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CONFRONTO
Dopo una serie di conflitti sanguinosi, che hanno segnato il mondo causando milioni di morti, la
promessa che ognuno di noi tenta di fare è quella di non fare accadere più simili tragedie. In
realtà, però, non è stato così: ci sono state solo delle tregue, ma le guerre non sono mai finite.
La storia politica del Ventesimo secolo è caratterizzata dallo scontro tra democrazia liberale e
totalitarismo: dopo la sconfitta dei regimi dittatoriali, si incominciò ad instaurare un modello
liberal-democratico. Le conquiste fatte dai nostri predecessori (libertà e diritti fondamentali)
sono ancora minacciate perché molto fragili, quindi, potrebbero anche essere sovvertite da un
despota che si presenterà come l’ultimo e autentico liberatore.
La lotta per l’affermazione delle libertà non è ancora terminata, basti pensare al totalitarismo
teocratico islamico.
Oggi, la cultura liberale nel mondo occidentale corre una nuova forma di rischio, cioè la sua
svalutazione a causa di un eccesso di ambigue adesioni che ne falsificano il significato. Questi
ultimi si definiscono “liberal democratici”, ma in realtà non possono essere chiamati
propriamente tali.
Gli attuali leader politici, infatti, dichiarano ce sia loro che le loro formazioni sono state da
sempre liberali (falsificazione storica). Falsificare la storia è uno dei peggiori crimini che si può
commettere contro le nuove generazioni perché significa negare loro la possibilità di formarsi
liberamente una propria identità politica.
Per smascherare tale falsificazione, e quindi distinguere la concezione liberale da quella
illiberale, bisogna individuare alcuni criteri di classificazione.
Bisogna innanzitutto indicare la propria scelta epistemologica, cioè indicare quale sia la
concezione di scienza politica che fa nasce il nostro agire politico. A questo proposito si possono
distinguere tre concezioni del rapporto tra scienza e politica:
- Concezione strumentalistica: la scienza deve indicare le conoscenze necessarie per
realizzare gli scopi politici, ma non si può estendere ai fini e ai valori.
- Concezione riduzionistica di tipo metodologico: la scienza, non solo indica le
conoscenze necessarie per perseguire gli scopi politici, ma anche procedure e regole di
condotta da seguire per realizzare l’azione politica.
- Concezione secondo cui la scienza deve indicare agli operatori politici i fini e i valori da
realizzare.
Max Weber è uno dei maggiori esponenti della concezione strumentalistica, infatti egli afferma
che il disincanto del mondo, codificato dall’esperienza illuministica, abbia vanificato la validità
di ogni spiegazione teleologica (dottrina dei fini). Infatti, il primo che separa le categorie del
conoscere dalle categorie della morale fu Hume, il quale vieta di far derivare asserzioni
assiologiche (dottrina dei valori)da premesse fattuali.
Per risolvere il problema del rapporto tra scienza e politica, Weber afferma che la scienza deve
essere avalutativa, se vuole essere effettivamente scienza e non ideologia mascherata da
scienza (ad esempio i paradigma liberale ci appare come scientificamente determinato, invece è
una nostra opzione fatta di valori e giudizi).
Popper è uno dei maggiori esponenti della concezione metodologica; egli afferma che la
razionalità scientifica può essere trasferita alla sfera politica e che questo trasferimento serve
alla ricerca della verità, che per svilupparsi ha bisogno di determinate condizioni politiche. A
questo proposito Popper individua tre tipi di comandi metodologici:
- Primo comando: la prassi politica razionale sarà quella che vedrà i programmi di governo
come delle ipotesi di lavoro da provarsi nelle loro conseguenze 1
- Secondo comando: istituire apposite agenzie che individuino ed eliminino gli errori, in
modo da limitare i poteri del governo
- Terzo comando: istituire la legge della concorrenza. In questo modo, Popper afferma che
le istituzioni e i programmi di governo non hanno nulla di sacro, ma sono semplici
espedienti per migliorare le condizioni di vita dei cittadini.
Esiste un contrasto tra i sostenitori dei primi due modelli e quelli che invece sostengono il terzo.
Questo contrasto deriva da due inconciliabili concezioni di verità: la verità come
corrispondenza e la verità come rivelazione. In quest’ultimo caso ci troviamo di fronte la
scienza dei fini, di cui principale esponenti è Engels, secondo il quale il fine ultimo è il regno
millenario della libertà. Tale regno viene presentato con una gnosi, cioè una forma superiore
di sapere razionale.
La gnosi non è altro che una tentazione dell’uomo a risolvere tutti gli enigmi del mondo e ad
indicare il metodo per sconfiggere il male, quindi una sorta di marcia verso uno stato di
perfezione a partire dal momento in cui tutto ciò che era sacro (Dio) è stato eliminato dalla
scena. Il movimento romantico, infatti, è stato un tentativo di eliminare la solitudine in cui
l’uomo si è venuto a trovare perché abbandonato dalla fede. In questo modo la gnosi è riemersa
sotto forma di filosofie della storia, le quali attraverso il millenario regno di Dio hanno
riattualizzato la visione provvidenzialistica della realtà.
