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La volontà riflettente è l’Io infinito che formalmente è distaccato dal contenuto; sa di esserlo,
eppure dipende dal contenuto degli impulsi, ecc., nella misura in cui può sceglierli determinandosi
in essi (ma può anche non sceglierli rimanendo nell’infinitezza della sua indeterminazione). Qui c’è
comunque una forte contraddizione, in quanto l’Io "è legato" e al contempo "non è legato" al
contenuto della sua scelta. Qui però la Libertà della volontà si determina come arbitrio.
L’arbitrio è proprio questa contraddizione: la riflessione libera che astrae da ogni cosa e la
dipendenza da un contenuto dato interiormente o esteriormente. Il contenuto è in sé necessario
come fine della scelta, d’altra parte è solo possibile rispetto a quella riflessione (può non essere
scelto). Perciò l’arbitrio è l’accidentalità della volontà. "Quando si sente dire che la Libertà in
generale consisterebbe nel poter fare ciò che si vuole [arbitrio puro], una tale rappresentazione
può essere presa soltanto per mancanza totale di educazione del pensiero; in essa non si trova
ancora nessun sentore di cosa sia la volontà libera in sé e per sé, il diritto, l’eticità, ecc.”. L’arbitrio
dunque è la volontà come contraddizione: la riflessione (soggetto) non ha sé come oggetto ma
un’entità altra e finita (gli impulsi, ecc.). E’ una mancata autodeterminazione che si pretende invece
tale. C’è solo la forma dell’autodeterminazione. L’arbitrio è una "illusione" se lo si considera la
Libertà in quanto tale. La volontà decidente può anche determinarsi come volontà che non decide:
rinuncia ogni volta al contenuto determinato della sua decisione, sostituendolo con un altro e così
via all’infinito. Ma questo è un cattivo infinito che lascia pur sempre separati forma e contenuto.
L’arbitrio è contraddizione anche perché "la dialettica degli impulsi e inclinazioni si manifesta nel
disturbo reciproco degli impulsi, nel fatto che l’appagamento dell’uno comporta la subordinazione o
il sacrificio dell’altro,ecc.". D’altra parte c’è anche la dialettica della valutazione degli impulsi che se
nella loro immediatezza vengono considerati buoni, allora l’uomo è buono per natura, se cattivi,
allora l’uomo è detto cattivo per natura. La necessità di una purificazione degli impulsi sorge nella
misura in cui sorge la necessità di coglierli a partire dal concetto: questo è il contenuto della
scienza del diritto. La purificazione comincia quando si applica agli impulsi quella riflessione che li
calcola in base al raggiungimento della felicità (“questa germinazione dell’universalità del pensiero
è il valore assoluto della cultura”).
La volontà libera in sé e per sé: identità fra volontà e libertà. La volontà ha per oggetto se
stessa. La volontà pensa se stessa (“la volontà è volontà vera e libera unicamente come
intelligenza pensante”). Questo è il principio del diritto. ("lo schiavo non si pensa").
Dire che la volontà essente in sé e per sé è pensiero non vuol dire che non è reale. Anzi è infinitum
actu (realmente-infinito), non è mera potentia. E’ l’esistenza del Concetto in cui l’esteriorità
oggettiva è la sua stessa interiorità. Viene a cadere ogni rapporto di dipendenza da Altro. La
volontà è qui universale (l’universale essente in sé e per sé è, in generale, ciò che si chiama il
razionale). D. Lo sviluppo dell’idea astratta della Libertà
La volontà ha mostrato di avere due lati: soggettivo e oggettivo. L’Io=Io (unità assoluta
dell’autocoscienza con sé) e il lato esteriore dell’esserci e dell’esistenza. La loro natura dialettica fa
sì che questi due lati passino ciascuno nel suo opposto. "Il concetto astratto dell’Idea della volontà
è, in generale, la volontà libera che vuole la volontà libera”: l’attività della volontà è dunque quella
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di rimuovere la contraddizione tra soggettivo e oggettivo. Su questa ‘astrazione’ (identità astratta e
semplice della volontà con se stessa) si basa la totalità del sistema dell’Idea di libertà, e cioè la
filosofia del diritto hegeliana.
"Che un’esistenza in generale sia esistenza della volontà libera: questo è il diritto. In generale
quindi il diritto è la libertà in quanto Idea”: riconoscere la realtà esistente (oggetto) come esistenza
della volontà libera (soggetto) questo è il Diritto in quanto unità di soggetto e oggetto. Che si
realizza come libertà razionale; come Idea di libertà (unità di pensiero e realtà).
La libertà auto-cosciente esiste come diritto. Segue una digressione sul metodo dialettico; come si
sviluppa il diritto dall’astratto al concreto. La Dialettica è l’anima del contenuto.
Lo Spirito oggettivo è l’esistenza della Ragione della Cosa (l’esistenza della razionalità del diritto).
Portare a consapevolezza questa ragione è il compito della Scienza, nella quale lo Spirito è
massimamente libero (la scienza del diritto è lo Spirito che riconosce il diritto come suo prodotto).
