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RIPRISTINATORIA DEL DIRITTO PENALE AMBIENTALE

Il diritto penale dell’ambiente, in maniera progressivamente sempre

più marcata, tende ad assumere funzione ripristinatoria. Ciò avviene sia

attraverso l’impiego, nella prassi giudiziaria, di strumenti generali di diritto

penale sostanziale e processuale subordinati a rimessioni in pristino e

bonifiche, sia attraverso strumenti normativi peculiari, di varia natura il cui

comune denominatore consiste nell’essere configurati come conseguenze

dell’accertamento da parte del giudice penale di un fatto di reato.

Art. 452-duodecis c.p.: il ripristino dello stato dei luoghi è ordinato dal

giudice ogni qual volta pronunci sentenza di condanna o di

“patteggiamento” per taluno dei nuovi delitti ambientali contenuti nel

titolo VI-bis del codice penale.

L’art. 452-decies c.p. (“Ravvedimento operoso”) prevede marcate

riduzioni di pena per chi, prima della dichiarazione di apertura del

dibattimento di primo grado, provveda concretamente alla messa in

sicurezza, alla bonifica e, ove possibile, al ripristino dello stato dei

luoghi.

La funzione ripristinatoria del diritto penale dell’ambiente trova la sua massima

espressione nella configurazione dei reati di omessa bonifica: sia

contravvenzionale sia delittuosa, che minacciano una autonoma sanzione

penale per l’inadempimento agli obblighi di bonifica e ripristino.

Gli obblighi di rimessione in pristino e di bonifica rispondono ad

un’esigenza di effettività della tutela ambientale.

In caso di violazioni solo formali la rimessione in pristino è evitabile

attraverso la sanatoria delle irregolarità.

In altri casi la rimessione in pristino può essere una delle prescrizioni

imposte dagli organi di vigilanza quale condizione per l’estinzione dei

reati ambientali che non abbiano cagionato danno o pericolo concreto

e attuale di danno alle risorse ambientali (art. 318-bis TUA).

In altri casi l’inottemperanza agli ordini di ripristino comporta ex lege

l’acquisizione di diritto e gratuita dell’opera abusiva e dell’area di

sedime al patrimonio comunale.

Le disposizioni che impongono al giudice, con la sentenza di condanna o di

“patteggiamento”, di disporre obblighi di ripristino o di bonifica, costituiscono

sanzioni accessorie di natura amministrativa, come tali non

sospendibili.

4.1. LA CONFISCA

Numerose disposizioni impongono al giudice di ordinare la confisca

(obbligatoria) dei luoghi nei quali si è realizzato l’illecito e delle opere

ivi edificate.

L’art. 452-undecies c.p. prevede la confisca obbligatoria delle cose che

costituiscono il prodotto (bene conseguito dal reato), il profitto del

reato o che servirono a commettere il reato, in relazione a molti dei

nuovi delitti ambientali (salvo che appartengono a persone estranee

al reato).

L’art. 452-undecies, comma 2 c.p. prevede altresì la confisca per

equivalente, nel caso non sia possibile la confisca diretta dei beni.

Paradossalmente, la confisca, disposta in un orizzonte penale

complessivamente volto a funzioni ripristinatorie, tende nella nostra materia a

perdere le finalità preventive e cautelari ad essa tradizionalmente assegnate,

per assumere una impropria funzione repressiva.

Tale “impropria” funzione assunta dalla confisca viene rivendicata dalla

giurisprudenza, secondo cui la misura ablativa “ha chiaramente una funziona

sanzionatoria, essendo una forma di rappresaglia legale nei confronti

dell’autore del reato che mira a colpirlo nei suoi beni”.

L’insolita e infelice metafora bellica ha il merito di porre in risalto un carattere

assai problematico della confisca perché, in certe ipotesi, entra in crisi

il principio di proporzione perché a reati di modesto disvalore puniti

con sanzioni medio-basse talvolta oblabili si accompagnano misure

ablative potenzialmente molto elevate.

5. DELIMITAZIONE TERRITORIALE E TEMPORALE: VERSO

DIRITTI PENALI AMBIENTALI LOCALI?

Molte sono le tecniche con le quali l’ordinamento offre protezione penale

ritagliata su determinati luoghi e/o tempi.

Talvolta è il legislatore statale a prevedere direttamente ambiti di

tutela o soglie diverse, penalmente rilevanti, laddove le condotte

incriminate tocchino determinati territori.

Di recente, proprio in materia ambientale, il legislatore ha sperimentato un

nuovo modello normativo: il riferimento è alla disciplina emergenziale sui

rifiuti originariamente dichiarata nella regione Campania.

Dapprima il legislatore ha introdotto nuove fattispecie volte a rendere

più efficiente lo speciale regime di smaltimento dei rifiuti

contestualmente previsto per superare l’emergenza.

In un secondo momento, il legislatore ha introdotto, nei soli territori in cui

vigeva l’emergenza rifiuti, il reato di abbandono di rifiuti ingombranti da

parte di privati e inasprito notevolmente le pene per numerosi altri

reati.

La Corte costituzionale ha respinto le questioni di legittimità sollevate da taluni

giudici di merito per contrasto con il principio di uguaglianza, ritenendo che la

peculiarità della situazione ambientale in cui versano le aree geografiche

interessate dalle discipline d’emergenza giustifichi le diversità di trattamento

anche penale. La tesi è condivisibile.

Perplessità riguardano se mai il diverso profilo della ragionevolezza e della

proporzione delle pene.

