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Il problema della conoscenza: i diversi sensi di verità
Nelle orazioni Gorgia dimostra di possedere una visione variegata del concetto di verità: da un
«non bisogna credere a quanti opinano, ma a quanti sanno
lato afferma che » (Difesa di
Palamede, 24); dall’altro lato Gorgia mette in guardia sul fatto che in una situazione
sconvolgente la verità possa portare più rischi che soluzioni, e quindi essere pericolosa. A ben
vedere, però, il giudizio non è in alcun modo negativo: la verità e la situazione fattuale, sebbene
spesso siano rischiosi, alle volte possono costituire una soluzione. Ciò che Gorgia rigetta è una
concezione assoluta e unilaterale del vero, sottolineando invece la sua dipendenza dal contesto
specifico in cui ci si trova: la verità deve essere detta o omessa in relazione alla situazione,
altrimenti può portare a incomprensioni od equivoci. In effetti, Gorgia spiega come in alcuni casi,
come ad esempio nel caso in cui l’uditore sia già a conoscenza della verità dei fatti, sia utile e
eikos”:
più efficace accantonare il vero in favore dell’” questo termine greco possiede una duplice
accezione, “verosimile” in riferimento all’uditorio e “probabile” rispetto alla realtà. Queste due
accezioni dell’eikos emergono da entrambe le opere gorgiane: nell’Elena Gorgia presenta le
cause probabili/verosimili che possono aver spinto Elena a fuggire con Paride (la scelta del
probabile in questo caso è necessaria poiché non è possibile conoscere con certezza tutti i fatti
avvenuti). L’eikos viene impiegato anche da Palamede per difendersi dalle accuse di Odisseo, in
questo caso il logos, la parola assume la duplice funzione di verosimile per i giudici e di probabile
per far fronte all’impossibilità di conoscere – e quindi anche di riportare fedelmente- fatti che non
sono accaduti (ricordiamo che l’Itacese accusa ingiustamente Palamede). La scelta del
verosimile, poi, non è assoluta ma vale solo in alcuni casi: Gorgia non nega la possibilità di
conoscere qualcosa in modo oggettivo, ad esempio la bellezza di Elena è un dato oggettivo
perché confermata da uomini molto diversi tra di loro. In conclusione, in Gorgia emergono
diverse accezioni di “vero”: una verità assoluta di matrice eleatica che va rifiutata in quanto
problematica e dannosa, una verità oggettiva dei fatti che però può imporsi solo quando il
soggetto ha fatto diretta esperienza di questi. Infine vi è l’eikos, il verosimile/probabile, che nei
discorsi risulta necessario quando manca la conoscenza diretta degli accadimenti in questione, e
che allo scopo di persuadere e convincere l’ascoltatore risulta addirittura più efficace della verità
stessa – a patto però che tale discorso verosimile venga costruito in modo coerente e razionale.
Parallela alla diversificazione del concetto di verità vi è una distinzione dei livelli di conoscenza:
episteme”)
anzitutto Gorgia distingue tre tipi di conoscenza: la conoscenza (“ umana, ossia la
doxa”)
conoscenza chiara di come sono andati i fatti, l’opinione (“ che nell’Elena coincide con il
Difesa
verosimile di cui si è parlato sopra, mentre nel contesto giuridico della essa è debole in
quanto infondata; e da ultimo vi è la verità, la conoscenza assoluta già ribaltata nel trattato e
che anche nelle opere retoriche viene definita per lo più come inutile o addirittura dannosa.
Gorgia fornisce in seguito delle indicazioni circa le modalità grazie a cui è possibile produrre una
conoscenza adeguata: in primis vi sono i nostri sensi, in secondo luogo l’esperienza diretta e
infine la testimonianza altrui. Gorgia sottolinea più volte l’importanza dei sensi – e in particolar
modo della vista- per la formazione dei pensieri: i sensi imprimono nell’anima la
rappresentazione delle cose, e in questo modo attestano l’oggettività del mondo sensibile che
percepiamo. Ma i sensi possono anche provocare emozioni forti, sia in negativo che in positivo, e
in questo modo possono condizionare il comportamento dell’individuo. Inoltre, gli uomini
possiedono modalità conoscitive – oltre che sentimenti- simili, e ciò rende possibile la
condivisione degli stessi: nell’Elena Gorgia sottolinea proprio tale concetto per mettere in luce
come ciò che è accaduto alla principessa troiana, ossia essere ammaliata da qualcuno che le ha
“catturato la vista”, sarebbe potuto accadere a chiunque.
Questa attestazione dell’oggettività delle cose percepite, l’importanza attribuita ai sensi nonché
la riflessione sui concetti di verità e di conoscenza sono riconducibili tutti ad una visione
realistica e tutt’altro che relativistica della realtà: come abbiamo visto, Gorgia rifiuta sola la
verità intesa in senso assoluto, mentre valorizza la verità che concerne i fatti degli uomini,
rimarcando al contempo la necessità di qualificare il vero in relazione al contesto specifico (la
verità, ad esempio, è gnoseologicamente superiore alla doxa, mentre dal punto di vista della
persuasione dell’uditorio nei discorsi al vero è preferibile l’eikos).
