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Riassunto esame Diritto romano, Prof. Biscotti, libro consigliato Dalla storia di Roma alle origini della società civile: un dibattito ottocentesco, Capogrossi, Colognesi Pag. 1 Riassunto esame Diritto romano, Prof. Biscotti, libro consigliato Dalla storia di Roma alle origini della società civile: un dibattito ottocentesco, Capogrossi, Colognesi Pag. 2
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Estratto del documento

Egli ha costruito una storia delle logiche e dei meccanismi che presiedono alla

genesi del diritto.

L’architettura del libro si basa sull’idea del progresso. Da questa premessa

l’autore ha una visione pessimistica della storia umana distinguendo tra società

progressive e stazionarie.

Le società progressive erano quelle appartenenti al ceppo indoeuropeo mentre

la civiltà stazionaria per eccellenza era quella indù. Le altre società vengono

svalutate e una volta ricondotte all’interno della stazionarietà, l’autore se ne

disinteressa. Si può richiamare queste società solo per identificare quei fattori

di blocco intervenuti nella storia.

La posizione del giurista inglese non era univoca e lascia aperta la possibilità

che il processo di crescita delle società progressive fosse estendibile a tutte le

società.

Egli si rivolge ai poemi omerici per affermare che la sentenza (themistes cioè

pronuncia sovrana ispirata dalla divinità) anticipa la legge, escludendo pertanto

che il fondamento della legalità risiedesse nella consuetudine. Il superamento

di questo stadio primitivo sarebbe stato possibile grazie a un evento avvenuto

in poche società: la formazione di regole consuetudinarie sotto il controllo

dell’aristocrazia.

Oriente e occidente seguono cosi due percorsi diversi: alla preminenza di ceti

sacerdotali in oriente, si affaccia lo sviluppo delle aristocrazie, passate a

controllare la produzione consuetudinaria del diritto.

Il fattore di blocco precocemente intervenuto sarebbe la religione.

L’autore mette a fuoco successivamente tre caratteri potenzialmente involutivi:

la legislazione e l’analogia, la finzione legale e l’equità. Se la legislazione

interviene in tempo, la società si evolve abbandonando la consuetudine e una

possibile dilatazione eccessiva dell’azione (analogia). Se la finzione legale

interviene nel momento giusto, essa costituirà uno strumento evolutivo. Se

invece l’equità interviene troppo presto nella storia (come in Grecia), essa sarà

un fattore di blocco.

Insomma, per Maine, non sembra che i fattori storici abbiano un valore

univoco: la loro funzione negativa o positiva va correlata con il fattore tempo.

Nella prima parte, l’autore non fa uso di un vero e proprio sistema comparativo

tranne per i due fondamentali sistemi progressivi: il diritto romano e la

tradizione inglese. Egli tende a sottolineare debolezze più a svantaggio del

diritto inglese.

Nella seconda parte c’è un organico sistema comparativo, attraverso l’utilizzo

di uno strumentario utile per la ricostruzione delle origini del diritto (importanza

di codice di Manu).

Punto di partenza è di una diretta linea di sviluppo dal nucleo sociale

elementare, costituito dalla famiglia patriarcale, sino all’ordinamento statale.

La famiglia patriarcale costituirebbe l’embrione della società civile,

preesistendo agli inizi dell’esperienza giuridica. All’interno di questa sua

costruzione è possibile individuare un momento di passaggio da una fase

naturalistica, nella costruzione del gruppo sociale di base, ad un legame di tipo

convenzionale fondato su finzioni (adozione). La centralità delle strutture

patriarcali lo aiuta nella sua polemica anticontrattualista perché gli permette di

identificare la società primitiva non come un insieme di individui ma come

un’aggregazione di famiglie: l’unità della società antica era la famiglia.

L’evoluzione del sistema successorio, delle forme di proprietà, dei rapporti

contrattuali e del sistema di responsabilità penale prendono consistenza dal

punto di partenza unitario rappresentato dalla famiglia patriarcale delle origini.

I due capitoli dedicati alle forme di successione ereditaria servono a Maine per

dimostrare che il sistema testamentario è il risultato di un complesso processo

storico partito da premesse opposte.

La rilevanza, attribuita dai moderni, alla volontà del testatore non trova

corrispondenza nell’esperienza romana delle origini, il cui obiettivo era quello di

identificare un erede universale del defunto. Questo tipo di successione è

funzionale alla conservazione dell’unità familiare, per dichiarare chi avrebbe

assunto il comando della famiglia.

Il riferimento al mondo dei patriarchi indù induce a immaginare un sistema di

successione familiare, fondato sulla primogenitura, anteriore alle forme del

diritto romano arcaico basato sulla successione ab intestato. Nelle istituzioni

indù la famiglia patriarcale è un’entità politica e così il potere del pater si

trasferisce direttamente al primogenito: il potere patriarcale non è solo

domestico ma anche politico.

La proprietà, nelle fasi iniziali della storia umana è collettiva (spunto da società

indù). Da questa consapevolezza, egli immagina che i diversi tipi di comunità di

villaggio corrispondono ai diversi stadi di un processo di trasformazione

realizzatosi ovunque nella stessa maniera. Questo schema si applica sia alle

strutture familiari sia alla proprietà. Così come la famiglia in senso proprio

appare l’ultimo stadio evolutivo che inizia con il più ampio gruppo parentale di

tipo agnatizio, le quali una volta dissolte in famiglie separate vengono

soppiantate successivamente dall’individuo. A questi stadi sarebbe corrisposta

un’analoga modificazione nella natura della proprietà. La proprietà individuale

sarebbe così il risultato del progresso giuridico.

