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CAMBIAMENTI DELLE CONSONANTI
▪ palatalizzazione e velarizzazione secondo il luogo di articolazione;
▪ nasalizzazione, affricazione, fricativizzazione secondo il modo di articolazione;
▪ sonorizzazione, desonorizzazione secondo il grado.
Il cambiamento può riguardare anche la lunghezza di un suono:
▪ le vocali possono essere soggette ad allungamento o accorciamento.
▪ le consonanti possono essere soggette a geminazione o degeminazione.
3.2 Rafforzamento e indebolimento
Il cambiamento si può vedere come un rafforzamento o un indebolimento. Tutti i suoni linguistici si possono infatti collocare su una scala che vede a un estremo le consonanti più "consonantiche", cioè quelle che oppongono più resistenza al libero flusso dell'aria, all'altro la vocale per eccellenza, prodotta con più pienezza di suono:
Un cambiamento da destra verso sinistra in questa scala sarà dunque un rafforzamento, mentre
Un cambiamento da sinistra a destra un indebolimento. Spesso il cambiamento obbedisce a delle tendenze universali legate agli aspetti fisici e naturali della tendenza a preferire il linguaggio. In molte lingue c'è legge del contatto sillabico, secondo la quale in un gruppo di due consonanti a cavallo del confine sillabico [C.C] (ovvero consonante.consonante) la consonante in coda è più debole di quella in attacco. Dobbiamo aggiungere che ci sono dei contesti che favoriscono i processi di indebolimento: le consonanti resistono bene in posizione iniziale di parola o dopo un'altra consonante, ma tendono a indebolirsi in posizione intervocalica. Però non tutti i processi sono sensibili al confine di parola: per esempio, in si è indebolita solo all'interno di parola (bucca > toscano (e dunque in italiano) la B bocca, faba > fava), in napoletano anche all'inizio di parola (bucca > vocca, faba > fava).
3.3 Cambiamenti regolari e
alta successiva. AbbiamoIn un’epocadunque una regola fonologica che determina i contesti di chiusura della vocale tonica.remota la chiusura della vocale era determinata dalla vocale finale (*mortu), ma in seguito la /u/ finale siconfuse con /o/, e la chiusura perse di conseguenza la sua motivazione fonologica. Possiamo parlare dimorfologizzazione del processo o di lessicalizzazione (perché la vocale chiusa è presente nellarappresentazione lessicale della parola).In italiano si dice non so cantare ma si può dire cantar bene, con cancellazione della vocale finale innesso sintattico; in spagnolo gli stessi enunciati suonano no sé cantar e cantar bien. È evidente che initaliano l’apocope è un processo sincronico, in spagnolo un cambiamento diacronico: in italianopossiamo ricondurre cantar a una forma base cantare, in spagnolo la vocale finale è definitivamentescomparsa.Come si intuisce, i cambiamenti diacronici nascono spesso
come processi sincronici. Si prenda come esempio la PROSTESI: si tratta di un fenomeno fonetico non regolare, detto accidente, che accade per equilibrare una sequenza fonica altrimenti sgradita al sistema della lingua in questione. 3.5 Conseguenze sul sistema fonologico: Possiamo distinguere il cambiamento anche in base all'impatto: - fonologizzazione: un fonema si scinde in due, normalmente attraverso un processo di variazione allofonica. Ad esempio, in latino "e" e "i" avevano lo stesso fonema occlusivo velare sordo /k/; mentre in italiano "amico" e "amici" hanno due fonemi diversi; - defonologizzazione: due fonemi si fondono in uno; - rifonologizzazione: un'antica opposizione quantitativa latina tra "rosa" (il fiore) e "rosa" (participio passato di "rodere") è diventata un'opposizione qualitativa in italiano (rosa diventata [ɔ]sa).- r[o]sa).
CAPITOLO IV
Il vocalismo
È noto che in alcune lingue la lunghezza o quantità vocalica ha valore distintivo. In latino la lunghezza vocalica permetteva di distinguere coppie minime come, ad esempio, pālus ‘palo’ e pălus ‘palude’.
Il latino aveva dieci fonemi vocalici (sistema decavocalico) ripartiti su tre gradi di apertura: due “a” non dovevano avere un timbro sensibilmente diverso. Quanto alle vocali alte e medie, è probabile che le lunghe fossero realizzate come chiuse o tese, le brevi come aperte o rilassate.
