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PARTE TERZA
I - La bellezza
È mia intenzione considerare la bellezza distinta dal sublime ed esaminare la connessione tra
queste. Per bellezza intendo quella qualità o quelle qualità dei corpi per cui essi destano amore o
qualche passione simile. Quello che io chiamo amore è diverso dal desiderio.
II - La proporzione non è la causa della bellezza nei vegetali
Burke, nel trattare l’argomento, sostiene che ha grande ragione nel dubitare che la bellezza sia
un’idea che appartiene alla proporzione. La visione della bellezza genera in noi un certo grado di
amore. Proporzione è la misura di una qualità relativa. Ogni preparazione, ogni disposizione di
quantità è, per l’intelletto, uguale. Ma sicuramente la bellezza non è un’idea che riguarda la
misurazione. Vediamo se la proporzione può essere considerata come la causa della bellezza. Se
la proporzione è uno degli elementi costitutivi della bellezza, essa deve trarla o da certe proprietà
naturali o dalla forza dell’abitudine o dalla capacità che certe misure posseggono di rispondere a
particolari fini di convenienza. Burke enuncerà le regole che l’hanno guidato in questa ricerca:
1) due corpi producono lo stesso effetto un effetto simile solamente l’effetto comune deve essere
attribuito alle proprietà riguardo alle quali si accordano; 2) non spiegare l’effetto di un oggetto
naturale e in base all’effetto di un oggetto artificiale; 3) non è spiegare l’effetto di una getto naturale
in base a una nostra concezione della sua utilità; 4) non ammettere una determinata quantità una
relazione di quantità come causa di un dato effetto. Egli ammette che possiamo osservare in molti
fiori una forma regolare e una disposizione metallica dei petali. La rosa è tale per la formazione e
per la disposizione dei petali; ma se la guardiamo di sbieco, quando la forma è in gran parte
perduta e l’ordine dei petali confuso, essa conserva la sua bellezza e questo non è il solo esempio
in cui il metodo dell’esattezza, che sono l’anima della proporzione, sono più dannosi che utile alla
causa della bellezza.
III - La proporzione non è la causa della bellezza negli animali
Che la proporzione contribuisca solo in piccola parte alla formazione della bellezza è altrettanto
evidente fra gli animali. Il cigno è un bell’uccello ed ha il collo più lungo del resto del corpo e la
coda da cortissima; è forse questa una bella preparazione? Dobbiamo ammettere che lo sia. Ora,
se si ammette che forme e disposizioni molto differenti ed anche contrarie siano compatibili con la
bellezza, si giunge, secondo Burke, ad ammettere che non è necessario che la produca alcuna
misura operante in base a un principio naturale, almeno per quanto riguarda la specie degli
animali.
IV - La proporzione non è la causa della bellezza nella specie umana
Vi sono alcune parti del corpo umano che hanno determinate proporzioni fra loro. Burke ha spesso
esaminato con grande cura molte di queste proporzioni ed esse erano molto affini. Si possono
assegnare le proporzioni che si vogliono ad ogni parte del corpo umano e, per esempio, un pittore
potrà osservare le tutte scrupolosamente, e nonostante ciò produrre, se vuole, una bruttissima
figura. Lo stesso pittore modificherà considerevolmente queste proporzioni, e potrà produrre una
figura bellissima. ma queste proporzioni sono proprio le stesse in tutti gli uomini belli? Nessuno
può affermarlo. Poiché, se la bellezza è dovuta a misurare fisse che operano in base a un principio
di natura, come potrebbe avvenire che parti simili, con diverse misure di preparazione, vengono
giudicate belle, e questo nella stessa specie? Tuttavia nessuna specie e così strettamente limitata
ad alcune determinate si può dimostrare con i bruti: cioè che la bellezza si trova indifferentemente
in tutte le proporzioni che ogni tipo può ammettere, senza perdere la forma originaria. È il modo
che crea tutta la bellezza appartenente alla forma. So che è stato detto da uno scrittore all’altro per
migliaia di volte che le proporzioni architettoniche sono state tratte da quelle del corpo umano. Io
sono propenso a supporre questo: che tali analogie furono inventate per dare credito alle opere
d’arte con mostrare una conformità tra quelle delle opere più nobili della natura.
V - Altre considerazioni sulla proporzione
Gran parte dei pregiudizi in favore della proporzione sono sorti da un’errata idea della relazione
che la deformità a quella bellezza. Questo Burke ritiene errato; poiché la deformità non è l’opposto
della bellezza, ma è l’opposto della forma completa e comune. In vero la bellezza è così lontana
dall’essere partecipe dell’idea di abitudine, in realtà ciò che ci colpisce in questo senso è raro e
fuori dal comune. La deformità nasce dalla mancanza di proporzioni comuni, ma il necessario
risultato della loro presenza in ogni oggetto non è la bellezza. Molto giustamente l’abitudine è
chiamata una seconda natura. Il vero contrario della bellezza e la bruttezza poiché essa deriva da
cause poste quelle che producono la bellezza positiva, non possiamo considerarla finché non
saremmo giunti a trattare di quelle fra la bellezza e la bruttezza vi è una specie di via di mezzo,
nella quale le proporzioni stabilite si trovano più comunemente.
