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Con il secondo effetto si garantisce che, nel caso di abuso del potere, il cittadino ha la

possibilità di ricorrere al potere giudiziario per difendersi. Lo stato che presenta queste

caratteristiche viene chiamato “stato di diritto”.

Ma, a questo punto, bisogna chiedersi che posizione occupano le teorie democratiche.

La teoria democratica dello stato puro di Rousseau coincide con la teoria di Hobbes. Per

Rousseau, infatti, il sovrano rappresenta la volontà generale. La volontà generale è

l’espressione di tutti gli interessi e i sentimenti della società e, come tale, non può sbagliare. Lo

stato sarà sempre più perfetto quanto più la sua volontà coinciderà con la volontà generale;

l’obiettivo è quello di giungere alla costituzione della volontà generale come unica fonte del

diritto. Una volta instaurato lo stato come espressione della volontà generale, l’individuo non ha

più nessuna ragione per resistere, perché la volontà generale è sempre giusta.

6. Esemplificazione storica. I momenti più interessi della lotta per lo stato moderno si possono

dividere in tre tappe:

- Il periodo delle guerre religiose. In cui si illustrano le teorie del tirannicidio, cioè le

teorie dei monarcomaci.

- La guerra civile e la rivoluzione pacifica in Inghilterra. In cui si illustrano tre momenti

fondamentali: il liberalismo repubblicano, il democratismo dei livellatori e la teoria dello

stato liberale di John Locke. 3

- La rivoluzione francese. in cui si illustrano due principali pensatori politici, che sono

Montesquieu e Rousseau.

7. I monarcomaci. I monarcomaci sono alcuni scrittori politici calvinisti che affermano il diritto

di resistenza contro il principe ingiusto o illegittimo, diritto che si fonda sui limiti del potere del

principe, che derivano dal consenso popolare.

Tra questi scrittori ricordiamo due grandi opere:

La prima opera è il “De iura magistratuum in subditos et officio subditorum erga magistratus”

di Théodore Bèze. Egli afferma che il potere del principe è limitato dall’obbedienza alle leggi

divine e alle leggi umane. Il magistrato è creato come guida per il popolo, come il pastore per il

suo gregge. Lo scrittore distingue tre casi tipici di violazione dei limiti del potere da parte del

principe:

- Usurpazione (principe illegittimo): si può presentare in due forme:

usurpazione del potere all’interno dello stato.

o usurpazione del potere di uno stato altrui.

o

- Esercizio ingiusto di un potere legittimo (principe ingiusto).

Tutti e tre danno luogo al problema dei limiti dell’obbedienza e della legittimità del diritto di

resistenza:

- Nel primo caso la resistenza è lecita ma spetta solo ai magistrati; il popolo può

intervenire solo se i magistrati si rifiutano.

- Nel secondo caso la resistenza spetta al popolo.

- Nel terzo caso la resistenza spetta solo ai magistrati.

La seconda opera è il “Vindiciae contra tyrannos” di Junius Brutus. Lo scrittore è sostenitore

della tesi contrattualistica, infatti, secondo lui, alla base del potere statale vi sono due

contratti:

- Un patto tra il popolo, il re e Dio: il popolo e il re sono vincolati al rispetto delle leggi

divine.

- Un patto tra il popolo e il re: l’uno l’altro si impegnano a comandarsi saggiamente e ad

ubbidirsi rispettivamente.

L’opera di Brutua è divisa in quattro parti, ognuna espone un determinato problema:

- I sudditi non possono rispettare un principe che imponga loro di violare la legge di Dio; in

questo caso nasce il diritto di resistenza.

- Il diritto di resistenza spetta a tutto il popolo; non è lecita la resistenza di un solo

individuo.

- Se il principe viola la legge civile (tirannia), il diritto di resistenza spetta ai magistrati, i

quali hanno prima il dovere di avvertire il re delle sue azioni maligne, poi, nel caso in cui

egli perseveri, di resistergli. Il diritto di resistenza spetta al popolo solo in caso di

usurpazione.

- In caso di tirannia, ai principi vicini spetta il diritto d’intervento.

In entrambe le opere, quindi, il problema dei limiti del potere coincide con quello della

definizione del tiranno, e il problema del diritto di resistenza con il comportamento che i

sudditi devono tenere di fronte il tiranno.

L’opera conclusiva di questo periodo è quella di Giovanni Althiusius, intitolata “Politica

methodice digesta”.

Lo scrittore si basa sulla teoria del contrattualismo. Secondo lui, infatti, l’uomo è un animale

sociale che vive in associazioni di varie forme, chiamate unioni organiche (famiglie,

corporazioni, comuni ecc.). Tutte queste associazioni sono fondate sul consenso e l’ultima,

quella perfetta, è lo Stato che si fonda su un doppio contratto (giusnaturalismo):

- Il pactum societatis: gli individui decidono di abbandonare lo stato di natura e si

trasformano in “popolo”, istituendo una regolare convivenza fra di loro. 4

- Il pactum subiectionis: il popolo decide di darsi un assetto stabile attraverso

l’organizzazione di un potere coattivo, istituendo, quindi, lo Stato. Con questo patto

popolo e sovrano stabiliscono i reciproci diritti e doveri.

Il pactum subiectionis si presenta in due forme: translatio imperii e concessio imperii.

