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N
WN e
= (1 + ϓ) s P
N
Y
In definitiva i prezzi dipendono dai salari e i salari dipendono dai prezzi attesi. Il
processo conflittuale attraverso cui lavoratori e imprese si accordano per dividersi il
prodotto aggregato è denominato battaglia dei mark up. Dalla combinazione delle due
equazioni emerge chiaramente come i prezzi dipendano dai prezzi attesi:
e
P = (1 + μ)(1 + ϓ) s P
N
La produttività non appare nel risultato finale del processo di fissazione dei prezzi e dei
salari. Tuttavia è logico che sia così: se i salari crescono alla stessa velocità della
produttività, il costo unitario reale del lavoro rimane costante. La produttività può
crescere senza che questo si traduca in un aumento dei costi dell’impresa. I guadagni
di produttività, trainati dal progresso tecnologico, riducono i costi reali del lavoro ma
dall’altro i salari reali crescono con la produttività del lavoro.
L’andamento ciclico dei mark-up
Definiamo quali siano le determinanti dei due mark-up. Essendo μ il margine di
profitto, le imprese tenderanno a volere che sia il più elevato possibile,
compatibilmente con il grado di concorrenza che si trovano a dover fronteggiare.
Quest’ultima si intensifica nei periodi favorevoli del ciclo economico, caratterizzati da
domanda elevata. Ma da un lato μ tende ad aumentare per effetto del desiderio delle
imprese già presenti sul mercato di lucrare maggiori profitti in presenza di una
domanda sostenuta, ma dall’altro il margine di profitto tende a ridursi per effetto
dell’entrata di nuove imprese sul mercato.
Per quanto riguarda il mark-up dei salari ϓ, nei periodi di espansione del ciclo
l’aumento dell’occupazione migliora complessivamente la posizione contrattuale dei
sindacati e le imprese possono offrire spontaneamente retribuzioni reali più elevate
per incoraggiare altri a entrare nel mercato del lavoro. Entrambi i mark up tendono a
esibire una variabilità nel corso del ciclo economico, in particolare mostrano una
dinamica prociclica, ossia il prodotto (1 + μ)(1 + ϓ) spinge i prezzi oltre il livello atteso
nelle fasi di espansione e al di sotto del livello atteso nelle fasi di recessione. Il
risultato prociclico della battaglia dei mark-up costituisce il fondamento
della curva di Philips. Partendo infatti dall’equazione che descrive le determinanti
del livello dei prezzi P possiamo arrivare a concludere che il tasso di variazione dei
prezzi π = ΔP/P è causato dalla variazione congiunta dei mark-up e dal
e
tasso di inflazione atteso π . e
π = π + Δ(mark up)
Considerando un’economia nel suo complesso possiamo supporre che le
aspettative sul tasso di inflazione siano determinate dall’inflazione inerziale
s
o sottostante π . Il tasso di inflazione sottostante comprende sia una dimensione
forward-looking backward-looking.
che una dimensione Possiamo riscrivere
l’equazione: aY bu
s s
π = π + = π -
gap gap
a b
dove i parametri e esprimono la relazione esistente fra i mark up e i due indicatori
ciclici, rispettivamente l’output gap e l’unemployment gap. Da questa equazione
possiamo dedurre che l’inflazione è generata da due forze in particolare: le
aspettative sul tasso di inflazione e lo stato del ciclo economico, con prezzi e
salari crescenti nelle fasi espansive e decrescenti in quelle recessive.
Gli shock di offerta
33
I costi non da lavoro corrispondono agli altri fattori di produzione, come capitale e
terra, materiali ed energia. In generale la dinamica dei prezzi di questi fattori è ben
rappresentata dal tasso di inflazione sottostante. Vi sono tuttavia circostanze
particolari nelle quali i costi non da lavoro esercitano un impatto significativo
sull’evoluzione di breve periodo del tasso di inflazione. Li trattiamo come shock
esogeni che impattano sui costi di produzione e li definiremo shock di offerta. Un
esempio di shock di offerta è il brusco rialzo del prezzo del petrolio, una primaria fonte
di energia. Le variazioni del prezzo del petrolio si riflettono dunque in variazioni dei
costi di produzioni dell’intera economia nonché in un aumento del costo della vita
delle famiglie. Per tener conto di ciò introduciamo nella curva di offerta aggregata e
nella curva di Philips una variabile esogena addizionale, indicata con σ
aY
s
Curva di offerta aggregata π = π + + σ
gap
bu
s
Curva di Philips π = π - + σ
gap
Fintanto che i costi non da lavoro si limitano a seguire l’andamento dell’inflazione
sottostante, il termine relativo alla shock di offerta è nullo. Possiamo interpretare
anche le variazioni nella quota del reddito da lavoro come shock di offerta. Anche i
governi possono provocare degli shock di offerta specialmente quando modificano la
tassazione, le imposte sul reddito d’impresa incidono direttamente sulla produzione e
influenzano i prezzi finali di vendita.
La riabilitazione della curva di Philips
La curva di Philips originaria implica che l’inflazione dipenda unicamente dal livello
della disoccupazione. Tuttavia le condizione cicliche del mercato del lavoro, l’inflazione
sottostante, il livello di disoccupazione di equilibrio e gli shock di offerta occasionali
sono altrettanto importanti per determinare l’inflazione. Affinché la relazione descritta
dalla curva di Philips originaria sia visibile, questi ultimi fattori devono essere stabili.
