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Il rischio di una burocrazia difficile da rimuovere
Da un lato, c'è il rischio di avere una burocrazia fatta di funzionari difficilmente amovibili e in grado addirittura di perseguire una loro politica, anche difforme da quella dei responsabili democraticamente legittimati. Dall'altro lato, c'è il rischio di riempire le file dell'amministrazione di persone scelte non per le loro capacità e i loro meriti, ma per la loro "fedeltà" a questo o quel leader politico. Un equilibrio dunque, come si capisce, delicato e difficile.
I funzionari pubblici hanno compiti, poteri e responsabilità definiti dalla legge (art. 97, secondo comma), e rispondono anche direttamente se nell'esercizio dei loro poteri violano i diritti di altri soggetti (art. 28).
La Costituzione non fa cenno a quelle particolari amministrazioni pubbliche, nate in gran parte molto più di recente, che non sono vincolate agli indirizzi politici degli organi di governo, e per questo sono dette "indipendenti", indipendenti.
Cioè dal Governo e dal Parlamento, come la Bancad'Italia, la Consob, le "Autorità" per la tutela della concorrenza, per la tutela dei dati personali (la per le garanzie nelle telecomunicazioni, per l'energia. Esse operano nell'ambito delle privacy), su particolari settori, in cui prevale l'esigenza di leggi con compiti di regolazione e di vigilanza sottrarre al Governo e di affidare a sedi tecniche indipendenti il controllo delle scelte, o di determinate scelte. La nomina dei titolari di questi organismi è in genere, ma non sempre, affidata ad organi a loro volta in posizione almeno relativamente super partes, come i Presidenti delle Camere, e ad essi sono conferiti mandati lunghi e uno statuto che tende a garantirne l'indipendenza. Particolarmente avvertita è l'esigenza di garantire l'imparzialità (nel senso di non essere utilizzabile per fini di parte) dei corpi a cui è affidato l'uso della
Forza legittima, cioè le forze armate e le forze di polizia, al fine di evitare il rischio che l'uso indebito della forza possa travolgere o alternare i meccanismi democratici. Per questo la Costituzione prevede che la legge possa vietare del tutto ai militari e appartenenti a corpi di polizia (come i magistrati e ai rappresentanti diplomatici e consolari all'estero) di appartenere a partiti politici (art. 98, terzo comma). Parallelamente, le leggi stabiliscono delle limitazioni ai diritti sindacali (di associazione e di sciopero) per militari e funzionari e agenti di polizia.
Quanto poi alle forze armate, la Costituzione, per meglio salvaguardarne l'imparzialità, ne attribuisce il comando, nel senso di "alto comando", non in senso gerarchico né operativo, al Presidente della Repubblica, rappresentante dell'unità nazionale, al quale è pure attribuita la presidenza dell'organismo di coordinamento chiamato Consiglio supremo.
di conseguenza, ha il diritto di partecipare alla sua amministrazione. L'articolo 102 stabilisce che i giudici sono soggetti solo alla legge e che nessuno può interferire con il loro esercizio della giurisdizione. Questo garantisce l'indipendenza del potere giudiziario e la sua separazione dagli altri poteri dello Stato. L'articolo 103 sancisce il principio del giusto processo, che prevede che ogni persona abbia il diritto di essere giudicata secondo le norme di legge e di essere difesa da un avvocato. Inoltre, nessuno può essere condannato senza un processo equo e pubblico. La Costituzione prevede anche la creazione di organi di autogoverno della magistratura, come il Consiglio Superiore della Magistratura, che ha il compito di garantire l'indipendenza e l'imparzialità dei giudici. Infine, l'articolo 111 stabilisce che la giustizia deve essere accessibile a tutti, in modo che ogni persona possa far valere i propri diritti di fronte ai tribunali. Questo principio è fondamentale per garantire l'uguaglianza di fronte alla legge e la tutela dei diritti fondamentali dei cittadini.come sappiamo, la esercita “nelle forme e nei limiti della Costituzione” (art. 1, secondo comma). Non significa che i giudici, i quali pronunciano le sentenze “in nome del popolo italiano”, siano chiamati, nel giudicare, a compiere una volontà popolare, che il popolo potrebbe esprimere a maggioranza. Essi, invece, come aggiunge subito dopo lo stesso art. 101, “sono soggetti soltanto alla legge”, cioè devono applicare le leggi, approvate dal Parlamento rappresentante il popolo. Ma soggezione alla legge non equivale a soggezione alla maggioranza politica, anche se la legge ne è normalmente espressione. La legge infatti, una volta è “uguale per tutti”, come è adottata con i procedimenti voluti, ed entrata in vigore, è oggettiva, scritto spesso nelle aule di giustizia. Ciascun giudice interpreta e applica le leggi secondo la sua autorità, scienza e coscienza, senza essere soggetto in ciò aEsistono diversi corpi giudiziari, formati da giudici professionali o da giudici "onorari", cioè investiti di funzioni giudicanti senza essere di carriera. La Costituzione considera però la funzione giurisdizionale in modo unitario, e vieta espressamente l'istituzione, accanto e al di fuori della magistratura "ordinaria", di nuovi organi giudicanti "speciali" per determinate categorie di giudizi, o "straordinari", cioè formati ad hoc per determinare controversie (art. 102, secondo comma): ma prevede poi che, invece, sopravvivano alcuni corpi giudicanti speciali che già esistevano prima della Costituzione (il Consiglio di Stato e gli altri organi di giustizia amministrativa, la Corte dei conti, i Tribunali militari: art. 103), e consente che altri organi giudicanti preesistenti, ad esempio, le commissioni tributarie per le controversie fra cittadini e fisco, a loro volta vengano mantenuti,
purché sottoposti a revisione per renderli conformi ai principi costituzionali (VI disp. trans. e fin.).