6. IL C.D. TESTO UNICO AMBIENTALE

Storicamente la materia ambientale si è caratterizzata per la pluralità delle

fonti e per la frammentarietà delle discipline.

Nell’arco di 10 anni, il legislatore ha introdotto due nuove discipline;

l’una generale (d.lgs n° 152/2006), l’altra specificatamente penale (il

titolo VI-bis c.p., introdotto dalla legge n° 68/2015).

Il d.lgs. 152/2006, dal punto di vista formale, non si tratta di un testo unico

dato che non copre l’intera materia ambientale.

Le modifiche legislative hanno realizzato una sorta di codificazione per

approssimazioni successivi in continuo aggiornamento.

6.1. I PRINCIPI SULLA PRODUZIONE NORMATIVA: RIFLESSI

SULLA SUCCESSIONE DI LEGGI PENALI NEL TEMPO

L’art. 3-bis, comma 3, TUA stabilisce che le relative norme “possono

essere derogate, modificate o abrogate solo per dichiarazione

espressa da successive leggi della Repubblica, purché sia comunque

sempre garantito il rispetto del diritto europeo, degli obblighi

internazionali e delle competenze delle Regioni e degli Enti locali”.

6.2. PRINCIPIO DELL’AZIONE AMBIENTALE

L’art. 3-ter TUA stabilisce che “la tutela dell’ambiente e degli

ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita

da tutti gli enti pubblici e privati e dalle persone fisiche e giuridiche

pubbliche o private, mediante una adeguata azione che sia informata

ai principi della precauzione, dell’azione preventiva” e degli altri

principi comunitari.

L’enunciato dell’art. 3-ter TUA interessa il penalista sotto due profili, evocando i

temi della posizione di garanzia e della colpa.

6.2.1. POSIZIONE DI GARANZIA DEL CITTADINO PER TUTTI I

REATI AMBIENTALI?

Alla proclamazione di un dovere in capo al cittadino non sembra

tuttavia corrispondere la fondazione di una autentica posizione di

garanzia penalmente rilevante.

L’art. 3-ter TUA enuncia infatti un principio, non fissa regole di condotte

sufficientemente predeterminate, la cui violazione possa essere posta a

fondamento di responsabilità, appunto, omissiva. L’individuazione di

obblighi giuridici penalmente rilevanti rispetto alla responsabilità per

omissione dovrà passare per l’esame delle singole discipline di

settore.

6.2.2. PRINCIPIO DI PRECAUZIONE E COLPA

L’art. 3-ter TUA pone inoltre il tema del rapporto tra principio di

precauzione e colpa, ovvero della eventuale rimproverabilità di

condotte tenute in stato di incertezza scientifica, laddove

successivamente alla condotta e in sua conseguenza si realizzi l’evento

all’epoca congetturato come pericoloso, pur in assenza di evidenze scientifiche

consolidate.

L’obiezione secondo cui il principio di precauzione non vincola i privati,

ma solo le scelte politico-amministrative degli organi pubblici

preposti, controversa in precedenza, non regge più. L’art. 3-ter si

rivolge espressamente “alle persone fisiche” e l’art. 301 TUA si indirizza

esplicitamente all’operatore, ovvero al soggetto che si imbatte nel potenziale

pericolo.

A differenza delle posizioni di garanzia, la colpa generica si articola in criteri

(imprudenza, negligenza, imperizia) per definizione e funzione molto ampi, che,

sembrano poter essere riempiti di contenuto nelle singole situazioni concrete,

anche alla luce del principio di precauzione.

In particolare, in materia ambientale, il principio di precauzione opera

laddove vi sia “un rischio che comunque possa essere individuato a

seguito di una preliminare valutazione scientifica obiettiva”.

L’art. 301, comma 3, TUA sembra limitare i doveri precauzionali in

capo all’operatore interessato ad un’informativa tempestiva rivolta

agli enti locali e al Prefetto del luogo in cui si prospetta l’evento

lesivo.

Il dovere di informativa può probabilmente interpretarsi come norma

di precauzione specifica, laddove, a titolo di precauzione generale,

resta aperta la questione dei comportamenti che di volta in volta, ad

una valutazione ex ante, appaiono necessari a sventare il rischio,

nell’ambito di una valutazione che tenga conto della probabilità di verificazione

dell’evento, della sua magnitudine e dei costi delle misure precauzionali.

Pur nella complessità del tema, sembra allo stato dell’attuale

legislazione doversi concludere nel senso che l’art. 3-ter TUA non

detta una regola di condotta, bensì addita un principio. Del resto,

l’art. 307, comma 4, TUA si limita a focalizzare il Ministero

dell’Ambiente ad adottare misure di prevenzione purché proporzionate,

non discriminatorie, basate su un esame costi-benefici e aggiornabili, senza

pretendere alcunché dai cittadini.

In linea generale, il principio di precauzione è assunto attualmente in

alcune fattispecie come criterio di gestione del rischio in condizioni di

incertezza scientifica, attraverso procedure, autorizzazioni, limiti-

soglia cautelativi e prescrizioni volte a minimizzare rischi che la

scienza ha ipotizzato ma che rimangono incerti.

Si tratta di un modello problematico dal punto di vista del diritto

penale, poiché il nesso tra condotta incriminata e tutela dei beni

giuridici si dilata dal pericolo astratto ad un pericolo che

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A.A. 2017-2018
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SSD Scienze giuridiche IUS/17 Diritto penale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher fpigna94 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto penale dell'ambiente e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano - Bicocca o del prof Ruga Riva Carlo.