La dimensione comunicativa
«La parola è un potente sovrano, che con un corpo piccolissimo e del tutto invisibile compie
opere assolutamente divine» (Encomio di Elena, 8)
Nelle opere retoriche Gorgia non manca di sottolineare il potere che la parola esercita sull’animo
umano, definendolo quasi tirannico e paragonandolo a quello dei farmaci sul corpo. Il logos
produce un inganno, una fascinazione sull’uditorio, ma questa può avere una valenza sia
negativa (quando, ad esempio, convince di opinioni false negli uomini che non hanno
conoscenza reale dei fatti) sia positiva -come quella prodotta dalla poesia o dal teatro. La
persuasione che nasce in seno ad un discorso produce effetti concreti negli uomini e li spinge
tecnica di dominio»,
all’agire, per questo Gorgia definisce la retorica « come riporta Platone nel
Gorgia
suo dialogo (452E-453A). Un discorso persuasivo, quando non retto su una solida
episteme, può condurre ad esiti nefasti, per questo, sottolinea il retore di Leontini, è
fondamentale coltivare le conoscenze. Egli ne elenca di tre tipi: quella degli studiosi del cosmo
(Gorgia non disprezza affatto le conoscenze naturalistiche), al secondo posto il sapere dei retori,
che possono convincere le folle tramite discorsi verosimili; e infine le discussioni dei filosofi,
gnoseologicamente inferiori poiché si muovono a livello di opinione.
Un altro aspetto che il nostro valorizza è la coerenza logica che un discorso deve possedere per
affermare il vero e confutare il falso. Qui il vero non è inteso in termini assoluti, ma è connesso
allo scopo di persuadere l’uditorio, e per farlo è necessario rispettare una certa razionalità logica
«credere ad un uomo che, pronunciando lo stesso discorso, a proposito degli
che impedisce di
stessi argomenti, dice cose del tutto contrarie » (Difesa di Palamede, 25): Odisseo, in sostanza,
sta violando il principio di non contraddizione e questo rende la sua accusa non credibile. Questa
valorizzazione del rigore logico-argomentativo non implica in Gorgia il trascurare la dimensione
dei fatti: ad una accusa non suffragata da prove concrete, Palamede risponde con gli atti che egli
Difesa di Palamede
ha compiuto per beneficiare la Grecia. In 33-34 viene dichiarato in modo
non dovete prestare attenzione alle parole più
inequivocabile il prevalere dei fatti sul discorso, «
che alle azioni». L’esaltazione dei fatti la ritroviamo anche in altri passi del Palamede, ove Gorgia
physis nomos,
riflette sul rapporto tra e ossia tra legge naturale, necessaria e sempre uguale per
tutti e perciò esente dal giudizio morale, e la legge umana, spesso violenta e fallibile: i giudici
stanno qui correndo il rischio di giudicare colpevole un uomo innocente perché giudicano non
sulla base della conoscenza dei fatti, ma sulla base dell’opinione, per questo è necessario
procedere con cautela al vaglio degli accadimenti. In conclusione, in Gorgia non vi è mai un
contrasto tra il discorso e i fatti, anzi vi è un connubio equilibrato tra i due aspetti: da un lato è
fondamentale l’elemento della persuasione dell’uditorio, che può anche prescindere dai fatti,
dall’altro questi sono fondamentali per validare la verità, che a sua volta non può emergere
senza adeguate tecniche comunicative. Come ha sottolineato Montano, in Gorgia la parola
avvalora il dato fattuale, la realtà fenomenica in quanto essa si configura come l’unica realtà con
cui il soggetto entra in contatto e su cui si può basare per condurre la sua esistenza.
La «legge divina e generale» del “kairos”
Da quanto trattato sin qui, emerge come Gorgia rifiuti di ragionare in termini assoluti ed abbracci
piuttosto uno sguardo polivoco sulla realtà indagata: la verità viene qualificata in relazione al
contesto specifico in cui ci si trovi, ed anche nella visione gorgiana della giustizia viene criticata
l’eccessiva rigidità della legge umana, che spesso non tiene conto delle peculiarità del singolo
caso e che quindi talvolta va accantonata in favore di altri principi regolatori, come l’uguaglianza
o il buon senso. Questo non implica, però, l’assenza totale di norme che guidino l’agire umano,
kairos,
esiste infatti una legge “divina”, ossia superiore e generale, il termine greco che indica il
“momento opportuno”, che designa l’appropriatezza e la convenienza di una azione in base ad
una situazione specifica. Questo principio normativo possiede in Gorgia una valenza sia etica,
individuando ciò che si deve e non si deve fare, sia retorica, indicando ciò che è opportuno dire
in un dato momento. Per questo è fondamentale analizzare attentamente la circostanza attuale,
solo osservando tutti gli elementi in gioco è possibile cogliere ciò che è più appropriato fare:
l’etica gorgiana non viene definita tramite norme generali e astratte che valgono per tutti e in
qualsiasi tempo, bensì essa si configura come un’etica situazionale, che impone di dire o di
tacere, di agire o di restare inerti a seconda della situazione specifica in cui si opera. Il criterio
individuato da Gorgia risulta del tutto assimilabile al criterio dell’utile indicato da Protagora,
sofista che anticipa la speculazione gorgiana di qualche anno. Il kairos gorgiano &