Per tutti questi corpi e organi giurisdizionali valgono i principi costituzionali, principalmente quelli di indipendenza e di imparzialità, che caratterizzano l’amministrazione della giustizia.
I magistrati ordinari di carriera sono nominati per concorso; la legge può prevedere altre forme di investitura, anche per elezione, nel solo caso di magistrato onorari che non vanno a comporre organi giudicanti collegiali (art. 106). Poiché però per i magistrati di carriera occorre prevedere un’autorità all’assegnazione dei posti, ai trasferimenti, all’applicazione delle eventuali sanzioni che provvedadisciplinari per violazione di doveri di servizio, ecc…, e poiché affidare queste funzioni al ministro e al ministero della Giustizia, come avveniva prima della Costituzione, significherebbe consentire che l’esecutivo
condizioni i giudici, pregiudicandone l'indipendenza, la Costituzione ha stabilito che questa autorità sia invece un organo collegiale, presieduto dal Capo dello Stato, e formato per due terzi da magistrati eletti dalla magistratura ordinaria al proprio interno (i cosiddetti componenti "togati"), e per un terzo da tecnici del diritto eletti dal Parlamento (i cosiddetti componenti "laici"). È il Consiglio superiore della magistratura, che realizza una sorta di autogoverno del corpo giudiziario (sia pure corretto dalla presenza del Presidente della Repubblica e dei membri di elezione parlamentare). Il ministro della Giustizia rimane, con il suo apparato amministrativo, ma non è più responsabile dei riguardanti i magistrati (può solo promuovere nei loro confronti l'azione disciplinare provvedimenti davanti all'apposita sezione del Consiglio superiore), bensì solo della organizzazione dei servizi giudiziari.dell'impiego delle risorse (art. 110). Parola chiave importante in questa materia è "imparzialità": il giudice deve essere in una posizione nella quale tutti gli interessati, tutte le "parti" del processo possano vedere in lui qualcuno che deciderà non secondo un pregiudizio che lo leghi ad uno o altro interesse in gioco, ma secondo la legge. La giustizia costituzionale La Corte costituzionale è una delle maggiori novità della Costituzione repubblicana. Entrata in funzione nel 1956 con un ritardo di otto anni, ma ormai da tempo divenuta un elemento essenziale del nostro sistema di poteri. La Costituzione si limita a definire le sue funzioni fondamentali (art. 134); il delicato equilibrio della sua composizione, formata da quindici giudici, tutti tecnici del diritto, ma designati per un terzo dalla supreme magistrature (Corte di cassazione, Consiglio di Stato, Corte dei conti), per un terzo dal Parlamento e per un terzo dalCapo dello Stato (art. 135, modificato nel 1967 per quanto riguarda la durata del mandato dei giudici, ridotta da 12 a 9 anni); e gli effetti delle sue pronunce sulle leggi (art. 136). Rinvia poi a leggi costituzionali per la determinazione dei modi in cui si istaurano e si svolgono i suoi giudizi e delle garanzie di indipendenza dei giudici e a leggi ordinarie per le ulteriori norme di funzionamento (art. 137).
Tutte le funzioni della Corte sono intese a garantire l'osservanza della Costituzione. Essa è prima di tutto il "giudice delle leggi", al quale i giudici comuni devono rivolgersi quando sorga un dubbio sulla legittimità costituzionale di ciò che dispone una legge ordinaria: se il dubbio risulta fondato, la sentenza della Corte priva di efficacia, definitivamente e per tutti, la legge incostituzionale. Spesso poi la Corte indica ai giudici qual è l'interpretazione della legge che rispetta la Costituzione.
La Corte può dunque
anche rendere inefficace, in nome della Costituzione, la volontà del Parlamento che approva le leggi: è questo uno dei più rilevanti fra i "limiti" entro cui, ai sensi dell'art. 1, si esercita la sovranità del popolo. L'ultima parola, nel quadro della Costituzione spetta alla Corte, organo non elettivo (se non in parte) e non rappresentativo, e del tutto indipendente dagli organi politici. Il Parlamento può però modificare la Costituzione, seguendo le procedure stabilite (art. 138), e dunque se si vuole ha l'ultima parola "oltre" la Costituzione, purché non intacchi quei "principi supremi" (fra cui il nucleo essenziale dei diritti inviolabili delle persone) che si ritengono sottratti allo stesso potere di revisione della Costituzione (in tal caso sarebbe ancora una volta la Corte costituzionale a pronunciarsi). È questo il delicato equilibrio costituzionale istaurato fra regola dimaggioranza ed esigenza di garanzia dei principi costituzionali. In secondo luogo la Corte è il giudice dei conflitti fra Stato e Regioni, in ordine alla rispettive sferedi competenza legislativa e amministrativa.