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Capitolo 10: I RAPPORTI TRA L'ORDINAMENTO DELL'UNIONE EUROPEA E QUELLO ITALIANO
I rapporti tra l'ordinamento dell'UE e l'ordinamento italiano hanno sollevato numerosi problemi che si sono manifestati nei rapporti tra la Corte di giustizia dell'Unione e la Corte costituzionale italiana.
Il primo problema nasceva dal fatto che i Trattati dell'Unione comportano un parziale trasferimento di sovranità dagli Stati membri alle istituzioni europee. Essi introducono negli ordinamenti interni nuove fonti di diritto, quali i regolamenti, e istituiscono un nuovo sistema giurisdizionale, capace di limitare i poteri del giudice nazionale.
Tale consapevolezza ha indotto numerosi Stati a dare esecuzione ai Trattati con legge costituzionale, al fine di rendere compatibile la propria costituzione con tale trasferimento di poteri.
In Italia, l'autorizzazione alla ratifica e l'ordine di esecuzione dei Trattati spetta alla legge ordinaria e, quindi, si è posta davanti alla Corte costituzionale.
la ques one di legi mità cos tuzionale di tali leggi. LaCorte cos tuzionale ha stabilito che le leggi di autorizzazione alla ra ca e di esecuzione dei Tra a ,trovano gius cazione nell’art 11 Cost.
Si pone, poi, un altro problema riguardo la prevalenza del diri o dell’UE o di quello interno nei casi diincompa bilità tra le norme. Tale problema riguarda le norme dire amente applicabili e non le altredisposizioni dell’Unione, come le dire ve, per le quali occorre l’intervento del legislatore italiano.
La Corte cos tuzionale aveva a ermato che le norme europee e le leggi italiane avevano pari e caciagiuridica; gli eventuali contras andavano risol in base ai principi della successione delle leggi nel tempo.
Tale tesi incontrò una forte opposizione da parte della Corte di gius zia, la quale a ermò il primato deldiri o europeo sulle norme interne contrastan e, quindi, l’invalidità di quest’ul me.
Negli anni successivi, la
Corte costituzionale ha promosso un'opera di avvicinamento per eliminare tale dissidio, stabilendo che il giudice, di fronte a leggi incompatibili con i regolamenti europei, deve sollevare la questione della loro legittimità costituzionale di fronte la Corte costituzionale, che deve pronunciarsi sulla questione. La Corte di giustizia, ancora una volta, non ha accettato questa posizione, affermando che il giudice nazionale, in caso di contrasto tra le norme, deve disapplicare di propria iniziativa la legislazione interna senza attendere una pronuncia di un tribunale costituzionale. La nostra Corte ha compiuto un'ulteriore svolta, riconoscendo i due ordinamenti, quello statale e quello comunitario, come ordinamenti autonomi e distinti, sebbene coordinati. L'art. 11 Cost. non implica l'invalidità della legge statale in contrasto con quella europea, ma la sua disapplicazione da parte del giudice nazionale. Quindi, pur riconoscendo la supremazia gerarchica del diritto europeo su quellonazionale,la Corte cos tuzionale giunge allo stesso risultato.Nella giurisprudenza della Corte cos tuzionale è possibile ricavare diverse precisazioni e ampliamen alriconoscimento della supremazia del diri o dell’Unione. Prima di questo, però, occorre guardare aglisviluppi della giurisprudenza della Corte di gius zia, che ha in uito sulla prima:per quanto riguarda la Corte di gius zia:- Ha a ermato che il primato del diri o comunitario si rileva anche nei confron di norme interne dirango cos tuzionale- Ha chiarito che l’obbligo di assicurare tale primato spe a, non solo ai giudici, ma anche allapubblica amministrazione- Ha a ermato che il primato del diri o dell’Unione comporta la disapplicazione del principiodell’autorità della sentenza passato in giudicatoHa so olineato, poi, l’importanza del principio di autorità di cosa giudicata, sia nell’ordinamentocomunitario che in quello statale, al ne di garan re sia la
stabilità del diritto e dei rapporti giuridici, sia una buona amministrazione della giustizia. Le modalità di attuazione del principio di cosagiudicata rientrano nell'autonomia procedurale degli Stati membri. Nella posizione iniziale della Corte di giustizia, che qualifica come prive di efficacia, o addirittura invalide, le disposizioni nazionali incompatibili con norme comunitarie, è riscontrabile un'assenso, infatti la Corte sembra accontentarsi della semplice disapplicazione di tali disposizioni, senza pronunciarsi in merito alla loro validità. Per quanto riguarda la Corte costituzionale: - Ha sottolineato che l'applicazione del diritto dell'Unione comporta la nonapplicazione della legge nazionale, affermando la prevalenza non solo dei regolamenti europei, ma anche di una serie di direttive applicabili. L'obbligo del giudice nazionale di non applicare le norme statali, quindi, viene esteso anche alle sentenze interpretative della Corte di giustizia, emanate in via pregiudiziale o a seguito di una procedura d'infrazione. La prevalenza del diritto comunitario viene in rilievo anche per le direttive, purché provviste di effetto diretto, cioè le loro disposizioni devono essere incondizionate, chiare e sufficientemente precise, per cui i singoli possono farle valere davanti ai giudici nazionali nei confronti dello Stato. L'obbligo di disapplicazione delle norme incompatibili si estende anche agli organi amministrativi. I vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione si impongono al legislatore nazionale, il cui compito è quello di depurare le norme incompatibili dall'ordinamento statale, sia per un'esigenza diCertezza del diritto, che di piena prevalenza del diritto comunitario, non si può dire che il giudice nazionale deve innanzitutto interpretare il diritto interno in maniera conforme alle norme dell'Unione; solo quando il contrasto risulta insanabile, allora tale giudice deve disapplicare il diritto interno per applicare le norme europee.
