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L’intervento ha mostrato un
dalle 32 settimane di età gestazionale, per far sì che l’esperienza sia ben tollerata.
incremento del peso e una riduzione dei tempi di degenza, ma nessun effetto sullo sviluppo cognitivo.
La terapia di video-intervento è una metodologia cognitivo-comportamentale, basata sul concetto di
mentalizzazione, che aiuta i genitori a interpretare correttamente i segnali del bambino, riducendo di
conseguenza l’ansia genitoriale. La procedura richiede di realizzare dei video durante alcuni momenti
interattivi rilevanti (alimentazione, cambio, gioco), video che vengono poi analizzati dai genitori insieme a un
terapeuta che ne sottolinea soprattutto gli aspetti positivi.
Valutazione dei trattamenti, monitoraggio e follow-up
Valutazione dei trattamenti. Esistono certe difficoltà nel valutare oggettivamente gli esiti degli interventi,
soprattutto quelli centrati sul coinvolgimento genitoriale. Sono tre i motivi: a) soggettività; b) problemi
metodologici quali l’assenza di un gruppo di controllo o di blinding degli esaminatori; c) problemi nel valutare
gli esiti a lungo termine. Spittle ha preso in rassegna una serie di interventi precoci (con inizio entro il primo
anno di vita) volti a migliorare l’outcome motorio e cognitivo nei pretermine. I risultati hanno mostrato che:
a) gli interventi precoci influiscono positivamente sullo sviluppo cognitivo in età prescolare; b) effetti più
deboli si riscontrano sullo sviluppo motorio; c) pochi studi si focalizzano sull’outcome a lungo termine.
Il monitoraggio. Il monitoraggio dello sviluppo, sia negli aspetti quantitativi che qualitativi, è importante per
identificare precocemente le difficoltà; in particolare, occorre prestare attenzione non solo al risultato, ma
anche alle risorse iniziali e al processo messo in atto per giungere a tale risultato.
I follow-up. Nei follow-up vengono effettuati controlli medici e neuropsicologici con una frequenza variabile
a seconda delle fasi evolutive. Tali controlli devono fare riferimento al tempo trascorso e ai progressi e seguire
un principio di economia nella scelta delle prove da somministrare. Infine, è importante costruire uno spazio
di condivisione delle conoscenze con i genitori, indispensabile affinché le indicazioni fornite vengano seguite
(«alleanza genitori-operatori» come fattore protettivo).
–
Slide 5 Fattori di rischio e di protezione ambientali
Interazione geni-ambiente-individuo. L’importanza dell’ambiente è stata messa in evidenza da
Bronfenbrenner e Thelen. Bronfenbrenner ipotizza l’esistenza di diversi ambienti di sviluppo: i microsistemi,
cioè gli ambienti con cui il bambino ha contatti diretti; i mesosistemi, cioè relazioni fra microsistemi in cui il
bambino è inserito; gli esosistemi, cioè contesti non sperimentati dal bambino, ma che influenzano i
microsistemi e i mesosistemi (es. l’ambiente lavorativo dei genitori); i macrosistemi, cioè il contesto socio-
economico, le istituzioni, gli insiemi di valori. Nella teoria dei sistemi dinamici di Thelen si afferma poi
l’importanza non solo delle esperienze, ma anche degli eventi casuali, esperienze imprevedibili che possono
avere conseguenze importanti sullo sviluppo (malattie, incidenti, opportunità).
Il comportamento è dato dall’interazione di fattori individuali e ambientali. In particolare, definiamo
ambiente individuale quello vissuto dal singolo individuo in un dato momento, e che pertanto si differenzia
dall’ambiente vissuto da altri individui o dallo stesso individuo in momenti diversi, anche per influenza delle
caratteristiche individuali, dal momento che l’individuo contribuisce a creare il proprio ambiente. La genetica
comportamentale ha evidenziato come l’interazione geni-ambiente sia molto più complessa di quanto
inizialmente ipotizzato: ad esempio, esistono geni strutturali (non influenzabili dall’ambiente) e geni
regolatori (che controllano l’espressione dei geni strutturali). Oltretutto, i geni spiegano circa il 50% delle
caratteristiche individuali (QI, personalità, predisposizioni).
Effetti della deprivazione ambientale. I risultati dell’English and Romanian Adoptees Study dimostrano gli
effetti della deprivazione ambientale sullo sviluppo. Lo studio ha coinvolto bambini che hanno vissuto i primi
mesi di vita in orfanotrofi rumeni e sono stati poi adottati da famiglie inglesi; le condizioni degli orfanotrofi
erano caratterizzate da scarsità di igiene, cura individuale e stimolazione cognitiva e sociale. I bambini sono
stati valutati in follow-up condotti a 6, 11, 15, 22 e 25 anni, e i risultati hanno indicato che i bambini esposti
per meno di 6 mesi a un ambiente deprivante non hanno esiti negativi a lungo termine, mentre gli altri
presentano conseguenze a livello cognitivo e sociale anche in adolescenza e in età adulta.
La scala HOME. La scala HOME (Home Observation for the Measurement of the Environment) è un
questionario-intervista che valuta attraverso 6 sottoscale la qualità della stimolazione cognitiva, emotiva e
sociale del bambino all’interno dell’ambiente domestico. Le scale sono le seguenti: 1) responsività genitoriale;
2) accettazione del bambino; 3) organizzazione dell’ambiente; 4) disponibilità di materiali di gioco adeguati;
5) coinvolgimento genitoriale; 6) varietà della stimolazione. La compilazione stessa aiuta il genitore a prestare
attenzione a questi aspetti. I punteggi sono predittivi dello sviluppo del linguaggio: ad esempio, le sottoscale
di responsività genitoriale, disponibilità di giochi adeguati e coinvolgimento genitoriale, compilate a 6 e 24
mesi, predicono le abilità linguistiche a 3 anni, per cui un intervento di potenziamento del linguaggio dovrebbe
focalizzarsi su questi aspetti.