La differenza fra determinazioni del concetto e figurazioni può essere così sintetizzata: quello che
nell’esposizione viene prima, nell’esistenza viene dopo, e viceversa. Nell’esposizione si parte
dall’astratto per arrivare al concreto; nella realtà esiste innanzitutto il concreto dal quale, per
riflessione, possiamo astrarre.
G. W. F. HEGEL - Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio, parte III
Filosofia dello spirito
La terza parte dell’Enciclopedia è dedicata alla filosofia dello spirito. Dopo essersi estraniata nella
natura, l’idea può tornare in sé e acquistare consapevolezza di sé, nel linguaggio hegeliano può
essere non solo in sé, ma anche per sé. L’idea ritornata in sé, l’idea pienamente attuata, la realtà
nella sua forma più alta, è lo Spirito. Lo Spirito è sintesi vivente dell’idea (tesi) e della natura
(antitesi), è dunque l’assoluto. Il processo dello Spirito si articola in 3 momenti: quello dell’idea in
sé; quello dell’idea fuori sé; quello dell’idea in sé e per sé o che ritorna a sé. A questi 3 momenti
corrispondono 3 sezioni del sapere filosofico:
- la logica;
- la filosofia della natura;
- la filosofia dello spirito: è la scienza dell’idea in sé e per sé, che dalla sua alienazione ritorna
in sé.
La filosofia dello spirito si articola a sua volta in tre momenti:
- spirito soggettivo;
- spirito oggettivo;
- spirito assoluto. Lo spirito soggettivo
È il momento di transizione in cui lo Spirito emerge dalla Natura e attraverso essa passa nell'uomo
cosciente e infine nella sua attività di pensiero e azione. Anche lo spirito soggettivo si divide in tre
figure:
- Antropologia: si occupa dello studio dell'anima, la quale non è altro che quel legame tra spirito e
natura inteso da Hegel come carattere;
- Fenomenologia: studia lo spirito come “coscienza", “autocoscienza" e “ragione”;
- Psicologia: studia lo spirito nelle sue manifestazioni ossia: conoscere teoretico-spirito
teoretico (processo tramite cui la ragione trova se stessa dentro di sé), attività pratica-spirito
pratico (unità di manifestazioni tramite cui lo spirito giunge in possesso di sé stesso
dall’esterno) e volere libero-spirito libero (sintesi dei primi due momenti in quanto lo spirito,
dopo aver trovato se stesso sia interiormente che esteriormente, si rende conto di essere
libero). La psicologia - spirito pratico e spirito libero
Inizialmente lo spirito pratico trova se stesso come singolarità determinata nella sua natura
interiore. Essendo in sé soggettività identica alla ragione, ha certamente il contenuto della ragione,
come contenuto immediatamente singolare, quindi naturale, accidentale e soggettivo. Quando ci si
appella al soggetto nella misura in cui entro esso sono unificati tutti i diversi sentimenti pratici,
allora ciò ha:
- il senso corretto per cui tali determinazioni sono le sue proprie determinazioni immanenti;
- il senso per cui il sentimento stesso può essere la totalità contro le astrazioni unilaterali
dell’intelletto. 7
Il razionale è lo stesso contenuto che si trova nel sentimento pratico buono. E’ assurdo credere
che nel passaggio dal sentimento al diritto e al dovere, il contenuto perda qualcosa; altrettanto
assurdo è considerare l’intelligenza come superflua e nociva al sentimento, al cuore e alla volontà.
La verità e la razionalità della volontà possono avere luogo unicamente nell’universalità
dell’intelligenza, non nella singolarità del sentimento in quanto tale. Per l’intelletto, una volta
separati sentimento e spirito pensante, è difficile divincolarsi da tale separazione e giungere a
rappresentarsi che nell’uomo c’è soltanto un’unica ragione, nel sentimento, nella volontà e nel
pensiero. A questa si riconnette un’altra difficoltà per l’intelletto, la quale deriva dal fatto che le idee
appartenenti unicamente allo spirito pensante (Dio, Diritto, Eticità) possono essere anche oggetto
di sentimento. Non ci si può arrestare al sentimento e al cuore e contrapporli alla razionalità
pensata, al diritto e al dovere. Ciò che nel sentimento e nel cuore è un plus rispetto alla razionalità
pensante, infatti, consiste soltanto nella soggettività particolare, nella vanità e nell’arbitrio. Per lo
stesso motivo è errato, nella considerazione scientifica dei sentimenti, mirare a qualcosa di diverso
dalla loro forma e concentrarsi sul contenuto. Per la considerazione specifica dei sentimenti pratici
restano dunque soltanto quelli egoistici e cattivi. Il loro contenuto è il contrario di quello dei diritti e
dei doveri, ma appunto per questo essi ricevono la loro determinatezza più precisa unicamente
nell’opposizione verso questi diritti e doveri.
Il sentimento pratico implica il dover-esse