VI - La convenienza non è causa di bellezza
Si dice che l’idea di utilità sia la causa della bellezza o persino la bellezza stessa. Perciò era
necessario per questa teoria sostenere che non soltanto gli oggetti artificiali ma anche gli oggetti
naturali traggono la loro bellezza dalla convenienza delle parti allora diversi scopi.
Burke dice: “Come è andato il lupo alla corsa e al salto! Così è mirabilmente armato e per la notte!”
Ma per questo potrà queste qualcuno a chiamare belli il lupo e il leone? Credo che nessuno pensi
che la forma delle gambe di un uomo sia così adatta alla corsa come la forma di quelle di un
cavallo. Un uccello mentre vola non è così bello come quando è posato. Se nella specie umana la
bellezza fosse connessa con l’utilità, gli uomini sarebbero molto più belli delle donne, la forza e
l’agilità sarebbero considerate le uniche bellezze. Ma il chiamare la forza con me nella bellezza, la
vita è una sola denominazione per le qualità di una Venere e per quelle di un Ercole e certo una
strana confusione di idee busta di parole. La causa di una tale confusione deriva dal fatto che
spesso le parti del corpo e di altri animali ci paiono belle al tempo stesso da te loro scopi.
VII - I veri effetti della convenienza
La proporzione e la convenienza, almeno in quanto derivano da una pura considerazione
dell’opera stessa, producono approvazione, soddisfazione dell’intelletto, ma non è amore e alcun
altra passione del genere. La soddisfazione delle passioni, quanto innocenti, dovrebbe essere
soltanto di secondaria importanza. In ciò consiste il reale potere della convenienza e della
proporzione il quale approva l’opera e ne soddisfatto.
VIII - Ricapitolazione
Per concludere la bellezza non dipende da ciò che deve la sua origine a qualcos’altro
IX - La perfezione non è causa di bellezza
Vi è un’altra opinione corrente che la perfezione sia la causa della bellezza. La bellezza in preda
all’angoscia è la più commovente. Burke sa che è sulla bocca di tutti e che ne dobbiamo amare la
perfezione. Questa per lui è la prova sufficiente che essa non è l vero oggetto dell’amore. Chi mai
disse che dobbiamo amare una bella donna o anche uno di quegli animali che ci piacciono? In
questo caso non occorre il concorso della nostra volontà perché ne siamo colpiti e quindi attratti.
X - Fin dove l’idea di bellezza possa essere applicata alle qualità della mente
Questa considerazione in generale non è meno applicabile alle qualità della mente. Le grande virtù
emergono soprattutto in occasione di pericoli, perciò non sono amabili. In Catone, secondo Burke
abbiamo molto da ammirare e forse qualcosa da temere; Cesare invece ci rende a lui familiari; lo
amiamo, ed egli ci porta dove vuole.
XI - Fin dove l’idea di bellezza possa essere applicata alla virtù
Dal paragrafo precedente è facile comprendere fin dove si può applicare la bellezza alla virtù.
XII - La causa reale della bellezza
La bellezza è una cosa troppo impressionante per non dipendere da qualità positive.
XIII - Le cose belle sono piccole
L’elemento più ovvio che ci si presenta nell’esaminare un’oggetto è la sua estensione o quantità.
Una grande corsa bella è un modo si espressione che non si usa quasi mai. Vi è una grande
differenza tra ammirazione e amore. Il sublime, che è causa della prima, risiede sempre in oggetti
grandi e terribili, mentre l’amore si rivolge a oggetti piccoli e piacevoli. Le idee di sublime e bello
poggiano su basi così diverse che è difficile pensare di conciliarle nello stesso soggetto. Cosicché
riguardo all altro quantità, gli oggetti belli sono relativamente piccoli.
XIV - La levigatezza
La proprietà che subito dopo si osserva in tali oggetti è la loro levigatezza. Una parte molto
considerevole dell’effetto della bellezza è dovuta a questa qualità; anzi la parte principale.
XV - La variazione graduale
Ma come i corpi perfettamente belli non sono formati da parti angolari, così le loro pari non
continuano mai per lungo tratto nella stessa linea retta. Osserviamo che, cominciando dal becco, il
capo cresce insensibilmente fino a un punto massimo, da dove prende a diminuire gradualmente
fino a congiungersi al collo. Alcune figure variano moltissimo; tuttavia variano in modo brusco e
spezzato, e Burke non trova alcun oggetto in natura che sia angolare e nello stesso tempo bello.
XVI - La delicatezza
Alla bellezza un’apparenza di delicatezza ed anche di fragilità è quasi essenziale. Sono il mirto
delicato, l’arancio, il mandorlo, il gelsomino che consideriamo bellezze vegetali. La bellezza delle
donne è considerevolmente dovuta alla loro debolezza o delicatezza, ed è perfino accresciuta
dalla loro timidezza, qualità dell’animo ad essere analoga. Virgilio scrive “lumen purpureum
juventae” (= luce purpurea della giovinezza), per Burke se ne è andato, e la bella variazione delle
superfici si perde in rughe, rotture improvvise e in linee rette.
XVII - La bellezza n