Esposizione precoce al linguaggio. Feti di 34 settimane (o al 7° mese di gravidanza) rispondono alle
stimolazioni acustiche e sono in grado di ricordarle. Il paradigma sperimentale è stato il seguente: si applica
uno stimolo vibroacustico all’addome della madre, si registrano i movimenti fetali in risposta allo stimolo entro
un secondo dalla stimolazione; dopo 4 stimolazioni, i movimenti scompaiono per abituazione; dopo 4
settimane, si ripete la procedura e si nota che la risposta motoria fetale è notevolmente inferiore, dal momento
che il feto ricorda lo stimolo.
Fattori di rischio ambientali. Tra i fattori di rischio ambientali rientrano le caratteristiche fisiche
dell’ambiente e gli aspetti relazionali. Spesso le caratteristiche dell’ambiente influenzano gli aspetti relazionali.
Segue una descrizione dei principali fattori di rischio ambientali.
1) Povertà. Alla povertà si associano problemi di salute, di alimentazione e fattori psicosociali che impediscono
di raggiungere il proprio potenziale.
Fattori di salute: a) scarso accrescimento intrauterino, che determina uno sviluppo cognitivo inferiore e una
maggior frequenza di problemi comportamentali in adolescenza.
Fattori di alimentazione: a) malnutrizione, che determina ridotto QI e rendimento scolastico; b) carenza di
iodio, che può determinare ipotiroidismo (la più comune e prevenibile causa di disabilità intellettiva); c)
carenza di ferro, con effetti sullo sviluppo intellettivo e socio-emotivo; d) maggior rischio di infezioni, con
effetti sul sistema nervoso e sullo sviluppo cognitivo.
Fattori psicosociali: maggiore frequenza di depressione materna (con conseguente minore qualità delle cure e
disturbi dell’attaccamento) e maggiore esposizione alla violenza (es. situazioni di guerra), con conseguenti
PTSD e problemi attentivi.
2) Livello socioeconomico. Un basso livello socioeconomico è spesso legato ad altri fattori di rischio (madri
adolescenti, famiglie numerose) e ha effetti negativi sul rendimento scolastico e sullo sviluppo cognitivo,
emotivo e sociale. In letteratura è sorto un problema metodologico: come si deve misurare il livello di sviluppo
socio-economico? Alcuni possibili indicatori sono il livello occupazionale e di istruzione dei genitori, il reddito
e le condizioni di abitazione (es. ambiente rurale o urbano).
Esiti sull’ambiente fisico: a) scarsa disponibilità di giochi; b) ridotte esperienze culturali.
Effetti sull’ambiente relazionale: a) maggiore conflittualità genitoriale; b) maggiore conflittualità genitori-
figli; c) famiglie numerose; d) fatalismo, cioè minor senso di efficacia da parte dei genitori; e) maggior livello
di stress genitoriale; f) minore coerenza nelle condotte educative (ad esempio, alternare punizioni rigide a
disinvestimento).
Esiti sullo sviluppo generale: a) difficoltà di autoregolazione; b) minore capacità di ritardare la gratificazione;
c) bassa autostima e autoefficacia; d) maggiore vulnerabilità, anche fisica; e) rischio di condotte devianti.
3) Minoranze etniche. L’appartenenza a minoranze etniche può portare a isolamento sociale e di conseguenza a
problemi linguistici. Tuttavia, nelle seconde generazioni si riscontrano minori difficoltà.
4) Stress genitoriale. Lo stress genitoriale è un fattore di rischio per la relazione genitore-bambino e per lo
sviluppo cognitivo, linguistico ed emotivo. A loro volta rappresentano fattori di rischio per lo stress genitoriale:
1) problemi di salute o di sviluppo del bambino: non deve trattarsi necessariamente di una patologia grave; ad
esempio, può trattarsi di allergie alimentari, cronicità della situazione, modificazione delle abitudini e costante
percezione del pericolo; 2) condizioni sociali sfavorevoli (es. isolamento); 3) condizioni economiche e
situazioni lavorative sfavorevoli.
Influenze dello stress genitoriale e dello svantaggio socioeconomico sullo sviluppo linguistico. Il modo in cui
i genitori parlano ai bambini (input linguistico) è influenzato dal livello socioeconomico e dallo stress
genitoriale. Rappresentano fattori di rischio in questo senso: 1) l’utilizzo di un codice linguistico diverso (ad
esempio, più ristretto); 2) l’utilizzo di funzioni comunicative diverse (es. più direttive); 3) diversità delle
caratteristiche prosodiche (minore modulazione del contorno intonazionale nei genitori stressati). Da uno
studio sull’effetto dello status socioeconomico sull’input linguistico rivolto a bambini di 30 mesi emerge che
le madri con minore livello di educazione e reddito più basso: a) usano un vocabolario più ristretto; b)
producono frasi più brevi; c) producono una percentuale inferiore di direttive; d) hanno una minore conoscenza
dello sviluppo del bambino (questa variabile rappresenta un mediatore nella relazione tra status
socioeconomico e input linguistico).
5) Gemellarità. La gemellarità è un fattore di rischio ambientale spesso in copresenza di un rischio biologico, la
nascita pretermine. Tra i fattori di rischio che accrescono la prob