Dall’affermazione “tutto ciò che è razionale è reale, tutto ciò che è reale è razionale”, Hegel
fonda la scienza della dialettica, che deriva le sue conoscenze esclusivamente dalle strutture
razionali della mente umana. L’immanentizzazione dell’assoluto consente ad Hegel di
sostituire al Dio trascendente del cristianesimo una nuova divinità, cioè lo Spirito: divinità che si
incarna nella Storia, regolate dalle leggi della dialettica. Hegel ricostruiva, così, il processo
storico come svolgimento di razionalità e necessità.
Con Marx la teoria hegeliana si trasforma in prassi trasformatrice della realtà, che opera per la
trasformazione del mondo, all’agire politico non solo le conoscenze tecniche e il metodo ma
anche e soprattutto i valori che devono orientare l’azione politica e gli scopi che essa deve
perseguire.
A differenza della verità come corrispondenza, la verità rivelata non è temporanea e non può
essere falsificata, ma è assoluta. In questo modo, essa assume i caratteri dogmatici del sacro.
I conflitto autocrazia-democrazia deriva da due concezioni: l’assolutismo per i regimi
autocratici e il relativismo per i regimi democratici.
- Assolutismo: per l’assolutista esistono valori assoluti che superano i limiti della
conoscenza umana e si rilevano solo all’eletto, cioè colui che oltrepassa la conoscenza
empirica per giungere al Bene (visione religiosa del mondo)
- Relativismo: il relativista non muove da premesse religiose, ma solo dalla scienza, quindi
dai fatti. Il relativismo non rinuncia, però, alla ricerca del Vero ed alla realizzazione del
Bene, solo che lo fa attraverso tentativi ed errori.
A differenza del relativista, che non riesce a distinguere buoni e malvagi, l’assolutista si basa
sulla concezione dialettica di Hegel. Hegel afferma che l’assoluto deve essere considerato
come Spirito puro e si fonda sulla dialettica, il quale implica che il movimento, il processo, sia
il risultato degli opposti.
Questo suo pensiero può essere analizzato attraverso tre categorie: tesi, antitesi e sintesi. La
tesi (idea) contiene in sé una contraddizione che genera il suo opposto, cioè l’antitesi; il
risultato di tale contraddizione è la sintesi. La sintesi risolve il conflitto ad un livello superiore
conciliando la verità dei due poli opposti.
Si capisce quindi che i relativismo fa riferimento alla dottrina liberale e l’assolutismo fa
riferimento all’autocrazia. Infatti la concezione dialettica della scienza elimina il dualismo tra
razionalità scientifica e irrazionalità politica; in quanto si ritiene di poter dettare alla politica i
valori e i fini da raggiungere, entrambi razionalmente fondati perché vengono ricavati dalla
meta finale, la quale deve essere raggiunta dalla Storia in modo tale da arrivare allo stato di
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perfezione. Questa concezione sta alla base di ogni forma di totalitarismo. Questo tipo di
concezione vuole guidare gli uomini verso il bene e affida allo Stato tale compito. Chiunque
contrasti con il bene sancito dal regime deve essere rieducato, nel caso in cui questo non sia
possibile, bisogna procedere all’eliminazione fisica, perché non ci deve essere nessun tipo di
ostacolo al raggiungimento del Bene universale (Stato totalitario=Stato etico).
La realizzazione di ogni progetto illiberale (totalitarismo, dittatura) è affidata sempre allo
Stato, quindi il cittadino esiste in quanto membro dello Stato (non esiste l’individualità). La
concezione liberale, invece, riconosce al cittadino una serie di diritti e di libertà
fondamentali, che vanno a limitare il potere dello Stato (lo Stato di diritto viene definito Stato
minimo).
Altra differenza tra i due tipi di Stato è:
- Il consenso: in quanto nello Stato liberale ogni decisione politica è legittima solo se
fondata sul consenso spontaneo dei governanti.
- La paura: in quanto nei regimi autocratici si esclude il consenso e si fonda ogni decisione
politica sulla paura, spesso con l’ausilio della propaganda e della pratica del terrore di
Stato.
Altra differenza è che nel regime autocratico il potere è affidato ad un unico soggetto (Hitler,
Mussolini, Stalin), quindi non esiste la separazione dei poteri. Nel regime liberale, invece, vige
la separazione dei poteri e i meccanismi costituzionali impediscono l’esercizio illegittimo e
arbitrale del potere attraverso diversi meccanismi:
- controllo del potere esecutivo da parte del potere legislativo
- controllo del potere legislativo ordinario attraverso il controllo di costituzionalità delle
leggi
- relativa autonomia del governo locale rispetto a quello centrale
- magistratura indipendente dal potere politico
L’obiettivo di tali meccanismi è quello di difendere i cittadini dal potere dello Stato, in
particolare garantendo l’esercizio della libertà negativa, cioè quella sfera di libertà della
persona in cui lo Stato non può interferire.
In questo modo si ha un totale rovesciamento di pensiero rispetto alla concezione hegeliana,
infatti lo Stato non è più il fine ultimo e supremo, ma solo un mezzo; l’unico fine è la
sicurezza, intesa come certezza della libertà nell’ambito della legge.
La storia del pensiero politico è anche caratterizzata da un particolare da un dualismo tra:
- l’organicismo considera lo s