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IL REDDITO D’IMPRESA: LA DISCIPLINA DEGLI ELEMENTI POSITIVI
E NEGATIVI DEL REDDITO
CAP. 5
21. Distinzione tra i vari tipi di bene
Prima di procedere con l’analisi dei proventi e dei costi, è fondamentale distinguere i
beni che concorrono all’esercizio dell’attività d’impresa. Tra i vari beni troviamo i
beni merce, i beni strumentali e i beni non strumentali.
Una prima distinzione è quella tra beni merce e beni patrimoniali; i primi sono i beni
oggetto dell’impresa, destinati alla produzione e allo scambio (cioè le materie prime e
sussidiarie, i semilavorati e i beni mobili) che concorrono alla formazione del reddito
secondo il criterio dei costi, dei ricavi e delle rimanenze. I secondi invece sono tutti
gli altri beni che partecipano alla formazione del reddito tramite le quote annuali di
ammortamento, nonché con le plusvalenze o minusvalenze al momento del realizzo.
Una seconda distinzione è quella tra i beni strumentali e i beni non strumentali (anche
definiti beni patrimoniali e relativi). I primi sono i beni che cedono la loro utilità in
più esercizi e partecipano alla formazione del reddito, attraverso le quote annuali di
ammortamento (non sono beni necessari ma utili o serventi); i secondi sono i beni
dell’impresa diversi da quelli strumentali e dai beni merce: sono beni d’investimento
per la società, assimilabili ai normali investimenti fatti da un normale privato. Si
distinguono inoltre i beni strumentali per destinazione e per natura. Questi ultimi
sono tutti quei beni che per le loro caratteristiche oggettive sono destinati ad uso
industriale o commerciale.
22. I componenti positivi del reddito: i proventi
RICAVI
La prima categoria di proventi compresa tra gli elementi positivi del reddito
d’impresa sono i disciplinati dall’art. 85 del TUIR. Tale
ricavi, articolo prevede un
elenco di fattispecie in funzione dell’oggetto dell’attività d’impresa oppure della
del provento. Sono anzitutto ricavi dell’impresa, i corrispettivi conseguiti
natura
dalla cessione a titolo oneroso dei beni merce e assimilati oltre alla prestazione di
L’ammontare del ricavo è pari al corrispettivo di cessione a titolo oneroso se
servizi.
il pagamento è in denaro oppure dal valore normale se il bene è trasferito ad altro
titolo oppure se il corrispettivo è in natura.
Sono inoltre considerati ricavi:
- Le indennità conseguite a titolo di risarcimento per la perdita o il
danneggiamento dei beni merce;
- I contributi spettanti in base a contratti;
I contributi in conto esercizio che concorrono a formare il reddito d’impresa in
- virtù del principio di competenza (es. contributi di editoria, dei servizi
pubblici). PLUSVALENZE PATRIMONIALI
Un’altra categoria di proventi sono le plusvalenze patrimoniali. Esse sono disciplinate
dall’art. 86 TUIR e prendono in considerazione tutti gli altri beni diversi dai beni
merce e cioè:
- Plusvalenze realizzate mediante il risarcimento per la perdita o
danneggiamento dei beni;
- Plusvalenze realizzate a seguito di cessione a titolo oneroso (incluse le
aziende); all’esercizio dell’impresa.
- I beni assegnati ai soci o destinati a finalità estranee
Si parla di plusvalenze quando il bene fuoriesce dalla sfera dell’impresa e si calcola
tramite la differenza tra il prezzo di cessione e il costo fiscalmente riconosciuto; se
tale differenza è positiva si realizza una plusvalenza tassabile mentre se è negativa
una minusvalenza deducibile. La plusvalenza concorre alla formazione del reddito in
maniera diversa a seconda che derivi da una cessione a titolo oneroso, da un
all’impresa. Si può
risarcimento danni oppure dalla destinazione a finalità estranee
parlare di plusvalenze anche in caso di permuta di beni (considerate comunque
cessione a titolo oneroso), laddove vi è il trasferimento dei beni e la corresponsione di
un conguaglio per la differenza. In questo caso vengono tassati solo i conguagli e il
valore del bene per intero, viene ammortizzato.
Il comma 4 dell’art. 86 individua un regime opzionale per le sole plusvalenze
realizzate mediante cessione a titolo oneroso, oppure conseguenti alla perdita o al
danneggiamento dei beni posseduti per almeno 3 anni. Esse concorrono alla
formazione del reddito solo nell’esercizio in cui sono state realizzate, oppure, in
quote costanti nel primo e nei quattro esercizi successivi. Questa opzione porta ad
una diminuzione del risultato economico civilistico, poiché non risulta giusto
imputare tutte le imposte su un unico esercizio. Fiscalmente è un ricavo esente,
della restante parte (es. 25.000€/5
perciò avremmo una variazione in diminuzione
25.000€-5.000€=20.000€).
anni= 5.000€
Il comma 5 dispone che la cessione dei beni ai creditori in sede di concordato
preventivo non costituisce realizzo di plusvalenze o minusvalenze.