L’autore è sostenitore della seconda forma. Egli, infatti, afferma che il diritto di

sovranità spetta esclusivamente al popolo e, dal momento che è un diritto inalienabile,

esso non può trasmetterlo ad altri, ma solo delegarlo. I governanti, quindi, sono

considerati mandatari, cioè coloro che eseguono di diritto sovrano del popolo il pactum

subiectionis si articola in due fasi:

Elezione del sommo magistrato, ad opera degli efori e dei magistrati inferiori.

o La promessa di obbedienza da parte del popolo, il quale giura di obbedire al

o somma magistrato in cambio dell’assicurazione dell’ordine civile. Questa

promessa è condizionata da due limiti: il rispetto delle leggi umane e delle leggi

divine.

Per quanto riguarda il capitolo dedicato alla tirannia, invece, Althusius distingue:

- Tyrannus absque titulo: è il nemico perciò è lecita la resistenza da parte del popolo.

- Tyrannus quoad exercitium: il diritto di resistenza può essere esercitato da tutto il

popolo o dai magistrati inferiori.

8. Lo Stato limitato in Inghilterra. La storia inglese è sicuramente la più importante per quanto

riguarda la lotta contro lo stato assoluto. L’Inghilterra è il Paese in cui Riforma e

costituzionalismo sono strettamente connessi. La dissidenza politica, in cui fu estremamente

forte la resistenza contro la tendenza assolutistica degli Stuarts, fu accompagnata dalla

dissidenza religiosa, dal momento che la tendenza assolutistica fondava le sue ragioni sulla

chiesa di stato (anglicanesimo). Tutto ciò portò all’affermazione della libertà religiosa e di

pensiero, fondamentali per lo stato liberale.

Le opinioni più diffuse furono due:

- La monarchia inglese non fu mai monarchia assoluta, quindi era da contrapporre alla

monarchia francese.

- Veniva sostenuto lo stato misto, cioè uno stato che non era né monarchico, né

aristocratico, né democratico, ma teneva: il re (principio monarchico), una camera alta

(principio aristocratico) e una camera bassa (principio democratico).

Una delle ragioni che permise l’affermarsi di uno stato misto fu sicuramente la separazione dei

poteri.

Un noto scrittore politico inglese, Mc Ilwain, nell’opera “Costituzionalismo antico e moderno”,

cercò di spiegare storicamente l’affermazione della monarchia inglese come monarchia

limitata.

La caratteristica fondamentale era la distinzione tra potere di governo, assoluto e

incontrollato, e potere giurisdizionale, a cui era subordinato per tutto ciò che si riferiva ai

rapporti con i cittadini, i quali erano tutelati dal diritto comune (common law), che veniva

applicato dai giudici.

La separazione tra potere di governo e potere giurisdizionale era l’attuazione della separazione

dei poteri, e permetteva di tutelare i diritti individuali. Dove vi era un diritto comune superiore

al diritto del re, il diritto del cittadino alla resistenza veniva considerato come un diritto

positivo, e non più come diritto naturale, quindi garantito all’interno dell’ordinamento giuridico.

Dal momento che non è possibile tracciare la vastissima storia dell’Inghilterra, si possono

delineare tre momenti fondamentali:

- Il liberalismo.

- La democrazia.

- La sintesi teorica e politica dello Stato liberale moderno. 5

9. Il liberalismo repubblicano. I personaggi più importanti sono J. Milton, J. Harrington e A.

Sidney:

- John Milton: è noto per la difesa della libertà di stampa nell’opera “L’aeropagitica”,

scritta in occasione dell’applicazione di una legge che avrebbe dovuto instaurare la

preventiva censura della stampa. Milton affermava che questo avrebbe ricondotto lo

stato alla natura di una chiesa intollerante, e all’instaurazione di un vero e proprio

tribunale di inquisizione.

- James Harrington: la sua opera fondamentale fu “Oceana”, in cui la tesi principale è “il

potere segue la la natura della proprietà”, cioè che la natura del potere politico

dipende dalla natura del potere economico. Harrington distingue le tre forme di governo

in base al numero di chi le governa (uno, pochi, molti) e afferma che questa distinzione

si basa sui diversi modi di distribuzione della terra, quindi sul modo in cui è distribuito il

potere economico. Egli distingue:

Monarchia assoluta: uno solo detiene il potere politico e uno solo possiede tutto

o il territorio dello stato.

Monarchia feudale: il potere politico è assegnato ai grandi proprietari terrieri,

o cioè i feudatari.

Repubblica: la proprietà viene divisa, si estinguono le proprietà feudali e il

o potere politico si estende. È proprio la trasformazione del regime della terra che

spiega il passaggio da un regime feudale ad un regime borghese. Con il

mutamento del regime economico deve avvenire il mutamento del regime

politico; in caso contrario, il regime politico diventa corrotto (degenera).

In conseguenza di queste trasformazioni il regime inglese era la repubblica,

caratterizzata dall’equilibrio dei poteri e dalla rotazione delle cariche. I tre

poteri fondamentali erano: il Senato, a cui spettava il compito di proporre le

leggi; la Camera dei Comuni, che rappresentavano il popolo e a cui spettava il

compito di approvare le leggi emanate dal Senato; i magistrati, che avevano

funzione esecutiva. Questi poteri non dovevano essere divisi, ma equilibrati.

Dettagli
Publisher
A.A. 2017-2018
8 pagine
SSD Scienze politiche e sociali SPS/02 Storia delle dottrine politiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher fran_93 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia delle dottrine politiche e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi del Sannio o del prof Pecora Gaetano.