di compiere una scelta tra le esigenze dell’etica della convinzione (tener
fermi i principi) e le spinte dell’etica della responsabilità (calcolare le conseguenze).
In entrambi i casi l’etica fa da argine al delirio di onnipotenza.
Weber sostiene che pensare la responsabilità significa aspirare all’impossibile.
L’antecedente di questa visione si può trovare in Hegel nella direzione di un’estensione e
ampliamento dell’idea di responsabilità. Essa si emancipa piano piano anche dalla
nozione di colpa. L’atto compiuto dalla volontà soggettiva produce un’alterazione
nell’esistenza di ciò che su cui interviene; di questo porta la responsabilità. L’atto è in tal
senso condizione, fondamento e causa della circostanza.
Quanto rende problematica la definizione dei limiti dell’imputazione è la finitezza della
volontà soggettiva. La volontà ha diritto di riconoscersi responsabile solo rispetto alle
conseguenze calcolabili, ma in quanto agisce sotto le condizioni di finitezza, è in balia
della legge del ribaltamento dell’accidentalità in necessità e viceversa.
Perduto il riferimento al fondamento metafisico o sistematico, nell’epoca della complessità,
il calcolo degli effetti si spinge fino all’imponderabile. Si configura come una difficoltà
insormontabile di assegnare la responsabilità.
Come combinare il fatalismo post-moderno dilagante, il sentimento oggi diffuso che il
destino ci è assegnato e che le nostre azioni poco incidono sul corso degli eventi, con
un’esperienza del sentirsi responsabili che non paralizzi ma che al contrario motivi
l’azione?
- Etiche dell’intenzione —> universalismo, validità universale dei principi di riferimento.
Mancano di realismo
- Etiche della responsabilità —> realismo consequenzialista, la valutazione morale
dell’atto dipende dagli effetti reali che produce. Non hanno cogenza normativa,
manifestano un difetto di prescrittività.
Le etiche della responsabilità più raffinate tendono a presentarsi al tempo stesso come
realistiche e universalistiche. E’ necessario che esse siano in grado di individuare un
principio o movente morale e allo stesso tempo mostrare come esso non sia dato, ma da
attuarsi.
Responsabilità giuridica, morale, politica, metafisica
- Responsabilità giuridica —> è tale di fronte al tribunale della legge. Responsabilità
civile: riparare i danni compiuti con dolo o colpa, responsabilità che deriva dalla
violazione di un obbligo nella sfera dei rapporti privati. Responsabilità penale:
rispondere di comportamenti penalmente illeciti caratterizzati dall’elemento della
colpevolezza e con l’obbligo di sopportare la pena.
In entrambi i casi abbiamo un’obbligazione: riparare il danno o subire una pena.
- Responsabilità morale —> è la colpa per le azioni compiute da un individuo. Siamo
chiamati a rispondere davanti al tribunale della coscienza. Kant sostiene che a questo
giudice interno è possibile non prestare attenzione e tuttavia è impossibile non udirlo.
Ha la forma di un rapporto dell’uomo con se stesso, però si presenta come
un’ingiunzione proveniente da un’altra persona. Hannah Arendt riformula questa idea
con la tesi del due-in-uno della coscienza. La differenza e l’alterità sono i requisiti
dell’esistenza di un io umano. Nel caso della colpa morale l’assunzione di responsabilità
è a priori dato che il giudice è il condannato stesso. Per questa ragione la conseguenza
della colpa morale sono l’espiazione e la rigenerazione, ovvero un percorso interiore
che implica l’assenso e produce i suoi effetti sul mondo.
- Responsabilità politica —> nei confronti delle azioni compiute sia dagli uomini di stato
sia dai cittadini appartenenti a quello stato, in ragione del fatto che essi devono a
quest’ultimo le condizioni della propria esistenza. Responsabilità “collettiva” —> ad una
collettività può essere imputata una colpa, ma non &