La stessa Corte costituzionale, però, prevede dei controlli, cioè dei principi nazionali che devono essere salvaguardati e che limitano, a loro volta, la prevalenza del diritto dell'Unione. Essi sono i principi fondamentali del nostro ordinamento e i diritti inalienabili della persona umana.
Possiamo individuare diverse ipotesi:
- Prima: nel caso in cui una norma europea violasse questi principi, il giudice nazionale deve opporsi alla Corte costituzionale la questione di legittimità costituzionale della legge italiana di esecuzione dei Trattati europei. L'eventuale pronuncia di incostituzionalità ha come oggetto la legge italiana.
di esecuzione, non nella sua interezza, ma solo nella misura in cui consen sse speci chedisposizioni o a dell'Unione di spiegare i propri e e nell'ordinamento italiano- Seconda: ribellione del legislatore, in cui la legge ordinaria è deliberatamente dire a a impedire opregiudicare la perdurante osservanza del Tra ato, in relazione al sistema o al nucleo essenziale deisuoi principi. In questa ipotesi si deve accertare se il legislatore ordinario abbia ingius catamenterimosso un limite alla sovranità statale- Terza: la competenza della stessa Corte cos tuzionale a conoscere dei con i di a ribuzione tra ipoteri dello Stato e di quelli tra Stato e regioni, o tra regioni, dal momento che non vi è nessungiudice comune competente a statuire sul con i o e, quindi, a disapplicare la legge in ques one- Quarta: il giudizio sull'incompa bilità deve essere risolto dalla Corte cos tuzionale mediante ladeclaratoria d'illegi mità cos
L'incostituzionalità della legge è una situazione prevista nell'ordinamento giuridico italiano. Essa si verifica quando le disposizioni dell'Unione Europea non sono direttamente applicabili, quindi, nonostante la disapplicazione delle norme interne contrastanti, il giudice ordinario non potrebbe trovare una disciplina europea sufficientemente completa per regolare il caso. L'incostituzionalità della legge trova il suo fondamento nell'art. 117 della Costituzione, il quale subordina la potestà legislativa dello Stato e delle regioni al rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario.
L'adeguamento del diritto italiano agli obblighi derivanti dal diritto comunitario richiede anche un intervento del legislatore, il quale deve:
- dare attuazione alle norme e agli atti europei non direttamente applicabili (direttive);
- abrogare o modificare le norme italiane incompatibili con gli obblighi contenuti in atti direttamente applicabili (regolamenti);
- dare esecuzione alle sentenze della Corte di giustizia.
La prassi seguita dal nostro Stato per dare esecuzione agli a europei consisteva nell'adozione di leggi che delegavano il governo ad emanare una serie di decreti legislativi volti a dare attuazione alle direttive indicate nella legge di delega. Tale procedimento, però, era fortemente criticato poiché si voleva un sistema che, abbandonando gli interventi confusi ed episodici della legge delega, assicurasse una corretta e tempestiva attuazione delle direttive e degli altri obblighi derivanti dal diritto dell'Unione, garantendo, contemporaneamente, il pieno rispetto della Costituzione. Troviamo diversi progetti per raggiungere questo obiettivo:
- Legge La Pergola, che presentava un duplice obiettivo: 1) da un lato regolava le forme di partecipazione del Parlamento e delle regioni alla