Quando non lo sono, la curva di Philips originaria svanisce. È appunto ciò che è
accaduto durante gli anni Settanta, allorché gli shock dei prezzi e dell’offerta di
materie prime sono divenuti un fondamentale fattore d’instabilità. In quegli anni, al
crescere dell’inflazione è cresciuta anche l’inflazione sottostante. L’eclissi della curva
di Philips riflette dunque il fatto che sono emersi altri due fattori. Questa curva
riformulata viene designata come curva di Philips aumentata, per sottolineare il fatto
che ora incorpora le aspettative sul tasso di inflazione approssimate dall’inflazione
sottostante.
L’inflazione sottostante e il lungo periodo
L’inflazione sottostante esprime il tasso d’inflazione concordato dai lavoratori e dalle
imprese durante le contrattazioni salariali. Essa si caratterizza sia per una componente
backward-looking (legata al passato in quanto mira a compensare gli scarti fra
l’inflazione passata attesa incorporata nei contratti salariali precedenti e quella
effettivamente osservata) sia per una componente forward-looking, orientata al futuro.
La curva di Philips di lungo periodo è una retta verticale, ossia non esibisce alcun
s
trade-off tra inflazione e disoccupazione. L’uguaglianza tra π e π rappresenta una
condizione di lungo periodo. L’approccio più ragionevole da seguire è quello di
assumere che nel lungo periodo non ci siano shock e che l’economia tenda a ritornare
sul proprio trend. In questa prospettiva la curva di Philips diviene verticale e la
disoccupazione effettiva è pari a quella di equilibrio e l’inflazione effettiva è pari a
quella sottostante. Dalla configurazione verticale della curva discente l’implicazione
cruciale che non vi può essere un trade-off permanente fra disoccupazione e inflazione
ma il livello di equilibrio della disoccupazione può spostarsi nel corso del tempo.
34
Anche la curva di offerta aggregata di lungo periodo è verticale. Tuttavia si sposterà
continuamente verso destra per effetto della crescita economica di lungo periodo.
I fattori che spostano le curve di Philips e di offerta aggregata
L’inflazione sottostante, il tasso di equilibrio della disoccupazione e il livello
tendenziale del PIL sono variabili esogene. A causa di una variazione del tasso di
inflazione o del tasso di equilibrio della disoccupazione e del livello tendenziale del PIL
o per il verificarsi di shock di offerta le curve si spostano. Questo significa che esistono
u .
s
potenzialmente infinite curve quanto sono infinite le combinazioni di π e n
Capitolo 13
Il modello AD-AS unisce il lato della domanda di un’economia aperta e il lato
dell’offerta, che rappresenta il livello di produzione e del tasso di inflazione
alle condizioni di equilibrio del mercato del lavoro. In questo modello teniamo
conto di come la domanda aggregata reagisce alle variazioni di prezzi. Inoltre
distinguiamo le curve di breve periodo da quelle di lungo periodo: mentre nel breve
periodo è possibile un trade-off tra prodotto e inflazione, nel lungo periodo tale
possibilità svanisce e i fattori monetari non esercitano alcuna influenza sulla variabili
reali (occupazione, prodotto, tasso di cambio reale).
Domanda e offerta aggregata in regime di cambi fissi
Nel lungo periodo secondo il principio della parità dei poteri di acquisto il tasso di
cambio reale è costante. Se il tasso di cambio
nominale è fisso, il tasso di cambio reale è
costante solo se l’inflazione interna uguaglia quella
esterna. Perciò gli scarti dell’inflazione interna da
quella esterna non possono che essere
temporanei. La restrizione π = π* è
rappresentata dalla retta orizzontale LAD,
che rappresenta la domanda aggregata di
lungo periodo.
Nel breve periodo a causa della vischiosità dei
prezzi, il tasso di cambio reale può fluttuare
influenzando il livello della domanda
aggregata. Se il tasso di inflazione interna sale,
mentre quello estero rimane stabile, il tasso di
cambio reale nazionale si apprezza, erodendo la
competitività verso l’estero. Graficamente la IS
trasla verso sinistra. Il nuovo punto di equilibrio è
A’. Collegando i punti A’ e A otteniamo la
curva di domanda aggregata AD. Tale curva è
inclinata negativamente, in quanto l’inflazione
crescente indebolisce la competitività del
Paese verso l’estero, il che riduce la domanda interna ed estera di prodotti
nazionali. La curva AD rappresenta la domanda aggregata perché i movimenti lungo
di essa sono determinati dagli spostamenti della curva IS. Essa inoltre è una curva
di breve periodo in quanto finché l’inflazione interna differisce da quella estera, la
domanda continua a variare.
35
La curva AD si sposta ogni qual volta varia una variabile esogena rilevante. Qualsiasi
variabile esogena che sposti la curva IS sposta anche la curva AD. Unica eccezione è il
tasso di cambio reale divenuto endogeno a causa della sua dipendenza dal rapporto
tra il livello dei prezzi interno ed estero non è più necessariamente costante.
Anche il l