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Un secondo tipo di classificazione è individuata in funzione della
struttura degli organi sociali e della separazione tra gestione e
controllo:
one-tier system
two-tier system
La caratteristica principale dei sistemi one-tier è la presenza di un
unico organo di governo con le funzioni di gestione dell’azienda e
controllo della gestione. Questo modello monistico è quindi
composto dal board of directors (consiglio di amministrazione) che è
a sua volta composta dagli executive directors, che si occupano
della gestione, e dagli non executive directors, che si occupano
delle funzioni di controllo. Le funzioni di controllo sono esercitate da
3 comitati: il compensation committee, che determina gli stipendi
degli amministratori e dei manager; il nomination committee che
propone all’assemblea dei soci i soggetti da eleggere come membri
del Cda; l’audit committee che svolge una funzione di controllo sul
regolare esercizio dell’amministrazione. Questo sistema monistico è
particolarmente diffuso nei modelli market-oriented (dispersione di
proprietà, importante sviluppo del mercato dei capitali ed elevata
25
protezione dei creditori sociali). La criticità di questo sistema risiede
nel fatto che i controllati (board of directors) nominano i controllori
(l’audio committee): si tende a pensare che chi viene scelto venga
scelto per lasciare più libertà al consiglio di amministrazione.
(Bisogna dire, però, che questa problematica è stata provata ad
essere limitata con l’introduzione degli amministratori indipendenti
nei vari comitati.)
Il modello dualistico del two-tier system, invece, prevede che il
potere di gestione e di controllo siano affidati a due organi distinti.
Ci sono due tipi di two-tier system: il modello dualistico verticale, in
cui l’assemblea dei soci nomina il consiglio di sorveglianza che, a
sua volta, nomina il consiglio di gestione; il modello dualistico
orizzontale che prevede la nomina da parte dell’assemblea dei soci
sia dell’organo amministrativo, sia di quello di controllo. In entrambi
modelli, rispetto al sistema monistico, l’influenza dei soci sulla
gestione della società è molto attenuata e vi è una forte
interdipendenza fra consiglio di gestione e consiglio di sorveglianza.
L’interdipendenza tra questi due organi facilita l’attività di
cooperazione e coordinamento dell’azienda e consente al consiglio
di sorveglianza di vigilare più attentamente sull’operato dei gestori
così da assicurare una maggiore correttezza e completezza dei
flussi informativi.
A questo punto possono essere delineate le varie tipologie
di corporate governance dei maggiori sistemi capitalistici
internazionali.
CAPITALISMO ANGLOSASSONE: si preferisce un modello outsider-
system con l’impresa che acquisisce capitale dagli investitori così
da determinarsi una netta separazione tra società e soci; l’impresa
26
è una public company costituita da soci che si affidano al
manager affinché massimizzi il profitto delle loro quote di
partecipazione; crescita esterna grazie al mercato finanziario; il
mercato è la sola forma di controllo e di tutela dei soci nei confronti
del manager (se il manager non gestisce bene, i soci vendono
azioni fino a che il manager non viene cambiato e il prezzo delle
azioni sarà così conveniente da poter ricomprarle); asimmetria di
obbiettivi tra manager che guarda al lungo periodo e soci che
pretendono remunerazione nel breve periodo.
CAPITALISMO RENANO: si preferisce il modello insider-system;
l’azionariato è costituito dal nocciolo duro (imprenditori, Stato,
banche, dipendenti) a cui interessa perseguire lo sviluppo nel lungo
periodo; è contraddistinto da una grande diffusione delle
informazioni all’interno dell’azienda che fa sì che venga preferita
una strategia di crescita interna; tutti sanno tutto così che i soggetti
si possano controllare tra di loro per una migliore trasparenza di
informazioni interne. 27
CAPITALISMO LATINO: sono imprese a controllo familiare, ovvero in
cui vi è un azionista-proprietario che controlla l’intera gestione
dell’azienda; grande controllo ma poca crescita; poca, per non dire
inesistente, esposizione al mercato finanziario.
Merita spendere qualche parola in più sul CAPITALISMO ITALIANO in
cui ritroveremo molte caratteristiche del già citato capitalismo
latino. 28
Il capitalismo italiano è caratterizzato dalla prevalenza di imprese
medio-piccole con un’elevata concentrazione tra proprietà
e controllo (insider-system) che costituisce un ostacolo alla liquidità
del mercato finanziario, alla efficacia di controlli sul socio di
riferimento e alla tutela degli azionisti di minoranza; il modello
tradizionale italiano di governance è quello dualistico-orizzontale
con, quindi, l’assemblea ordinaria degli azionisti che nomina un Cda
per il potere gestionale e il Collegio sindacale per il potere di
controllo legale. L’assemblea degli azionisti controlla l’operato del
Cda tramite l’approvazione del bilancio, mentre il collegio sindacale
è limitato a verificare la legittimità legale delle decisioni del Cda. Vi
è poi un terzo tipo di controllo che è quello della contabilità che
differisce nelle società quotate e non: per le società quotate, il
controllo viene affidato alla Società di revisione; mentre in quelle
non quotate, è il solito Collegio sindacale a svolgere l’attività di
controllo della contabilità. 29
Con l’approvazione della riforma del diritto societario del 2003, è
stata prevista la possibilità per le S.P.A (quotate e non quotate) di
adottare oltre al modello tradizionale pure quello monistico (one-
tier) e quello dualistico verticale (two-tier).