IL REGIME DELLA PARTECIPATION EXEMPTION
Il 1° Gennaio 2004 è stato introdotto il regime della PEX (participation exemption)
che ha segnato il passaggio dal metodo del credito d’imposta a quello dell’esenzione,
a seguito del problema della doppia imposizione sui dividendi societari e sulle
plusvalenze delle partecipazioni societarie. Esso si fonda sulla tassazione della
in capo alla società che produce l’utile da
ricchezza prodotta alla fonte e quindi
distribuire ai soci, sull’esenzione del 95% dei dividendi distribuiti ad un’altra società
infragruppo (per cui la plusvalenza è tassata per il 5% e consente di dedurre i costi
ed ulteriore (quindi c’è
per la gestione delle partecipazioni) e sulla tassazione finale
doppia imposizione e ben venga) del 40% del dividendo in caso di distribuzione al
all’imprenditore
socio persona fisica, individuale o alle società di persone non facenti
parte delle società di gruppo.
Il regime della PEX riguarda principalmente i dividendi, ma determina effetti anche
sulle plusvalenze in quanto in molti ordinamenti le due componenti sono sottoposte
allo stesso regime.
Il regime della PEX si applica solo se sussistono 4 requisiti, altrimenti viene applicato
il regime ordinario (si tassano pienamente (100%) le plusvalenze ed i dividenti, e si
deducono le minusvalenze):
Possesso ininterrotto della partecipazione da almeno 12 mesi prima della
1) cessione;
Che la partecipazione risulti tra le immobilizzazioni finanziarie del primo
2) bilancio chiuso dopo l’acquisizione;
La partecipata non deve avere la residenza fiscale in uno Stato con regime
3) fiscale privilegiato, tranne per obiettiva esigenza economica (miniere);
La partecipata deve esercitare un’impresa commerciale ai sensi dell’art. 55 del
4) TUIR, a meno che il patrimonio non sia costituito da immobili di mero
godimento.
Qualora si applica il regime della PEX, si originano plusvalenze esenti e
minusvalenze indeducibili. DIVIDENDI
Quanto ai dividendi occorre distinguere il regime della trasparenza da quello della
PEX. Vi sono casi in cui il regime della trasparenza è obbligatorio come per le
società di persone residenti, per le società e gli enti controllati e collegati. È invece
facoltativo, per le società di capitali residenti. Nel caso in cui trova applicazione il
principio della trasparenza, il reddito della partecipata è imputato alla partecipante in
proporzione alla quota di partecipazione. Per evitare doppie imposizioni gli utili al
momento della distribuzione, non partecipano alla determinazione del reddito della
controllante.
Invece nell'ipotesi di non applicazione del principio di trasparenza, gli utili
per cui l’esercizio
concorrono a formare il reddito attraverso il criterio della cassa,
in cui è deliberata la distribuzione degli utili, assume rilievo solo se nello stesso anno
a seguito dell’erogazione dei
interviene il pagamento dei dividendi. Qualora,
dividendi, si applica il regime della PEX gli utili concorrono alla determinazione del
reddito solo nella misura del 5%. La tassazione in misura ridotta consente al socio di
dedurre i costi legati alla gestione della partecipazione (assemblee), i quali sarebbero
stati indeducibili se la detassazione fosse integrale.
Mentre la nuova ricchezza prodotta dalla società esprime l’utile dell’esercizio, che è
necessario tassare prima di essere trasferita ai soci sotto forma di dividendi, la
restituzione di un apporto originario effettuato dai soci, è una retrocessione
(restituzione) del capitale conferito all’origine; tali importi perciò non costituiscono
utile per le società soggette a IRES che determinano una riduzione del capitale
sociale o del patrimonio netto ed una conseguente riduzione del valore fiscale della
partecipazione del socio.
Particolari problematiche scaturiscono per le contribuzioni di capitale che possono
essere assimilate ai versamenti di capitale. Qualora tali somme siano definite in
natura, sono indeducibili per la società e non sono tassabili per il socio. Ma qualora
non fossero definite, tali somme, si considerano prelevate dalla riserva di utile e
valutate come se fossero dividendi (come l’utilizzo del fondo sovrapprezzo azioni che
è riserva di capitale, ma se non viene specificato si applica il regime della PEX).
Nel momento in cui vi è liquidazione della società con restituzione ai soci del residuo
attivo, la stessa dovrà indicare la natura delle riserve che distribuisce, in modo da
individuare se la distribuzione è di utile oppure di capitale.
SOPRAVVENIENZE ATTIVE
Le sopravvenienze attive (maggiori ricavi o minori costi) sono ripartite in due
categorie: le sopravvenienze proprie e le sopravvenienze per assimilazione.
Le sopravvenienze proprie sono dovute ad atti e fatti che incrementano il valore
patrimoniale dell’impresa oppure producono minori costi o maggiori ricavi relativi al
reddito degli esercizi precedenti. Si tratta di fatti sopravvenuti ed imprevedibili, di
ammontare non determinato.
Le sopravvenienze per assimilazione costituiscono incrementi straordinari di
ricchezza non legati a redditi degli esercizi precedenti e senza funzione rettificativa
L’art. 88 TUIR individua due fattispecie:
dei risultati economici dichiarati.
Le indennità non risarcitorie collegate al danneggiamento o alla perdita di
1) beni che danno luogo a ricavi e sopravvenienze;
I contributi in conto capitale, cioè quelli con vincolo di destinazione per il
2) perseguimento di scopi ad utilità pluriennale. Tali contributi vengono
ripartiti in quote costanti nell’esercizio in cui è stato incassato e nei quattro
successivi (non si applica il principio di cassa come nei