Il suo disegno si conclude con l’analisi degli effetti ultimi della progressiva

crescita d’importanza della volontà individuale. Essi hanno il punto di massima

nella storia delle obbligazioni. Alle origini la forza pervasiva del gruppo, che

assorbe l’individuo, è l’unica a definirne lo statuto. Nelle società primitive

l’uomo non ha la possibilità di porre in essere diritti e obblighi. Anche qui è da

immaginarsi un’evoluzione che passa per la distinzione tra atto traslativo e atto

costitutivo di obblighi per arrivare alla nozione di contratto.

Egli critica fortemente la fides intaccando un postulato delle teorie

contrattualiste: il rispetto degli obblighi assunti non costituisce un presupposto

per la formazione di una società organizzata. Essa stessa è parte di uno

sviluppo storico. Da ciò consegue la priorità delle forme di dipendenza fondate

su uno status giuridico rispetto al contratto (from status to contract). Egli cosi

aggrediva le teorie secondo cui il diritto aveva avuto origine dal contratto.

L’errore sarebbe stato ancora di proiettare verso le epoche antiche quella

preminenza del contratto riscontrabile nella modernità.

L’ultima categoria molto importante è quella dell’obbligo di risarcimento dei

danni arrecati da comportamenti illeciti: il sistema penale alle origini era molto

più sviluppato rispetto alla sfera civilistica causato dalla relativa povertà dei

rapporti privatistici.

Dopo la pubblicazione di “Ancient Law”, gli viene assegnato un importante

ruolo politico in India, dove è a diretto contatto con la realtà da lui spiegata

nelle sue teorie. Egli non generò grossi cambiamenti nell’amministrazione

indiana grazie al suo orientamento innovatore ma moderato. Sicuramente

riuscì più di alcuni suoi predecessori ad impostare una politica di rispetto verso

la colonia indiana: il rispetto della tradizione degli altri popoli era requisito

necessario per impostare una politica di successo. Fu un forte sostenitore della

codificazione indiana.

Pubblicò, dieci anni dopo “Ancient Law, “Village Communities” nel quale egli

andò oltre agli orizzonti tracciati dalla sua precedente opera: vediamo ora al

centro del suo interesse il possibile sviluppo di una società stazionaria come

quella indiana (la società per eccellenza stazionaria).

Il metodo comparativo viene affinato per cercare di reinterpretare le istituzioni

indiane secondo parametri conosciuti (formazione del sistema feudale

nell’Europa occidentale) ma soprattutto per cercare di cogliere la realtà indiana

nella sua dimensione dinamica. Con due risultati: il superamento di una

impossibile evoluzione della società indiana e la possibilità di gettare una

nuova e sorprendente luce sulla stessa storia europea.

Nella ricostruzione del processo formativo della società feudale individua due

fenomeni paralleli ma apparentemente contradditori: un sistema di

utilizzazione della terra di tipo comunitario, dall’altra l’affermazione di un

potere feudale. La più antica forma di comunità di villaggio non si dissolve con

l’affermarsi del potere feudale ma vive accanto a questa signoria. All’interno

del villaggio si formano potenziali squilibri che innescano il processo di

formazione della signoria fondiaria. Questo mutamento rappresenta un

progresso rispetto alla forma pura di comunità di villaggio dato che il rapporto

del signore feudale con la terra rappresenterebbe l’inizio di un’autonomia sulla

stessa. L’organizzazione feudale della terra si delinea come il necessario stadio

di passaggio dalle primitive forme comunitarie alla piena affermazione della

proprietà individuale.

Si conferma l’idea di un’evoluzione dalla preminenza del gruppo verso

l’autonomia individuale, facendo tramontare l’interpretazione della comunità

agraria medievale come fattore di progresso.

Essa è rafforzata dai riscontri presenti nella realtà indiana, ricavati grazie

all’utilizzo del metodo comparativo (presenza di potenziali linee di sviluppo):

all’interno del villaggio indiano vi è una stratificazione, con la conseguente

emersione di famiglie più autorevoli, che poteva favorirne la trasformazione in

una signoria fondiaria di tipo feudale.

Il governo inglese avrebbe quindi interrotto lo sviluppo giuridico indiano, il

quale poteva ripercorrere gli schemi evoluti della storia europea. Maine veniva

a concludere, con una dose di perplessità, che a questo punto sarebbe stato

meglio imporre una codificazione nuova non rispettando le tradizioni. Una

questione, forse, senza soluzione.

In seguito alle critiche di McLennan, egli sembra perseguire l’obiettivo di

ridimensionare la portata dei suoi schemi (sempre basati sul modello

patriarcale) restringendo la sua delimitazione al solo mondo indoeuropeo.

Secondo questa sua linea difensiva, le comparazioni da lui effettuate sarebbero

state sempre circoscritte a tale ambito, non elevandosi mai ad enunciazioni

generali in

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Publisher
A.A. 2017-2018
14 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/18 Diritto romano e diritti dell'antichità

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher fpigna94 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Istituzioni di diritto romano e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Biscotti Barbara.