Tuttavia, il modello tradizionale resta ampiamente quello più usato.
30
Fase del funzionamento
L’organizzazione aziendale
L’organizzazione aziendale studia i criteri di divisione del lavoro e i
relativi meccanismi di coordinazione: ha lo scopo di determinare,
raggruppare e strutturare le attività aziendali.
Oggetto di studio dell’organizzazione sono:
- le risorse umane, ovvero le capacità delle persone in relazione alle
strutture organizzative;
- gli assetti organizzativi, ovvero le strutture organizzative
(articolazione delle unità operative) e i sistemi operativi (procedure
che regolano la struttura organizzativa). 31
La scelta della struttura organizzativa prevede:
1. lo studio delle operazioni di gestione;
2. l’individuazione di compiti e delle attività da svolgere;
3. la divisione del lavoro per unità organizzative;
4. la divisione del lavoro tra le persone.
La scelta più importante è il criterio di divisione del lavoro tra le
varie unità organizzative (3):
- divisione del lavoro per tipologia di operazione da compiere
(operazioni con contenuto simile);
- la divisione del lavoro per output delle operazioni (operazioni con
medesimo prodotto e/o servizio). 32
A seconda del criterio di divisione adottato si distinguono:
la struttura elementare, in cui le singole unità operative
dipendono direttamente dal direttore generale;
la struttura funzionale, in cui la divisione delle unità
organizzative è per tipologia di operazione da compiere;
la struttura divisionale, in cui la divisione delle
unità organizzative è per output delle operazioni;
la struttura matriciale, in cui la divisione del lavoro tra unità
organizzative è sia per tipologia di operazione sia per output
delle operazioni.
La STRUTTURA ELEMENTARE viene adottata dalle imprese di piccole
dimensioni in cui il direttore generale può organizzare le varie unità
operative per tipo di operazione. 33
La STRUTTURA FUNZIONALE viene adottata dalle imprese di
dimensione medio-piccola che prevedono la divisione
organizzativa per tipologia di operazione da compiere (produzione,
vendita, amministrazione, …): si creano una forte specializzazione
ed una elevata efficienza nei vari settori che permettono di ridurre
al minimo ogni duplicazione o spreco, determinando così economie
di scala, economie di specializzazione e efficiente utilizzo delle
risorse; d’altro canto, tuttavia, l’elevata specializzazione determina
una forte rigidità strutturale e gerarchica che può
determinare lentezza di risposta ai cambiamenti esterni, ritardi
nell’innovazione e ritardi decisionali.
La STRUTTURA DIVISIONALE viene adottata di grandi dimensioni che
prevedono la divisione organizzativa per tipologia per output delle
operazioni (prodotto A, prodotto B, prodotto C, …): rispetto alla
quella funzionale, la struttura divisionale presenta una maggiore
flessibilità operativa e una minore gerarchia tali da permettere di
rispondere rapidamente agli eventuali cambiamenti esterni, di
prendere più rapidamente decisioni e di soddisfare le esigenze del
cliente; tuttavia, d’altro canto, ogni divisione avrà bisogno di
macchinari uguali a quelli di altre divisioni (duplicazioni e maggiori
costi) e la maggiore indipendenza dei vari settori può causare
34
problemi di incompatibilità tra i vari prodotti
(scarso coordinamento tra le divisioni).
La STRUTTURA MATRICIALE viene adottata in aziende caratterizzate
da alte competenze e poche linee di prodotto in cui la divisione
organizzativa avviene sia per tipologia di operazione sia per output
(l’unità operativa è composta da tecnici del prodotto e da tecnici del
settore in questione) : l’azienda sceglie questa struttura se si decide
avere una duplice specializzazione (per prodotto e per funzione) e
una duplice gestione sul prodotto capace di adattarsi ad eventuali
cambiamenti esterni e di avere una buona coordinazione in tutti i
vari livelli della struttura aziendale; le criticità di questa struttura
sono le duplicazioni sia dei costi dei macchinari sia dei costi dei
dipendenti ed il fatto che i dipendenti siano sottoposti ad una
duplice autorità (manager di funzione e manager di prodotto) può
causare confusione e conflitti all’interno dell’azienda.
Strategia aziendale
In ambito aziendale, con il concetto di strategia si intende la
determinazione degli obbiettivi di lungo periodo di un’impresa, e
l’attuazione delle linee di condotta e l’allocazione delle risorse
necessarie alla realizzazione di tali obiettivi (Chandler, 1962); le
finalità e gli scopi da perseguire, e le politiche e i p