Oltre alle dieci vocali, il latino possedeva i dittonghi [aw] (es. auru‘oro’) e [oj] (poena ‘pena’), e il trittongo [eaw] (caelu ‘cielo’).
Nella maggior parte delle lingue romanze, la posizione dell’accento è libera. Ad esempio in spagnolo, a parità di materiale segmentale (ossia dei fonemi implicati), il solo accento permette di distinguere parole come ‘animo, coraggio’ e ‘ánimo, animo’.
‘(io) animo’ e ‘(lui) animò’. Ciòdistinguere ánimo animo animó è impossibile in latino, dove la posizione dell’accento è determinata dalla struttura della parola, e in particolare dalla che attrae l’accento se pesante, lo ricaccia sulla terzultima se leggera (legge dellapenultima sillaba, penultima). Sono leggere le sillabe che hanno una vocale breve e non hanno coda sillabica, come in pér.fĭ.cit ‘conclude’, lé.gĕ.re ‘lèggere’, au.rí.cŭ.la ‘orecchio’; sono pesanti tutte le altre sillabe: a) vocale lunga o dittongo; b) vocale breve + consonante; “sillaba c) vocale lunga + consonante, quest’ultimo caso, che possiamo definire di iperpesante”, era più raro e già nel latino arcaico tendeva a essere evitato, la cosa si rafforzò nel latino tardo. Un caso speciale è rappresentato dalle parole che hanno un gruppo
di muta cum liquida, ossia formato da una consonante ostruente (occlusiva o fricativa) e da una liquida (laterale o vibrante). In questi casi, come mostra la metrica, il latino ammetteva doppia scansione:
- Scansione eterosillabica, il limite sillabico cadeva tra le due consonanti e così la sillaba pesante che si è imposta nel passaggio attirava l'accento (TE.NÉ.BRAS), questa è l'ipotesi dal latino alle lingue romanze;
- Scansione in cui il limite sillabico cadeva dopo la vocale e quindi la sillaba leggera faceva sullaterzultimarimbalzare l'accento (TÉ.NE.BRAS) è rimasto dove era.
Di norma l'accento in latino, ma in alcuni casi no:
- quello in cui una vocale, diventando asillabica, ha ricacciato l'accento sulla vocale contigua (es. filiŏlu > filiólu > spagn. hijuelo, fr. filleul, it. figliolo);
- quello in cui l'accento, originariamente sul prefisso, (renĕgoè stato spostato sulla radice >
quattro gradi di apertura, con distinzione tra medio-basse e medio-altaed "e chiusa", "o aperta" e "o chiusa". Questo sistema è detto romanzo comune, perchè comune allamaggior parte delle lingue romanze.con confusione di ē ĭ, con quattro gradi di apertura, ma asimmetria tra latob) Un sistema esavocalicoanteriore, con due vocali medie, e lato posteriore, con una sola. Questo sistema è detto balcanico, perchècaratteristico del rumeno (ma è presente forse anche in una piccola area lucana).c) Un sistema pentavocalico a tre gradi di apertura, senza confusione tra vocali latine di diverso gradod'apertura. perchè tipico della Sardegna (ma è presente anche in un'area alconfine tra la Basilicata e la Calabria).C'è poi un altro sistema, detto siciliano, ma diffuso anche in Calabria, Campania meridionale e Salento:che questo sistema sia
Un'evoluzione diretta di quello latino o siad) Per quanto alcuni credanoimparentato con quello sardo, sembra più probabile che si tratti di una tappa ulteriore del sistemain /i/ (nivi 'neve' = filu 'filo') e di /o/ in /u/ (nuci 'noce' = mururomanzo comune, con fusione di /e/'muro').
4.3 Differenziazione vocalicaIl fenomeno della differenziazione vocalica possiamo vederlo in francese: tutte le vocali romanzecomuni, tranne le chiuse /i u/ hanno avuto uno sviluppo differente a seconda che fossero:
a) libere (in sillaba aperta);
b) bloccate (in sillaba chiusa).
In sillaba aperta, le vocali medio-alte danno luogo originariamente a dittonghi discendenti (odecrescenti), quelle medio basse a dittonghi ascendenti (o crescenti).
Gli esiti delle vocali posteriori si sono confusi in seguito alla dissimilazione di [o] in [e] e allacoalescenza dei due elementi del dittongo (veut, fleur).